Di seguito la traduzione di un lungo articolo di Roberto Iannuzzi, veramente unico per accuratezza e dovizia di documentazione, sulla questione, largamente ignorata dalla grande stampa, delle probabili responsabilità degli Stati Uniti nella ipotesi di fuga da laboratorio del SARS-CoV-2. L'articolo è preceduto da una sintetica presentazione da parte dell'autore.
'La recente approvazione, da parte del Congresso USA, di una
legge che obbliga il governo federale a declassificare le informazioni di intelligence
relative all’origine del Covid-19, costituisce l’ennesima conferma che la
questione relativa alla genesi del SARS-CoV-2, spesso politicizzata e mai
realmente investigata, rimane scottante. La recente legge, pur confermando che
l’ipotesi della fuga di laboratorio finora demonizzata come “teoria del
complotto” rimane plausibile e addirittura probabile, è fuorviante poiché
chiede di rendere pubblica l’intelligence relativa al Wuhan Institute of
Virology (WIV), in Cina, ma non le
informazioni riguardanti altre istituzioni, incluse quelle americane, che
potrebbero aver avuto un ruolo nella vicenda. Il nodo più rilevante e
controverso dell’ipotesi della fuga di laboratorio è rappresentato, infatti,
dalle ricerche USA condotte presso il WIV e finanziate da fondi pubblici statunitensi,
civili e militari, che potrebbero aver innescato la pandemia da COVID-19 a
causa di un incidente di laboratorio (volontario o involontario). Si tratta di
un punto di rilevanza cruciale che è stato in gran parte taciuto dalla stampa
USA di grande diffusione (sebbene siano usciti diversi reportage in proposito),
e soprattutto dal governo americano. Di questo aspetto parlai in maniera
dettagliata in un articolo uscito nel 2021, che rimane attuale nel suo impianto
generale, e che è ora disponibile in italiano grazie alla preziosa traduzione
di Voci dall’Estero.'
SARS-CoV-2, il figlio subdolo di ‘Chimerica’?
di Roberto Iannuzzi, 26 luglio 2021
Milioni di persone sono morte. E se la Cina e l'America (e
in particolare il suo complesso medico-industriale e il settore della difesa)
fossero entrambe responsabili di un’involontaria diffusione della pandemia
COVID-19, a causa di una ricerca sconsiderata eseguita in un laboratorio non
sicuro?
Probabilmente avete già sentito parlare dell'ipotesi
dell'incidente di laboratorio. Secondo quest’idea il SARS-CoV-2, il coronavirus
che causa la COVID-19, sarebbe sfuggito a un laboratorio nella città cinese di
Wuhan. E probabilmente saprete che molti hanno liquidato questa ipotesi come
una "teoria del complotto".
Be’, non lo è. Al contrario, è un'ipotesi plausibile che
viene intenzionalmente screditata da scienziati ed esperti appartenenti a
quello che alcuni
hanno definito il complesso industriale pandemico - o, più in generale, il
cosiddetto complesso
medico-industriale - americano.
Perché questa campagna diffamatoria? Forse perché importanti
esponenti di questo complesso hanno
collaborato attivamente con scienziati cinesi, presso il Wuhan Institute of Virology (WIV) e
altrove, eseguendo - o più in generale promuovendo - ricerche pericolose che,
tramite un incidente indesiderato, potrebbero aver scatenato la pandemia (come
cercherò di dimostrare più avanti in questo articolo).
Se l'ipotesi dell'incidente di laboratorio si dimostrasse convincente,
tutto il loro lavoro verrebbe probabilmente sottoposto a severi controlli.
Virus chimerici
A Wuhan, i virologi stavano creando virus chimerici (o chimere) almeno dal 2007.
Le chimere sono virus geneticamente modificati contenenti
frammenti di acido nucleico di due o più virus diversi.
La ricerca gain-of-function (GOF, o guadagno di
funzione) è un genere di ricerca di laboratorio piuttosto rischioso che è stato
condotto al WIV insieme a scienziati americani e grazie ai finanziamenti del
governo statunitense (per averne un'idea, guardate i ringraziamenti alla fine
di questo articolo
pubblicato su Nature Medicine nel
2015, che contiene anche un'interessante nota dell'editore aggiunta a marzo
2020).
La ricerca GOF prevede una sperimentazione che
mira ad aumentare la trasmissibilità e la virulenza dei patogeni. . I virus vengono modificati geneticamente, acquisendo nuove
proprietà che consentono
loro il salto di specie.
