Adair Turner, senatore ed ex presidente della Financial Services Authority del Regno Unito, formula su Project Syndicate una argomentata ed autorevole critica alle politiche monetarie dal lato dell'offerta che continuano ad essere l'unica proposta politica abbordabile dall'eurozona, nonostante la stessa BCE abbia riconosciuto nei documenti ufficiali che il vero problema sta nella domanda di credito, che non c'è.
LONDRA -
Prima dello scoppio della
crisi finanziaria nel 2008, il
credito privato nelle economie avanzate
cresceva più
rapidamente del PIL. Poi la crescita del credito è crollata.
Se quel crollo
rifletta una scarsa
domanda di credito o invece delle restrizioni nell'offerta può
sembrare un problema tecnico. Ma
la risposta comporta
implicazioni importanti per la definizione delle politiche economiche
e delle prospettive di
crescita. E la risposta ufficiale è probabilmente sbagliata.
L'opinione
prevalente ha
generalmente
sottolineato i vincoli
dal lato dell'offerta
e le politiche necessarie per risolverli.
Un sistema bancario compromesso,
si sostiene, priva
le imprese, in particolare le imprese di piccole e medie dimensioni
(PMI), dei fondi di cui hanno bisogno per espandersi. Nel settembre
2008, il presidente americano George W. Bush ha voluto "liberare
le banche per far ripartire il
flusso del credito
alle famiglie e alle imprese americane."
Gli
stress test e le ricapitalizzazioni
delle banche americane nel
2009 sono stati quindi considerati
come fondamentali
per la ripresa sia
del sistema
bancario che
dell'economia. Al
contrario, nel 2010 gli stress test della Banca Centrale
Europea, non
adeguatamente severi,
sono stati ben programmati
per lasciare le banche dell'Eurozona troppo deboli
per poter fornire
credito sufficiente.
Nel Regno Unito, le banche sono state criticate perché non prestavano all'economia reale i fondi creati dal quantitative easing, il che ha portato la Banca d'Inghilterra nel 2012 a introdurre il suo programma “funding for lending”. Nella zona euro, si spera che l' “asset quality review” di quest'anno (AQR) e gli stress test potranno finalmente dissipare le preoccupazioni circa la solvibilità delle banche e liberare l'offerta di credito.
La
"stretta creditizia"
- in particolare nel finanziamento delle
imprese - è stata certamente
una delle ragioni principali per cui la
crisi finanziaria ha generato una
recessione dell'economia reale. Salvataggi
bancari finanziati dai contribuenti, più elevati requisiti patrimoniali delle
banche e politiche monetarie
ultra-allentate,
sono stati tutti di vitale importanza per superare le
restrizioni all'offerta
del credito. Ma c'è
una forte evidenza che, una volta superata
la crisi immediata,
la mancanza della
domanda di credito abbia svolto un ruolo di
gran lunga più importante
delle restrizioni all'offerta
nell'ostacolare
la crescita economica.
Questo
argomento è portato avanti in maniera
convincente da Atif Mian e Amir Sufi in
House
of Debt ,
una nuova
importante opera
che analizza i
dati USA distretto per distretto.
Mian e Sufi mostrano che la recessione è stata causata da un crollo
dei consumi delle famiglie, e il consumo è sceso soprattutto
in quei distretti
in cui i livelli di indebitamento pre-crisi
e i prezzi degli
immobili post-crisi hanno portato le
famiglie a dover sostenere
grandi perdite relative di ricchezza netta.
E'
stato in quei distretti
degli Stati Uniti, inoltre, che le imprese locali hanno
tagliato i posti di lavoro
in maniera più aggressiva.
Per le PMI, è stata la carenza di clienti, non una carenza di credito, che ha
provocato la contrazione dei prestiti,
dell'occupazione, e della produzione. E i clienti mancavano perché
il boom del credito pre-crisi li aveva
lasciati sovraesposti finanziariamente.
Nel Regno Unito, molte indagini sulle imprese dal 2009 al 2012 raccontano la stessa storia. La scarsa domanda dei consumatori risulta nei dati come un vincolo alla crescita a livelli ben maggiori rispetto alla disponibilità di credito.
