Da EconoMonitor un approfondito studio di Edward Hugh sulla crisi dell'euro e sugli scenari futuri. Nella terza parte si affronta il tema della divisione dell'eurozona in Euro 1 ed Euro 2
L'Euro
a un Bivio
Così
l'euro ora si trova a un bivio, e devono essere prese decisioni
importanti. Preservare l'Eurozona - come è ora - potrebbe essere
fattibile se fosse possibile trasformarla in una piena unione fiscale
in cui la politica di bilancio fosse coordinata da una tesoreria
centrale, nel modo in cui lo sono i programmi principali tra gli
stati negli Stati Uniti. Ma un tale accordo è ora un'impossibilità
politica, in quanto le economie europee del centro inevitabilmente
rifiutano quella che verrebbe vista come un'unione di trasferimento
permanente tra le regioni ad alta crescita ed i loro vicini più
poveri.
Anche
se l'attuale dibattito sulla creazione degli Eurobonds arrivasse a
conclusione, questi da soli non risolverebbero il problema a questo
punto, e, come molti osservatori stanno notando, potrebbero anche
peggiorare le cose, indebolendo i ratings sovrani del centro. A più
lungo termine potrebbero far parte di una soluzione più generale, ma
in assenza di una correzione sui problemi di competitività
immediati della periferia rischiano solo di tradursi in progetto di
moneta unica ancor più politicamente instabile. Questo è il prezzo
per aver procrastinato e negato così tanto. Come ha detto di recente
il capo economista di Citibank Willem Buiter, i tentativi di
trasformare i meccanismi di salvataggio in corso in una unione di
trasferimento sono destinati al fallimento dal momento che "i
donatori dell'area centrale dell'euro uscirebbero, e i beneficiari
della periferia rifiuterebbero la necessaria resa di sovranità
nazionale".
Così,
con l'unione fiscale effettivamente fuori dal tavolo, ci sono
fondamentalmente tre possibilità.
La
prima è quella di rimanere più o meno dove siamo ora, mantenendo o
anche espandendo il programma di acquisto di bonds da parte della
BCE. Il fondo di stabilità potrebbe essere aumentato, ma più i
numeri cominceranno ad essere specificati nel dettaglio, più i vari
partiti saranno lontani dal raggiungere un accordo. Se si va avanti
così la BCE è probabile che raggiunga un tetto massimo oltre il
quale sarà più che riluttante a continuare ad acquistare, dal
momento che la banca ritiene che la soluzione debba venire dai
politici.
Ma
poiché le esigenze combinate di rifinanziamento sovrano di Italia e
Spagna tra ora e la fine del 2012 ammontano a un totale di qualcosa
come 660 miliardi di €, raggiungere un accordo politico per
ampliare il meccanismo di salvataggio di questa portata appare come
un risultato piuttosto improbabile. Così ad un certo punto gli
spreads sul mercato inizieranno ad ampliarsi, con l'inevitabile
risultato che l'unione monetaria sarà spinta verso una fortissima
crisi.
La
seconda possibilità sarebbe quella di sciogliere l'unione del tutto,
lasciando che tutti tornino alla propria valuta nazionale. Questo
sarebbe un esito disastroso per tutti gli interessati, e per il
sistema finanziario globale. Coordinare lo svolgimento delle
passività incrociate tra paesi sarebbe un incubo visto il livello di
incastro nei mercati delle obbligazioni societarie e sovrane, e la
scomparsa improvvisa di una delle principali valute di riferimento
globale causerebbe il caos nei mercati finanziari. Il dollaro molto
probabilmente sarebbe spinto a livelli insostenibilmente alti nella
corsa verso la sicurezza, e basta guardare a ciò che sta accadendo
con l'oro, il franco svizzero e lo yen giapponese per avere un'idea
di quello che accadrebbe.
Evidentemente
questo tipo di svolgimento violento non potrebbe mai essere
intrapreso volontariamente, ma questo non significa che si tratta di
un'eventualità impossibile, se le soluzioni non si trovano e la
forza della pressione del mercato continua e aumenta ancora.
Fortunatamente c'è una terza alternativa, anche se in un primo momento non appare più desiderabile rispetto alle altre due: la zona euro potrebbe essere divisa in due, creando due diverse valute euro. Naturalmente la composizione dei gruppi sarebbe una questione di trattativa, dal momento che alcuni paesi non appartengono facilmente a un gruppo o all'altro. Le grandi linee, tuttavia, sono abbastanza chiare. La Germania sarebbe il cuore di un gruppo, insieme a Finlandia, Olanda e Austria. Inoltre gli Estoni, anche loro potrebbero essere in corsa.
Spagna,
Italia e Portogallo naturalmente formano il nucleo del secondo
gruppo, con la Slovenia e la Slovacchia come possibili candidati.
