27/11/13

Evans-Pritchard: Si sentono voci di rivoluzione nell'aria

Evans-Pritchard sul Telegraph ci parla di uno dei più inquietanti fenomeni degli ultimi quasi tre decenni: l'inesorabile caduta della quota salari e l'impennata della disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza in tutto il mondo. Questa situazione ha generato una crescita squilibrata e infine insostenibile. Per uscirne è necessario un deciso e coraggioso intervento dello Stato.
E non c'è bisogno di inventare niente: il passato ci insegna già cosa fare.

L'attore Russell Brand ha suscitato dibattito parlando di rivoluzione e del fallimento della democrazia e del voto.
20 Nov 2013, 11:00

Russell Brand ha più ragione che torto. Tensioni pre-rivoluzionarie stanno covando in mezzo mondo: più apertamente in Francia e in Italia, meno apertamente in Russia e Cina.

Il coefficiente di Gini, un indice della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, è in aumento da 25 anni quasi ovunque, grazie alla struttura deformata della globalizzazione.

Le aziende possono abbassare i salari in Occidente minacciando di delocalizzare all'Est. L'“arbitraggio del lavoro” fa crescere la quota del PIL che va ai profitti ed erode la quota salari.

Questo è il modo in cui la Vokswagen ha ottenuto riduzioni salariali nelle fabbriche tedesche nel 2005. Sono le riforme tedesche, ora esportate nel Club Med (paesi mediterranei, ndt), che hanno fatto impennare il coefficiente di Gini in Germania e sono il motivo per cui l'aspettativa di vita dei poveri in Germania è in discesa.

Ecco anche perché i Socialdemocratici stanno assumendo una linea così dura nei negoziati per la coalizione con la cancelliera Angela Merkel. Anche in Svizzera c'è agitazione. Gli elettori questa domenica dovranno decidere se imporre un limite agli stipendi dei top manager pari a 12 volte il salario minimo (ma il referendum è fallito, ndt).

Il Congressional Research Service americano afferma che la quota del reddito dell'1% degli americani più ricchi l'anno scorso ha raggiunto un record del 19,6%.

Non era mai andato oltre il 10%  in tutto il periodo post-bellico fino agli anni '80. Il “club dell'1%” si è intascato il 95% di tutti i profitti dalla crisi Lehman ad oggi.

Questi eccessi finiranno per minacciare il consenso politico verso il capitalismo di mercato. Intanto il quantitative easing (QE) praticato nei paesi ricchi sta rendendo le cose ancora peggiori. Il denaro provoca i boom degli asset, senza che ci sia il famoso "trickle down" (effetto a cascata, teorizzato dai liberisti, ndt) nell'economia.

La Banca per i Regolamenti Internazionali dice che i mercati del credito stanno diventando nuovamente instabili. La caccia ai rendimenti sta producendo una corsa verso asset ad alto rischio, “un fenomeno che ricorda l'esuberanza che aveva preceduto la crisi finanziaria globale”.


L'indice  Shiller prezzo-utili a 10 anni per lo S&P 500 di Wall Street è del 50,3% al di sopra della sua media storica e più alto di quanto non fosse nel periodo precedente al crash del 1987. Sì,  può anche aumentare ancora. Ma fa davvero bene la Federal Reserve americana a cercare di spingerlo ulteriormente, comprando 85 miliardi di dollari di titoli al mese?

Nonostante l'impennata del corso azionario, il commercio mondiale è nelle secche, e l'Occidente è ancora bloccato in una moderata depressione. La produzione manufatturiera negli Stati Uniti è ancora sotto del 3% rispetto al picco pre-Lehman, del 6% in Germania e in Gran Bretagna, del 7% in Giappone e in Francia, e del 12% in Italia. Provate a fare un confronto con il 60% di aumento della produzione industriale USA avutosi nello stesso arco tempo durante gli anni '90.  È tutto un altro mondo.

In Ottobre la forza lavoro statunitense si è ridotta di 755.000 unità. Il tasso di partecipazione al lavoro per gli uomini è sceso al 69,2%, il valore minimo mai registrato da quando si è cominciato a raccogliere i dati nel 1948. I lavoratori scoraggiati stanno smettendo di cercare lavoro.

Il precedente Segretario del Tesoro USA, Larry Summers, ha detto che gli USA sono intrappolati in una “stagnazione secolare”, un disequilibrio in cui i tassi d'interesse, per poter tenere viva la crescita, dovrebbero essere al -3%.

