Ambrose Evans Pritchard, il noto columnist economico del Telegraph, in un'interessante intervista a L'AntiDiplomatico parla dell'UKIP e di Nigel Farage, e del futuro dell'eurozona nel contesto del grave problema di deflazione che colpisce soprattutto l'Italia dall'alto debito, e conclude: il rischio vero è che l'euro sopravviva, non il suo crollo!
Ambrose Evans-Pritchard. International Business Editor of The Daily Telegraph |
di Alessandro Bianchi
- La stampa italiana sta presentando l'UKIP come un partito di
estrema destra, xenofobo, omofobo e antisemita. Il suo leader, Nigel
Farage, più o meno come il successore di Hitler. Possibile che il 30%
degli inglesi abbiano votato questo pericolo per la plurisecolare
democrazia britannica?
Conosco personalmente Nigel Farage da oltre 15 anni.
Quando l'Ukip aveva solo tre seggi al Parlamento europeo, cenavamo una
volta al mese a Strasburgo e ho avuto modo di approfondire le sue idee e
i suoi valori. Non è assolutamente un partito fascista, razzista o
xenofobo. E' una follia affermarlo. Farage ha creato un meccanismo che
impedisce l'accesso a tutti coloro che vogliono iscriversi al partito
con un passato di questo tipo e che prevede l'espulsione immediata per
chi dall'interno si macchia di episodi di razzismo. La strategia e la politica dell'UKIP è di bloccare ogni forma di discriminazione.
Non so dall'Italia dove prendano le informazioni a sostegno di queste
tesi, ma basta pensare al fatto che Farage ha chiarito come un'alleanza
con il Fronte Nazionale sarebbe per lui impensabile, perché all'interno
di questo partito francese ci sono alcuni esponenti con un passato di
antisemitismo. Per quel che riguarda la politica interna, l'Ukip
costringerà il partito conservatore di Cameron - che è personalmente
pro-Europa rispetto ad un'ala sempre più influente di Tory che la pensa
come l'Ukip - a cambiare posizione perché il messaggio a Bruxelles nelle
ultime elezioni è stato chiaro: il popolo britannico non tollera più
una perdita di sovranità continua.
- Nonostante la propaganda della "luce fuori dal tunnel" o "anche
la Grecia ha girato l'angolo", la situazione economica della zona euro
resta particolarmente difficile. Qual è la sua opinione sul futuro
prossimo dell'area e quali sono i fattori di destabilizzazione più
pericolosi?
L'economia italiana si è contratta nel primo trimestre dell'anno e la
ripresa, a differenza di quello che avevano annunciato, semplicemente
non sta avvenendo. Lo stesso accade in Olanda, in Portogallo e in
Spagna. La sola ragione per cui c'è un'apparente crescita in Spagna è il
modo in cui viene ora calcolato il Pil. Un'analisi accurata mostra,
tuttavia, come anche Madrid non stia crescendo e tutti i paesi del sud, in ultima analisi, si stanno contraendo, con la Francia che è in stagnazione.
Si tratta di una situazione paradossale se si ragiona in un quadro di
ripresa globale ormai consolidata: se a 5 anni dalla crisi Lehman
Brothers e con un contesto internazionale migliorato, l'economia
dell'area euro non è ancora al sicuro e ha ancora una situazione di
disoccupazione di massa drammatica e duratura vuol dire che c'è qualcosa
di profondo che non funziona.
In Italia, ad esempio, la disoccupazione giovanile è al 46% e questo in una fase di espansione globale. Riflettete
su questo: a 5 anni dall'inizio della ripresa globale dopo la crisi
Lehman Brothers, la disoccupazione giovanile in Italia è al 46%!
E' il tragico risultato delle scelte perseguite all'interno dell'Unione
Europea e nella zona euro. Detto in altri termini, è l'inevitabile
suicidio di scegliere contemporaneamente politiche fiscali e monetarie
restrittive. Questo, perlopiù, in una fase in cui le banche hanno
ristretto l'accesso al credito all'economia reale per rispettare i nuovi
regolamenti e la contrazione dei prestiti ha portato al fallimento di
un numero incredibile di piccole imprese in Italia e in tutta l'Europa
del sud. Anche nel Regno Unito abbiamo utilizzato misure di austerità
fiscale, ma accompagnate da una grande spinta monetaria e lo stesso è
accaduto negli Usa. In Europa si è scelto il suicidio economico di
intere nazioni.
- E in più c'è un contesto di inflazione molto bassa e deflazione
per l'Europa del sud nello sfondo, che in pochi sottolineano a
sufficienza. Cosa significa questo per l'Italia e quali scenari dobbiamo
ipotizzare?
Per quel che riguarda l'Italia l'errore è proprio quello di considerare
solo il Pil reale nelle valutazioni economiche che si compiono: quello
che conta per Italia, Spagna, Portogallo è soprattutto il Pil nominale.
