25/05/14

Un Posto Chiamato Casa

La mobilità del lavoro - considerata necessaria per sostenere l'alta disoccupazione dei paesi periferici dell'eurozona -  ci viene propagandata come una esperienza formativa per giovani talenti. Ma - se in alcuni casi può anche esserlo - Frances Coppola osserva che più spesso significa vagare costantemente alla ricerca di un lavoro precario e mal pagato: come nelle Highland Clearances  siamo sfrattati,  e la partenza non è una scelta libera, ma dovuta a circostanze drammatiche.



di Frances Coppola - Ad alcuni economisti piace che le persone si muovano. Dove c'è la libera circolazione della manodopera, la disoccupazione a lungo termine non dovrebbe esistere: ci potrà essere disoccupazione a breve termine, ma questa si risolverà come le persone vanno via dai luoghi dove non c'è lavoro e si spostano in luoghi dove il lavoro non manca. Se c'è disoccupazione di lunga durata, quindi, vuol dire che sono necessarie delle riforme del mercato del lavoro per incoraggiare la gente a "seguire il lavoro".


Ci sono prove significative che la gente emigra dalle regioni depresse verso le regioni più attive. All'interno dei paesi, in genere si ha una migrazione dalle campagne alle città, e dall'agricoltura all'industria. In certe fasi nel passato c'è stata una migrazione consistente di persone da una zona a un'altra di uno stesso paese, quasi sempre causa di condizioni economiche gravemente depresse e/o ampi squilibri regionali. Degli esempi che balzano subito alla mente sono le migrazioni dagli stati agricoli in crisi del Midwest Americano verso la California e la Florida durante la Grande Depressione, e più recentemente le migrazioni dalle regioni agricole povere della Cina verso le più ricche città industriali. Le persone emigrano anche dai paesi poveri verso quelli più ricchi, nonostante i notevoli sforzi che i paesi di destinazione spesso mettono in atto per impedirlo. L'immigrazione clandestina è prevalente ovunque ci siano evidenti squilibri tra paesi limitrofi - dal Messico agli Stati Uniti, per esempio.

Nonostante le loro paure, le regioni che sperimentano l'immigrazione effettivamente si avvantaggiano dal punto di vista economico del contributo degli immigrati, così come i migranti stessi. Anche le regioni che sperimentano l'emigrazione possono trarne un vantaggio nel breve termine: l'emigrazione allevia le pressioni sulla rete di sicurezza sociale e se i migranti inviano denaro ai parenti può far entrare dei redditi nel paese. Questo paper di Farhi e Werning sostiene che la migrazione all'interno di una unione monetaria (come la zona euro) può essere utile non solo a coloro che partono, ma anche a quelli che restano, se la domanda estera dei prodotti del paese rimane forte. Quindi la migrazione, a quanto pare, può avvantaggiare tutti - anche se l'emigrazione netta persistente per un lungo periodo di tempo può portare al declino economico, quando la perdita costante di persone non è compensata da un alto tasso di natalità. Il commercio di schiavi, che può essere considerato come una forma di migrazione forzata, ha esaurito la popolazione della costa occidentale dell'Africa, che rimane tuttora colpita dalla pover.

Ma anche se le frontiere sono completamente aperte, il lavoro non si muove liberamente. Sembra che in realtà le persone non siano così entusiaste di andare a caccia di posti di lavoro. Molti preferirebbero rimanere dove sono, anche se questo significa un forte calo del loro tenore di vita. La minaccia della fame tende a far sì che le persone si muovano, anche se poi, anche allora, alcuni scelgono di rimanere e morire di fame. Ma se c'è qualche sorta di rete di sicurezza, allora le persone tendono a restare. E' così che si formano le sacche di disoccupazione a lungo termine - a volte intergenerazionali.


La ragione, ovvia, è che per alcuni muoversi non è facile, temono di non essere i benvenuti nella zona di destinazione. I malati, i disabili e gli infermi effettivamente possono non essere in grado di muoversi, mentre le persone ormai vicine alla pensione o quelle prive di particolari competenze possono non essere disposte ad affrontare lo sconvolgimento di uno spostamento quando non c'è nessuna garanzia di trovare lavoro. Anche le persone (soprattutto donne) con bambini piccoli potranno resistere allo spostamento, per il problema di interrompere la frequenza dei bambini negli asili e nelle scuole. Ma questo non è tutto. Anche le persone relativamente giovani e qualificate senza familiari a carico possono essere riluttanti a emigrare. Perché?

