Un'altra eccellente intervista de L'Antidiplomatico: parla l'economista portoghese autore del bestseller "Perché dovremmo lasciare l'euro"
di Alessandro Bianchi
João Ferreira do Amaral è Professore all'Instituto Superior de Economia e Gestão, dell'Università Técnica di Lisbona.
- Con il suo libro divenuto un bestseller "Perché dovremmo
lasciare l'euro" è riuscito a rompere un grande tabù nell'opinione
pubblica del Portogallo. Non lo stesso si può dire per i partiti
politici che dominano la vita politica del suo paese. Come si compie
quest'ulteriore passaggio?
Credo che le prossime elezioni europee saranno un momento importante in tal senso. Mi auguro che siano i partiti che propongono l’uscita dall'euro ad emergere. Sarei molto soddisfatto e ritengo che abbiano tutte le possibilità di ottenere un voto significativo.
- Prima di forzare una rottura della zona euro, vi è chi sottolinea
come i paesi dell'Europa meridionale dovrebbero unirsi e formare un
cartello per forzare la Germania a compiere quei cambiamenti di politica
economica necessari per rilanciare le loro economie. C'è ancora tempo
per farlo?
A mio parere non è una questione di tempo. La moneta unica è un progetto che non è sostenibile perché provoca spaccature irreparabili tra gli stati europei.
Non consente, in particolare, ai paesi con economie meno competitive di
poter crescere e creare posti di lavoro. Pertanto, la priorità dovrebbe
essere lo smantellamento controllato della zona euro o l'uscita degli
stati in peggiori condizioni. Un cambiamento della politica tedesca,
per consentire una certa crescita nei paesi che versano in una
situazione più difficile, sarebbe vantaggioso per fare in modo che
questo smantellamento o questa uscita avvenisse nel modo più equilibrato
possibile.
- La zona euro - e l'Europa meridionale in particolare – sta per
entrare in una pericolosa fase di deflazione. Quali sono i rischi che si
corrono?
Quando si tratta di economie molto indebitate, come sono in generale quelle della zona euro, la deflazione è una situazione molto pericolosa che
scoraggia gli investimenti e rende più difficile il mantenimento dei
debiti. I consumi quindi tendono a ridursi. Come ci insegna la storia,
un’ economia che entra in deflazione ha un'alta probabilità di vivere un
lungo periodo di stagnazione o addirittura di depressione economica. Quali altri risultati ci si poteva aspettare da politiche di austerità che sono state imposte dalle istituzioni europee?
- Nel marzo del 2011 il governo portoghese si è dimesso per la
crisi del debito sovrano, il Parlamento si è sciolto e l'ex premier
socialista Josè Socrates ha dichiarato lo stato d'insolvenza, chiedendo
l'intervento della troika. Il Memorandum d'Intesa, che ha imposto due
anni e mezzo di austerità al paese, è stato quindi negoziato
nell'assenza delle più elementari condizioni democratiche. Come giudica
il comportamento di Socrates? Ed il paese aveva davvero bisogno di
quell'intervento?
Nella situazione in cui il paese si trovava probabilmente non vi era
altra soluzione se non chiedere aiuto all'esterno. Tuttavia, passata la
fase più dolorosa, cioè nell'autunno 2011, il nuovo governo avrebbe dovuto immediatamente iniziare le negoziazioni
per moderare l’ austerità e ottenere una proroga del termine del
programma, in quanto era evidente che gli obiettivi non sarebbero stati
raggiunti. La stessa evoluzione negativa dell’economia europea creava
più difficoltà al programma e condizioni migliori per la negoziazione.
Ma il governo pensò erroneamente che l'austerità avrebbe portato
risultati. Non è avvenuto. Ed ora il Portogallo si trova ad affrontare problemi, in particolar modo la disoccupazione, che sono notevolmente peggiorati,
ed allo stesso tempo il debito continua ad aumentare in percentuale
rispetto al PIL. C'è anche, naturalmente, un'enorme responsabilità della
Troika in questa situazione.
- Ci si riferisce spesso al dramma sociale della Grecia come ad una
realtà lontana dagli altri paesi dell'Europa meridionale. Ma se uno
considera i dati sulla povertà relativa, disoccupazione giovanile e
disuguaglianza sociale, ci si accorge come non esista poi tutta questa
differenza. Il Portogallo si sta avvicinando al punto di rottura sociale
o la sua situazione è davvero diversa da quella greca?
La situazione è differente non in termini di tendenza, ma di stadio che
è stato raggiunto. Vale a dire, il percorso che il Portogallo sta
affrontando è simile a quello greco, ma non ha ancora raggiunto, neanche
lontanamente, la proporzione del disastro greco. Soprattutto per quanto
riguarda la caduta del PIL e l’aumento della disoccupazione.
Ma è chiaro che più l'austerità si protrarrà, più ci avvicineremo alla Grecia.
E' importante ricordare come il disastro greco non ha niente a che
vedere con la Grecia. Ha a che fare con la politica che la Troika ha
imposto. Il problema si pone esattamente nella stessa forma in
Portogallo.
- A differenza degli altri paesi, il Portogallo non è risucito
ancora a canalizzare il dissenso verso le politiche di Bruxelles,
Francoforte e Berlino in un partito o all'interno delle istituzioni. Da
che cosa dipende?
Alcuni partiti, soprattutto quelli più a sinistra, come il Partito
Comunista e il Blocco di Sinistra si sono opposti con determinazione
alle politiche della Troika. Ma a mio avviso c'è ancora un enorme potenziale non sfruttato tra gli elettori portoghesi nel
senso di mettere in discussione la moneta unica. I sondaggi di opinione
chiaramente indicano un trend positivo in questo senso.
- Le elezioni per il Parlamento europeo del prossimo maggio saranno
un momento decisivo per il futuro dell'impianto europeo. Su quale
partito o movimento ripone più fiducia per iniziare un processo di
cambiamento?
In questo momento non ho fiducia in nessuno, perché nessuno propone l’
uscita dall'euro o lo smantellamento della zona euro. Ma, come ho detto
prima, spero che in Portogallo un partito si faccia paladino di questo obiettivo. E se ciò avvenisse lo voterei sicuramente.
deluso
RispondiElimina"Mi auguro che siano i partiti che propongono l’uscita dall'euro ad emergere"
si sentono già in lontananza i cori del mainstream: "populista", "populista", "populista"....
chissà se in parlamento leggeranno mai qs articolo, l'ennesimo di una sterminata serie, ormai...
Da non perdere:
RispondiEliminaDelusional Germany
http://www.project-syndicate.org/commentary/marcel-fratzscher-on-the-three-beliefs-turning-germany-against-the-euro