Il problema è che in un mondo di bassa inflazione o deflazione,
il Pil nominale cala drammaticamente e il peso debitorio esistente
diventa semplicemente non sostenibile. E' un problema
drammatico per l'Italia che oggi ha il debito pubblico al 133% del Pil,
mentre quello privato è più sostenibile rispetto a Portogallo e Spagna.
La contrazione del Pil nominale italiano è stato di 20 punti lo scorso
anno, ma non avrebbe mai dovuto superare i tre-quattro punti. E' un
fallimento politico di proporzioni storiche e non sarebbe mai dovuto
accadere.
La riduzione del debito pubblico e privato per i paesi del sud è
praticamente impossibile in una situazione di deflazione. Ho
intervistato recentemente l'ufficiale del Fmi nelle operazioni della
Troika in Irlanda e lui mi ha detto che Italia e Spagna per avere un
debito sostenibile nel medio periodo hanno bisogno di un tasso
d'inflazione della zona euro al 2% per oltre cinque anni consecutivi. E
questo è confermato in una serie di paper del FMI che hanno sottolineato
come la traiettoria del debito sia fuori controllo in un contesto di
bassissima inflazione. Del resto, sono dinamiche molto note nella
scienza economica e sono quelle che Irwing Fisher ha descritto nel 1933,
quando sosteneva come era la deflazione ad aver causato la Grande
Depressione. E' esattamente quello che sta accadendo oggi: il debito diventa sempre più insostenibile e le bancarotte sono inevitabili.
Cosa sta facendo la Bce di fronte a
questa situazione drammatica? Abbiamo un'espressione in inglese che
descrive molto bene la situazione economica paradossale attuale dei
paesi del sud: "E' un danno se lo fai ed è un danno se non lo fai". Se
la periferia della zona euro ha successo nell'adempiere a quanto
prescritto da Bruxelles-Berlino-Francoforte crea una situazione di
svalutazione interna e per riguadagnare competitività con la Germania si
abbatte il Pil nominale, rendendo fuori controllo la traiettoria del
debito. Se raggiungi quello che Bruxelles ti sta chiedendo, in poche parole, vai in bancarotta. E' la conseguenza del "successo".
Non so se le autorità monetarie europee si siano mai poste questa
domanda: perchè hanno imposto queste politiche ai paesi se il loro
successo rende la situazione peggiore di quella precedente? La Bce non
rispetta in modo continuativo e con una differenza enorme né il target
del 2% di inflazione dell'area, né la quantità di moneta M3 che dovrebbe
essere in circolazione. Perchè non rispetta i suoi obiettivi? Esiste una
ragione credibile a livello economico sul perché la Bce non vuole
raggiungere gli obiettivi di politica monetaria e per un periodo così
lungo? No, non c'è.
Le persone non comprendono ancora bene i drammi che la deflazione
produce per un paese come l'Italia. Meglio quindi fare un esempio
numerico, è un calcolo matematico su cui convergono diversi studi, ad
esempio uno molto accurato di Bruegel: l'1% di inflazione in
meno per la zona euro significa che l'Italia deve avere un surplus
extra di bilancio di un ulteriore 1,3% solo per ottenere gli stessi obiettivi.
E' un calcolo matematico. Il target è del 2% e quindi un'inflazione
prossima allo zero costa all'Italia il 2,6% del Pil per raggiungere lo
stesso obiettivo che potrebbe essere raggiunto se solo la Bce
rispettasse gli obiettivi imposti dai Trattati. Questa situazione di
bassissima inflazione è disastrosa per il futuro economico dell'Italia.
- In questo scenario, l'euro è ancora a rischio?
Quando Mario Draghi ha lanciato il programma OMT – Outright Monetary
Transactions - nell'agosto del 2012, è cambiato tutto. L'euro stava per
fallire a luglio, con Italia e Spagna che erano in una grande crisi di
finanziamento del proprio debito e la moneta unica era molto vicina al
collasso. Angela Merkel stava pensando di espellere la Grecia dalla zona
euro e solo quando ha realizzato che ci sarebbero stati troppi pericoli
per il contagio di Italia e Spagna, Berlino ha accettato il piano ideato
dal ministero delle finanze tedesco, che si è trasformato poi nel
programma OMT. Ho parlato a Londra con un alto dirigente di quel
ministero a luglio di quell'anno e mi ha detto che "nulla vola nella
zona euro al momento senza il nostro permesso". Chiaramente la Germania stava controllando la politica della zona euro in ogni singolo aspetto. In quella fase stavano preparando l'OMT e due settimane dopo Draghi ha fatto il famoso discorso del "whatever it takes".