Spostarsi da un luogo all'altro
alla ricerca di lavoro è essenzialmente uno stile di vita nomade. Certo, qualcuno sceglie di vivere in questo modo. Alcune tribù africane e asiatiche vivono uno stile di vita nomade, spostandosi da un posto all'altro in cerca di migliori pascoli per i loro animali. Anche le comunità degli zingari nei paesi occidentali fanno vite nomadi in qualche misura. Ma nella maggior parte dei paesi, gli stili di vita nomadi sono l'eccezione, non la regola. Per la maggioranza degli esseri umani, il sogno è quello di stabilirsi in un posto. Vagabondare è uno stato di cose temporaneo e di solito guidato da circostanze disperate. Qui per esempio Robert Louis Stevenson descrive le Highland Clearances, quando i clan scozzesi sono stati forzatamente sfrattati dalle loro terre per far posto a delle pecore:

Home no more home to me: whither must I wander?
Hunger my driver, I go where I must.
Cold blows the winter wind over hill and heather:
Thick drives the rain, and my roof is in the dust.
Lov’d of wise men was the shade of my roof tree:
The true word of welcome was spoken in the door.
Dear days of old, with the faces in the firelight;
Kind folks of old, you come again no more.
Home was home then my dear, full of kindly faces,
Home was home then my dear, happy for the child.
Fire and the windows bright glittered on the moorland;
Song, tuneful song, built a palace in the wild.
Now when day dawns on the brow of the moorland,
Lone stands the house, and the chimney stone is cold.
Lone let it stand now the friends are all departed,
The kind hearts, the true hearts, that loved the place of old.
Spring shall come, come again, calling up the moor fowl;
Spring shall bring the sun and rain, bring the bees and flowers;
Red shall the heather bloom over hill and valley,
Soft flow the stream through the even-flowing hours.
Fair the day shine as it shone on my childhood;
Fair shine the day on the house with open door.
Birds come and cry there, and twitter in the chimney -
But I go forever, and come again no more.


Ho citato l'intero poema perché racchiude i motivi per cui la gente non si muove nemmeno quando le condizioni economiche sono molto difficili. Fintantoché c'è almeno la parvenza di una comunità, di amici e parenti, la gente preferisce rimanere e resistere. Allontanarsi è l'ultima risorsa, quando non c'è davvero più nulla da perdere. Nella poesia di Stevenson, tutto ciò che rendeva la propria terra una casa - tutto ciò che ha un reale valore - era già scomparso. Non c'era più alcun motivo per restare.
 
Vagabondare può essere una punizione. Nella Bibbia, a causa della loro disobbedienza, i figli d'Israele furono condannati a vagare nel deserto per quaranta anni dopo aver lasciato l'Egitto. Nella leggenda cristiana dell'Ebreo Errante, Assuero fu condannato a vagare sulla terra fino alla Seconda Venuta perché aveva schernito Gesù lungo la strada per la sua crocifissione. Nella mitologia, coloro che offendevano gli dei potevano essere condannati a vagare sulla terra per l'eternità. Molti paesi hanno utilizzato l'esilio come punizione per crimini politici, soprattutto per le persone il cui status sociale rendeva impraticabile l'esecuzione o l'incarcerazione. Anche le potenze coloniali occidentali come la Gran Bretagna e la Francia usavano l'esilio come punizione per i reati più comuni della gente ordinaria. E' fin troppo facile vedere l'imposizione di oggi ai disoccupati di "vagare" come una punizione per il "crimine" della disoccupazione. Che male mai hanno fatto i giovani disoccupati per giustificare una tale terribile punizione?

Perché è veramente terribile. Le persone costrette a vagare, per ragioni politiche o economiche, sono, sotto aspetti significativi, la società degli "out". Essi non "appartengono" a nessun luogo. Questo è il motivo per cui molti migranti economici scelgono di stabilirsi nelle nuove regioni coinvolgendosi nella loro nuova cultura e diventando pilastri della comunità locale, mentre altri conservano i legami con la loro "casa" al fine di mantenere la loro identità culturale originale. Ma oggi, con i posti di lavoro che diventano sempre più precari, sempre più persone - soprattutto i giovani - stanno vivendo una vita nomade, facendo lavori a breve termine in molti luoghi diversi e vivendo in alloggi temporanei. Non sono in grado di stabilirsi in alcun luogo. Come fanno a mantenere il senso di identità? Che cosa possono considerare essere la loro "casa"?
 
