Riceviamo da Arturo, che ringraziamo per il notevole impegno, la traduzione di un lungo testo del prof. Jacques Sapir in cui si analizzano i limiti della cosiddetta "concorrenza pura" e del liberismo negli scambi internazionali, oggi considerati come produttori di sicuri benefici pur in assenza di dimostrazioni a livello teorico e in contrasto con le esperienze delle economie reali.
di Jacques Sapir, 29 novembre 2013
Questo testo è stato scritto
nell'agosto del 2008 su richiesta del Ministero dell'Economia. Si
trattava di fornire al governo francese un insieme di argomenti dopo il fallimento dei negoziati del WTO dell'estate 2008, quando
si manifestarono dubbi relativamente al libero scambio e più in
generale ai grandi negoziati commerciali. Questo testo è stato insabbiato dai
servizi del Ministero, ma non senza aver provocato un certo dibattito
all'interno del gabinetto (la signora Lagarde, se qualcuno se ne
ricorda). Poiché la questione del libero scambio è stata nuovamente
evocata sulle colonne di un quotidiano della sera (più che mai
meritevole del soprannome di “Gazzetta Serale dei Mercati”[1]),
lo pubblico perché tutti sappiano che gli economisti che pretendono
che il libero scambio costituisca l'alfa e l'omega dell'economia sono
ignoranti o prezzolati. In ogni caso mortificano la professione.
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Il fallimento all'ultimo momento dei
negoziati in corso a Ginevra nell'ambito del Doha Round è stato
presentato da un'ampia fetta della stampa francese come un evento
sfavorevole causato dall'intransigenza di Cina e India. In realtà,
come dimostra l'analisi di due specialisti sulla stampa inglese, sono
stati piuttosto l'intransigenza e la cecità ideologica statunitense
ad aver causato questo fallimento[2], che comunque, lungi dal
costituire una catastrofe per i paesi in via di sviluppo, rappresenta
piuttosto un'opportunità storica in un contesto segnato da ampie
fluttuazioni nei prezzi delle materie prime. È tempo, più che mai,
di mettere fine al dogma del libero scambio e della “verità” dei
prezzi di mercato per quanto riguarda un certo numero di prodotti.
0. L'oggetto del
dibattito
Contrariamente alla volgarizzazione del
dibattito scientifico condotta dalla stampa e dai media, la teoria
economica non ha dimostrato, sul piano normativo – al di fuori di
condizioni particolari e restrittive – la superiorità del libero
scambio, così come l'efficienza, o anche la semplice efficacia, del
processo concorrenziale di formazione dei prezzi non conduce
all'equilibrio che sotto precise condizioni, che non sempre si
riscontrano nel funzionamento reale delle economie. Queste
condizioni, note da parecchio tempo, sono particolarmente importanti
nel campo dei prezzi dei prodotti agricoli, che sono appunto alla
base del fallimento nei negoziati del WTO del 20 luglio 2008.
L'analisi degli effetti reali della liberalizzazione del commercio
mondiale nel quadro del WTO conferma i dubbi sull'utilità del libero
scambio, e soprattutto sull'utilità di prezzi completamente liberi in
relazione allo sviluppo dei paesi più poveri[3], accumulati nei
lavori teorici. Nel caso dei negoziati appena falliti, il guadagno
che i paesi poveri potevano aspettarsi non superava, secondo i
calcoli della Banca Mondiale, lo 0,16% del PIL; mentre le perdite
fiscali dovute all'abolizione dei diritti doganali nei medesimi paesi
sarebbero ammontate a 60 miliardi di dollari.
D'altra parte mentre i sussidi e gli
ostacoli alla concorrenza godono oggi di pessima stampa, la loro
esistenza non è certo dovuta al caso. Se alcuni interessi
particolari hanno voluto proteggersi, talvolta indebitamente, i
processi concorrenziali sono lungi dal produrre nel mondo reale quei
benefici che un certo discorso economico attribuisce loro. Ci sono
solide ragioni teoriche per voler falsare in certi casi il gioco
della concorrenza “pura”; al contrario, i discorsi prescrittivi
che cercano di estenderla si fondano su basi normative estremamente
discutibili. Una riflessione sulla fragilità della visione normativa
standard dell'equilibrio concorrenziale può essere suggerita da un
ragionamento relativamente vecchio, ma ancora di incontestabile
attualità, che parte da un problema classico nell'ambito dei prezzi
agricoli: la cobweb o “ciclo della carne di maiale”. Questo
problema è utilizzato spesso in microeconomia per studiare il
teorema detto della “ragnatela”, ma possiede un'utilità che
oltrepassa ampiamente quest'uso pedagogico. In realtà, come dimostra
una lettura attenta del fondamentale articolo di Mordecai Ezekiel del
1938[4], siamo di fronte a un problema che va ben al di là dei
fenomeni che ne hanno permesso l'identificazione iniziale, vale a
dire la fluttuazione dei prezzi agricoli. L'analisi delle condizioni
che danno origine al meccanismo di cobweb rivelano una grave
debolezza della teoria dell'equilibrio concorrenziale.
