Sul FT, Martin Wolf analizza l'origine delle crisi degli ultimi 20 anni, quella che chiama "la legge di conservazione delle bolle": per riprendersi da una crisi di debito privato, l'economia mondiale ha bisogno di nuovi boom del credito in altre parti del mondo che alimentino la crescita e riducano il debito. Un circolo vizioso incapace di creare una domanda aggregata strutturalmente adeguata alle capacità produttive.
di Martin Wolf, Financial Times, 7 ottobre 2014
La zona euro sembra che stia aspettando il Godot della domanda globale per aggrapparsi al salvagente della sostenibilità del debito
Enormi espansioni del credito seguite da crisi e tentativi di gestire le conseguenze sono diventati una caratteristica dell'economia mondiale. Oggi gli Stati Uniti e il Regno Unito forse stanno uscendo dalla crisi che li ha colpiti sette anni fa. Ma la zona euro è impantanata nella stagnazione post-crisi e la Cina è alle prese con il debito che ha accumulato nel tentativo di compensare la perdita dei proventi da esportazione dopo la crisi del 2008.
Senza un insostenibile boom del credito da qualche parte, l'economia mondiale sembra incapace di generare una crescita della domanda sufficiente ad assorbire l'offerta potenziale. Sembra una legge per la salvaguardia dei boom del credito. Si consideri l'ultimo quarto di secolo: un boom del credito in Giappone, che è crollato dopo il 1990; un boom del credito nelle economie emergenti asiatiche crollato nel 1997; un boom del credito nelle economie del Nord Atlantico crollato dopo il 2007; e infine in Cina. Ognuno di questi boom è stato salutato come una nuova era di prosperità, per poi collassare in una crisi e nel malessere post-crisi.
Gli autori di un nuovo affascinante report, "Deleveraging: what deleveraging?", non prendono in considerazione la mia ipotesi distopica. A torto o a ragione, considerano questi cicli del credito come eventi sostanzialmente indipendenti. Nonostante questo, il rapporto è inestimabile. Esso mette in evidenza con chiarezza la natura limitata della riduzione dell'esposizione debitoria nel post-crisi, la situazione difficile della zona euro e le grandi sfide che ora affronta la Cina.
Se si guarda al mondo intero, non vi è stata alcuna riduzione della leva finanziaria aggregata dal 2008. Lo stesso vale per le economie ad alto reddito, viste come un unico blocco. Tuttavia, i settori finanziari hanno ridotto il proprio debito negli Stati Uniti e nel Regno Unito; così hanno fatto anche le famiglie negli Stati Uniti e, in misura minore, nel Regno Unito. Le passività delle famiglie, tra gli Stati Uniti e la zona euro nel suo complesso, addirittura convergono (vedi grafici).
Nel frattempo, il debito pubblico è aumentato drasticamente. Che le crisi finanziarie portino a una crescita del deficit del bilancio pubblico è stata una delle conclusioni più importanti del libro "This Time is Different" di Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart di Harvard. Dall'inizio della crisi, il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è salito di 46 punti percentuali nel Regno Unito e di 40 punti negli Stati Uniti, contro i 26 punti della zona euro. Anche negli Stati Uniti, dove la riduzione del debito privato è stata rapida, la riduzione complessiva del debito è stata ridotta. Questo non è necessariamente un disastro: se il bilancio del governo è più robusto di quello di gran parte del settore privato, dovrebbe assumersi l'onere.
Dal 2007 il rapporto del debito totale sul PIL, escluso il settore finanziario, è balzato di 72 punti percentuali in Cina, arrivando al 220 per cento. Si può discutere se tale livello sia sostenibile. Ma è fuori discussione se un ritmo di crescita così rapido sia sostenibile; non può assolutamente essere così. L'aumento dell'indebitamento deve fermarsi, con effetti sul tasso di crescita della Cina forse significativamente più negativi di quanto non si aspetti l'opinione generale.
I cicli del credito sono importanti perché spesso si dimostrano molto dannosi. Il rapporto divide i possibili esiti del ciclo in tre categorie: nel "Tipo 1", come la Svezia nei primi anni '90, il livello della produzione crolla e non recupera più il suo trend pre-crisi, ma il tasso di crescita si riprende; nel più dannoso "Tipo 2", come in Giappone fin dagli anni '90, non c'è un calo assoluto della produzione, ma il potenziale di crescita scende ben al di sotto del tasso pre-crisi; infine, nel "Tipo 3", come nella zona euro oggi e, probabilmente, gli Stati Uniti e nel Regno Unito, c'è sia un calo della produzione che un calo permanente della crescita potenziale.
Esistono diverse possibili ragioni per tali perdite permanenti di produzione e di crescita. Una è che il trend pre-crisi era insostenibile. Un'altra è il danno alla fiducia e conseguentemente agli investimenti e all'innovazione che deriva da una crisi finanziaria. Ma tra i più importanti c'è l'eccesso di debito. Come mostra il rapporto, ridurre il debito è difficile. I fallimenti di massa, come negli anni '30, sono devastanti. Ma è probabile che il tentativo di uscire dal debito generi un circolo vizioso, da un debito elevato a una bassa crescita e di nuovo a un debito ancora più alto.
