Articolo made in Italy di Cesaratto e Turci - finalmente degli economisti senza peli sulla lingua: più che discutere della manovra nostrana, è ora che si parli di politica europea, il vero nodo da sciogliere.
di Sergio Cesaratto e
Lanfranco Turci - 10 luglio 2011
Su Il Riformista di qualche giorno fa Roberto
Gualtieri aveva criticato Enrico Morando per la sua difesa dell’entità della manovra del governo. Le motivazioni più
pregnanti di difesa della manovra Morando le trovava nella necessità di
rendere credibile ai mercati la sostenibilità del nostro debito
pubblico, sì da non essere ulteriormente penalizzati sui tassi di
interesse. L’abbarbicamento al governo di una compagine ormai allo
sbando, persino col suo timoniere economico indebolito, ha fatto balzare
all’insù gli spread dei BPT rispetto ai Bund tedeschi, e
questo ha ieri rinvigorito Morando nella sua richiesta di una manovra
ancora più rigorosa per entità e contenuti. Ma gli spread, a ben vedere,
erano già saliti nelle scorse settimane, e indipendentemente dal rigore
o meno della manovra in discussione. Gualtieri aveva infatti
perfettamente ragione: è la poca credibilità delle politiche economiche
europee per gli stessi mercati a causare quegli aumenti, come il
declassamento del debito portoghese da parte di Moody ha ulteriormente
dimostrato. L’aumento degli spread sui nostri tassi è
frutto di questa scarsa credibilità, dovuta alla natura di “fatica di
Sisifo” dei piani nazionali di rientro dal debito (una vera “mission
impossible” in queste condizioni). L’Europa sta applicando infatti le
catastrofiche ricette seguite dopo la grande crisi del 1929, i mercati
lo sanno e fiutano sangue. Noi siamo molto preoccupati. A nostro avviso:
(a)
non è vero che rigore e crescita vadano assieme, come sostiene Morando.
La sostenibilità di lungo periodo dei debiti pubblici (e privati) è
solo ottenibile se l’Unione, nel suo insieme, persegue un cammino di
crescita e di riequilibrio della competitività fra i paesi membri.
Questo implica sostegno alla domanda aggregata soprattutto nei paesi
forti, attraverso l’abbandono delle loro politiche neomercantiliste di
moderazione salariale. Implica inoltre una politica di investimenti
industriali, infrastrutturali e ambientali su base comunitaria .
(b) La sostenibilità a
breve dei debiti pubblici, che eviti manovre inutili e socialmente
devastanti, è ottenibile adottando quanto proposto da ultimo da Giuliano
Amato e altri esponenti europei (v. Corriere della Sera
del 4/7) di europeizzazione di una quota del debito dei paesi
nazionali. A nostro avviso è comunque essenziale un mutamento dello
status della BCE da guardiano dei salari tedeschi (qualcuno lo vuole
negare?) a sostegno della crescita dell’insieme dell’Unione. Vogliamo
intanto dire basta all’incosciente aumento dei tassi di interesse da
parte della BCE?
Questo non esime noi ( e gli altri “periferici”)
dal fare i compiti a casa, e sono tanti: dalla moralizzazione dei costi
della politica, alla efficienza della amministrazione pubblica, a una
lotta seria all’evasione fiscale, comprese eventuali misure
straordinarie. Non possiamo inserire fra questi compiti un ulteriore
ridimensionamento dello stato sociale.