Questa analisi contiene una critica
radicale del ruolo normativo assegnato alla concorrenza detta “pura
e perfetta” e finisce col restituire legittimità a misure volte a
restringerne la portata, si tratti di sussidi o di limiti
all'ingresso di merci in certi mercati attraverso l'impiego di quote
o di diritti doganali. Non è casuale che i curatori di un'opera
estremamente importante sulla teoria dei cicli economici inserirono
l'articolo di Ezekiel fra i testi selezionati. Però, benché studi
teorici condotti dagli inizi degli anni '70 abbiano confermato ed
esteso le conclusioni di Ezekiel rispetto a una critica radicale
della portata normativa di un modello di equilibrio concorrenziale,
si tende a dimenticare la lezione generale del suo lavoro: una
lamentevole trascuratezza che solleva alcune domande sulla pratica
contemporanea del ragionamento economico.
I. Un articolo e il suo
contesto
La questione dell'esistenza di cicli
ricorrenti nell'andamento di prezzi e volumi di produzione dei
prodotti agricoli divenne oggetto della teoria economica alla fine
del XIX secolo. La prima ipotesi avanzata fu che le fluttuazioni
fossero determinate dai fenomeni meteorologici: una locale e
temporanea aberrazione climatica provocava dunque uno squilibrio che
si correggeva progressivamente attraverso una successione di cicli
convergenti. Per dirla in modo anacronistico, la prima reazione degli
economisti fu di immaginare quello che oggi chiameremmo un
“equilibrio della ciotola”, cioè un processo in cui, a partire
dall'equilibrio iniziale in cui la biglia si trova al fondo della
ciotola, ogni deviazione dalla posizione di equilibrio si corregge
progressivamente come nei movimenti di ampiezza decrescente di una
biglia lanciata lungo le pareti della ciotola, che finirà per
ritrovare il suo punto di equilibrio iniziale.
Le fluttuazioni dei prezzi nella catena
produttiva della carne di maiale son quelle che attirarono di più
l'attenzione degli economisti, proprio perché non corrispondevano a
questo modello[6]: si notavano in effetti movimenti divergenti, di
allontanamento sempre più marcato dalla posizione di equilibrio. Per
utilizzare un'altra formula moderna, e quindi anacronistica, eravamo
in presenza di un “punto di sella”[7]. I diversi lavori misero
rapidamente in luce il legame esistente fra l'ampiezza e la frequenza
delle fluttuazioni e il grado di elasticità dell'offerta e della
domanda: l'esistenza di uno sfasamento temporale fra il ritmo di
aggiustamento dell'offerta rispetto alla domanda permise di spiegare
l'esistenza di movimenti convergenti o divergenti a partire da un
prezzo d'equilibrio. Infatti, se l'offerta varia più lentamente
rispetto alla domanda, l'economia potrebbe porsi spontaneamente su
una traiettoria in cui gli squilibri diventano sempre più
significativi.
Il termine “cobweb” fu proposto da
Nicholas Kaldor nel 1934: bisogna sottolineare che questo articolo di
Kaldor è molto importante perché espande la dinamica della cobweb
theory rispetto al solo ambito agricolo. Kaldor mostrò che qui
emerge un problema generale che interessa la teoria dell'equilibrio
concorrenziale ogni volta che siamo in presenza di una situazione in
cui “gli aggiustamenti sono completamente discontinui”[8]. Una
riflessione analoga era stata compiuta negli stessi anni da Wassili
Leontief e si può immaginare che Kaldor conoscesse i lavori
dell'economista russo, che in quel periodo viveva a Berlino. Leontief
dimostrò l'impossibilità di determinare un meccanismo spontaneo di
equilibrio dei prezzi e della produzione attraverso il gioco della
concorrenza “pura” ogni volta che si era in presenza di curve di
offerta e di domanda non corrispondenti precisamente a quelle
specificazioni iniziali del modello di Léon Walras[9]: l'equilibrio
appariva allora come un caso particolare e non generale.
La connessione fra un fenomeno del
mondo reale e le sue conseguenze sulla teoria economica, rispetto
alla dimensione normativa e prescrittiva di quest'ultima, era dunque
stata compiuta prima della pubblicazione dell'articolo di Mordecai
Ezekiel nel 1938, che non era quindi una meteora nel cielo della
ricerca economica ma al contrario si inseriva in un dibattito dai
termini ben definiti nell'ambito di una tradizione nascente.
II. L'apporto specifico
di Mordecai Ezekiel
Si parte dunque da un risultato ben
conosciuto in agricoltura, settore in cui l'offerta è evidentemente
sottoposta a vincoli di tipo tecnico e naturale: il meccanismo
spontaneo della concorrenza può rivelarsi profondamente distruttivo.
