L'ntervista di Der Spiegel a Barry Eichengreen, economista americano, sulla crisi dell'euro e delle banche europe e sui problemi del dollaro e del debitone USA...
L'Unione Europea spera che gli aiuti alla Grecia e all'Irlanda, combinati con un più stretto coordinamento delle politiche economiche, siano sufficienti a porre fine all'eurocrisi. Ma non è una cosa probabile, avverte l'economista americano Barry Eichengreen in un'intervista con SPIEGEL. Anzitutto, l'Europa deve pensare alle sue banche malate.
SPIEGEL: Professor Eichengreen, Lei ha passato molti anni a studiare se l'unione monetaria europea sarebbe crollata o meno. La Sua conclusione: tecnicamente uno stato membro potrebbe lasciare la zona euro, ma politicamente sarebbe come un meteorite che colpisce l'Eurotower a Francoforte. E' ancora di questo parere?
Eichengreen: Sì, ma a una condizione. Che al Vertice di marzo gli stati membri affrontino alcune verità sgradevoli. Il Piano A ha fallito. Ora devono passare al Piano B. Devono smettere di tentare di combattere la crisi in Grecia ed in Irlanda costringendo questi paesi ad accumulare debiti su debiti caricandoli con dei prestiti sopravalutati.
SPIEGEL: E nello stesso tempo l'Europa sta soffocando tutta la potenzialità di sviluppo in Grecia ed in Irlanda, costringendoli ad adottare pesanti misure di austerità. Questa strategia può realmente avere un senso?
Eichengreen: I tentativi di salvataggio fatti finora non hanno mai avuto un senso. Essenzialmente, tutto ciò che la Germania e la Francia vogliono ottenere con queste misure è di proteggere le loro banche dal crollo. Ora la gente sta cominciando a rendersi conto che non c'è modo di rimandare il debito della Grecia, e che le banche ne saranno coinvolte. Affinchè questo accada, c'è soltanto una soluzione: l'Europa deve rinforzare le sue banche! La Grecia ha vissuto al di sopra dei suoi mezzi, ma in Irlanda ed in Spagna sono le banche il problema. La crisi dell'euro è anzitutto una crisi delle banche.
SPIEGEL: Come faranno i governi a spiegare ai loro cittadini che hanno bisogno di maggiore pressione fiscale per le banche, questa volta a causa dei prestiti a paesi come la Grecia e l'Irlanda?
Eichengreen: Probabilmente sarà più facile per il Cancelliere Angela Merkel persaudere i contribuenti tedeschi a salvare le loro banche, piuttosto che sborsare altri miliardi per la Grecia. Specialmente perché, con un taglio sul debito greco e le misure a sostegno delle banche, dovrebbe essere possibile mettere fine alla crisi, e impedirne la diffusione in Spagna.
SPIEGEL: Uno sguardo ai libri delle banche, tuttavia, basta per rendersi conto che non sarà facile. Sono ancora piene di bonds di paesi ad alto rischio che ancora devono essere ammortizzati. E la base azionaria delle banche europee rimane debole.
Eichengreen: Le banche europee sono in una situazione di rischio molto peggiore di quanto la gente non immagini. La maggior parte della gente ora capisce che gli stress tests dell'anno scorso non ci hanno detto molto. I tests erano più che altro un gesto simbolico, proco realistici. Hanno completamente ignorato i rischi di liquidità che le banche avrebbero potuto affrontare. I Governatori non avranno il permesso di farlo, questa volta. Tuttavia, sarei più tranquillo se la responsabilità di effettuare gli stres tests fosse affidata alla Commissione Europea. I Governatori nazionali sono troppo suscettibili di pressioni da parte delle banche.
SPIEGEL: Di quanti soldi avranno bisogno le banche per mettere i loro bilanci a prova di crisi?
Eichengreen: Come stima approssimativa, valuterei i costi per recapitalizzare le banche tedesche e francesi al 3 per cento del PIL franco-tedesco.