Alcuni paesi, come Irlanda e Grecia per esempio, potrebbero
semplicemente scegliere di uscire.
L'incognita
principale è cosa farebbe la Francia. Per molti versi appartiene al
primo gruppo, ma i legami culturali con l'Europa meridionale e le
ambizioni politiche sul Mediterraneo potrebbero far sì che il paese
decida di condurre il secondo gruppo. Naturalmente
se non si trattasse di un divorzio definitivo, ma di una separazione
temporanea, la partecipazione francese con il Sud avrebbe anche un
sacco di ragioni politiche. Il termine “asse franco-tedesco”
guadagnerebbe un significato completamente nuovo.
Naturalmente
la sfida tecnica sarebbe enorme, ma non sarebbe insormontabile. Il
grande vantaggio di una tale mossa sarebbe che due dei maggiori
problemi che affondano l'unione monetaria - la mancanza di
competitività della periferia e la mancanza di consenso culturale
tra i partecipanti - sarebbero risolti in un colpo solo.
Nessuno
conosce i valori a cui le due nuove valute opereranno inizialmente,
ma per fare un esperimento mentale supponiamo un Euro1 a circa US $
1,80 (euro/USD è attualmente a circa 1,40), e un Euro2, a circa $
1. Ovviamente, nel breve termine i vincitori di questa operazione
sarebbero i membri di Euro2, che otterrebbero la svalutazione delle
loro economie così tanto desiderata. Perché questo? In un momento
in cui i paesi interessati sono carichi di debiti e la domanda
interna è relativamente debole, la crescita delle esportazioni è
l'unico modo per le loro economie di andare avanti, e il cambiamento
farebbe scendere i costi di produzione e del lavoro, dando loro una
spinta enorme in questa direzione.
E
questo incoraggerebbe la crescita in altri modi. Prendete la Spagna
ad esempio. Il paese ha in questo momento un grande patrimonio
immobiliare in surplus, stimato a circa 1 milione di unità
invendute di nuovi alloggi. Molti hanno criticato il settore bancario
per non far scendere i prezzi abbastanza da consentire di ripulire il
mercato, ma le banche sono comprensibilmente riluttanti a farlo a
causa dell'impatto che questo avrebbe sui loro bilanci, e per
l'effetto domino sui loro mutui attualmente in corso. La bellezza di
questa soluzione è che nessun ulteriore calo di prezzo sarebbe
necessario, dal momento che per gli acquirenti esteri il prezzo reale
di tutte queste case improvvisamente diventerebbe molto più
conveniente.
Il
caso del turismo sarebbe in qualche modo simile, poiché non solo più
turisti verrebbero in Spagna, ma resterebbero più a lungo e
spenderebbero di più, e le borse della spesa non sarebbero
certamente vuote sull'aereo per casa.
Il
travagliato settore delle Casse di Risparmio Spagnole è stato alla
disperata ricerca di investitori stranieri che lo aiutassero a
ricapitalizzare, ma mentre molti hanno mostrato interesse,
praticamente nessuno ha partecipato fino ad oggi. Dopo la
svalutazione tutto questo cambierebbe in quanto ci sarebbe
l'occasione di acquistare partecipazioni a prezzi interessanti, e
senza doversi preoccupare di un brusco calo dei prezzi e, di
conseguenza, di una perdita del capitale.
I
4,5 milioni di disoccupati Spagnoli a poco a poco tornerebbero al
lavoro, dei nuovi investimenti potrebbero essere attratti da altri
progetti produttivi nell'industria manifatturiera, nessuno metterebbe
in dubbio la solvibilità dello Stato spagnolo, e il settore privato
sarebbe in una posizione migliore per iniziare a ripagare i propri
debiti, come l'economia cresce.
Ora,
ovviamente, come tutti sappiamo, in economia come nella vita non ci
sono pasti gratis, quindi ci deve essere un tranello da qualche
parte, e, naturalmente, c'è. In realtà ci sono due grandi
"trappole". In primo luogo quei paesi che si uniscono per
formare l'Euro1 dovrebbero fare un grande sacrificio, dal momento che
molti di essi dipendono dalle esportazioni per la sussistenza, ed i
loro produttori improvvisamente e bruscamente si troveranno in
svantaggio. In particolare, ne soffrirebbe la Germania.
