05/03/13

Default sovrani e regole dell'ingegneria

Su Voxeu un bel post del prof. Ugo Panizza sulla necessità di non rimandare dei default inevitabili,  che rischiano poi di essere gestiti con politiche dettate dal panico


di Ugo Panizza, 2 mar 2013

I politici incaricati di attuare delle ristrutturazioni del debito sovrano farebbero bene a seguire l'esempio degli ingegneri: sapere che cosa si è rotto, e sapere esattamente cosa la loro soluzione si propone di risolvere. Questo articolo sostiene che l'Europa deve trovare il modo di evitare politiche dettate dal panico.


La crisi europea e la recente sentenza (v., ad esempio, Gelpern 2012) della Corte d'Appello degli Stati Uniti su NML Capital Ltd. contro Repubblica dell'Argentina hanno riacceso il dibattito sulla ristrutturazione del debito sovrano. Questo post utilizza le regole della tecnica ingegneristica per portare avanti l'idea della creazione di un meccanismo strutturato di gestione delle crisi del debito sovrano (per maggiori dettagli, vedere Panizza 2013).
 

Le regole dell'ingegneria

Riformare l'architettura finanziaria internazionale è un compito complesso. Gli ingegneri hanno sei regole pratiche per la gestione di problemi complessi con esigenze e vincoli contrastanti:

  • Se non è rotto, non aggiustarlo.
  • Sapere sempre a quale problema si sta lavorando.
  • Evitare la complessità inutile.
  • Non fare cose stupide.
  • Ogni decisione è frutto di un compromesso.
  • Niente panico!

Le regole dell'ingegneria possono essere utili anche per inquadrare la discussione sull'opportunità di un meccanismo strutturato per risolvere le crisi del debito sovrano. Pertanto, gli aspiranti riformatori devono iniziare a descrivere i problemi dello status quo.

Che cosa si è rotto? (Prima regola)

I tribunali non possono obbligare i paesi a pagare i lori debiti (cfr. Panizza e Borensztein 2010; Panizza et al 2009.), e ci sono almeno quattro problemi nell'attuale non-sistema di risoluzione delle crisi del debito sovrano:

  • Il coordinamento dei creditori e gli incentivi a rifiutare la rinegoziazione del debito

In presenza di un eccesso di debito, una riduzione del debito totale potrebbe beneficiare sia i debitori che i creditori. Tuttavia, in assenza di un meccanismo che obblighi tutti i creditori ad accettare delle perdite sul valore nominale, il singolo creditore potrebbe preferire non cedere mentre gli altri creditori riducono le loro richieste. Di conseguenza, le ristrutturazioni del debito tendono ad essere lunghe, ad avere esiti incerti, e possono finire per non ripristinare la sostenibilità del debito.


  • La mancanza di finanziamenti privati intermedi

Durante il periodo di ristrutturazione, il paese inadempiente può avere la necessità di accedere a fondi esteri per sostenere il commercio o finanziare un disavanzo delle partite correnti. La mancanza di finanziamenti intermedi può amplificare la crisi e ridurre ulteriormente la capacità di pagare.

  • Il sovra-indebitamento causato da debt dilution.

La debt dilution si riferisce ad una situazione in cui, quando un paese incontra difficoltà finanziarie, nuove emissioni di debito possono danneggiare i creditori già esistenti (Bolton e Jeanne 2009). Nel mondo delle società, la debt dilution non è un problema perché i tribunali possono imporre regole di seniority. Dopo un default sovrano, invece, tutti i creditori - vecchi e nuovi - ricevono lo stesso trattamento. Un meccanismo di risoluzione in grado di far rispettare la seniority può evitare la debt dilution e quindi ridurre l'eccessivo indebitamento.

  • Default ritardati

Mentre i modelli standard sul debito sovrano assumono che i paesi abbiano un incentivo strategico a dichiarare default, esiste evidenza empirica che i politici spesso cercano di rinviare dei default necessari (Borensztein e Panizza 2009; Levy Yeyati e Panizza 2010;. Zettelmeyer et al 2012). Dei default ritardati possono portare a una distruzione di valore perché un crisi prolungata pre-default riduce la capacità e la disponibilità a pagare. A mio parere, questo è il problema più importante dello status quo.

La soluzione può essere peggiore del problema?