Mordekai Ezekiel partì da questo risultato per iniziare a
riformulare la teoria standard del mercato e dei prezzi, conferendo
al modello della cobweb theory la sua forma ormai classica. Dimostrò
in particolare che l'ipotesi di convergenza vergo l'equilibrio
presuppone un'ipotesi di analogia fra l'elasticità e dell'offerta e
quella della domanda, nonché l'assenza di vincoli inerziali nella
produzione. Se le elasticità non sono simili, allora:
“La cobweb theory spiega le
violente fluttuazioni della produzione e dei prezzi nei periodi di
produzione successivi”[10]
Ezekiel dimostrò allora che il
ragionamento poteva essere esteso ad altre produzioni rispetto a
quella della carne di maiale, fossero agricole o di altro tipo. Un
punto essenziale del ragionamento è che i prezzi devono essere
determinati dalla concorrenza. Individuò così tre condizioni che
possono condurre ciascuna alla manifestazione di cicli divergenti:
- se la produzione è interamente determinata dal “prezzo-segnale” in una situazione di concorrenza pura.
- Quando i tempi di produzione richiedono almeno un intero periodo prima che il programma di produzione possa essere modificato.
- Quando i prezzi sono totalmente determinati dalla domanda.
Queste condizioni – occorre
sottolinearlo – riuniscono quelle della teoria dell'equilibrio
concorrenziale (condizioni 1 e 3) in quanto usate come fondamento
delle prescrizioni dell'economia liberista, e una condizione tecnica
(la condizione 2) che si può riscontrare ovviamente in agricoltura
ma anche in tutte le attività economiche in cui il processo di
produzione è sufficientemente complesso da determinare significativi
effetti di inerzia. Questa analisi condusse Ezekiel a un primo
risultato importante ch'egli espresse nei seguenti termini:
“Ovviamente, quanto i prezzi o la
produzione delle materie (commodities) sono determinati da decisioni
amministrative (i.e., quanto prevale la concorrenza monopolistica)
oppure quando la produzione può rispondere immediatamente a
cambiamenti della domanda, non ci si può aspettare di assistere alla
manifestazione di una reazione cobweb”[11]
Il punto è di estrema importanza. Se
consideriamo come obiettivo evitare le fluttuazioni in quanto
potenzialmente dannose sia a corto che a lungo termine sia per i
produttori che per gli acquirenti, se ne può concludere che misure
che sospendano la concorrenza, come sovvenzioni, quote o diritti
doganali, risultano allora legittime. Ezekiel segnalò che, anche nel
caso di certe produzioni agricole, possiamo essere in presenza di
elasticità che moderano gli effetti cobweb; tuttavia insisteva
sull'importante circostanza che queste elasticità non si applicano
che in un unico senso di variazione: verso una riduzione della
produzione, generando quindi rialzi irreversibili, che, variando le
condizioni, renderanno gli effetti cobweb ancora più distruttivi.
Quanto alle derrate non deperibili, è possibile gestire il rischio
di cobweb attraverso l'impiego di depositi di stoccaggio, che però
dovranno essere finanziati: un altro possibile caso di intervento
pubblico.
L'economia dev'essere dunque mantenuta
artificialmente in una situazione di equilibrio che essa non è in
grado di raggiungere attraverso il gioco spontaneo delle forze della
concorrenza. Questa conclusione di Mordecai Ezekiel, convergente coi
precedenti summenzionati lavori di Kaldor e Leontief, fornisce una
giustificazione teorica alle limitazioni deliberate alla concorrenza
nel campo nell'agricoltura. Costituisce di per sé un apporto
significativo alla conoscenza economica, ma Ezekiel non si fermò lì:
il seguito del suo articolo, benché dimenticato, è di un'importanza
ancora maggiore.
III. Generalizzazione e
attualità del ragionamento: Ezekiel come fondatore di una teoria
dello squilibrio generale
L'importanza del cobweb theorem (o
teorema della “ragnatela”) è stata per lungo tempo un punto
centrale del lavoro degli economisti che studiano i problemi
dell'agricoltura. Questo perché, prima dell'ondata neoliberista, la
presenza di sovvenzioni o di limitazioni alla concorrenza non erano
per nulla giudicati scandalosi da un punto di vista né normativo né
prescrittivo. Ciò che però si è dimenticato è che per Ezekiel il
problema non era limitato all'agricoltura: il fenomeno di
un'asimmetria di elasticità fra l'offerta e la domanda non
corrispondeva a una situazione eccezionale ma conteneva una possibile
spiegazione alle crisi economica che è opportuno citare ampiamente.
“Se i prezzi e la produzione non
convergono rapidamente verso un equilibrio, allora ogni industria
potrebbe continuare ad attrarre più lavoro e investimenti di quanti
ne possa utilizzare in modo vantaggioso, lasciando lavoro e
attrezzature parzialmente inutilizzate per la gran parte del tempo.