Tuttavia,
supponendo che ad un certo punto tutti si trovino d'accordo che le
disposizioni attuali sono impraticabili, e che tornare alle singole
valute nazionali sarebbe un disastro, allora il senso di
responsabilità tedesco e l'impegno del paese per il progetto europeo
potrebbe rendere sopportabile l'accettazione di una sorta di
sacrificio (e specialmente se si trattasse di un sacrificio che offre
soluzioni a più lungo termine). Fortunatamente, la recente
esperienza storica tedesca ci fornisce due concetti che potrebbero
aiutarci. Il primo di questi è la Treuhandanstalt, l'istituzione per
le privatizzazioni (e bad bank), che è stata creata per gestire le
attività tedesco-orientali tra il 1990-1994. Il secondo è il
Lastenausgleich, o la condivisione degli oneri, e questo si riferisce
al meccanismo che è stato utilizzato per condividere i risultati
diseguali della seconda guerra mondiale tra i tedeschi che si sono
trovati a vivere in Occidente: tra coloro che erano venuti dall'Est e
avevano perso tutto, e quelli che venivano dall'Ovest e avevano
conservato qualcosa.
L'esperienza
della Treuhandanstalt è utile per aiutarci a riflettere su come
gestire il set comune di attività/passività acquisite durante la
fase iniziale dell'Euro. Pensate alle banche della Spagna e al loro
patrimonio immobiliare. Questo ora sarebbe venduto in Euro2, ma molte
delle passività che gli corrispondono sono dei passivi contratti con
le istituzioni che si trovano in Euro1. Valutarle immediatamente al
prezzo di mercato, e in Euro2, produrrebbe notevoli perdite nel
settore finanziario Euro1. Alcune di queste perdite sono inevitabili
e in qualche modo corrispondono al tipo di tagli di ristrutturazione
che sono già previsti. Ma nel periodo iniziale (e per ragioni che
diverranno chiare oltre) sarebbe opportuno non attribuire loro un
valore di mercato, ma tenerle per un tempo determinato in un
istituto comune del tipo Treuhandanstalt.
Come
ho detto, alcune perdite sono ormai inevitabili, ed è qui che il
secondo concetto della recente esperienza storica - Lastenausgleich,
o ripartizione degli oneri - diventa importante. Nonostante le
proteste in contrario di Lorenzo Bini Smaghi, l'esperienza dell'Euro
fino ad oggi non è stata un successo per nessuno dei partecipanti,
una volta considerate anche le perdite potenziali che sono ormai
incombenti. Allo stesso tempo, la moneta unica è stata una
esperienza comune, a cui tutti hanno preso parte, quindi non è
irragionevole supporre che tutti devono condividere quando si tratta
degli svantaggi. Il problema con le misure adottate fino ad oggi è
che su entrambi i lati della barricata sono percepite come abusive.
Coloro che stanno finanziando i salvataggi si sentono chiamati a
pagare per gli "eccessi" dei destinatari, mentre coloro che
ricevono hanno la sensazione che quello che stanno ricevendo non è
un aiuto, ma dei prestiti che rendono più facile al settore
finanziario dei paesi donatori evitare di dichiarare le perdite.
Questa "impasse comunicativa" è uno dei motivi principali
per cui l'approccio attuale non funziona.
Ciò
che è necessario a questo punto è un appello allo spirito europeo
dei paesi Euro1, in un modo che li aiuti a capire che alcuni costi
sono inevitabili, ma che gli eventuali costi concordati saranno
condivisi, e soprattutto che la soluzione è praticabile ed offre una
sorta di costruttivo futuro positivo per tutti gli europei. Detto in
altre parole, ciò che ci serve è un meccanismo che contenga in
misura sufficiente sia il realismo che l'idealismo.
Il
vantaggio che l'opzione dell'euro diviso ha rispetto a tutte le altre
proposte sul tavolo in questo momento è che affronterebbe di petto
il problema della crescita. I paesi alla periferia dell'Europa
potrebbero tornare a crescere, e una volta che le economie coinvolte
iniziano a crescere, piuttosto che contrarsi, la percentuale del
debito contratto durante il periodo precedente che essi saranno in
grado di ripagare aumenta in modo significativo. E' molto più
difficile rimborsare i debiti per una famiglia disoccupata di quanto
non lo sia per chi esercita un'attività redditizia.
Un'altra
caratteristica interessante di questa proposta è che non dovrebbero
essere prese decisioni "di principio" sulla struttura a
lungo termine del sistema finanziario europeo. La BCE potrebbe essere
mantenuta come una sorta di camera di compensazione per il disordine
finanziario in corso, e le attuali banche centrali nazionali possono
essere raggruppate in due distinte sotto-entità. Ciò lascerebbe
aperta la possibilità di riconvergenza in un secondo momento, se ci
fossero le condizioni che la renderebbero valida. Il primo tentativo
di creare una unione monetaria non è riuscito, ma questo non
significa che ogni possibilità di crearla in futuro dovrebbe essere
abbandonata. Ne sono state tratte lezioni dure e costose, e quello
che serve oggi è una discussione completa e aperta sulle ragioni del
fallimento, proprio per evitare errori simili in futuro.
