Ricevo da Istwine la traduzione di questo arguto pezzo di Ramanan, che mette efficacemente il dito sulla vera piaga - il libero scambio incontrollato e la crescita guidata dalle esportazioni...
Molti economisti
eterodossi sono in sintonia con Paul Krugman perché pare che
sostenga l’espansione di bilancio.
Ah!
In primo luogo, siamo in
questo casino a causa di persone come Paul Krugman che hanno promosso
il libero scambio – che è stato distruttivo per l’economia
mondiale nel suo complesso e ha impedito ai paesi debitori di
implementare politiche fiscali espansive per reflazionare le proprie
economie. Le nazioni creditrici non stimoleranno le loro economie
attraverso espansioni di bilancio così facilmente – appena il
minimo necessario per evitare l’aumento di tensioni sociali –
perché non vogliono diventare debitori lungo
il percorso. Questi paesi esagerano, ma è il libero scambio
che crea, per primo, il problema.
Questa crisi ha fatto sì
che le nazioni comprendessero l’importanza delle esportazioni per
la crescita e perché le nazioni migliorino la loro posizione
patrimoniale sull’estero ci dovrà essere crescita nel resto del
mondo ed esse saranno disposte ad aspettare la
crescita delle esportazioni prima di espandere la loro domanda
interna. Questa crea un problema da teoria dei giochi per la crescita
globale nel suo complesso.
Ora, Krugman è un uomo
intelligente. Ci farà credere che non è
affatto un dogmatico. E ora ridicolizza chiunque si opponga
all’espansione fiscale. Nonostante in un certo senso sia una cosa
giusta, dal momento che il mondo necessita di un’espansione fiscale
a livello globale (anche se necessiterebbe almeno
di essere coordinata), quest’idea non si
avvicina nemmeno alla soluzione semplicista che Krugman
propone con i suoi comici grafici IS/LM e le sue teorie sulla
trappola della liquidità e le sue idee confusionarie sulla moneta
esogena – la quale è solo un modo furbo di difendere le sue
precedenti posizioni – anche se comunque si leggono di frequente
dei Mea Culpa nel suo blog.
Mi sono imbattuto in
questo articolo di William Greider – Perché
Paul Krugman sbaglia così tanto, in cui l’autore ricorda
ai lettori come la mania del libero scambio sia stata spinta da Paul
Krugman e come egli abbia ridicolizzato tutti coloro che
dissentivano.
È nel complesso un buon
articolo e vale la pena di leggerlo. Mi piace la parte in cui Greider
dice che anche se il libero scambio ha creato problemi agli Stati
Uniti, (Krugman) vuole uscire dai problemi attraverso la promozione
di un commercio ancora più libero!
Mi ha anche riportato
alla mente un articolo
dogmatico di Paul Krugman in cui sostiene la tesi del libero scambio.
L’articolo, intitolato Ricardo’s Difficul Idea, non solo
ridicolizza chiunque sostenga tesi contro il libero scambio, ma
propone anche delle strategie su come
promuoverlo.
Ecco una parte che merita
di essere citata:
Durante i dibattiti
sul NAFTA ho condiviso
il palco con un esperto negoziatore commerciale statunitense
molto considerato, un convinto sostenitore del NAFTA [sic]. Ad un
certo punto un membro del pubblico mi ha chiesto cosa pensassi degli
effetti che il NAFTA avrebbe avuto sul numero dei posti di lavoro
negli Stati Uniti; quando io risposi “nessuno”, sulla base degli
argomenti standard, il funzionario commerciale esplose con rabbia:
“Sono commenti del genere che spiegano perché la gente odia gli
economisti!”
Mi piace questa citazione
di Francis Cripps presa da un articolo pubblicato sul The Guardian
del 27 Frebbraio 1979, Economisti con una Missione:
|
Grazie Istwine,
RispondiEliminaavevo letto il post e mi era da subito parso arguto e degno di nota: l'hai reso "pubblico" ed è ottima cosa. Buona giornata.
C'è un punto (che tra l'altro con Flavio abbiamo più volte trattato): in effetti gli USA stanno cercando di reindustrializzare l'economia e, inevitabilmente con ciò, di rilanciare la domanda interna.
RispondiEliminaLo stesso riequilibrio del CAB, passa per una domanda interna più sostenuta (e invero anche per una politica energetica), e non deliberatamente compressa per deflazionare a favore dei profitti finianziari e della riduzione salariale.
E parlo di riequilibrio, non necessariamente del raggiungimento di un saldo netto della bdp.
Insomma, est modus in rebus, in una dialettica in cui, pur essendo da biasimare Krugman per le posizione pregresse (che vivevano sulla libertà assoluta dei capitali e che non può quindi ora scindere dalla tendenza alla finanziarizzazione che uccide la stessa IRS e quindi la mitizzata elasticità IS), sarebbe da biasimare l'intero capitalismo occidentale da almeno due secoli.
Solo che ora predicare la moderazione è questione di sopravvivenza: ma come si fa ad essere competitivi in situazione di equilibrio (tendenzialmente) generale, senza deflazione salariale e senza l'ossessione del crowding-out?
Recuperando integralmente i cambi flessibili e espungendo la dottrina delle banche centrali indipendenti (anti intervento pubblico).
Insomma, Krugman almeno cerca di correggere il tiro: ma l'Europa semplicemente non può. E non "vuole".
Preciso, 48. Krugman va sicuramente inserito nel contesto, con i suoi limiti (e fa molto bene Ramanan a sottolineare le questioni di fondo), ma quando leggo i suoi articoli sul New York Times, da questo angolo di Europa, mi si allarga il cuore...
Eliminaintanto il ciclo di Frenkel si muove a nord!
RispondiElimina[...]No nation in the euro zone is as deeply in debt as the Netherlands, where banks have a total of about €650 billion in mortgage loans on their books.[...]
chi è?
Ma l'Olanda!
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaIo però sottolinerei, con non poche perplessità, questo passaggio dell'articolo di Geitner: "The most compelling evidence of American self-delusion is not in Asia but in Europe. The best evidence that a nation can both manage its industrial system strategically while participating fully and fairly in global trade is Germany. As an exporting nation with large trade surpluses in advanced technological goods, Germany’s actual experience refutes the lessons taught by orthodox trade theory and macroeconomics in the US. It sets high performance standards for labor relations and for social entitlements. Its goals for the nation’s industrial base accept that some production will be dispersed abroad but the companies must make sure the industrial core—good jobs, high wages and technological invention—remain in Germany."
RispondiEliminaEhmmm... mi sa che Geitner non ha ben presente...
Eliminasuggerisco la traduzione di questo http://www.spiegel.de/international/europe/economic-crisis-hits-the-netherlands-a-891919.html#ref=rss
RispondiEliminaIn arrivo..............Olanda!!!
EliminaEcco: io sono e sarò ben felice di "scavalcare" Krugman "a sinistra", come si diceva una volta, e ben volentieri leggo chi fornisce elmenti utili allo scopo (e.g.: Keen o Vernengo); però Krugman in un simile equivoco sulla Germania si guarda bene dal cadere. Bene intedenti pauca.
RispondiEliminaPS Grazie per il lavoro che fai.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiElimina