Da Federico Nero un commento sul declino dell'America a stelle e strisce: il ventunesimo secolo è appena iniziato, ma il ruolo geopolitico degli USA è già in discussione.
Dopo la fine del sogno americano, era solo questione di tempo prima che finisse anche la fiducia nell’egemonia americana. Il ventunesimo secolo è ancora giovane, ma per gli Stati Uniti le sfide che si sono presentate (e cercate) sono state già abbastanza da metterne pesantemente in discussione il ruolo geopolitico, che sembrava destinato a durare quasi per sempre.
Dopo la fine del sogno americano, era solo questione di tempo prima che finisse anche la fiducia nell’egemonia americana. Il ventunesimo secolo è ancora giovane, ma per gli Stati Uniti le sfide che si sono presentate (e cercate) sono state già abbastanza da metterne pesantemente in discussione il ruolo geopolitico, che sembrava destinato a durare quasi per sempre.
Dopo
l’11 settembre 2001 gli americani hanno visto infrangersi il mito che
disegnava la loro patria come un rifugio sicuro dalle insidie esterne.
La “guerra globale contro il terrorismo”, lanciata dall’amministrazione
Bush, non ha raggiunto gli obiettivi dichiarati (e nemmeno quelli non
dichiarati) e ha messo il paese nel disastro dei conti pubblici, ne ha
danneggiato la reputazione internazionale e ne ha messo in luce la
capacità di proiettarsi in qualunque conflitto senza essere capace di
risolverne nessuno.
Nel
frattempo, per le ambizioni americane di supremazia globale si è
presentata una nuova sfida: l’ascesa dei paesi non-occidentali,
un’evoluzione che avrà un impatto sulla portata dell’egemonia
statunitense molto più grande di quanto si creda. Quando il presidente
degli Stati Uniti Barack Obama si è insediato, si è trovato davanti una
geometria dei poteri globali sottilmente – ma irreversibilmente –
ridisegnata in un modo da riflettere le nuove funzionalità del sistema
internazionale.
La
crisi che ha seguito il crollo di Lehman Brothers ha portato alla
recessione e durante quel periodo di crisi particolarmente feroce sono
emersi nuovi movimenti politici. L’ascesa del Tea Party ha prodotto una
rottura nella politica interna e ha portato alla piena degenerazione del
Partito Repubblicano, mentre movimenti come Occupy Wall Street hanno
preso di mira le profonde ingiustizie della società americana, mettendo
in luce l’ipocrisia del Partito Democratico. Diatribe politiche su
questioni come l’assistenza sanitaria, la riforma dell’immigrazione e il
tetto del debito hanno avuto ripercussioni anche sulla diplomazia. In
nome dell’austerità fiscale è stato chiesto al Dipartimento della Difesa
di tagliare le spese militari per 487 miliardi di dollari nel prossimo
decennio.
In
risposta a questi tagli, il Segretario alla Difesa Chuck Hagel si è
lamentato dichiarando che “questi tagli sono troppo veloci, troppo
bruschi e troppo irresponsabili”, affermando che limiterebbero
considerevolmente la capacità e la disponibilità di rispondere alle
sfide dell’America. Tagli o non tagli però, i limiti della forza
militare degli Stati Uniti sono già evidenti; laa poderosa macchina
bellica degli Stati Uniti è buona solo per distruggere, ma se non c’è
una diplomazia in grado di costruire una realtà politica, quello che
rimane sono solo macerie, disordine, terrore e morte.
Facciamo degli esempi:
- La strategia di “leading from behind” (condurre da dietro) usata in Libia rifletteva i vincoli della forze armate statunitensi, che hanno preferito “affidare” l’operazione militare in Libia agli alleati europei della NATO, con una Francia particolarmente zelante nel vestire nuovamente i panni del paese coloniale (in questo scenario, gli alleati eruopei sarebbero cani al guinzaglio).
- La rinuncia all’intervento unilaterale in Siria dopo che i principali alleati si sono chiamati fuori, che ha visto l’America ritrovarsi nell’imbarazzante situazione di non essere supportata e creduta da nessuno degli alleati, nemmeno quelli più storici.
