Adair Turner, ex presidente della Financial Services Authority del Regno Unito, come già in passato, va contro corrente a rompere i tabù che circondano il finanziamento della spesa pubblica e del deficit dello stato. Un suo nuovo intervento su Project Syndicate a favore della monetizzazione del deficit, tradotto da Gondrano.blogspot.it
Ora che si è dibattuto fino allo
sfinimento sul ritmo della riduzione [tapering] del programma della Federal
Reserve degli Stati Uniti di acquisto di attività finanziarie, l’attenzione si
sposterà progressivamente sulle prospettive derivanti da un incremento dei
tassi di interesse.
Ma si profila anche un’altra
questione: come potranno le banche centrali “uscire” definitivamente dalla
politica monetaria non convenzionale e ridimensionare a livelli “normali“ i
loro bilanci gonfiati dalla politica monetaria non convenzionale?
Secondo molti, deve essere affrontato
un problema ancora più ampio.
La riduzione degli acquisti da parte
della Federal Reserve rallenta solo la crescita del suo bilancio. La banca
centrale dovrebbe ancora vendere 3.000 miliardi di dollari di titoli per
ritornare nella condizione precedente la crisi.
La verità che solo raramente si
ammette, tuttavia, è che non c’è alcuna necessità che le banche centrali
riducano i loro bilanci.
Le banche centrali possono avere un bilancio
permanentemente più ampio e, per alcuni paesi, un bilancio permanentemente
maggiore sarà di aiuto per ridurre l’onere del debito pubblico.
Come mostra uno studio recente
pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale, di Carmen Reinhart and Kenneth
Rogoff, le economie avanzate si trovano ad affrontare oneri derivanti dai debiti
pubblici che non possono essere ridotti semplicemente con un mix di austerità, astinenza
e crescita.
Però, se una banca centrale possiede
i titoli del debito del suo Stato, non esiste alcuna passività netta per lo Stato
stesso.
Lo Stato possiede la banca centrale,
quindi il debito che ha emesso e che la banca centrale possiede è verso se
stesso, e la spesa per gli interessi viene restituita al governo sotto forma
dei profitti della banca centrale.
Se i titoli del debito pubblico
posseduti dalla banca centrale fossero convertiti in obbligazioni perpetue che
non pagano interessi, non cambierebbe nulla di sostanziale, ma diverrebbe
evidente che alcuni dei titoli del debito pubblico emessi in passato non devono
affatto essere rimborsati.
Questo corrisponde al gettare denaro
dall’elicottero [helicopter money], a posteriori.
Nel 2003, l’allora presidente della
Federal Reserve Ben Bernanke sostenne che il Giappone, trovandosi a dover
affrontare la deflazione, avrebbe dovuto incrementare la spesa pubblica o
ridurre le imposte, finanziando l’operazione stampando denaro [printing money] piuttosto
che emettendo titoli di Stato.
Questo, disse, necessariamente
avrebbe incrementato il reddito nazionale, perché l’effetto diretto di stimolo per
l’economia non sarebbe stato contrastato dalle preoccupazioni relative ai futuri
oneri del debito.
Il suo consiglio non fu seguito, gli
ampi disavanzi del Giappone furono infatti finanziati con l’emissione di titoli
di Stato. 1
I titoli posseduti dalla Banca del
Giappone però possono ancora essere cancellati.
Nel caso del Giappone, questa
cancellazione ridurrebbe oggi il debito pubblico di un ammontare pari a più del 40%
del PIL , e di circa il 60% del PIL se attuata dopo gli acquisti di titoli
programmati per il 2014.
Le obiezioni si concentrano su due
rischi: le perdite della banca centrale e l’inflazione eccessiva.
Ma entrambi questi rischi possono
essere evitati.
Le banche centrali hanno acquistato i
titoli di Stato con denaro sul quale attualmente pagano un tasso di interesse
nullo o molto basso.
Le banche centrali però possono
decidere di pagare un interesse nullo su una quota delle riserve che le
banche commerciali possiedono presso di loro, anche quando incrementano i tassi
di interesse della politica monetaria.
E possono richiedere alle banche
commerciali di mantenere presso le banche centrali delle riserve, in proporzione ai loro prestiti, sulle quali
non siano corrisposti interessi, prevenendo in
questo modo una crescita inflazionistica del credito privato e del denaro.
Una permanente monetizzazione 3 dei debiti pubblici è senza alcun dubbio tecnicamente
possibile.
Se sia desiderabile dipende dalle
prospettive riguardanti l’inflazione.
Se l’inflazione dovesse ritornare ai
livelli obiettivo, la monetizzazione del debito potrebbe essere inutilmente e
pericolosamente di stimolo per l’economia.