In una serie di industrie, tutte individualmente caratterizzate da
cicli “cobweb”, in ogni momento alcune opererebbero a piena
capacità o al di sopra del punto di equilibrio; altre al di sotto
del punto di equilibrio, ben al di sotto della loro capacità; altre
ancora vicino al punto di equilibrio, ma al di sotto della capacità
installata durante i ricorrenti periodi di sovra-espansione. Per
l'insieme delle industrie collettivamente considerate, le capacità
installate supereranno quelle utilizzate in un qualsiasi momento; e i
lavoratori, formati per l'impiego nelle specifiche industrie e
impossibilitati da varie frizioni a passare ad altre, saranno sempre
parzialmente disoccupati. […] Anche in condizioni di concorrenza
perfetta e di domanda e offerta statiche, non vi sarebbe alcun
“meccanismo automatico di autoregolazione” che permetta di
conseguire un pieno impiego delle risorse. Disoccupazione, capacità
eccedenti e spreco di risorse potrebbero così verificarsi anche se
tutte le condizioni della concorrenza perfetta fossero presenti”[12]
L'argomento qui presentato da M.
Ezekiel è particolarmente interessante per diverse ragioni. La prima
è evidentemente che non presuppone nessuna deviazione dalle
condizioni di concorrenza perfetta, diversamente da quanto si trova
nelle tesi keynesiane: l'argomento deve, o dovrebbe, essere quindi
ricevibile anche da quegli economisti che usano la concorrenza
perfetta come cornice di riferimento, dal momento che la distorsione
evocata da Ezekiel non potrebbe essere corretta da un miglioramento
delle condizioni di concorrenza. Il punto è ancora più importante
in quanto la nozione di concorrenza non costituisce solo una cornice
di riferimento teorico ma, nell'ambito delle politiche economiche
condotte a livello nazionale e internazionale (nel quadro
regolamentare dell'Unione Europea o del WTO), è diventata una
nozione normativa dalle pesanti conseguenze prescrittive. Si tratta
proprio di questa posizione normativa che viene rimessa in
discussione dal ragionamento di Ezekiel.
Ne deriva che le politiche miranti a
migliorare a tutti i costi il funzionamento della concorrenza, per
esempio quelle previste a livello europeo nel quadro delle direttive
riguardanti il miglioramento della concorrenza o le politiche
applicate nell'ambito dell'attività del WTO, risultano in questo
caso del tutto inefficaci quando le rigidità in questione sono
naturali o tecniche; si può anzi immaginare che simili politiche
contribuiscano a peggiorare la situazione rendendo più facile e puro
il meccanismo cobweb. Al contrario, accordi a livello delle industrie
considerate, per esempio dei cartelli, grazie alla costituzione di
stock intermedi e alla gestione coordinata delle capacità,
potrebbero limitare considerevolmente l'ampiezza del fenomeno
descritto. Se accettiamo l'idea che i tempi di aggiustamento
possano non essere perfettamente simmetrici, come sostiene
Ezekiel – e come sanno bene i pratici – è la totalità delle
politiche industriali condotte a Bruxelles a partire dagli anni
Ottanta che bisogna rimettere in discussione.
La seconda ragione consiste
nell'analisi del mercato del lavoro implicito in questa
argomentazione. S'è fatta menzione di frizioni, ed è evidente che
queste ultime esistono in materia di abitudini di vita o
d'impossibilità di spostarsi rapidamente per andare a vivere vicino
a un nuovo datore di lavoro; c'è però un riferimento anche alla
formazione. Implicitamente, Ezekiel considera che le conoscenze
non sono immediatamente sostituibili, il che costituisce un altro
limite di natura tecnica, che le politiche di formazione non potranno
ridurre a meno di immaginare che possano fornire a tutti i lavoratori
potenziali le conoscenze necessarie oggi e domani. C'è quindi qui
una critica implicita di un'altra politica molto in voga negli anni
Ottanta e Novanta, quella che sostiene di poter risolvere la
questione della disoccupazione grazie alla combinazione di una
maggiore flessibilità del mercato del lavoro (vale a dire con
maggior concorrenza) compensata da un maggior impegno nella
formazione. Non si intende affermare qui che tale sforzo sia
secondario ma ricordare che non può costituire in nessun modo
l'unica, né la principale, soluzione al problema della
disoccupazione. Vediamo qui che la “cobweb theory” non
rappresenta esattamente una questione marginale nella teoria
economica, tenuto conto delle sue possibili implicazioni prescrittive
e normative. La dimostrazione in questione risale agli anni Trenta e
non è mai stata confutata; è stata semplicemente ridotta, nei
programmi di insegnamento, allo statuto di curiosità, di semplice
oggetto d'esame (si fa calcolare agli studenti la dinamica di
divergenza su un numero dato di periodi...).
L'analisi di M. Ezekiel ha altre
implicazioni. Sottolineando l'importanza delle asimmetrie fra i
movimenti al rialzo e al ribasso nel processo di aggiustamento
dell'economia reale, propone una spiegazione dell'inflazione
basata su fattori reali e non puramente monetari. Ci troviamo di
fronte al seguente dilemma: se il produttore adatta rapidamente la
sua capacità al ribasso della domanda, non può realizzare un veloce
aggiustamento inverso; se al contrario vuole essere in condizione di
adattarsi prontamente a un rialzo, dovrà mantenere una capacità
eccedentaria bisognosa di finanziamento. In entrambi i casi, siamo in
presenza di tensioni inflazioniste: nel primo per eccesso di domanda
sull'offerta e nel secondo per finanziamento di capacità
inutilizzate. Contrariamente alle affermazioni di generazioni di
economisti mainstream, e ai dogmi del FMI, un ribasso del livello di
attività economica può essere un fattore di inflazione. Al
contrario, la ricerca di un livello di inflazione il più basso
possibile può avere delle ripercussioni disastrose sull'economia,
come d'altra parte confermano lavori teorici recenti[13]. La cobweb
theory, così com'è stata formulata da M. Ezekiel, fornisce dunque
il fondamento per un'analisi realistica dei movimenti dei prezzi a
partire dalla formazione microeconomica dei costi.