Replicando a
Gualtieri, Morando non negava la necessità di un mutamento delle
politiche europee. Ma riproponendo la classica politica dei due tempi
egli ritiene che solo misure di rigore ci consentano di presentarci in
Europa con le credenziali giuste. Questo è sbagliato. Egli stesso
ammette che la manovra avrà gravi effetti recessivi, i quali
attraverso le minori entrate fiscali ridimensioneranno l’aggiustamento
nei conti, tanto più che essa è intrapresa mentre altri paesi adottano
misure analoghe, compresi importanti mercati di sbocco delle nostre
esportazioni come la Spagna. Insomma ,
se non cambia la politica europea, manovre socialmente inique avranno
effetti marginali sui conti mentre mineranno la stabilità
politico-sociale dei nostri paesi. E allora logica vuole che
sia il mutamento del quadro europeo a essere collocato al primo posto
dell’agenda politica. Siamo consci della difficoltà di questa
battaglia. Ma la consapevolezza politica dell’ordine dei problemi è un
primo essenziale passo. Quanto ai governi tecnici, ci inquieta l’idea
che la sinistra ancora una volta possa pensare di affidare le sorti
della propria base sociale e politica a esponenti portatori di visioni
conservatrici e interessi ben diversi. Abbiamo bisogno di un vero
riformismo per salvare il paese e l’Europa, un riformismo che deve
contare sulla spinta al cambiamento proveniente dai ceti popolari e
dalle masse giovanili, i primi a pagare i conti della crisi economica e
finanziaria.
Anche questo articolo è perfettamente da me condivisibile; solo il modo in cui lo presenti, ovvero dicendo che finalmente ci sono degli economisti che parlano senza peli sulla lingua mi fa pensare che non piacerà molto.
RispondiEliminaVedremo, spero di sbagliarmi, spero che questo articolo sia condiviso invece da tutti, lo spero davvero.
Ricapitolando il tutto, noto che stanno tutti spingendo per una "di europeizzazione di una quota del debito dei paesi nazionali",ovvero visto che una nazione non riesce a coprire i buchi di debito che si fa, si spalma il tutto su tutti i paesi Europei.... ovviamente sperano di arrivare al 2013!
RispondiEliminaPer dirla ancora +spiccio, i debiti creati dalle banche, "quelli che non sono andati a buon fine", vengono caricati sul groppone generale.
Interessante il testo.........
Perché è questo che si tenta di fare, non riprendere la propria sovranità monetaria, non rivedere i trattati, non fare come ha fatto L'Equador o in altro modo l'Islanda.
Il resto è pestar acqua in un mortaio finchè ce né, poi si vedrà.
Saluti.
Orazio
Sì, Orazio, credo anch'io che il disegno oggi sia quello di emettere alla fine questi eurobonds per fare un'unione fiscale oltreché monetaria, naturalmente guidata dalla eurocrazia finanziaria di Bruxelles.
RispondiEliminaPerò non facciamo di tutta l'erba un fascio,. Cesaratto non è l'Economist o il Financial Times.
Infatti lui sì dice che gli eurobonds potrebbero essere un'idea, ma a patto che...
"A nostro avviso è comunque essenziale un mutamento dello status della BCE da guardiano dei salari tedeschi (qualcuno lo vuole negare?) a sostegno della crescita dell’insieme dell’Unione."
Parla di riequilibrare la competitività tra i paesi membri, parla di cambiare la politica fiscale e monetaria...senza tutte queste cose gli eurobonds non possono funzionare!
L'Europa purtroppo così come è stata concepita non può funzionare, e non c'è via di uscita. I tempi, come scrive zerohedge sono veramente stretti. Se i rendimenti sul btp saliranno ancora e in maniera permanente nel baratro del collasso totale finiranno anche Francia e Germania, e in particolar modo le loro banche. Che cosa succede se il 5-08 i dati sul pil del secondo trimestre in Italia mostreranno un'assenza della crescita?
RispondiEliminaCesaratto mi sembra che dia un colpo alla botte ed uno al cerchio, oppure vorrebbe la botte piena e la moglie ubriaca....
RispondiEliminaSono antitesi di natura, più ci si ingrandisce + i problemi diventano grossi.
Se mi si vuol dire che i politici (tutti) ANCHE QUELLI NON ELETTI, se ne devono andare e che si riparte da ZERO, con un sistema informatico altamente democratico con votazioni dei popoli, ci si può anche pensare, diversamente non se ne fa nulla.
Saluti.
Orazio