Per molte persone, acquistare una casa o della terra può definire la loro "appartenenza". Lawrence Pearcey , nel suo libro "Il Kit di sopravvivenza del musicista ", consiglia le persone che entrano nel mondo altamente insicuro della creazione musicale professionale di "circondarsi di proprietà" per avere un'ancora. E Liam Halligan , in un recente dibattito sul reddito minimo, ha descritto in maniera commovente come i suoi genitori irlandesi immigrati lavoravano duramente per potersi permettere di comprare la casa - "un bene che nessuno avrebbe potuto togliergli". I quadri dirigenti e le star possano acquistare case di lusso dove vanno raramente, solo che così c'è da qualche parte un posto che possono chiamare "casa". All'altra estremità della scala, la politica ha agevolato gli inquilini all'acquisto della casa di abitazione. Marcare un territorio come "proprio" crea un senso di permanenza, anche quando il proprietario vi si reca raramente. Ma i giovani nomadi ormai raramente guadagnano abbastanza soldi per acquistare un immobile. Il "posto" non è più sufficiente a definire "l'appartenenza".

Anche le relazioni personali strette sono importanti. Nel musical "Fiddler on the Roof ", Hodel spiega a suo padre che non riesce a comprendere, perché lei stia lasciando tutto quello che ha sempre conosciuto:
 
Who could imagine I’d be wandering so far from the home I love? Yet – there with my love, I’m home….

La sua "casa" è con la persona che ama
di più, ovunque essa sia. Per alcuni migranti, portare con sé le loro famiglie permette loro di definire "casa" "ovunque io appenda il mio cappello." Ma quando le donne e gli uomini sono costretti a stili di vita nomadi e instabili, le coppie possono essere distrutte: sistemarsi e avere una famiglia diventa un sogno sempre più lontano.

Naturalmente, non tutte le famiglie sono mobili. A volte una famiglia che non si sposta è in grado di dare stabilità alle persone con una buona carriera. Quando studiavo management, c'erano molte discussioni sulla possibilità dei top manager (sempre uomini, naturalmente) di avere diverse famiglie in luoghi diversi per dare loro un sostegno e ridurre lo stress. Non importa le conseguenze per le mogli e i figli di avere un padre che torna a casa solo due o tre volte l'anno! Si tratta naturalmente solo della versione moderna del tradizionale marinaio con "una ragazza in ogni porto". Ma a parte gli ovvi problemi sociali derivanti da questo modello, la maggior parte dei nomadi di oggi non hanno i soldi il tempo per sostenere molteplici relazioni. Anche un rapporto stretto può essere troppo difficile da mantenere. Vagare costantemente in cerca di un lavoro precario e mal pagato significa che le relazioni personali si allentano e si riducono.

La maggior parte delle persone,
anche coloro che amano viaggiare, hanno bisogno di stabilità nella loro vita - potremmo chiamarli "punti di riferimento". Invece sembriamo decisi a rimuovere i punti di riferimento, e a lasciar che la gente vaghi da sola nella nebbia. La libera circolazione dei lavoratori è economicamente vantaggiosa, ma può avere un costo sociale e psicologico molto elevato. Qual'è il prezzo della piena occupazione, se arrivarci significa distruggere il senso di identità delle persone? Che cosa mai significa la parola "prosperità", per le persone che non hanno un posto da poter chiamare "casa " ?


5 commenti:

  1. Gia'. Sono un ricercatore in attesa di prendere un posto da professore. Ho viaggiato per il mondo, sono stato in molti posti differenti. Ho accumulato molta esperienza ma ora mi trovo a non sentire la mia nazione di origine come casa. Anzi mi sono sentito straniero in Italia ed e' un sentimento destabilizzante.
    Chissa cosa hanno in mente le persone come Mario Monti. Quali idee idiote e meschine aleggiano nelle loro menti malate e deficienti.

    RispondiElimina
  2. Penso che le persone come Monti non interessi minimamente i disagio e la sofferenza di migliaia di giovani l'importante e che vada in porto l'obiettivo che le élite hanno deciso per l'umanità, il resto sono bazzecole, nullità da non considerare.

    RispondiElimina
  3. io ho lasciato l'italia nel 2000 con la speranza di poter tornare dopo un paio d'anni. Oggi, esattamente 14 anni dopo so che non tornero' mai piu'

    RispondiElimina
  4. Io ho lasciato nel 2011, con la solita speranza nel cuore che oggi vedo vana, gli altri mi vedono come una persona di successo, io so che sono semplicemente un emigrante a cui nessuna brillante carriera restituirà ciò che gli è stato tolto.

    RispondiElimina
  5. c'è anche il ricatto dello spingere le persone a comprare casa con mutuo ventennale o trentennale, poi se chiude l'impresa dove si lavora ed occorre spostarsi quella casa non la vuole nessuno, e ci perdi due volte..

    RispondiElimina