IV. Le conferme moderne
della posizione di Mordecai Ezekiel
Possiamo notare che parecchi lavori
sono arrivati a confermare le analisi e le intuizioni di Mordecai
Ezekiel. I primi hanno riguardato la stabilità dell'equilibrio in
regime di concorrenza. I lavori di Sonnenschein[14], Mantel[15], ma
anche Debreu[16] – il padre della forma moderna della Teoria
dell'Equilibrio Generale – sono giunti a rimettere in discussione
la forma abituale delle curve di domanda e di offerta. In effetti,
niente dimostra che tale forma non sia altro che un caso particolare,
scelto precisamente per raggiungere il risultato che si voleva
dimostrare all'inizio, vale a dire la superiorità normativa
dell'equilibrio di concorrenza. Se non possiamo dimostrare che le
curva di domanda e offerta devono
logicamente avere la forma prevista nel modello di equilibrio
generale, diventa allora impossibile dimostrare l'esistenza di leggi
generali nel quadro di tale modello. In particolare diventa
impossibile dimostrare che si ritornerebbe spontaneamente
all'equilibrio dopo uno shock esogeno, sia esso climatico, politico o
finanziario.
Nella loro opera
con cui tracciano un bilancio delle ricerche teoriche sulle dinamiche
dell'equilibrio, Gilbert Abraham-Frois e Edmond Berrebi hanno potuto
dimostrare che l'introduzione di ipotesi realistiche nel ragionamento
(per esempio che l'agente economico possa scegliere non fra due ma
fra tre opzioni...) conduce alla generalizzazione di situazioni di
forte instabilità fintanto che la concorrenza è mantenuta[17].
L'economia “perfettamente concorrenziale” è dunque
essenzialmente un'economia da “punto di sella” e non da
“equilibrio della ciotola”.
I lavori condotti
nel quadro del paradigma dell'informazione imperfetta, che
introducono cioè un'ipotesi realistica di una non-distribuzione
perfetta dell'informazione fra gli agenti – sono arrivati a
risultati simili. Innanzitutto hanno confutato radicalmente l'idea
che l'azione concorrenziale di arbitraggisti possa costituire un
fattore di stabilizzazione dell'equilibrio[18]. Al contrario, si
ritrova il risultato di Ezekiel di traiettorie violentemente
divergenti dall'equilibrio non appena si rinunci all'ipotesi molto
irrealistica di un'informazione perfetta o almeno perfettamente
distribuita. Questi lavori hanno altresì dimostrato che non poteva
esistere equilibrio delle informazioni in un mercato
concorrenziale[19].Se ammettiamo che i mercati sono incompleti, come
appare ragionevole quando il numero dei segnali eccede quello dei
prezzi relativi, allora le possibilità di equilibrio sono
estremamente ridotte e quegli equilibri sono instabili[20]. E'
dimostrabile d'altra parte che gli errori di arbitraggio, conseguenze
inevitabili del sottosviluppo delle strutture informative del
mercato, producono una dispersione dei prezzi in un universo
fortemente concorrenziale[21].
Bisogna o
sacrificare l'equilibrio o sacrificare la concorrenza. In effetti, è
possibile dimostrare che la situazione di concorrenza che governa i
mercati finanziari produce un eccesso di segnali rispetto alla
domanda degli agenti. C'è qui di nuovo un problema di asimmetria tra
le logiche dell'offerta (la produzione di segnali) e quelle della
domanda (la capacità di gestione di questi segnali da parte degli
agenti): la considerazione degli effetti perversi degli eccessi di
segnali generati da mercati “concorrenziali” come i mercati
finanziari costituisce una delle grandi acquisizioni di questi ultimi
anni. Gli scandali contabili e finanziari di cui la storia economica
recente è così ricca[22] non sono dunque accidenti individuali, ma
sintomi di una patologia del sistema.
Bisogna
infine dar conto dei lavori che si sono occupati della formazione
delle preferenze individuali. Questi lavori hanno dimostrato,
attraverso esperimenti ripetuti basati su protocolli standardizzati,
che le preferenze degli agenti tendono a rovesciarsi bruscamente[23],
non rispettano l'ipotesi tradizionalmente formulata di
transitività[24], e
infine che tali preferenze erano sproporzionatamente sensibili ai
“picchi” dell'esperienza e alla loro maggiore o minore vicinanza
temporale (liquidando così l'ipotesi di monotonia
temporale formulata dalla teoria
dell'equilibrio)[25].