Un fenomeno simile esiste in natura e si chiama spillover.
La teoria dello spillover,
cioè di un trasferimento zoonotico naturale del SARS-CoV-2 dai pipistrelli
all'uomo, possibilmente tramite un ospite intermedio, è stata avanzata da
coloro che rifiutano l'ipotesi dell'incidente di laboratorio.
L'obiettivo dichiarato della ricerca GOF è migliorare la
comprensione dei focolai di malattie e sviluppare vaccini e altre contromisure
mediche.
Tuttavia, molti
scienziati considerano questi esperimenti pericolosi e irresponsabili,
poiché comportano la creazione di chimere che in caso di incidente potrebbero
sfuggire dai laboratori e potenzialmente scatenare pandemie tra gli esseri umani,.
La ricerca GOF è un sottoinsieme della "ricerca
duale", ovvero la ricerca
che genera conoscenze, informazioni, tecnologie e/o prodotti che
potrebbero essere utilizzati per scopi sia benevoli che dannosi.
Questi ultimi includono armi biologiche e bioterrorismo.
A dire il vero, non è affatto certo che il SARS-CoV-2 sia
stato sviluppato intenzionalmente come arma biologica, sebbene laboratori ad
alto contenimento come quello di Wuhan siano spesso impegnati in questo tipo di
lavoro.
In ogni modo, secondo diversi esperti
(esaminerò le loro opinioni in modo più dettagliato in seguito) è assolutamente
possibile che il SARS-CoV-2 fosse un virus chimerico (o anche un agente
patogeno naturale) uscito da un laboratorio di Wuhan.
Ma com'è possibile che i costrutti chimerici siano stati
progettati insieme da virologi cinesi e americani a Wuhan?
Un matrimonio improbabile
Ironia della sorte, una collaborazione così bizzarra è stata
solo una delle conseguenze di un matrimonio altrettanto improbabile tra l'unica
superpotenza mondiale e il suo futuro rivale, un matrimonio che nel 2007 gli
accademici Niall Ferguson e Moritz Schularick hanno chiamato ‘Chimerica’.
Con questo concetto - che, proprio come i virus chimerici,
si riferisce alla leggendaria chimera, una creatura ibrida composta da parti di
diversi animali – essi intendevano rappresentare simbolicamente un nuovo ordine
economico mondiale che combinasse la crescita trainata dalle esportazioni della
Cina con il sovraconsumo degli Stati Uniti.
Nel 2008 Ferguson ha descritto ‘Chimerica’ come una
relazione simbiotica che
riguarda circa il 13% dell’intera superficie terrestre, un quarto della
popolazione e circa un terzo del prodotto interno lordo mondiale, e circa la
metà della crescita economica globale degli ultimi sei anni.
Laboratori ad alto
contenimento che proliferano in tutto il mondo
Tuttavia, questo è solo un lato della medaglia. C'è un
secondo lato, più oscuro, che riguarda la proliferazione di laboratori
biologici ad alto contenimento negli Stati Uniti e, più recentemente, in Cina
(e in tutto il mondo).
Dopo aver promosso la Convenzione sulle armi biologiche (Biological Weapons Convention, BWC), una
pietra miliare tra i trattati sul controllo degli armamenti entrata in vigore
nel 1975, Washington iniziò a
tirarsi indietro. Nel 2001 l'amministrazione Bush infine respinse
l'adozione di un nuovo protocollo rafforzato che era in corso di negoziazione
sin dal 1995.
È interessante notare che la decisione di ritirarsi dai
negoziati sul protocollo avvenne prima
degli attacchi terroristici dell'11 settembre e dei successivi attacchi
all'antrace. Gli avversari di Washington probabilmente interpretarono questa
azione unilaterale come il preludio di un programma di ricerca segreto
statunitense sulle armi biologiche.
Infatti, nei mesi che seguirono l'11 settembre,
l'amministrazione Bush intensificò
radicalmente la ricerca sulla biodifesa. Tuttavia, Sam Husseini, direttore
delle comunicazioni dell'Institute for
Public Accuracy, osservò
giustamente che
la biodifesa implica una guerra biologica tacita, la coltura di agenti
patogeni resi più pericolosi con lo scopo dichiarato di trovare un modo per
combatterli.
Nel 2005, più di 750 scienziati americani scrissero una
lettera aperta al loro principale ente finanziatore, il National Institutes of Health (NIH)
degli Stati Uniti, lamentando il fatto che la decisione di dare priorità ad una
ricerca di grande rilevanza per la difesa biologica, ma di scarsa importanza
per la salute pubblica, aveva messo in crisi gli studi microbiologici.