Si devono gonfiare delle bolle perché lo spettacolo vada avanti, e questo minaccia di diventare una condizione “cronica e sistemica”. Questo è il nostro nuovo mondo coraggioso. 

Se il signor Summers ha ragione, allora dobbiamo andare alla fase successiva del QE. Invece di fare affidamento sull'acquisto di altri titoli, lo stimolo potrebbe essere iniettato direttamente nelle vene dell'economia, o nel “flusso del reddito”, per usare le parole dell'ultimo Milton Friedman.

“Possiamo spendere per fare strade, ferrovie, reti elettriche intelligenti, o qualsiasi cosa vogliamo,” ha detto Mr. Turner, l'ex capo del Financial Services Authority. “Oppure possiamo tagliare le tasse, ponendoci come obiettivo le assicurazioni nazionali dei datori di lavoro, in modo da creare lavoro qui e non far fuggire questi capitali.”

Il professor Richard Werner, della Università di Southampton, suggerisce il “QE verde”, un blitz di 50 miliardi di sterline da spendere in turbine eoliche e pannelli solari, con fondi creati dal nulla dalla Banca d'Inghilterra.

Esattamente la stessa cosa potrebbe essere fatta dalla Fed e dalla Banca del Giappone. “C'è un ampio spettro di cose che si possono fare,” ha detto.

Oppure potremmo costruire 300.000 case in aree industriali dismesse (non nel mio paese, s'intende). Questo aiuterebbe ad abbassare il rapporto tra i prezzi delle case e i redditi, piuttosto che cercare di aumentarli. Il punto è che il QE è versatile, una volta che ci si è sbarazzati dei luoghi comuni delle banche centrali.

Il limite è che il denaro dovrebbe essere usato per progetti “una tantum”, mirati ad aumentare il dinamismo dell'economia nel lungo termine. “Le banche centrali hanno il terrore di esplorare queste possibilità. Hanno paura che si abusi di tutto questo” dice Turner.

Le autorità possono assorbire la liquidità in eccesso per evitare l'inflazione al momento giusto ripristinando gli obblighi di riserva degli istituti di credito, in disuso dagli anni '80. Si può andare oltre. Si può invertire l'acquisto di titoli tramite il QE – forzando deliberatamente un calo dei prezzi degli asset  – compensandolo con uno stimolo fiscale coperto dall'emissione di base monetaria.

Si possono anche alzare i tassi d'interesse, esattamente l'opposto di ciò che la Fed sta cercando di fare.

Per quanto riguarda il debito creato con questo quasi-putsch fiscale, si tratta di una finzione contabile. Il governo può emettere titoli consolidati (senza scadenza, ndt) a zero interessi. I deficit passati possono essere monetizzati rimescolando le carte del QE. La Gran Bretagna può abbattere il suo debito dal 95% del PIL a quasi il 70% con un gioco di prestigio. Se la Francia, l'Italia, e la Germania volessero fare seriamente la stessa cosa, riguadagnerebbero un decennio perduto.

I pasti gratis esistono. Si chiamano QE in un mondo in deflazione. Turner dice che può essere addirittura necessario cancellare questo debito apertamente – piuttosto che nel modo subdolo in cui lo si fa ora – al fine di convincere la gente che lo stimolo è per sempre.

Per quelli che sostengono che tutto questo infrange il tabù di Weimar, la risposta è che lo stato di quasi anarchia nella Germania del 1923, curva sotto il peso delle riparazioni di guerra, non ha niente a che fare con la situazione difficile in cui ci troviamo ora.

Viviamo in un periodo di deflazione che assomiglia piuttosto a quello degli anni '30. Gli apostoli dell'ortodossia economica di quel tempo – Irving Fisher, ed Henry Simons di Chicago – durante la recessione formularono esattamente questi piani di “finanziamento monetario palese”.

Tra il 1931 e il 1936 il giapponese Takahashi Korekiyo condusse un esperimento dal vivo. Il doppio shock fiscale e monetario raggiunse la “velocità di fuga” nel giro di due anni. Il Giappone è stato il primo grande paese a riprendersi dalla Grande Depressione.

Se vi preoccupa l'indipendenza della banca centrale, la banca potrebbe mantenere il potere di calibrare lo stimolo fiscale come ora fa con lo stimolo monetario. Potrebbe lasciare al parlamento di decidere il modo in cui spendere i soldi. Nulla di tutto ciò è oltre l'ingegno umano.