- La politica sull’Ucraina, dove Obama ha messo in chiaro che “non ha intenzione di intervenire militarmente e di fare promesse che non può mantenere all’Ucraina” dopo aver visto il governo ad interim benedetto dal Dipartimento di Stato subire lo scippo della Crimea (mentre scrivo le notizie che arrivano dall’Ucraina disegnano uno scenario sempre più violento e fuori controllo).
In
questi tre casi, l’imbarazzo per gli Stati Uniti non sta solo nella
posizione “difensiva” assunta dopo aver contribuito attivamente a
scatenare i conflitti, ma anche nei dubbi sollevati dagli alleati sulla
capacità americana di rispettare gli impegni. Questa diffidenza pone
serie implicazioni sulla capacità di Washington di mantenere la
leadership mondiale. L’ordine internazionale creato e dominato dagli
Stati Uniti dipende fortemente dalla grande alleanza tra l’America e una
rete di partner alleati, ma gli elementi che tengono insieme questa rete
sono la potenza complessiva degli Stati Uniti e la fiducia che
forniscano protezione in un momento critico. Una fiducia che sta
svanendo.
In
che modo gli Stati Uniti chiedono ai loro alleati e partner di
mantenere la fiducia nella protezione offerta dall’Impero Americano
quando questo impero è in declino?
Ci sono due modi:
- Sottolineare costantemente che gli Stati Uniti hanno la capacità e la volontà di adempiere ai propri obblighi. Questo lo stanno facendo; Obama e Hagel in ognuno dei loro viaggi diplomatici ribadiscono e rassicurano gli alleati sull’impegno americano nel garantire la loro sicurezza, ma i fatti dimostrano che le avventurose manovre (leggi “guerre sotterranee”) di politica estera americana rappresentano più un elemento di destabilizzazione che un elemento di sicurezza.
- Dimostrare l’efficacia delle garanzie statunitensi sulla sicurezza attraverso l’azione e gli impegni concreti, ma è un approccio rischioso perché porta gli Stati Uniti a trovarsi in controversie internazionali in cui sono costretti a chiarire la propria posizione. In passato gli Stati Uniti hanno adottato una ambiguità strategica verso controversie internazionali che non coinvolgono i suoi interessi fondamentali. Inoltre, questo comportamento può creare rischi reali, come il conflitto con un’altra grande potenza.
Ma
visto i disastri che si scatenano gni volta che Washington decide di
allungare le mani su qualcosa, chi si fida più del Governo degli Stati
Uniti?
Per
un diplomatico americano guardare un mappamondo significa fare un
ragionamento del tipo: «OK, qui non ci sopportano, qui siamo antipatici,
qui hanno paura di noi, qui ci odiano, qui ci sopportano, qui non… » e
niente lascia presagire che questo cambi a breve, anzi, anche gli
alleati più stretti guardano alle amministrazioni americane con sempre
più diffidenza.
Ciò
nonostante, va detto che il soft-power americano continua
indirettamente ad esercitare un certo peso, ma l’America che risulta
davvero attraente è l’America ribelle, non certo quella
filo-governativa. Il modello americano per molti è un modello di
lobbisti e di violente sperequazioni sociali e razziali, condotta
alimentare suicida e imbecillità generalizzata (che finisce in
sparatorie in luoghi pubblici o in infarti sulla poltrona).
Gli
Stati Uniti sono un grande paese, dotato di tutte le risorse necessarie
a offrire garanzia di benessere e occasioni di prosperità a tutta la
loro popolazione e con tanta forza potrebbero avere un’influenza davvero
positiva sul mondo, ma la scelta che le leadership di quel paese ha
fatto è quella di permettere alle lobby di governare il paese opprimendo
la maggior parte dei cittadini americani e subordinando ai loro
interessi tutto il resto del mondo, senza nessun rimorso per “i danni
collaterali” che dovesse essere necessario sacrificare in nome del “bene
più grande”.
L’America
dovrebbe gestire il suo relativo declino come ha fatto il Regno Unito
quando ha visto il suo impero coloniale dissolversi, accettando i
cambiamenti del mondo e ridisegnando il suo ruolo internazionale sulla
base della nuova realtà, fatta di nuove potenze con cui instaurare
rapporti di rispetto reciproco e non ingerenza nelle rispettive sfere di
influenza.
Esattamente quello che gli USA non hanno intenzione di fare.
