03/09/14

Stiglitz: La democrazia nel XXI secolo

Da Project Syndicate le riflessioni del Nobel Joseph Stiglitz sul libro di Piketty e l'evoluzione del capitalismo negli ultimi decenni: la vera questione del ventunesimo secolo non è il capitale, ma la democrazia.

 
NEW YORK – Negli Stati Uniti e in altre economie avanzate l’accoglienza del recente libro di Thomas Piketty Capital in the Twenty-First Century, attesta le crescenti preoccupazioni per l’inasprirsi delle disuguaglianze. Il suo libro conferma ulteriormente le prove già schiaccianti sull’impennata del reddito e della ricchezza dell’élite.

  
Il libro di Piketty, tuttavia, dà una prospettiva diversa sui 30 anni e più che sono seguiti alla Grande Depressione e alla Seconda guerra mondiale, considerando questo periodo come un’anomalia storica, forse causata dalla insolita coesione sociale stimolata da eventi catastrofici come questi. In quell’epoca di rapida crescita economica, la prosperità era ampiamente condivisa, tutte le classi sociali miglioravano la loro condizione, ma coloro che si trovavano in fondo alla scala sociale ne beneficiavano in percentuale maggiore.

Piketty ha anche proposto una rilettura delle “riforme” vendute negli anni '80 da Ronald Reagan e Margaret Thatcher come fattori di crescita da cui tutti avrebbero tratto beneficio. Le loro riforme sono state seguite da un rallentamento della crescita e da un incremento dell’instabilità globale, e laddove c’è stata crescita, a beneficiarne sono stati perlopiù i superricchi.

Ma l’opera di Piketty solleva questioni importanti sulla teoria economica e sul futuro del capitalismo. Egli documenta i grandi aumenti del rapporto ricchezza/output. Seconda la teoria standard, tali incrementi sarebbero associati a un calo del rendimento del capitale e a un aumento dei salari. Ma oggi il rendimento del capitale non sembra essere diminuito, mentre invece lo sono i salari. (Negli Stati Uniti, ad esempio, i salari medi sono scesi del 7% negli ultimi quattro decenni.)

La spiegazione più ovvia è che l’aumento della ricchezza misurata non corrisponde a un aumento del capitale produttivo – e i dati sembrano coincidere con questa interpretazione. Gran parte dell’aumento della ricchezza è derivata da un incremento del valore degli immobili. Prima della crisi finanziaria del 2008 si era manifestata in molti Paesi una bolla immobiliare; ad oggi, potrebbe persino non esserci stata una completa “correzione”. L’aumento del valore può rappresentare anche una competizione tra ricchi per i beni “posizionali” – una casa sulla spiaggia o un appartamento nella quinta strada a New York.

Talvolta un aumento della ricchezza finanziaria corrisponde a poco più che uno spostamento dalla ricchezza “non misurata” alla ricchezza misurata – spostamenti che possono in realtà riflettere un deterioramento nelle performance economiche generali. Se aumenta il potere dei monopoli, o se le società (come le banche) sviluppano migliori metodi di sfruttamento dei comuni consumatori, questo scenario si tradurrà in un aumento dei profitti e, se capitalizzati, in un incremento della ricchezza finanziaria.

Ma quando ciò accade, il benessere sociale e l’efficienza economica si contraggono, anche quando aumenta la ricchezza misurata in modo ufficiale. È che non prendiamo in considerazione la corrispondente flessione del valore del capitale umano – la ricchezza dei lavoratori.

Inoltre, se le banche riescono a utilizzare la loro influenza politica per socializzare le perdite e continuare a conservare i profitti guadagnati disonestamente, la ricchezza misurata del settore finanziario aumenta. Non misuriamo la corrispondente diminuzione della ricchezza dei contribuenti. E allo stesso modo, se le società convincono il governo a pagare più del dovuto i loro prodotti (come è successo con le maggiori aziende farmaceutiche), oppure hanno accesso alle risorse pubbliche a prezzi inferiori al valore di mercato (come nel caso delle società minerarie), alla fine riportano un rialzo della ricchezza finanziaria, sebbene la ricchezza dei comuni cittadini non registri alcun incremento.

Quanto abbiamo osservato – stagnazione dei salari e aumento della disuguaglianza, anche a fronte di un incremento della ricchezza – non riflette il funzionamento di una normale economia di mercato, ma di ciò che chiamiamo “ersatz capitalism” o “capitalismo surrogato”. Il problema non è tanto come i mercati dovrebbero o debbano funzionare, bensì il nostro sistema politico, che non è riuscito a garantire la concorrenza dei mercati e ha creato regole che provocano distorsioni di mercato in cui le società e i ricchi possono sfruttare (e sfortunatamente sfruttano) chiunque altro.

I mercati, ovviamente, non possono brancolare nel buio. Devono esserci le regole del gioco, che vengono stabilite attraverso processi politici. Elevati livelli di disuguaglianza economica in Paesi come gli Usa e, sempre più, in quelli che hanno seguito il loro modello economico, portano a una disuguaglianza politica. In un sistema di questo tipo, anche le opportunità per il progresso economico diventano inique, rinforzando bassi livelli di mobilità sociale.

Le previsioni di Piketty in merito ai livelli di disuguaglianza ancora elevati non riflettono inesorabili leggi economiche. Semplici cambiamenti – come un aumento della tassazione sui capital gains e sulle successioni, aumenti di spesa per estendere l’accesso all’istruzione, una rigorosa applicazione delle leggi anti-trust, riforme di governance aziendale che circoscrivano i compensi dei dirigenti, e regolamenti finanziari che tengano a freno l’abilità delle banche di sfruttare il resto della società – ridurrebbero la disuguaglianza e aumenterebbero notevolmente le pari opportunità.