Coloro che si oppongono alla creazione di un meccanismo strutturato per la risoluzione delle crisi del debito sovrano sostengono che qualsiasi tentativo di risolvere i problemi sopra elencati finirebbe per peggiorare le cose. Un meccanismo strutturato di gestione delle crisi del debito sovrano violerebbe la prima regola della medicina (
primum non nocere) e la quarta e quinta regola dell'ingegneria ("evitare complessità inutili", e "non fare cose stupide"). Ci sono quattro comuni obiezioni alla creazione di un meccanismo strutturato per la risoluzione delle crisi del debito sovrano:


  • Aumenterebbe gli oneri finanziari

Secondo questa visione, le distorsioni di cui sopra creano disponibilità a pagare e sono quindi ottimali ex ante (Dooley 2000). Questo argomento ha un forte peso nel dibattito politico (un gruppo di paesi emergenti si è opposto alla creazione del Meccanismo di ristrutturazione del debito sovrano sponsorizzata dal Fondo Monetario Internazionale a causa dello spettro di oneri finanziari più elevati). Tuttavia, l'ipotesi che la creazione di un meccanismo di risoluzione delle crisi comporterebbe maggiori oneri finanziari non ha solide basi empiriche. Possiamo verificare indirettamente questa ipotesi controllando se altri meccanismi che facilitano la ristrutturazione del debito sovrano hanno un effetto sui costi finanziari. Ad esempio l'introduzione di clausole di azione collettiva. L’evidenza empirica suggerisce che le clausole di azione collettiva non hanno alcun effetto negativo sul costo del debito.


  • Non ne abbiamo più bisogno

Secondo questa obiezione, l'introduzione di clausole di azione collettiva ha già risolto tutti i problemi. Il meccanismo sarebbe quindi inutile, e aggiungerebbe solo delle complicazioni all'architettura finanziaria internazionale. Questo argomento è viziato, perché le clausole di azione collettiva possono, nella migliore delle ipotesi, risolvere uno dei quattro problemi sopra elencati (il coordinamento dei creditori). Inoltre, le clausole di azione collettiva sono per lo più definite a livello di obbligazioni individuali e, in assenza di clausole di aggregazione, non possono risolvere i problemi di coordinamento per i paesi con molti tipi di obbligazioni in circolazione, o per i paesi che hanno diverse classi di creditori (obbligazionisti, prestiti bancari sindacati, creditori bilaterali e multilaterali). La sentenza dell'ottobre 2012 su NML Capital contro Repubblica Argentina potrebbe permettere ai creditori che fanno opposizione di interferire sui pagamenti del debito ristrutturato e compromettere qualsiasi tentativo futuro di ristrutturazione del debito sovrano che non riesca a raggiungere l'unanimità piena.


  • E' troppo difficile

Il comitato che ha elaborato il rapporto ‘Arbitration and Sovereign Debt’ (Il comitato direttivo del governo olandese e della Permanent Court of Arbitration 2012) ha concluso che "... il più ampio ricorso all'arbitrato nel contesto del debito sovrano non sarebbe un'impresa semplice ". È vero che la costruzione di un meccanismo strutturato per affrontare un'insolvenza sovrana sarebbe un impegno difficile. Questa non è una buona ragione per non tentare. Molti obiettivi che prima sembravano impossibili, ora sono considerati banali. Questo vale per la tecnologia, ma anche per le politiche, le iniziative e le innovazioni istituzionali.


  • Poiché non vi sono criteri ben definiti per stabilire la capacità di pagare, il meccanismo sarebbe sempre soggetto a pressioni politiche dettate da considerazioni geopolitiche

Questa è davvero una sfida formidabile. Tuttavia, la Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) è spesso chiamato a pronunciarsi su questioni per le quali non vi è una soluzione tecnica precisa. In alcuni casi, le implicazioni finanziarie e politiche delle decisioni della OMC sono più estese di quelle relative al giudizio su un default sovrano. Eppure, queste decisioni sono di norma rispettate e considerate libere da pressioni politiche. Le considerazioni geopolitiche svolgono sempre un ruolo. Si tratta di una questione aperta se un processo semplice e veloce potrebbe valere il prezzo di un'influenza politica ulteriore (ricordate la quinta regola di ingegneria, "ogni decisione è frutto di un compromesso"). Il fatto che le esperienze di ristrutturazione del debito svolte sotto il coordinamento delle organizzazioni internazionali tendono a funzionare meglio dei default non coordinati sembra fornire una risposta positiva alla domanda di cui sopra.

Qual'è il problema da risolvere? (Seconda regola)

La maggior parte delle proposte di riforma del processo di insolvenza sovrana si concentrano sul coordinamento dei creditori. Tuttavia, il coordinamento dei creditori non è il problema principale dello status quo. I default ritardati sono il problema principale. Rimandare un default necessario prolunga la crisi economica del paese debitore. I default ritardati riducono il valore del rimborso a causa dei loro effetti negativi sulla capacità e disponibilità a pagare. Fanno male a entrambi, i creditori e i debitori. La sofferenza nel paese debitore non è compensata dal guadagno di nessun altro (mentre questa sofferenza senza guadagno potrebbe essere ottimale ex ante, non credo che questo sia il caso, vedi sopra sugli effetti delle clausole di azione collettiva sugli oneri finanziari).