La vendita dei titoli di Stato da
parte della banca centrale, anche se certamente non inevitabile, potrebbe
allora essere opportuna .
Ma se il pericolo è la deflazione,
una permanente monetizzazione del debito può essere la politica migliore.
Prevedo che il Giappone, in effetti,
monetizzerà permanentemente una parte del debito pubblico.
Dopo due decenni di bassa crescita e
deflazione, il debito pubblico lordo giapponese è oggi maggiore del 240% del
PIL (e maggiore del 140% del PIL in termini netti); e, con un disavanzo fiscale
pari al 9,5% del PIL, l’onere del debito continua ad aumentare.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale,
per ridurre il suo debito pubblico netto all’80% del PIL entro il 2030 il
Giappone dovrebbe convertire il suo attuale disavanzo primario (il saldo di
bilancio che si ottiene escludendo il pagamento degli interessi sul debito
pubblico) pari all’8,6% del PIL in un avanzo primario pari al 6,7% del PIL e
mantenere questo avanzo con continuità fino al 2030.
Questo non accadrà, e ogni tentativo
di raggiungere questo obiettivo condurrebbe il Giappone in una grave
depressione.
Ma il governo non deve rimborsare i
140.000 miliardi di yen (1.400 miliardi di dollari) del suo debito che la Banca
del Giappone possiede già.
La Banca del Giappone continuerà ad
espandere il suo bilancio finché raggiungerà il suo obiettivo di una inflazione
pari al 2%.
Una volta raggiunto questo obiettivo,
il suo bilancio si potrà stabilizzare in termini nominali assoluti
e ridursi leggermente in rapporto al PIL, ma la sua dimensione in termini
assoluti probabilmente non si ridurrà mai - una possibilità che non deve
generare alcuna preoccupazione.
E’ precisamente quello che avvenne al
bilancio della Federal Reserve dopo che i suoi acquisti di titoli del governo
degli Stati Uniti nel periodo della guerra e nell’immediato dopoguerra
terminarono nel 1951.
Anche se si verifica una permanente
monetizzazione del debito pubblico, tuttavia, la verità può essere nascosta.
Se il governo continuasse a
rimborsare alla Banca del Giappone i titoli di Stato giunti a scadenza, ma i
rimborsi fossero sempre compensati da nuovi acquisti di titoli di Stato da
parte della banca centrale, e se la Banca del Giappone mantenesse nullo il
tasso di interesse pagato sulle riserve delle banche commerciali, l’effetto
netto sarebbe lo stesso di una cancellazione del debito, ma la finzione di una
“normale“ attività della banca centrale potrebbe essere mantenuta.
Le banche centrali possono
monetizzare il debito pubblico fingendo di non farlo.
Questa finzione può riflettere un
utile tabù: se riconosciamo apertamente che la cancellazione o monetizzazione
del debito pubblico è possibile, i politici potrebbero pretenderla in
continuazione e in misura eccessiva, non solo quando è opportuna.
Le esperienze storiche della Germania
di Weimar, o dello Zimbabwe oggi, illustrano il pericolo.
Quindi, anche quando una permanente
monetizzazione del debito pubblico si verifica - come quasi certamente accadrà
in Giappone e probabilmente altrove - essa rimane sempre la politica che non
osa dire il suo nome.
Questa reticenza può essere utile.
Ma non deve nascondere alle banche
centrali e ai governi l’ampio ventaglio degli strumenti di politica monetaria
disponibili per affrontare gli attuali gravi eccessi di debito pubblico.
sarebbe interessante comprendere quando arrivano queste ondate inflazionistiche.
RispondiEliminacmq sia, di certo quando il paese è sull'orlo del fallimento (CON L'ESTERO!) e quindi monetizzare è quasi inutile.. nel senso che da Weimer all'Argentina degli anni 80 si vedranno anche iperinflazioni.
ma esiste un mondo che il più delle volte è nella normalità.
nel ns caso (Italia) invece siamo in deflazione.. quindi a questo punto non si capisce cosa ci si preoccupa dell'inflazione in caso di uscita!
misteri della mafia by €URS
Sì, le ondate inflazionistiche più famose - quelle agitate a spauracchio, come Weimar o Zimbabwe - sono sempre collegate a un debito in valuta estera. Qui ne parla Randall Wray, esaminando appunto questi esempi storici e riportando anche una bibliografia in merito.
RispondiEliminaLa monetizzazione del deficit e in generale le politiche molto espansive hanno come limite proprio il vincolo della bilancia dei pagamenti, dato che crescendo il reddito aumentano le importazioni, l'aumento dei prezzi connesso alla crescita riduce le esportazioni, e quindi va tenuto in equilibrio proprio questo meccanismo qua...con la valuta flessibile, come ben sappiamo, è molto più semplice da fare!