Anthony Fauci,
direttore del National Institute of
Allergy and Infectious Diseases (NIAID), replicò
che la ricerca sulla biodifesa avrebbe dovuto anche aiutare a proteggere dalle
minacce di nuove malattie naturali emergenti. Il NIAID controlla gran parte
della spesa per la ricerca sulla biodifesa del NIH.
Due anni più tardi, Keith Rhodes, allora capo tecnologo
presso il Government Accountability
Office (GAO) degli Stati Uniti, testimoniò che
"negli Stati Uniti si sta verificando un'importante proliferazione di
laboratori BSL-3 e BSL-4 ad alto contenimento". I laboratori sono
classificati in base a quattro
livelli di biosicurezza (BSL), e BSL-4 è il più alto livello di
contenimento.
La testimonianza di Rhodes sottolineava che:
I laboratori BSL-3 e BSL-4 spesso detengono gli agenti delle malattie
infettive più pericolose (ad esempio Ebola, vaiolo, influenza aviaria e
sindrome respiratoria acuta grave [SARS]), compresi quelle per le quali
potrebbero non essere disponibili vaccini o trattamenti efficaci.
Come conseguenza di questa crescita di laboratori americana,
c'è stata una marcata proliferazione
di laboratori biologici in tutto il mondo, un fenomeno che ha aumentato la
possibilità di incidenti, furti o utilizzo doloso di agenti patogeni.
Secondo
Richard Ebright, il principale organizzatore della lettera aperta del 2005 ed
eminente biologo molecolare della Rutgers University:
l'espansione più evidente si è verificata negli ultimi quattro anni in
Cina, come reazione in stile corsa agli armamenti all'espansione della
biodifesa negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone.
Il laboratorio BSL-4 presso il WIV (che ospita anche
strutture BSL-3 e BSL-2) fa parte di una rete
di dozzine di laboratori in tutta la Cina.
È stato costruito con expertise francese e prendendo a
modello il laboratorio Jean
Mérieux-Inserm BSL-4 di Lione, mentre il personale è stato formato da personale
americano del Galveston National
Laboratory dell'Università del Texas.
La città di Wuhan ospita anche altri laboratori BSL-2 e
BSL-3.
Stretta
collaborazione e diffidenza reciproca
Quando, spinta da numerose polemiche e incidenti di
laboratorio, nel 2014 l'amministrazione Obama bandì
i progetti di ricerca GOF, furono ammesse delle eccezioni
per dieci di questi progetti.
Tra questi, c'era una ricerca da implementare presso il WIV
i cui finanziamenti provenivano dal
NIAID guidato da Fauci, che era stato negli ultimi tempi capo consigliere
medico del presidente, sia sotto Trump che sotto Biden.
Il progetto era gestito dalla EcoHealth Alliance, un'organizzazione non governativa con sede
negli Stati Uniti presieduta da Peter Daszak,
zoologo britannico esperto di ecologia delle malattie.
Daszak è stato coautore di
almeno 25 studi che coinvolgevano autori e/o finanziamenti collegati a
organizzazioni del Partito Comunista Cinese.
Uno studio del 2015 di cui Daszak è stato coautore
sottolinea che scienziati cinesi e statunitensi avevano collaborato a un numero
crescente di pubblicazioni nell'ultimo decennio e che, da un punto di vista
accademico, i due paesi erano sempre più collegati.
Negli ultimi anni, però, c'è stata anche una certa reciproca
diffidenza tra le due superpotenze nel campo della biosicurezza e della
biodifesa.
Almeno sin dal 2007, scienziati e analisti cinesi hanno
espresso il loro "fondato" sospetto che le attività statunitensi di
biodifesa violassero la BWC.
Secondo Pan Zhenqiang, allora vicepresidente della Foundation for International Studies and
Academic Exchanges:
Oltre a sponsorizzare la ricerca sui rilevatori di agenti biologici e
nuovi vaccini e altri trattamenti medici per agenti di guerra biologica,
l'amministrazione Bush ha finanziato la costruzione di oltre una dozzina di
nuove strutture di biocontenimento di alto livello. Una di queste strutture, in
costruzione sul terreno di Ft. Detrick, che ospita l'US Army Medical Research
Institute for Infectious Diseases, sarà un enorme laboratorio ‘diverso da
qualsiasi altro mai esistito da quando le armi biologiche sono state bandite,
34 anni fa’
Dopo lo scoppio della pandemia COVID-19, Pechino ha puntato ancora una
volta il dito contro Fort Detrick,
avvertendo che Cina e Russia potrebbero avviare un'indagine internazionale su
tutti i laboratori BSL-3 e BSL-4 del mondo, compresi i laboratori biologici
americani.