Che
il movimento sia coordinato dalle istituzioni pan-europee presenta un
altro vantaggio, ed ha a che fare con il grado di condizionalità che
il processo deve avere. Svalutare la loro moneta significherebbe a
breve termine, come ho suggerito, dare una grande spinta alla
crescita nei paesi della periferia, ma questa spinta a breve termine
potrebbe trasformarsi in un miglioramento della crescita tendenziale
sostenibile a lungo termine se anche un sacco di altre cose venissero
fatte. E' molto facile lodare il grande progresso fatto
dall'Argentina spezzando l'ancoraggio al dollaro, ma si guardi a
dov'è l'Argentina oggi. Questo trattamento "shock" ha un
impatto duraturo (come ha fatto in Scandinavia nel 1990) solo se le
misure per migliorare la qualità istituzionale (riforma del lavoro e
dei prodotti, produttività e innovazione) sono implementate e
mantenute. Anche in questo caso la collaborazione è necessaria in
quanto, benché restituire alla periferia la "proprietà"
sui suoi programmi di riforma sarebbe un altro vantaggio
significativo della disposizione, il processo di riforma dovrebbe
restare sotto gli auspici di un progetto europeo comune, che potrebbe
porre le basi per una unione politica duratura consensuale,
un'unione che sarebbe il presupposto indispensabile per qualsiasi
tentativo futuro di ritornare verso una maggiore integrazione
monetaria.
Effettivamente
i leaders europei sono intrappolati in una sorta di trappola
pavloviana. Non ci sono scelte facili, ma ci sono scelte buone e
cattive. Rimanere dove sono li lascia in una sorta di zona elettro
shock permanente dove la loro costante sensazione di fallimento serve
solo a peggiorare ulteriormente la loro autostima personale e
politica. Anche avanzare sembra doloroso, ma più che l'intensità
della scossa è la sensazione di paura e di angoscia che domina. Non
ci sono altre alternative che avanzare, poiché non è possibile
rimanere dove si è. La semplice applicazione di misure
amministrative per forzare la stabilità in un sistema finanziario
che resiste con tutte le sue forze provoca solo un comportamento
sempre più destabilizzante (leggi "speculazione") da parte
degli agenti all'interno del sistema. La semplice azione
amministrativa reprime e porta avanti l'instabilità (leggi "prende
a calci il barattolo lungo la strada"), portando il sistema
stesso a diventare sempre più inefficiente. In ogni malfunzionamento
del sistema finanziario, come ha detto il famoso Hyman Minsky, "la
stabilità è di per sé destabilizzante".
Forse è opportuno chiudere questo saggio dal punto di partenza, con una citazione di Lorenzo Bini Smaghi della Banca centrale europea: "Come JK Galbraith ha osservato: La politica consiste nello scegliere tra il disastroso e lo sgradevole. Voler vedere il disastro incombente prima di scegliere lo sgradevole è una strategia pericolosa ".
Prima parte dove si rappresenta la gravità della situazione
Seconda parte dove si foclizza l'attenzione sull'Italia
Beh Carmen,
RispondiEliminadevo ricredermi, non sapevo di questa terza parte, in cui ci sono finalmente delle proposte concrete. Vanno molto bene esaminate, per capirne la concretezza e la fattibilità, però finalmente c'è qualcuno che propone altro rispetto a quanto fino ad ora sperimentato con pessimi risultati.
Penso che sul discorso degli eurobond ha molte ragioni, però nel frattempo se non è ancora possibile introdurle, almeno che si renda strutturale la politica attuale della BCE, come compratore di ultima istanza dei bond governativi, come ha giustamente ribadito il lettore A. Gelmetti.
saluti, Nicola.
Ok Nicola, per me questo articolo ha dalla sua parte una analisi chiara, che dà il giusto peso al problema di fondo dello squilibrio commerciale - ma manca di mettere l'accento su quello che richiami tu, l'importanza di una giusta politica monetaria. E parla di questa divisione in due che tante domande suscita...
RispondiEliminaSaluti
Le sue proposte se non altro sono un qualcosa di realizzabile, non sciocchezze come gli eurobond e vanno nella direzione giusta: lo smantellamento della UE e dell'Euro! Però non credo che risolverebbero molto i problemi! L'Italia userebbe la svalutazione per rinviare ancora una volta le riforme pro-crescita che doveva fare 20 anni fà... E poi c'è un problema di governance enorme: chi decide la politica monetaria dell'Euro2? quali investitori si fiderebbero sapendo che non è una politica monetaria "tedesca" e alla prima crisi il debito sarebbe monetizzato? Alla fin fine non si scappa: senza quella stramaledette riforme non funziona niente, qualsiasi sovrastruttura finanziaria o monetaria si scelga! e prima si smette di parlare di struttura e si comincia a spiegare i veri problemi alla gente e meglio è! LucaS
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