Martin Wolf racconta sul Financial Times il romanzo di centro e periferia, già ben noto a chi segue Bagnai, e avverte che la strategia di trasformare i paesi euro in piccole repliche della Germania può portare solo a una recessione mondiale
Sintesi e traduzione di Bardamu
L’editorialista del Financial Times
Martin Wolf si scaglia contro la ricetta
anticrisi «a taglia unica» che l’Europa sta imponendo a tutti
i Paesi «maiali»: la crescita trainata dalle esportazioni o,
per dirla con i nostri commentatori e opinionisti economici un tanto
al chilo, «fare come la Germania».
Scimmiottare il modello tedesco porterà
i paesi del sud dell’Europa a una probabile stagnazione che si
protrarrà per un bel po’, prevede Wolf. Quali sono i precetti di
quello che lui chiama «consenso berlinese» («Berlin consensus»)?
Stabilità dei prezzi nel medio termine, pareggio di bilancio e
riduzione del debito pubblico, che, nel caso dell’Italia, è una
riduzione a tappe forzate, dunque ancora più dolorosa. Le
politiche keynesiane di stabilizzazione sono del tutto bandite: e
ciò, sostiene Wolf, è il modo migliore per mettersi nei guai.
Il «miracolo» tedesco dell’inizio
del secolo è stato possibile solo perseguendo una politica
«beggar-thy-neighbour»,
cioè un’aggressiva concorrenza sleale nei confronti dei Paesi del
sud:
"La Germania ha
fatto funzionare questo modello stabilizzando l’economia
attraverso la bilancia dei pagamenti: l’attivo cresce
quando la domanda interna è debole e viceversa. L’economia tedesca
è, a prima vista, troppo grande per affidarsi a un meccanismo che è
invece tipico di economie piccole e aperte. Eppure è riuscita a
farlo, perché si è affidata al suo eccellente comparto
manifatturiero orientato alle esportazioni, e alla sua capacità
di comprimere i salari. Negli anni duemila, questa
combinazione permise al paese di ricuperare l’attivo della bilancia
dei pagamenti perduto dopo l’espansione economica in seguito
all’unificazione degli anni Novanta. Ciò, a sua volta, ha
contribuito a creare una modesta crescita, nonostante l’asfittica
domanda interna.
Un tale modello
di stabilizzazione funziona bene solo se il Paese che
esporta trova mercati esteri vivaci. La bolla finanziaria
degli anni duemila ha incoraggiato questa soluzione. Tra il 2000 e il
2007, il saldo delle partite correnti è
passato da un disavanzo del 1,7 percento del PIL a un avanzo del 7,5
percento. Nel frattempo, si sono creati dei disavanzi in altri Paesi
della zona euro. Nel 2007, il disavanzo delle partite correnti
era del 15 percento del PIL in Grecia, del 10 percento in Portogallo
e Spagna, del 5 percento in Irlanda."
Giunti a questo punto, Wolf, sebbene
non menzioni l’euro come causa, racconta la trama del romanzo
di centro e periferia, che i lettori di Goofynomics conoscono bene.
"Dall’altro
lato della medaglia di questi enormi disavanzi c’era in gran parte
una spesa privata alimentata dal credito. Poi è arrivata la crisi
finanziaria globale. Il flusso dei capitali si è arrestato e la
spesa privata è crollata. Di conseguenza, si sono creati enormi
deficit dei bilanci pubblici."
Il debito che nasce privato muore pubblico, ed ecco allora che il «consenso berlinese» impone a
tutti i Paesi in disavanzo politiche di austerità pro-cicliche. Si è
insomma scambiato il sintomo con la causa, costringendo Paesi già in
seria difficoltà a tagliare i deficit di bilancio nel periodo che va
dal 2009 al 2012.
Come se non bastasse, gli stessi Paesi
del centro stanno perseguendo la stessa politica di austerità
fiscale, mentre la BCE non dà segno d’interessarsi al problema
della domanda. Come stupirsi allora, dice Wolf, se il PIL è
fermo al palo? Il prodotto interno lordo della zona euro, infatti,
nell’ultimo quarto del 2012 era allo stesso livello del penultimo
quarto del 2010. Due anni buttati.
E il taglio del tasso d’interesse
da parte della BCE non avrà efficacia, perché il rischio
deflazione, che si accanirebbe su Paesi già in crisi profonda, è
dietro l’angolo, e, anche se si evitasse, la crescita attraverso la
domanda dell’eurozona e il riequilibrio interno resterebbe un
miraggio, visto che tutti i Paesi tagliano la spesa pubblica nello
stesso momento. E allora che si fa?