A Russell Brand vorrei dire che è troppo duro coi leader britannici. I Tories e i Liberal-democratici hanno reagito alla crisi nazionale con grazia e straordinaria disciplina, come anche i Laburisti avrebbero senz'altro saputo fare. Le istituzioni britanniche hanno funzionato. E per favore, smettetela di parlare male del voto. La democrazia è la nostra spada.

14 commenti:

  1. Finalmente qualcuno si azzarda a sfatare un mito quasi inossidabile: i pasti gratis esistono (ora manca il disvelamento che ci sono anche le abbuffate ben retribuite: aspetto con pazienza)
    Un notevole malinteso continua ad aggirarsi per l'occidente: che una banca centrale "indipendente" possa attuare interessi diversi da quelli dei proprietari o dei detentori di voti.
    Alla BdI i detentori di voti sono principalmente banche e assicurazioni più poco INPS e IANIL.
    La BCE è delle banche centrali nazionali (curiosamente la BoE ha il controllo del 15% circa)
    La FED è posseduta praticamente da ... se stessa.

    L'unica nota positiva è che un ospite morto non vale più niente per l'occupante ... O no?

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  2. sono andato a leggermi l'intervista di Russel Brand.
    Sono Parole da uomo vero. Che starebbero bene in bocca a un politico capace con visione del domani.
    Poi torno alla realtà e sento parlare dalla tv gli omuncoli che ci governano.
    Che decadenza....

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  3. La BCE indipendente dal governo è una di quelle assurdità mascherate da verità assoluta che devono subito destare sospetti. Come quella che la stampa di moneta crea inflazione, così tout court, o che la spesa pubblica è improduttiva...

    Indipendente PERCHE'? Se il governo è basato sul consenso e sulla sovranità popolare, ma perché mai non dovrebbe poter contare su una banca centrale che faccia la politica monetaria negli interessi del popolo, che il governo rappresenta?

    Prima si mette in crisi la democrazia, catturandone le istituzioni, e poi si usa la crisi per giustificarne lo smantellamento...

    Meno male che ogni tanto in qualche articolo in giro per il mondo si dicono le cose come stanno, a rinforzo di quei pochi che in Italia potrebbero ben passare per radicali o pazzi..

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    1. Concordo assolutamente. Infatti è certo che comunque la BI la sua politica monetaria la faccia lo stesso, e che con questa influenzi i tassi di interesse sul debito. Ma il punto è proprio questo: che non è il governo a mandare lettere alla BCE, ma il contrario!
      Una volta esisteva un canale di immissione di moneta che era il canale pubblico, scomparso dalla storia e dai libri di testo, per la monetizzazione del deficit secondo i bisogni della politica, nel senso più alto del termine. Oggi se si dice politica sembra si dica una parolaccia.

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  4. in Italia non faranno niente ne sono certo, magari andranno a cercare l'elemosina davanti al duomo, ma non faranno una mazza

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    1. eppure l'italia e il paese die scoperi assurdi, di salsa esplicamente sinistroide PD eccecc. Hanno movimentato masse per stronzate assurde, adesso che ci sta cadendo letteralmente il tetto sulla testa, silenzio assoluto, sicuramente perche c'e lo chiedeno gli Herrenmenschen di berlino.

      ho la sensatione che l'italiano e politico italiano medio non abbia ancora capito che Cosa sta succendendo intorna a lui, tranne qualche eccezione come questo sito, bagniai, 48 e pochi altri.

      comunque, sul 9 dicembre non bisogna aspetarsi miracoli., cambiamenti non si fanno in 1 giorno, importante e NON MOLLARE.

      Salut, Paolo.



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  5. Finalmente, leggo qualcuno che mette in guardia sul QE.
    E' evidente a chi non è del tutto cieco che per come stanno le cose oggi, l'immissione di liquidità non stimola l'attività economica, serve solo per aumentare le attività finanziarie a favore dei soliti noti.
    L'unica misura che vedo è la distruzione della montagna di titoli emessi dalle banche, che esse vengano fatte fallite facendo l'esatto opposto di ciò che si sta facendo, strangolandole, e distruggendo così questi titoli-cartaccia.
    Una volta liberatici di questo peso immane che ci soffoca, ed introdotta una legislazione che impedisca in futuro simili fenomeni, creato un sistema bancario alternativo di proprietà statale, allora sì che si potrà immettere tutta la liquidità che occorre per ripartire.

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  6. Salve a tutti.

    Vorrei ringraziare la redazione per questo meraviglioso sito che seguo tutti i giorni... immagino la fatica che ci possa essere dietro.

    Grazie ancora.