Questi
risultati sono particolarmente importanti perché dimostrano che gli
individui, in presenza di ampie fluttuazioni del loro ambiente –
come è possibile aspettarsi in caso di cobweb - , non sono in grado
di ritrovare spontaneamente una stabilità decisionale. In
questi casi le fluttuazioni distruggono il quadro decisionale stesso,
rafforzando la tesi di Ezekiel. Quest'ultimo in effetti immaginava
che le variazioni dei prezzi e delle quantità non modificassero il
comportamento degli agenti economici; noi oggi sappiamo che queste
variazioni creano le condizioni psicologiche per decisioni che
conducono a una loro amplificazione. La tesi di un processo di
divergenza incontrollabile ne esce notevolmente rafforzata.
V.
Attualità delle conclusioni di Mordecai Ezekiel
L'idea
generale che gli aggiustamenti al rialzo siano assai meno flessibili
di quelli al ribasso costituisce un argomento molto forte per
politiche volte a garantire sbocchi, per periodi più o meno lunghi,
alle industrie e attività più interessate da queste rigidità.
Possiamo trovare altri esempi nell'analisi della transizione delle ex
economie di tipo sovietico e in particolare nel caso della Russia: la
rapida caduta della produzione fra il 1992 e il 1997 si tradusse in
una diminuzione della produttività e un aumento relativo dei costi.
Una fabbrica che lavora al 20% delle sue capacità non consuma il 20%
dell'energia e degli input necessari per funzionare a piena capacità,
ma una frazione apprezzabilmente superiore. Al contrario, quando, in
seguito alla forte svalutazione del 1998 seguita al crack
finanziario, la produzione interna ridiventò competitiva, la rapida
crescita della produzione industriale dell'inverno 1998-1999 si
tradusse in guadagni di competitività e miglioramenti nelle
condizioni tecniche di formazione dei costi. È una delle ragioni per
cui la Russia non cadde nell'iperinflazione e l'aumento dei prezzi si
calmò rapidamente una volta digerito lo shock della svalutazione.
Ci accorgiamo facilmente delle implicazioni di una
reintroduzione del tempo nell'analisi economica. La perfetta
flessibilità dell'offerta e della domanda è una condizione
essenziale per l'esistenza di un equilibrio di pieno impiego. Anche
solo per poter supporre che l'offerta sia in grado di adattarsi alla
domanda in modo simmetrico (al ribasso o al rialzo), occorre
ipotizzare che tutte le decisioni siano reversibili. Ora, la
reversibilità di una decisione dipende dal tempo e dalla non
specificità (o reimpiegabilità) degli attivi, materiali e umani. La
presenza di una forte specificità degli attivi, a meno di non
ipotizzare che le negoziazioni siano sempre perfettamente efficienti,
implica la superiorità dell'organizzazione rispetto al mercato,
della gerarchia rispetto alla concorrenza[26]. Naturalmente, più
l'ottica è quella del lungo periodo, più è facile considerare le
decisioni come reversibili e gli attivi non specifici; il problema è
che le attività umane si collocano all'interno di un'articolazione
di tempi molto diversi, che vanno dal periodo ultra corto al tempo
lungo di cui ha parlato Fernand Braudel. Ipotizzare la completa e
integrale reversibilità delle azioni è negare quest'articolazione
temporale, pretendere che sia possibile cancellare il presente.
L'invocato realismo, che abbiamo definito nell'introduzione, implica
la rinuncia all'ipotesi di reversibilità: le asimmetrie degli
aggiustamenti che allora emergono mostrano che nella relazione di
scambio possono stabilirsi posizioni di potere in ragione dei vincoli
tecnici propri delle risorse su cui sono basate le attività degli
attori.
Se torniamo alla dimensione teorica iniziale
dell'articolo di Mordecai Ezekiel, conviene allora tirare tutte le
conseguenze dal “teorema di Sonnenschein-Mantel-Debreu”. È
senz'altro possibile, salvo immaginare che gli agenti economici
possiedano la piena capacità di strappare il velo d'oscurità che
nasconde il futuro, che un aumento dei prezzi generi un aumento della
domanda. In realtà, salva l'ipotesi irrealistica di un'economia
composta di agenti rappresentativi omogenei, si tratta di uno
scenario altamente probabile[27]. Come indica uno dei fondatori della
forma moderna del modello dell'equilibrio generale, Frank Hahn, è
senz'altro possibile, e anzi in realtà probabile, che se si
lasciasse la fin troppo famosa “mano invisibile” agire senza
limiti e controlli, essa impazzirebbe o, meglio ancora, si
invischierebbe – il termine è dello stesso Frank Hann – in
situazioni disastrose per tutti i partecipanti al mercato[28]. Da
allora, non ci sono più basi teoriche alla credenza di numerosi
economisti che popolano le organizzazioni internazionali che un
sistema perfettamente flessibile e concorrenziale tenderebbe
all'equilibrio: il paradigma della concorrenza è non scientifico.