"Questo consente l'aggiustamento nei conti con l'estero. Secondo l’FMI, quest’anno la
Francia sarà il solo grande Paese della zona euro ad avere un
passivo delle partite correnti. Entro il 2018, prevede l’FMI,
tutti i Paesi della zona euro, tranne la Finlandia, saranno
esportatori netti di capitale. La zona euro nel suo
complesso avrà un avanzo di partite correnti del 2,5 percento
del PIL. Un simile riequilibrio basato sulla domanda estera è
perfettamente coerente con una zona euro a immagine e somiglianza
della Germania."
Il piddino che credesse ancora alla
volontà della Germania di concedere qualcosa ai noi meridionali,
farebbe meglio a guardare i dati dello studio della Commissione
Europea sugli squilibri macroeconomici: se un disavanzo del 4
percento della bilancia dei pagamenti è considerato squilibrio, il
limite è fissato al 6 percento per il surplus. Guarda caso la
Germania ha proprio un surplus del 6 percento.
Arrivati a questo punto, dato che la
follia degli eurocrati non sembra avere fine, Wolf si chiede quali
possano essere gli effetti di una cura tedesca somministrata
indistintamente a tutti i PIGS. È presto detto:
"… una
stagnazione prolungata è molto probabile nei
Paesi colpiti dalla crisi… se la cura comincia a funzionare, l'euro probabilmente si apprezzerà, aumentando il rischio di
deflazione… il raggiungimento dell’avanzo nella zona euro
produrrà uno shock recessivo nell’economia mondiale.
Chi potrà e vorrà compensarlo?"
È sempre la stessa, vecchia domanda:
se tutti esportano, chi importa? La strategia alamanna, dunque, non
solo non funziona, ma rischia anche di provocare gravissimi squilibri
mondiali. Wolf però si dice fiducioso che, quando (e se,
aggiungiamo) le classi dirigenti europee comprenderanno le possibili
conseguenze di questo modello, ci sarà un urgente bisogno di
cambiamento. Forse è troppo ottimista.
In ogni caso, la
sua analisi è impeccabile, e anche la sua conclusione, che raramente
potremo sentire da un giornalista economico nostrano:
"L’Europa non
diventerà una grande Germania. È sciocco crederlo. La
zona euro o risolverà i suoi problemi in maniera più equilibrata o
si scioglierà. Quale dei due scenari si realizzerà?
Questa è la vera grande domanda."
INVIATELO A LETTA E A TUTTI QUELLI COME LUI
RispondiEliminaLo conoscono,lo conoscono...invece noi cerchiamo di farlo leggere agli italiani, che neanche se li immaginano che il Financial Times pubblichi tali parole...eversive!.
EliminaIl modello della esportazione come unica forma di crescita è il coronamento psicopatico delle criminali teorie economiche di liberistico-mercantile scambio. Friedman, Hayek, la Thatcher, Reagan, i Supply Siders, Attali e tutto il resto di pensiero malato pro rentiers hanno la responsabilità di un vero e proprio cancro sociale e antropologico. Nel mondo trionfano i produttori più schifosi e bastardi, capaci di rendersi competitivi riducendo i costi nelle maniere più infami: sfruttamenti inauditi, lavoro minorile, distruzione ambientale, schiavitù in rimedio alla disoccupazione.
RispondiEliminaIl modello della esportazione come unica forma di crescita è il coronamento psicopatico delle criminali teorie economiche di liberistico-mercantile scambio. Friedman, Hayek, la Thatcher, Reagan, i Supply Siders, Attali e tutto il resto di pensiero malato pro rentiers hanno la responsabilità di un vero e proprio cancro sociale e antropologico. Nel mondo trionfano i produttori più schifosi e bastardi, capaci di rendersi competitivi riducendo i costi nelle maniere più infami: sfruttamenti inauditi, lavoro minorile, distruzione ambientale, schiavitù in rimedio alla disoccupazione.
RispondiEliminaLa zona euro o risolverà i suoi problemi in maniera più equilibrata o si scioglierà. Quale dei due scenari si realizzerà?
RispondiEliminaSi scioglierà, si sciogliera.
E non solo lei, anche molti Stati finzione europei si scioglieranno presto.
Per il resto un hip, hip, horay alla grandiosa e meritoria opera di divulgazione dell'ottimo prof Bagnai.
IL NUOVO ARTICOLO DI MARTIN WOLF DIMOSTRA L'ORIGINE DELLA CRISI: http://clickutile.blogspot.com/2013/05/financial-times-martin-wolf-e-la-crisi.html
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