E
questo spaventa, perché l’Europa dell’Unione Europea oggi è sottomessa
alla volontà americana come non lo è stata mai durante la Guerra Fredda e
la strada che ci porta verso il TIPP assomiglia molto a quella delle
bestie al macello. La “politica” criminale e suicida in Ucraina ne è la
prova.
- Federico Nero (@federiconero)
Esattamente.
RispondiEliminaQuello che avviene da qualche decennio e' il segno della disperazione di una civilta' che ha i decenni contati. Nulla fermera' il processo in corso perche' e' nella natura di ogni civilta' nascere crescere e sparire. Basta aprire i libri di storia e vedere quali sono sopravvissute nei secoli. NESSUNA.
verita' sacrosanta
EliminaTra qualche decennio ne riparleremo. Intanto l'America e' ancora di gran lunga la maggior Potenza mondiale, mentre l'Italia probabilmente scomparira' prima del suo crollo.
RispondiEliminaE' ancora la maggior potenza, ma gli altri stanno crescendo(a parte l'ue). Quanti abitanti hanno gli anglosassoni? Non arrivano neanche ad 1/10 della popolazione mondiale. Hanno di fatto trasformato l'europa da amica a succube, quanto puo' durare tale umiliazione? A loro unico vantaggio hanno il gioco delle alleanze: in europa si ha paura della germania, in asia della cina ecc. , solo questo rallenta la fine della supremazia angloamericana. Qui entra in gioco Putin, il piu' grande leader e stratega, che sta lavorano sodo, con Cina india sudamerica ecc. Sono purtroppo d'accordo sull'italia, se non crolla alla svelta l'euro.
Eliminanon credo proprio l'america e finita a 360 gradi il popolo americano
Eliminasi sta ribellando alle politiche criminali delle lobbi un quanto stato fraudolento qesto lo hanno capito anche i polli quinti e FINITA
Europa ha paura della Germania, ussignur.
EliminaDi cosa dovrebbe avere paura l'europa o l'italia della Germania.
La Germania militarmente non conta più un cazzo.
Meglio essere succubi dagli USA che dai crucchi, beleve me.
Sè l'italia non avesse una classe politica delirante come quella attuale, non sarebbe nei panni che è.
L'italiani dovrebbero avere paura della loro classe politica, non dai tedesci o americani.
Mai visto una classe politica con tale odio è disprezzo sul proprio popolo come quella italiana. Mai visto un popolo che si fà umiliare così.
Adesso il PD sarà lì a festeggiare la mogherini per minimo 2 mesi, mentre l'italia è entrata in deppressione.
Come quando andò al potere letta, i primi 6 mesi c'era solamente 1 Thema, BERLUSCONI, mentre l'economia italiana crollava.
L'America in declino? Non credo proprio. Non solo è la maggiore potenza globale, ma le tendenze di medio periodo ne rafforzeranno la leadership. Gli Usa diventeranno autonomi da un punto di vista energetico a partire dal 2018. Stanno reimpatriando produzione industriale dall'estero e stanno studiando di reimpatriare anche i capitali. Sono competitivi in termini di efficenza politica e monetaria e legislativa. Stanno rapidamente riducendo la dipendenza dall'estero, come dimostrato dalla costante riduzione del deficit di partite correnti. Probabilmente, nel giro di 5 anni, gli Usa azzereranno il deficit. E saranno guai grossi per Paesi come la Russia, la Cina, l'India e il Brasile. I mercati finanziari, dove la leadership Usa si accentuata negli ultimi 5 anni, stanno testimoniando tale tendenza, come dimostrato dalla formidabile over-performance della borsa americana rispetto a quelle europee e dei paesi asiatici (la borsa russa è da 5 anni che fa peggio di tutte e continua a farlo). Insomma, per dirla alla Mark Twain, la notizia della morte degli Usa è fortemente esagerata....
RispondiEliminaallora gli USA sono l'unico caso al mondo di reindustrializzazione senza occupazione. staranno reimpatriando fabbriche in cui lavorano solo dei robot.
Elimina„In Frankreich hat die ganze Elite bis heute nicht verstanden, dass man im 21. Jahrhundert mit Gelddrucken nicht wettbewerbsfähig wird“, schimpft Anton Börner, Präsident des Bundesverbands Groß- und Außenhandel (BGA).
RispondiEliminaquesto testa di cazzo cruccho mi ricorda un pò Wilhelm II.