Possiamo qui riprendere il giudizio formulato da uno dei
migliori conoscitori francesi della teoria dell'equilibrio
concorrenziale, Bernard Guerrien:
“---la relativa stabilità che manifesta il mondo
reale può spiegarsi anche per la presenza di rigidità e di
meccanismi di intervento di ogni tipo”[29]
Guerrien cita d'altra parte subito l'agricoltura come
una delle attività dove la presenza di rigidità e di meccanismi di
intervento è necessaria. Attraverso il lavoro di Ezekiel abbiamo
visto che tale approccio è pertinente a numerosi altri settori.
Vi è quindi una solida giustificazione teorica alle
diverse misure – sovvenzioni, quote di produzione o di
importazione, diritti doganali – che sono state utilizzate per
alterare deliberatamente una concorrenza il cui gioco “puro” non
poteva che essere gravemente distruttivo. La conferma dei risultati
raggiunti negli anni Trenta da Kaldor, Leontieff ed Ezekiel fornita
da ricerche più recenti, basate su un approccio multidisciplinare
(con l'impiego di matematica, psicologia, e, ovviamente, economia)
dimostra che qui siamo in presenza di una “durezza” scientifica
incontestabile.
Che risultati raggiunti in modo così scientificamente
accurato possano essere negati da una parte dell'attuale discorso
economico solleva evidentemente domande circa la sua natura.
Certamente, l'economia, dalla sua nascita, ha fatto propria la sua
parte di affermazioni ideologiche e di tesi infondate, sostenute con
squilli di tromba per meglio nascondere interessi particolari. Ma che
la confutazione dei risultati normativi posti a fondamento delle sue
posizioni prescrittive in favore dell'abolizione dei limiti alla
concorrenza non abbia avuto un impatto sui suoi discorsi, così come
vengono tenuti in numerosi circoli internazionali, pone oggi
apertamente il problema della strumentalizzazione politica, da parte
di certi Stati o di certi gruppi ideologici, di una discussione
economica che di scientifico non ha che l'apparenza.
------------------------------------------------------
[1] Le Monde, per chi non l'avesse capito...
[2]
V. T. A. Wise et K.P. Gallagher, «A bad deal
all round», in Guardian, 31 luglio 2008. Consultabile su
internet qui:
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2008/jul/30/wto.economics
[3]
J. Sapir, «Libre-échange, croissance et développement: quelques
mythes de l’économie vulgaire» in Revue
du Mauss
n°30 (II semestre 2007), Edizioni La Découverte, Parigi, pp.
151-171.
[4]
M.Ezekiel, “The Cobweb Theorem”, in Quarterly
Journal of Economics ,
vol. LII, n°1, 1937-1938, pp. 255-280.
[5]
V. Readings
in Business Cycle Theory – selected by a committee of The AMERICAN
ECONOMIC ASSOCIATION,
Londra, George Allen and Unwin, 1950, pp. 422-442
[6]
M. Ezekiel et G.C. Haas, “Factor affecting the Price of Hogs”, US
Dept. Agr. Bul.,
n°1440, 1926, pp. 67-68, Washington, 1926. Si veda anche A. Hannau,
Die
Prognose des Schweiepreise
in Vierteljahrshefte zur Konjunkturforschung, bollettini nn. 7 et 18,
Institutt zur Konjunkturforschung, Berlino, 1928 et 1930; J.
Tinbergen, “Bestimmung und Deung von Angebotskurven, Ein Beispiel”
in Zeitschrift
für Nationalökonomie,
Vienna, Vol. 1, n° 5, 1930. R.H. Coase et R.F. Fowler, “The
Pig-Cycle in Great Britain: an explanation” in Economica,
Vol. IV, n°1, Nuova Serie, 1937, pp. 55-82.
[7]
L'immagine qui è quella di una biglia posta su una sella, che, se
spinta, cade irrimediabilmente senza poter tornare alla sua posizione
iniziale. Per l'analisi matematica degli equilibri a “punto di
sella”, si veda G. Abraham-Frois et E. Berrebi, Instabilité,
Cycles, Chaos,
Economica, Parigi, 1995, Cap. 1
[8]
N. Kaldor, “A Classificatory Note on the Determinateness of
Equilibrium” in Review
of Economic Studies,
Vol. 1, febbraio 1934
[9]
W. Leontief, “Verzögerte Angebotsanpassung und Partielles
Gleichgewicht” in Zeitschrift
für Nationalökonomie,
Vienna, Vol. IV, n°5, 1934
[10]
M.Ezekiel, “The Cobweb Theorem”, in Quarterly
Journal of Economics ,
op.cit., pp. 267-68 (p. 432 nella raccolta Readings
in Business Cycle Theory )
[11]
M.Ezekiel, “The Cobweb Theorem”, in Quarterly
Journal of Economics ,
op.cit., pp. 272-73 (p. 438 nella raccolta Readings
in Business Cycle Theory ).
Occorre ricordare qui che la nozione di “decisione amministrativa”
non rimanda necessariamente all'intervento dello Stato ma a quella di
“prezzo amministrato”, cioè di prezzo non determinato dalla
concorrenza.