La
crescita economica può infatti continuare
ad essere gravemente depressa
da un eccesso di debito anche quando l'offerta di credito sia illimitata e a buon mercato.
Molte aziende giapponesi sono rimaste
sovraesposte dal boom
and bust del credito e del
settore immobiliare negli anni '80
e primi anni '90.
Alla fine degli
anni '90, il sistema bancario giapponese
offriva alle imprese
prestiti a tassi di interesse vicino allo zero. Ma, piuttosto che
prendere prestiti
per investire, le imprese hanno tagliato
gli investimenti per pagare il debito, portando
a due decenni di
stagnazione e deflazione.
Dal
2011, l'analisi della BCE sulla
crescita debole dell'eurozona
ha sottolineato
l'impatto negativo di un sistema finanziario ridotto
e frammentato,
con alti rendimenti dei titoli sovrani e costi di finanziamento per
le banche che portano a condizioni di
prestito proibitive
nei paesi periferici. Importanti progressi nella risoluzione di
questi problemi
sono già stati
raggiunti.
L'ultimo
Bollettino
Mensile
della BCE lo documenta, citando
molteplici indicatori di miglioramento
della disponibilità e accessibilità del
credito. Tuttavia, il tasso di declino dei prestiti al settore
privato ha subito un'accelerazione nel corso dell'ultimo anno - dallo
0,6% al - 2% - e
la bassa domanda è riconosciuta come la
causa principale della crescita depressa
del credito. Il
deleveraging privato e il riequilibrio
dei bilanci pubblici
condotti simultaneamente stanno
limitando la crescita della zona euro molto più che le rimanenti
restrizioni nell'offerta
di credito.
Nonostante
quel che risulta evidente alla stessa
BCE, tuttavia,
l'attenzione politica resta focalizzata
sugli aggiustamenti dal
lato dell'offerta di credito, attraverso la
AQR e gli stress test,
e attraverso la versione
BCE del programma funding
for lending, annunciati
il 5 giugno. Questo
riflette la
tendenza ricorrente nei dibattiti politici ufficiali, in particolare
nella zona euro, di
concentrarsi sui problemi risolvibili escludendo i
problemi più difficili da affrontare.
Sistemare dei sistemi bancari compromessi dopo una crisi è sia essenziali che realizzabile. Del resto, anche quando i costi del salvataggio pubblico sono inevitabili, sono in genere ridotti rispetto al danno economico operato dalla crisi finanziaria e dalla recessione post-crisi. Al contrario, un grande eccesso di debito può essere intrattabile, a meno che non si accetti di sfidare l'ortodossia delle politiche economiche.
Il Giappone ha controbilanciato il deleveraging privato negli anni '90 con ampi deficit pubblici. Gli Stati Uniti si sono tirati fuori dalla recessione più velocemente della zona euro, non solo - e nemmeno principalmente - perché hanno sistemato più velocemente il loro sistema bancario, ma anche perché hanno perseguito politiche fiscali più espansive.
Ma all'interno della zona euro lo stimolo fiscale è soggetto a vincoli, perché i paesi membri non dispongono più di una propria moneta e il debito "sovrano" quindi può correre il rischio di un default. Anche un'espansione monetaria aggressiva attraverso il quantitative easing è molto più complicata e politicamente controversa in un'area valutaria priva di una banca centrale che possa acquistare il debito federale. Per sopravvivere e prosperare, la zona euro dovrà diventare più centralizzata, con alcune entrate fiscali, spese e debiti in comune.
Naturalmente,
questo scenario implica scelte politiche di
una difficoltà immensa. Ma
il punto
di partenza per il dibattito deve essere il
realismo sulla
natura e la gravità
dei problemi che affliggono la zona euro. Se la politica della zona
euro presume che sistemare
le banche basterà ad aggiustare
l'economia, i prossimi dieci anni in Europa potrebbero
assomigliare agli anni '90 del Giappone (naturalmente parecchio in peggio, data
la mancanza della politica fiscale, ndVdE).
Perché errore? E' una scelta di politica economica, interpretata da Monti e dai suoi successori.