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  7. Grazie a te, i lettori sono la soddisfazione di questo blog!
    Direi che c'è dietro dell'impegno, questo sì, ma non è gravoso, tanto è vero che in corso d'opera ho potuto trovare numerosi amici, fissi o anche saltuari, che volontariamente si prestano a tirare avanti la nostra carretta informativa...

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  8. qualcuno sarebbe così gentile da tradurre anche l'intervista di brand da qui:
    http://www.youtube.com/watch?v=3YR4CseY9pk

    sarebbe un gran servizio!
    Ringrazio anche io per il bel lavoro che fate per noi.
    elpupe

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  9. Guarda, mi spiace ma non sono brava nelle traduzioni dal parlato, purtroppo. Se qualcuno si offre, pubblico volentieri, sempre tenendo presente che il buon Russell è da prendere, più che da fonte esplicativa, come un sintomo, un ricevente-trasmittente dei pensieri che si accalcano nella mente di molti di noi...

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  10. Ci sono da fare alcune precisazioni rispetto a quanto sostenuto nell'articolo. Lo Shiller P/E a 10 anni in America non è pari a 50,3 (tra l'altro misura il rapporto tra prezzo delle azioni e utili normalizzati, non è una percentuale). Bensì è 25,2. La metà....Il picco del rapporto non è stato nel 1987, ma nel 2000 pari a un livello di 43. In Europa, in Asia e nei Paesi Emergenti questo rapporto è oggi pari o inferiore alla media storica.
    La produzione industriale americana è oggi sotto solo dell'1% rispetto ai massimi del 2007 (e non del 3%). Ma è quasi del 20% superiore ai livelli minimi del 2007. Osservando l'andamento della produzione industriale secondo una metrica storica rileviamo inoltre che i veri periodi di forza sono stati gli anni 60 e gli anni 90- Dal 1990 a oggi la prod. ind. americana è salita di quasi il 70%. Negli anni 50, anni 70 e anni 80 viceversa l' andamento della prod. ind. è stato molto più contrastato.
    Per quanto riguarda la diminuzione del tasso di partecipazione al lavoro questo è tutto concentrato nella fascia intorno ai 55 anni e, quindi, non tra i giovani. Si tratta di lavoratori che non cercano più occupazione e che comunque dispongono, in buona misura, di riserve patrimoniali e assicurative.
    Infine relativamente al GINI index, possiamo facilmente rilevare che la Germania è uno dei paesi con la minore concentrazione della ricchezza nel mondo. Questo vale per gran parte dell'Europa, ma non per la Gran Bretagna, paese di forti disuguaglianze. Interessante notare che, sempre per il GINI index, i Paesi con le maggiori diseguaglianze sono: la Cina, il Sud Africa, il Brasile, la Colombia, l'Iran, la Thailandia, la Russia, il Messico e quasi tutti i Paesi del Sud America. Gli Stati Uniti sono allo stesso livello della Gran Bretagna. I paesi con le minori diseguaglianze sono: i Paesi Scandinavi, l'Austria e la... Germania. L'Italia segue a ruota ed è comunque meno diseguale della Francia e della Spagna.

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  11. Per quanto riguarda l'indice Shiller, mi scuso per l'imprecisione della traduzione, che ora ho corretto. Infatti si dice nell'articolo che esso è aumentato del 50% rispetto alla media storica, non che è a 50,3.
    Inoltre nessuno ha detto che il picco è stato nel 1987, ma solo che il valore attuale è superiore al picco precedente al crash del 1987. E' diverso.

    C'è qui un grafico sull'output dagli anni 70 ad oggi ove si può facilmente rilevare che l'aumento verificatosi negli anni '90 è di gran lunga superiore alla ripresa attuale.
    Che la diminuzione del tasso di tasso di partecipazione tocchi di meno i giovani rispetto agli anziani sembra del tutto smentito dai dati. Può essere forse oggetto di discussione il fatto che una parte dei giovani possano ultilizzare l'inattività dovuta alla crisi per prolungare il periodo di formazione. Però ad esempio questo non succede in Italia, dove il tasso di inattività giovanile vede in percentuale un aumento dei NEET (che né lavorano né studiano). Qui i dati che comunque smentiscono anche per gli USA la tesi che i giovani siano i meno toccati. E qui una sintesi in italiano.
    Infine: se si guarda all'indice Gini, come sempre questo non va giardato in valore assoluto, ma nelle sue dinamiche, che partono da situazioni molto diverse tra loro. Non si può mica cancellare lo stato sociale europeo con un colpo di spugna in pochi anni! Anche se si stanno portando avanti velocemente, questo sì...

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