Se usiamo correttamente le regole del gioco, potremmo persino essere in grado di rilanciare la crescita economica rapida e condivisa che ha caratterizzato le società del ceto medio nella metà del XX secolo. La questione principale che dobbiamo affrontare oggi nel XXI secolo non è il capitale. È la democrazia.

(Traduzione di Simona Polverino)

6 commenti:

  1. ecco che Stiglitz ci ricorda come guardare al PIL come indice della crescita sia un esercizio assolutamente parziale.

    Infatti se il settore finanziario cresce anche il PIL cresce. e infatti praticamente tutta la crescita ottenuta dagli USA negli ultimi anni è dovuta a quello. mentre l'economia reale prosegue il declino. mentre le classi medie sono sempre più impoverite.

    non c'è crescita "positiva" in occidente. ad oggi. niente. nessun paese. al limite i più fortunati stagnano. perchè è IMPOSSIBILE avere crescita dell'economia reale seguendo le dottrine economiche e le linee politiche che vanno di moda in occidente oggi.
    l'unico modo, nel mondo globalizzato così governato, per far crescere l'economia reale in occidente era rimasto il mercantilismo tedesco. esempio unico di paese occidentale che non si è deindustrializzato negli ultimi 30 anni. il punto è che tale strategia si basa sul vampirizzare i vicini che stanno finendo il sangue....e dunque anch'essa non può oggi più dare alcun aiuto.

    per chi non volesse studiarsi la macroeconomia basta l'evidenza.

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  2. certo, perchè quando la ricchezza si polarizza così, i #flyovercountry influenzano completamente la politica in un circuito vizioso, portando inevitabilmente verso il modello #Elysium. Vedi questo "sguaiato" articolo: http://www.portafoglioreale.it/page.aspx?p=337 e http://www.portafoglioreale.it/page.aspx?p=357

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  3. Per una volta non sono d'accordo con Stiglitz. Primo: qui si parla di patrimonio, non di reddito. E il patrimonio è l'integrale del reddito risparmiato. Dunque, una volta che il dentifricio è uscito dal tubetto, non c'è modo di farlo rientrare per la stessa via. Occorre dunque tassare il patrimonio allo scopo di ridurlo e di redistribuirlo, inutile tassare il reddito, perché ormai i buoi sono scappati. E infatti Picketty parla di patrimoniali, e non a caso. Certo, facile a dirsi, assai difficile a farsi, non solo per le opposizioni degli interessi costituiti (vedi oltre), ma anche perché le patrimoniali è facile risultino inique.
    E' peraltro vero che la questione principale è la democrazia, ma non è disconnessa da quella del capitale. L'enorme accumulazione avvenuta, enorme al punto tale che non vi sono nell'orbe terraqueo sufficienti possibilità di investimento proficuo, magari non è "ricchezza" in senso austriaco, ma lo è nel senso del potere, e Stiglitz lo sa bene, essendo statunitense, quanto gli interessi costituiti (i "vested interests" di Veblen) possano alterare fino a vanificare il corso della democrazia.
    Altro dissenso: Stiglitz sembra confidare nella regolazione. Certo, meglio la regolazione che un pugno in un occhio. Ma che questa sia in grado da sola di risolvere questo genere di problemini, beh, francamente mi sembra un'ingenuità. Fatta la legge, trovato l'inganno ...

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    1. Il reddito di oggi è il patrimonio di domani. Appunto.
      No.
      Secondo me il riequilibrio deve passare da un riequilibrio dei redditi.
      L' idea di spostare la tassazione dai redditi ai patrimoni e ai consumi è uno dei mantra neo-liberisti, rammento. Quante volte avete sentito dire: "bisogna spostare la tassazione dalle persone alle cose"?

      Daltronde gli Stati liberali ottecenteschi (il loro modello) erano esattamente delle "democrazie" censitarie. La tassazione E I DIRITTI POLITICI derivavano proprio dal censo (oltre che dal livello di istruzione e dal sesso) non dal reddito.

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  4. Ma infatti, io ho inteso che quando parla di problema della democrazia Stiglitz intenda proprio il fatto che le istituzioni pubbliche sono state "catturate" dai gruppi di interesse più potenti (a cui i media reggono il sacco attraverso quel meccanismo dello spin così bene evidenziato dal nostro Marcello Foa). Il problema insomma è proprio la degenerazione della democrazia.
    Delle regole che reintroducano la separazione tra banche d'affari e banche ordinarie, poi, non sarebbero poca cosa, così come anche il ritorno a un sano matrimonio tra banca centrale e tesoro dello stato, con delle conseguenti e adeguate politiche fiscali, alla flessibilità del cambio... questi sarebbero i cambiamenti necessari di cui ha parlato più volte Stiglitz...a parte che sul ritorno alle monete nazionali nell'eurozona non si mostra così entusiasta e continua ad auspicare, inascoltatissimo, il miraggio dell'unione fiscale...

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  5. Posto il link originario che compare sulla sinistra del blog, articolo scovato da Blondet http://translate.googleusercontent.com/translate_c?depth=1&hl=it&prev=/search%3Fq%3Dles%2Bcrises.fr%2Bl%2527allemagne%2Btient%2Ble%2Bcontinent%26client%3Dfirefox-a%26hs%3DFjy%26rls%3Dorg.mozilla:it:official%26channel%3Dsb&rurl=translate.google.it&sl=fr&u=http://www.les-crises.fr/todd-3-l-allemagne-tient-le-continent-europeen/&usg=ALkJrhjnPL227GG240ARiL74KYc5cPXqvA
    nella mappa, l'italia e' uno degli stati controllati direttamente dalla germania...

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