I default ritardati spesso arrivano con un senso di urgenza, di panico (violazione della regola numero sei), e danno l'impressione che i politici non abbiano idea di cosa stanno facendo. Si consideri la recente esperienza europea. E' iniziata con "I paesi europei non dichiareranno default". Poi, ci si è spostati su, "OK, la Grecia ha bisogno di ristrutturare, ma il suo caso è unico ed eccezionale. Nessun altro paese dell'Eurozona dichiarerà default". Al momento in cui scriviamo, i responsabili politici europei stanno ora valutando le possibili conseguenze di un default sovrano a Cipro. In Panizza 2013 e in un prossimo articolo su Vox, discuterò un meccanismo volto a mitigare il problema del default ritardato.

Riferimenti

Bolton, Patrick and David Skeel (2004), “Inside the Black Box: How Should a Sovereign Bankruptcy Framework Be Structured?”, Emory Law Journal 53: 763-822.
Borensztein, Eduardo and Ugo Panizza (2009), "The Costs of Sovereign Default", IMF Staff Papers 56(4): 683-741.
Dooley, Michael (2000), "International financial architecture and strategic default: can financial crises be less painful?", Carnegie-Rochester Conference Series on Public Policy 53(1), 361-377.
Gelpern, Anna (2012), “Pari Passu Wipeout in the Southern District”, blog, available at http://www.creditslips.org/creditslips/2012/11/pari-passu-wipeout-in-the-southern-district.html.
Levy Yeyati, Eduardo and Ugo Panizza (2011), "The elusive costs of sovereign defaults", Journal of Development Economics 94(1): 95-105.
Panizza, Ugo (2013) "Do We Need a Mechanism for Solving Sovereign Debt Crises? A Rule-Based Discussion", IHEID Working Papers 03-2013, The Graduate Institute, Geneva.
Panizza, Ugo and Eduardo Panizza and Borensztein (2010), “The costs of sovereign default: Theory and reality”, VoxEU.org.
Panizza, Ugo, Federico Sturzenegger, and Jeromin Zettelmeyer (2009), "The Economics and Law of Sovereign Debt and Default", Journal of Economic Literature 47(3): 651-98.
The Steering Committee of the Netherlands Government and the Permanent Court of Arbitration (2012), “Arbitration and Sovereign Debt”, 11 July, available at http://www.slettgjelda.no/filestore/ArbitrationandSovereignDebt.pdf.
Zettelmeyer, Jeromin, Christoph Trebesch, and Mitu Gulati (2012), “The Greek Debt Exchange: An Autopsy”, unpublished, Duke Law.

3 commenti:

  1. Direi che l'affermazione più pertinente di questo articolo sia riferibile alla seguente sentenza:
    "...i politici non hanno idea di quello che stanno facendo".
    O meglio, alcuni di loro l'idea l'hanno eccome, gli altri si accodano per "quieto od opportuno" vivere.
    Personalmente non credo nei default controllati a meno che ciò non presupponga un ruolo fermo e sicuro dello stato in questione con precise affermazioni e "rivendicazioni" politiche ed economiche. Ciò di cui l'Italia oggi "defice" ampiamente. Purtroppo neanche gli italiani hanno una visione corretta e concreta della loro volontà o capacita o velleità sovrana. Tutti si riempiono la bocca di Europa senza ben masticare e pertanto assaporare i sapori della stessa. Digiuni di meccanismi ed ingerenze giuridico-fiscali tutti esternano, più o meno candidamente, di tagli agli sprechi e ripresa economica.
    Mi chiedo a quale ripresa ci si riferisca ed a su quali tagli ci si concentri l'argine dello spreco quando poi per primi ci si impegna solo a "parcheggiar in doppia fila perché è un attimo e poi vado e non me lo puoi negare altrimenti sei fazioso ed abusi del tuo potere".

    Siamo molto bravi tutti con le parole ma ciò che realmente defice poi sono sempre i fatti.

    E noi è dal governo Amato (per non tornar troppo indietro nel tempo) che viviamo di governi di transizione!

    Un saluto affranto,
    Elmoamf Massimo Paglia

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  2. Panizza è un vanto della scienza economica italiana.
    Ma c'è da augurarsi che, al di là dell'indubbia profondità, e acutezza, con cui compie la sua analisi delle problematiche di default, queste non riguardino l'Italia. Auspicando invece che, con un pò di coraggioso buonsenso (perduto da anni) si possa tornare a parlare di un'effettiva e permanente uscita dalla crisi. Provocata, poi, non da problemi strutturali irrisolvibili, ma dall'adesione all'OCA deflazionista, segno di un tempo che tutto il mondo sta rimettendo in discussione...

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    1. Sono d'accordo. Panizza ha gentilmente risposto alla mia domanda, perché anch'io mi chiedevo se lui ritenesse l'Italia uno dei casi da default, ma come mi aspettavo (e come risulta dagli studi sulla sostenibilità del debito italiano) lui pensa che il debito italiano sia sostenibile, e che le politiche sinora attuate erano ...non necessarie, diciamo. :=o

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