Poche persone hanno compreso bene questa fase storica: non è la Bce, ma la Germania che ha cambiato politica, trasformando
l'istituto di Draghi in un prestatore di ultima istanza. Da allora la
crisi della zona euro è completamente diversa e non c'è più il
rischio che l'euro possa esplodere per un fallimento bancario. Ma
bisogna stare attenti perché la Corte costituzionale tedesca ha
stabilito che l'OMT di Draghi rappresenta una violazione dei trattati e
potrebbe essere ultra vires. Quindi la domanda è: quel programma può
essere davvero attivato in caso di necessità?
Il pericolo sistemico esiste ancora e si può arrivare ad una rottura per ragioni differenti:
i paesi del sud vivranno una situazione di depressione economica
permanente, che produrrà danni ai settori industriali nevralgici per la
vita dei diversi paesi e una situazione politicamente insostenibile nel
lungo periodo. Le elezioni di partiti radicali potrebbero quindi forzare
il cambiamento e modificare l'intero progetto. Quando in Francia a
vincere è un partito che, una volta al potere, vuole - come mi ha
confermato Marine Le Pen in un'intervista - ordinare al Tesoro francese
di attivarsi per il ritorno immediato al franco, la questione rimane
centrale nel dibattito. Come reagiranno ora i gollisti e i conservatori
moderati a questo messaggio del popolo francese alle elezioni europee e
alla distruzione dell'industria storica francese? Se il Fronte Nazionale
dovesse vincere le elezioni, la Francia non rispetterà il Fiscal
Compact e questa ridicola legislazione decisa da Bruxelles. Gli altri
partiti non possono più ignorarlo.
- Cosa accadrà secondo Lei nella zona euro nei prossimi cinque anni?
Ci sono due possibili vie: i paesi della periferia
comprenderanno che la permanenza nella zona euro richiede dei
sacrifici non più tollerabili e decideranno di uscirne; oppure, ad
esempio insieme all'Olanda che è in una situazione similare, prenderanno
possesso in modo coordinato delle istituzioni che controllano la
politica economica dell'UE, imponendo il cambiamento in linea con le
loro esigenze. Sarei molto sorpreso se si realizzasse quest'ultima
alternativa, dato che questi paesi non hanno certo il coltello dalla parte
del manico e già in passato Hollande ha fallito nel creare un consenso
con i paesi mediterranei. Ma anche se dovessero riuscirci, il
rischio della zona euro sarebbe poi l'opposto, vale a dire un'uscita
della Germania, che non accetterebbe mai politiche inflazionistiche.
Il problema centrale all'origine di tutta la crisi della zona euro è il
conflitto fondamentale d'interesse e di destino tra i paesi del sud e
la Germania su come risolvere l'immenso gap di competitività. Questa
questione rimane irrisolta e, secondo me, è semplicemente senza
soluzione. I paesi del sud sono costretti ad una permanente svalutazione
interna ed hanno bisogno di imporre politiche espansionistiche che
rilancino la domanda, ma che costringerebbero la Germania ad uscire
dall'euro per un tasso d'inflazione che Berlino non potrebbe accettare.
E' un rebus senza soluzione. La situazione non può essere risolta e prima la zona euro finirà, meglio sarà per tutti.
L'alternativa? Sono 15-20 anni di depressione per la periferia imposti
dall'attuazione delle regole del Fiscal Compact, che, in una fase di
calo demografico e diminuzione della forza lavoro, produrranno scenari
drammatici sul tessuto economico e sociale di queste nazioni. Questa
strategia assurda non aiuterà nessuno e la domanda che le leadership
devono porsi è: quanto può durare questa situazione senza che ci sia una
reazione politica? In Francia e in Italia sta prendendo sempre
più piede l'idea che per salvare il resto del progetto europeo è
necessario pensare ad uno smantellamento coordinato dell'euro. E' su
questo punto che la politica deve iniziare a ragionare in modo
costruttivo per evitare future reazioni a catena fuori controllo.
Al momento non è utile fare previsioni sul futuro della zona euro e
proverei a ribaltare la questione in questo modo: non bisogna più
parlare di rischio di rottura, ma il rischio reale e drammatico è che
l'euro possa sopravvivere per altri cinque anni, producendo danni
inimmaginabili ai paesi del sud dell'Europa. Il "decennio perduto"
dell'Europa si concluderebbe poi con uno scenario economico mondiale
molto diverso da come era iniziato e l'intero continente vivrebbe
totalmente ai margini. Il rischio vero è che l'euro sopravviva ancora. Ed è un rischio terribile per il futuro delle nazioni europee.
Questo commento di Pritchard getta un'ombra ancora più oscura sulla folle e criminale propaganda piddina. Malafede e incompetenza vengono urlate ogni giorno a canali unificati, per sostenere la più vergognosa e scellerata menzogna di questo secolo. Adesso, dopo avere sbandierato una ripresa già smentita dai fatti, continueranno a mentire in modo sempre più spudorato, confidando nel fatto che l'elettore medio non è competente in macroeconomia e, dunque, si berrà ogni genere di bugia.
RispondiElimina