[12]
M.Ezekiel, “The Cobweb Theorem”, in Quarterly
Journal of Economics ,
op.cit., pp. 279-280
[13]
Voir G.A. Akerlof, W.T. Dickens et G.L. Perry, «The
macroeconomics of low inflation», Brookings
Papers on Economic Activity,
n° 1/1996, p. 1-59; e T.M. Andersen, « Can
inflation be too low ?», Kyklos,
vol. 54, fasc. 4, p. 591-602.
[14]
H. Sonnenscheim, “Do Walras Identity and Continuity Characterize
the class of Excess Demand Functions?” in Journal
of Economic Theoty,
vol. 6, 1973, N°2, pp. 345-354
[15]
R. Mantel, “On the characterization of Aggregate Excess Demand”
in Journal
of Economic Theory,
vol. 7, 1974, N°2, pp. 348-353
[16]
G. Debreu, “Excess Demand Functions” in Journal
of Mathematical Economics,
n°1/1974, pp. 15-23
[17]
G. Abraham-Frois et E. Berrebi, Instabilité,
Cycles, Chaos,
op.cit., pp. 3-4
[18]
S. Salop, On
the Non-Existence of Competitive Equilibrium,
St Louis, St Louis Federal Reserve Board, 1976. J. Green,
«The non-existence of informational equilibria», Review
of Economic Studies,
vol. 44, 1977, p. 451-463. S.Salop e J.Stiglitz,”Bargains
and Ripoffs: A Model of Monopolistically Competitive Price
Dispersion”, in Review
of Economic Studies,
Vol.44, 1977, pp.493-510
[19]
S. Grossman e J.E. Stiglitz, «Information and competitive
price systems», American
Economic Review – Papers and Proceedings,
giugno 1976
[20]
Voir J.S. Jordan e R. Radner,”Rational Expectations in
Microeconomic Models: an Overview”, in Journal
of Economic Theory,
vol.26, 1982, pp.201-223. Per una discussione più generale delle
conseguenze di una moltepliticità di segnali per la stessa
informazione, si veda: J. Green,”The Non Existence of Informational
Equilibria”, in The
Review of Economic Studies,
Vol.44, 1977, pp 451-463
[21]
Sul ruolo dell'arbitraggio, S.Grossman e J. Stiglitz, “Information
and Competitive Price Systems”, in American
Economic Review, Papers and Proceedings,
giugno 1976
[22]
Si veda per esempio R. Lowenstein, When
Genius Failed : The Rise and Fall of Long-Term Capital
Management,
New York, Random House, 2000 ; e M. Swartz e
S. Watkins, Power
Failure : The Inside Story of the Collapse of Enron,
New York, Doubleday, 2003
[23]
S. Lichtenstein e P. Slovic, “Reponse induced eversals of
Preference in Gambling: An Extended Replications in Las Vegas”,
Journal
of Experimental Psychology,
n°101,/1973, p. 16-20
[24]
P. Slovic e S. Lichtenstein, “Preference Reversals : A Broader
Perspective”, American
Economic Review,
vol. 73, n°3/1983, p. 596-605
[25]
D. Kahneman, D.L. Frederickson, C.A. Schreiber, D.A. Redelmeier,
“When More Pain is Preferred to Less: Adding a Better End”,
Psychological
Review
, n°4/1993, p. 401-405. D.A. Redelmeier et D. Kahneman, “Memories
of Painful Medical Treatments. Realtime and Retrospective Evaluations
of Two Minimally Invasive Procedures”, Pain,
n°1/1996
[26]
G. Walker e L. Poppo, « Profit centers, single-source suppliers
and transaction costs », in Administrative
Science Quarterly,
vol. 36, 1991/n°1, pp. 66-87
[27]
B. Guerrien La
Théorie Néo-Classique. Bilan et perspective du modèle d’équilibre
général,
Economica, Parigi, 1989
[28]
F. Hahn, “Unsatisfactory Equilibria”, Technical
Report,
n°247, IMSS, Stanford University, Palo Alto Ca., 1977
[29]
B. Guerrien, L’économie
néo-classique,
La Découverte, Parigi, 1989, p. 45
Non fate leggere questo saggio ai monetaristi per carità!
RispondiEliminaAi Chicago boys rischia di venire un infarto di fronte all'evidenza che le loro teorie sono campate per aria.
Queste letture non si vedono su giornali il cui unico editore è il lettore, come il fatto quotidiano, baluardo della civiltà (?) contro la barbarie.
Ma si leggono in compenso tante teorie monetariste su quei fogli liberi(?).
La cosiddetta stampa libera finalmente ho capito a cosa serve, a dire balle in libertà, forse per questo il potere la lascia prosperare.
Riccardo.
Assolutamente si. A questo mondo l'unica liberta' e' quella di dire stronzate. Anzi oramai sono scientificamente pianificate con l'unico fine di massificare i cervelli di 7 miliardi di persone e trasformarli in polli . Anzi in topi al seguito del pifferaio magico che li portera' tutti inesorabilmente nel burrone. Decenni e non secoli.
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