RispondiEliminanon la vogliamo capire: deprimere la domanda si ripercuote necessariamente sull'offerta. E' inutile continuare a produrre, anche in modo efficiente, se poi non c'e' nessuno che compra.....
RispondiEliminaPero' pretendere che la gente si indebiti ancora di piu' per comprare cose che ritiene inutili mi pare eccessivo.
RispondiEliminaLoro lo sanno, e infatti la domanda, anche quella privata, e' per la gran parte sostenuta da obblighi di spesa che sono imposti con la forza dallo Stato (pensate, per restare ai dati recenti, a tutte le istanze di spesa che ruotano attorno all'ecologismo e alla sicurezza, e sono state fatte proprie dalle lobby professionali, finanziarie e industriali, a scopo di puro e semplice lucro)
sì ma infatti qui ancora si pensa che stampare moneta così per darla alle banche senza far politica fiscale porti ripresa. vedere gli USA come esempio che hanno perso l'1% di PIL nell'ultimo trimestre....come? ah sì a causa del freddo insolito.....come no.
RispondiEliminae questo Turner è uno di quelli che sono più "avanti" fra l'elite europea. invece che a 0 sta a 1. peccato che per far terminare questa crisi si debba arrivare a 10.
Ciao Luca, guarda che Turner è uno parecchio avanti, non poco, fatto del tutto eccezionale data la posizione che ricopre. Ne avevamo già parlato qui, non si vergogna a parlare di monetizzazione del deficit e di quantitative easing per il popolo!
Eliminasì però prendere a buon esempio gli USA mi sa un pò di chi non ha capito molto nonostante tutto. i miliardi di dollari che la Fed stampa finiscono nei bond europei e dei mercati emergenti....non arrivano all0economia reale USA che infatti è tornata in contrazione e ha finora goduto di crescita guidata esclusivamente dall'azionariato e dai profitti dell'industria. ancora niente è arrivato alla classe lavoratrice e la disoccupazione o il lavoro a basso salario, depurata dal numero di scoraggiati del lavoro, resta ancora a livelli a dir poco allarmanti e incompatibili con una ripresa vera.
EliminaLa butto lì: alzare i tassi d'interesse e distribuire denaro ai disoccupati e agli incapienti.
RispondiEliminaE' evidente che il controllo dell'emissione monetaria a banche centrali "indipendenti" dai cittadini, non è fatto per la corruzzzzione e l'nflazzzzione, ma per motivi umanamente più abietti: lo schifo per il prossimo e per la bramosia del potere, giacchè alcuni si sentono importanti se solo possono schiacciare gli altri ( siamo noi ), sennò si sentirebbero delle cacche.
La realtà potrebbe essere molto ma molto più semplice, è invece no a causa dei ministri della complicazione degli affari semplici e dei suoi collaboratori.
Che ci vuoi fa'?
Questo personaggio, del mondo accademico liberista, sta menando il can per l'aia.
RispondiEliminaDice qualche cosa, ma si guarda bene dal denunciare la truffa che ormai sta scardinando tutto il sistema ecnomico internazionale.
Diceva Wiston Churchil, che sviluppare l'economia tassando... è come per una persona tentare di sollevare un secchio dopo averci messo dentro i piedi.
Poi, se non è ancora chiaro, pensare che le banche (esseri truffaldini - che corrono a briglie sciolte sicure della loro totale impunità) possano invertire il loro trend. è da sciocchi.
Queste smetteranno solamente quando verranno processati per disastro intenzionale.... ovviamente con una VERA NORIMBERGA.
molti sono fanatici di questo tipo di politiche perché creano vantaggi (per pochissimi) e nel migliore dei casi zero benefici per la stragrandissima maggioranza della popolazione.
RispondiEliminaIl che è ovvio.. prendi a prestito a 0 e investi in posti che rendono a cui poi dici che bisogna bloccare il cambio...
'so geni nel loro male.
PS: per le Norimberga di turno ricordo che il 41% del 52% ha votato PD e che le donne lo hanno fatto per il 46%...
veramente pare che l'elettorato di Renzi sia stato composto dal 60% e rotti di donne.
Eliminae poi ci dicono della parità dei sessi :-D