Sul FT, Munchau sostiene che le recenti giravolte dei mercati non siano dovute al riaccendersi della paura della crisi del debito nell'eurozona, ma a quella ben più grave della stagnazione secolare, ovvero la crisi permanente da domanda aggregata mondiale debole. E al centro di tale paura c'è proprio l'eurozona, che ormai in deflazione sta diventando il motore di questo scenario. Alla fine, dice Munchau, la scelta dei politici europei sarà tra tre opzioni: l'unione politica, la depressione e la rottura dell'euro. E se la prima è impossibile, le altre due potrebbero anche verificarsi in successione.
Wolfgang Munchau, 19 ottobre 2014
Sarebbe sbagliato pensare che le giravolte del mercato globale della scorsa settimana segnalino un ritorno della crisi del debito della zona euro. Lo spread sui titoli sovrani nella zona euro non si è mosso di molto, tranne che in Grecia.
Quello che è successo la scorsa settimana è qualcosa di diverso. I mercati finanziari si sono accorti della possibilità di una depressione economica in tutta l'eurozona con inflazione molto bassa per i prossimi 10 o 20 anni.
Questo è ciò che ci dice la caduta in varia misura delle aspettative di inflazione. Gli investitori non sono preoccupati per la solvibilità di uno Stato membro. Due anni fa era chiaramente diverso.
Questo è ciò che ci dice la caduta in varia misura delle aspettative di inflazione. Gli investitori non sono preoccupati per la solvibilità di uno Stato membro. Due anni fa era chiaramente diverso.
Ma lo scenario attuale non è meno inquietante. Le implicazioni per coloro che vivono in questa fossa dei serpenti economica sono già visibili: elevato tasso di disoccupazione; aumento della povertà; stagnazione dei salari reali e nominali; un livello di indebitamento che non scenderà in termini reali; una riduzione dei servizi del settore pubblico, e degli investimenti pubblici. Un esempio scioccante è lo stato decrepito dell'equipaggiamento militare tedesco. Dei 254 aerei da combattimento della Luftwaffe, 150 non possono volare.
La stagnazione della zona euro influenzerà il resto del mondo in misura diversa. Il Regno Unito potrebbe riuscire a sfuggire allo stesso destino, ma l'economia della zona euro è abbastanza grande per tirare la Gran Bretagna giù con lei. Più colpite saranno le zone dell'Europa centrale e orientale che non utilizzano l'euro. Sono prese tra una Russia che sta per implodere e un'Europa stagnante. E' difficile riuscire a vedere come il prezzo del petrolio potrà recuperare in un contesto di bassa crescita permanente. Ed è ancora più difficile riuscire a vedere come la Russia potrà vivere con un prezzo del petrolio depresso in modo permanente.
La stagnazione secolare - l'idea che una carenza cronica di investimenti potrebbe produrre un lungo periodo di debolezza della domanda - ha anche implicazioni preoccupanti per gli investitori finanziari. I recenti alti livelli nei prezzi azionari erano basati sul migliore di tutti gli scenari: che i tassi di crescita della produttività sarebbero ritornati alla medie storiche, e che il livello del prodotto interno lordo si sarebbe alla fine ricongiunto con la traiettoria di crescita economica pre-crisi. Gli investitori hanno cominciato a rendersi conto che tutto questo non sta accadendo. Il PIL è ancora vicino ai livelli del 2007; la crescita è lenta.
La quota profitti del PIL non può andare nemmeno molto più in alto. Quindi, se la crescita della produttività rimane bassa, è difficile vedere come le partecipazioni azionarie possano produrre grandi rendimenti reali. La politica monetaria può stimolare i mercati nel breve periodo, ma questa non può essere sostenuta indefinitamente. In tale contesto, i rendimenti dei titoli privi di rischio sarà basso.
Con la stagnazione secolare arriva un calo permanente dell'inflazione a un livello al di sotto dell'obiettivo del 2 per cento. Il valore reale del debito del settore privato e di quello pubblico non scenderà velocemente come dovrebbe. Questo a sua volta renderà più difficile per i governi, le imprese e gli individui ridurre il proprio debito. In un contesto del genere, ci si aspetta che i tassi di inadempienza siano alti. I titoli di stato tedeschi diventano l'unico asset della zona euro che gli investitori considerano più o meno privo di rischio.
Si sarebbe potuto pensare che un tale scenario avrebbe prodotto i propri anticorpi, per esempio, un tasso di cambio più debole. Purtroppo, questo non è necessariamente vero. La zona euro ha un avanzo delle partite correnti di quasi il 3 per cento del PIL, quest'anno. Normalmente ci si aspetterebbe che la valuta di un'economia con un surplus delle partite correnti persistente sia forte. In ogni caso, il tasso di cambio conta molto di più per le economie piccole e medie che per quelle più grandi come gli Stati Uniti e la zona euro, in quanto la quota del commercio estero sul PIL tende ad essere più piccola per le grandi economie rispetto a quelle di piccole dimensioni.
La zona euro è una grande economia semi-chiusa, poichè scambia la maggior parte dei suoi prodotti e dei suoi servizi all'interno, in euro. Qualunque cosa salverà la zona euro, non può essere il tasso di cambio, a meno che l'euro non si deprezzi in misura estrema.
La stagnazione secolare è quindi molto più drammatica di una crisi del debito. Con una tale minaccia che incombe su di noi, si penserebbe che ogni policy maker razionale vorrebbe evitare questa calamità. Questo sarebbe infatti il caso se la crisi si fosse verificata in un paese normale. Per un'unione monetaria in cui la politica non è coordinata e dove i politici prendono un punto di vista nazionale, il rischio di stagnazione secolare si staglia in modo molto minaccioso. Anche la Banca Centrale Europea, l'unico attore con un mandato a livello di zona euro, deve affrontare vincoli giuridici. Questo può spiegare la sua riluttanza a lanciare il quantitative easing. Pur da difensore del QE, non posso negare che dal punto di vista legale stiamo camminando in una zona grigia.
I responsabili politici della zona euro devono affrontare tre scelte. In primo luogo, possono trasformare la zona euro in un'unione politica, e fare tutto il necessario: un eurobond, una piccola unione fiscale, meccanismi di trasferimento e un'unione bancaria degna di questo nome. In secondo luogo, possono accettare la stagnazione secolare. La scelta finale è un break-up della zona euro. La seconda e la terza scelta non si escludono a vicenda. Poichè l'unione politica è saldamente fuori dal tavolo, questo ci lascia con una scelta tra la depressione e il fallimento - o entrambe, in successione.
Aspettiamo Godot....
RispondiEliminaAlzare gli stipendi per aumentare la domanda no ?!
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