Oggi nelle economie ad alto reddito i tassi di interesse a lungo termine sono bassi. Nella zona euro questo è in gran parte dovuto alla promessa di Mario Draghi del luglio 2012 di fare "qualsiasi cosa necessaria". Purtroppo, anche la crescita del PIL nominale nella zona euro è scarsa: l'inflazione è bassissima e il PIL reale cresce debolmente, sotto i colpi dell'austerità fiscale e di una domanda privata strutturalmente inadeguata.
Incredibilmente, la zona euro sembra essere in attesa del Godot della domanda globale per aggrapparsi al salvagente della crescita e quindi della sostenibilità del debito. Questo potrebbe funzionare per i paesi piccoli. Non potrà funzionare per tutti. Il report parla di una "combinazione maligna . . . tra un debito alto e in aumento e una crescita del PIL sempre più lenta (sia nominale che reale)". E' nella periferia dell'euro, aggiunge, che questo ciclo perverso tra debito e crescita è grave e severo. Non è una sorpresa. I paesi della zona euro colpiti dalla crisi sono in corsa per fare passi indietro. Le politiche dell'eurozona escludono la necessaria crescita.
La gestione della situazione post-crisi richiede una combinazione di pronto riconoscimento delle perdite, ricapitalizzazione del settore bancario e politiche fiscali e monetarie fortemente favorevoli al sostegno della crescita economica (dove queste sono fattibili). L'obiettivo dovrebbe essere quello di utilizzare entrambe le lame della forbice: riduzione diretta del debito e ricapitalizzazione da un lato e una forte crescita economica dall'altro. Gli Stati Uniti sono i più vicini a ottenere questa combinazione nel modo giusto.
Tuttavia la più grande lezione di queste crisi è in primo luogo di non lasciare correre il debito oltre la capacità a lungo termine di un'economia di sostenerlo. La speranza è che la politica macro prudenziale raggiungerà questo risultato. Be', si può sempre sperare.
Questi boom del credito non sono venuti fuori dal nulla. Essi sono il risultato delle politiche adottate per sostenere la domanda quando le bolle precedenti erano scoppiate, di solito da qualche altra parte dell'economia mondiale. Questo è quanto è successo in Cina. Abbiamo bisogno di sfuggire a questo ciclo pessimo e apparentemente inarrestabile. Ma per ora, abbiamo fatto un patto Faustiano con il boom del credito guidato dal settore privato. Parecchi altri problemi sono sicuramente in arrivo.
"Questo non è necessariamente un disastro: se il bilancio del governo è più robusto di quello di gran parte del settore privato, dovrebbe assumersi l'onere."
RispondiEliminaMi vien che ridere
Sarò stupido io, ma a me sembra che siamo bloccati in un ciclo di bolle del debito, causato principalmente dalla rimozione della distinzione tra banche di risparmio e banche commerciali e altre schifezze fatte dal bellissimo mondo della finanza colluso con la politica.
RispondiEliminaChe vi sia una crisi al termine di un boom economico è dovuto ad una mala gestione del rapporto tra moneta circolante/beni prodotti/domanda.
Però magari non ho proprio capito..
Be', bolle del credito o bolle del debito, mi pare che stiamo parlando della stessa cosa da punti di vista diversi...
EliminaSiamo alla follia contabile frutto dell'imbecillita' umana. Solo i pazzi creano consumi coi debiti fino al tracollo finale globale. Amen
RispondiEliminaE' un cialtrone anche Munchau.
RispondiEliminaMi spiace.
MA ALZARE I SALARI E I REDDITI PIU' BASSI NO? Non è proprio contemplato per diminuire "l' insostenibilità del debbbbbito"
ma vada a cagher!
Cioè, volete farmi credere che questi "luminari" non hanno capito la correlazione tra "eccesso di debbbbbbito" e disuguaglianza di reddito?
Non hanno ancora capito che lo squilibrio è causato dalla inusitata differenza venutasi a formare IN 30 ANNI (non 30 giorni!!) tra la remunerazione del lavoro e la remunerazione del capitale?
Ma va a cager! E due!!
Vuoi dire Martin Wolf?
EliminaMa non mi sembra che non abbia capito...sta commentando il paper sul deleveraging, e dice che queste bolle del credito sono diventate una caratteristica dell'economia mondiale, che non è in grado di alimentare una domanda adeguata se non creando altro debito da qualche altra parte del mondo. Così oggi l'Europa aspetta e spera sulla crescita globale...
Tranquillo, credo che Martin Wolf sappia bene che la causa è la iniqua distribuzione del reddito. Magari fatti un giro qui su Voci per vedere le altre cose che ha scritto...
Concordo con Roberto Torre, è da pazzi credere che si possa continuare a consumare creando altri debiti. Purtroppo l'unica ancora di salvezza è abituraci, tutti, ad un lento processo di decrescita. Il modello su cui le economie globali si sono basate fino ad oggi è profondamente sbagliato e, presto o tardi, ci porterà alla fine di tutto.
RispondiEliminaOh signur!
EliminaE dai, ricordatevi cari decrescisti che per riconvertire il modello economico e sociale occorrono investimenti, non si può fare nell'immiserimento e nella povertà.
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