SPIEGEL: Quindi circa 180 miliardi di euro.
Eichengreen: Non ci sono soluzioni a basso costo. La mia principale preoccupazione è che l'Europa sceglierà ancora una via di mezzo, per esempio rinegoziando l'interesse e le scadenze sui prestiti alla Grecia ed all'Irlanda. I leaders europei non sbaglierebbero a farlo, ma sarebbe troppo poco rispetto a quanto necessario per salvare l'euro. Sarebbero altri mesi sprecati per Europa.
SPIEGEL: Al Vertice di marzo, i leaders europei vogliono arrivare ad un coordinamento più stretto sulla politica economica, compresi gli sforzi per armonizzare i costi unitari del lavoro e l'età di pensionamento. Cosa ne pensate?
Eichengreen: Anche se le condizioni economiche tra i membri dell'eurozona non saranno mai esattamente le stesse, una più stretta collaborazione ha un senso. Durante lo stesso anno, l'economia tedesca crescerà forte e la Spagna crescerà a mala pena. Tra pochi anni, la situazione potrebbe essere completamente invertita. Gli stati membri dell'Eurozona non hanno più politiche monetarie indipendenti che permettano loro di reagire. Così devono adattare le loro politiche fiscali. Ciò a sua volta ha un effetto sulla situazione economica di altri paesi dell'eurozona. I paesi dell'Eurozona devono provare a realizzare un certo livello di coordinamento fra Stati indipendenti.
SPIEGEL: Malgrado la crisi attuale, i fondamentali economici nella zona euro sono ancora più forti di quelli dall'altra sponda dell'Atlantico. Perché gli investitori stanno controllando Europa ma non gli Stati Uniti?
Eichengreen: Non sono un bravo psicologo, particolarmente per quanto riguarda i traders di Wall Street. Ma ho paura che presto cominceranno a diffidare anche degli Stati Uniti. La storia ci ha insegnato che le crisi finanziarie accadono sempre vicino alle elezioni. Abbiamo un'elezione importante per il 2012. Se per quella data non avremo affrontato il problema del nostro debito, e sembra improbabile che lo si faccia, allora avremo gravi problemi.
SPIEGEL: Il debito degli Stati Uniti è attualmente al 90 per cento del P.I.L., che è un po' sopra la media europea…
Eichengreen: … e purtroppo non lo è per quanto riguarda il livello dell'imposta federale negli Stati Uniti. Considerando che i governi europei hanno una pressione fiscale intorno al 40 per cento del P.I.L., siamo appena al 19 per cento negli Stati Uniti. Ciò significa che, senza aumentare le tasse, non saremo in grado di riequilibrare il bilancio e ripagare il debito con gli interessi. Ma siccome non si può parlare di aumentare le tasse in questo paese, gli Stati Uniti si giocheranno la fiducia degli investori.
SPIEGEL: Negli ambienti politici degli Stati Uniti c'è la volontà di fare qualcosa su questo problema? Appena a dicembre scorso, il presidente Barack Obama ha esteso i tagli fiscali dell'amministrazione Bush al 2012, anche se le riduzioni di imposta per i super-ricchi non fanno niente per stimolare l'economia.
Eichengreen: Ha già risposto alla sua domanda. Questo stimolo fiscale è molto inefficace perché apre un altro buco nel bilancio e la gente ricca non è incline a spendere i soldi risparmiati con i tagli. Ma il governo deve trovare un modo di spingere l'economia degli Stati Uniti, di ridurre la disoccupazione, che è al 9 per cento, se non di più. Ugualmente importante sarebbe una dichiarazione chiara di Obama al Congresso su come affrontare il problema del debito a medio termine. Ma invece di fare questo, l'amministrazione ed il Congresso hanno appena deciso di spostare il problema più in là nel futuro, insensatamente tra tutti gli anni possibili, al 2012. Credetemi, sarà impossible parlare di questo problema durante un anno di elezioni.
SPIEGEL: Il popolo degli Stati Uniti è disposto a risparmiare?
Eichengreen: Se ne accorgeranno presto, qui in California. Alcune soprattasse stanno per scadere ed il Governatore Jerry Brown ha proposto di prorogarle. Ci sarà un referendum su questo. I Californiani stanno affrontando una decisione che tutti gli Stati Uniti presto dovranno affrontare: o più entrate fiscali nelle casse del governo o meno soldi disponibili per le università, gli socialmente svantaggiati, la difesa ecc. In California, siamo convinti che segneremo la strada per il resto del paese. Siamo all'avanguardia nel surfing, e speriamo di esserlo anche nel liberare il paese dal debito.
SPIEGEL: La Banca Centrale Europea e la Federal Reserve degli Stati Uniti stanno comprando le obbligazioni sovrane per sostenere i paesi e stimolare le loro economie. È davvero una buona idea?
Eichengreen: Dove i politici vengono a mancare, le banche centrali devono sempre fare un passo avanti. Per uscire da una recessione, il governo ha bisogno o di abbassare le tasse o di investire. Ma lo stallo della politica costringe le banche centrali ad azioni di politica monetaria. Il risultato è il quantitative easing. I tassi di interesse sono già a zero, e così la Fed sta provando a stimolare l'economia acquistando i bonds. Lo stesso sta accadendo in Europa. Nelle crisi serie come queste, le banche centrali improvvisamente diventano le uniche che possano realmente fare qualche cosa. Ciò rivela i limiti della politica, e causa problemi, perché le banche cominciano a fare cose che non rientrano nel loro mandato.
SPIEGEL: La politica dei tassi bassi sotto l'ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan ha aperto la strada alla crisi finanziaria, come anche il suo impegno nella deregolamentazione. Il suo successore Ben Bernanke sta sommergendo il mercato di soldi. Quanto è credibile la Fed attualmente?
Eichengreen: L'operato della Fed nel decennio passato è stato irregolare, per metterla in maniera gentile. Nel periodo prima della crisi, la Fed è stata un completo fallimento come regolatore. Non ha visto i rischi. Ma quando si è messa a combattere la crisi, ha fatto le scelte giuste ed ha funzionato bene.
SPIEGEL: La Cina possiede il 20 per cento dei titoli di Stato americani detenuti all'estero. Può succedere che Pechino usi questo potere economico per dei benefici politici?
Eichengreen: Sarebbe molto costoso per i cinesi. La quantità di titoli di Stato degli Stati Uniti posseduti dalla Cina è grande, persino in confronto al suo potere economico. Se la Cina decidesse di vendere le sue obbligazioni, il prezzo crollerebbe ed il paese dovrebbe accettare grandi perdite. Il conflitto con gli Stati Uniti dovrebbe essere effettivamente molto serio per causare una reazione del genere da parte dei cinesi. Se optassero per una vendita su grande scala dei titoli di Stato degli Stati Uniti, sarebbe per un motivo molto più mondano: la paura che gli Stati Uniti perdano il controllo delle loro finanze.
SPIEGEL: La Sua previsione che il dollaro come valuta di riserva internazionale ha i giorni contati ha allarmato seriamente i cittadini degli Stati Uniti. Quale valuta si userà quando finirà il dollaro: l'euro o lo yuan?
Eichengreen: Dipende molto da quanto guardiamo lontano nel futuro. La Cina avrà bisogno di 10 anni per internazionalizzare la sua moneta al punto che possa rappresentare per le banche centrali e gli investitori un'alternativa praticabile rispetto al dollaro. Anche l'Europa ha grandi sfide da affrontare prima di poter competere col dollaro. Ma penso che sce la farà prima della Cina. L'euro potrebbe essere pronto in 5 anni. Su questo, sono ottimista.
SPIEGEL: Professor Eichengreen, tante grazie per il tempo che ci ha dedicato.
Intervista condotta da Peter Müller
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