Ciò è avvenuto dopo che Mosca, nel 2018, aveva
chiesto a Washington delle risposte sul “perché agenti tossici e armi
biologiche vengono stoccati presso il Richard
Lugar Public Health Research Center”, un laboratorio situato vicino alla
capitale georgiana Tbilisi.
Secondo un'indagine
della giornalista bulgara Dilyana Gaytandzhieva, il Dipartimento della Difesa
degli Stati Uniti aveva finanziato diversi progetti
di ricerca in questa struttura, compresi studi su pipistrelli e coronavirus
dell'Asia occidentale.
Anche gli Stati Uniti hanno lanciato le loro accuse contro
la Cina. Nel 2019, un rapporto
ufficiale specificava che:
gli Stati Uniti hanno problemi relativi alla compliance della ricerca e
sviluppo di tossine da parte delle istituzioni mediche militari cinesi a causa
delle potenziali applicazioni a uso duale e del loro potenziale come minaccia
biologica.
Il rapporto aggiungeva che gli Stati Uniti non disponevano
di informazioni sufficienti per determinare se la Cina avesse eliminato il suo
passato programma di guerra biologica, come richiesto dall'articolo II della
BWC.
Gli incidenti di
laboratorio si verificano di frequente
Ma la proliferazione di laboratori di biodifesa in tutto il
mondo è davvero così pericolosa e può avere qualche relazione con lo scoppio
della pandemia COVID-19?
Durante una conferenza stampa lo scorso febbraio Peter
Embarek, scienziato danese che guida il team internazionale di esperti dell'OMS
incaricato di indagare sull'origine della pandemia, ha
affermato che "se si guarda alla storia degli incidenti di
laboratorio, si tratta di eventi estremamente rari".
Bene, questo è semplicemente falso.
Nei laboratori ad alto contenimento si verificano eventi che
causano potenziali esposizioni ad agenti patogeni.
Negli
Stati Uniti e altrove
sono stati segnalati centinaia di incidenti all'interno di laboratori che
conducono esperimenti su agenti patogeni come Ebola, antrace, influenza aviaria
e coronavirus della SARS.
Nell'agosto 2019, all’istituto di Fort Detrick, nel Maryland, è
stata revocata la licenza per gestire agenti patogeni mortali, per motivi
di sicurezza. L’istituto ha poi ripreso la ricerca sulle malattie infettive nel
marzo 2020.
All'inizio del 2019, Lynn Klotz, ricercatore scientifico
senior presso il Center for Arms Control
and Non-Proliferation, ha
scritto che le infezioni contratte in laboratorio e che poi portano alla
fuoriuscita di malattie al di fuori del laboratorio stesso, spesso non vengono
rilevate e nemmeno segnalate.
Ha aggiunto che:
l'errore umano è la causa principale delle potenziali esposizioni degli
operatori di laboratorio agli agenti patogeni.
Ancor più preoccupante, Klotz ha ritenuto che il rilascio di
un virus altamente patogeno, trasmissibile per via aerea, sia "nel tempo,
un fatto abbastanza probabile".
Ma c'è qualche segno concreto che un incidente di
laboratorio al WIV possa aver dato inizio alla pandemia COVID-19?
E che dire della teoria di un'epidemia di coronavirus
zoonotico naturale che inizia a Wuhan?
Perché la teoria di
uno spillover zoonotico non è assolutamente dimostrata
L'ipotesi di spillover è circolata ampiamente nei media
mainstream ed è stata considerata la più probabile fino a tempi recenti. Ma,
nonostante tutto il clamore dei media, finora le prove di un'origine zoonotica
naturale sono state deboli.
Tutti gli antenati conosciuti del SARS-CoV-2 si trovano nei
pipistrelli della specie ‘ferro di cavallo’.
Poiché la maggior parte dei coronavirus dei pipistrelli non
può infettare le cellule umane, gli scienziati ritengono che il virus possa
essere arrivato all'uomo attraverso un ospite intermedio, forse un pangolino o
qualche altro animale.
Le prime scoperte secondo cui tra i primi casi di COVID
molti (ma non tutti!) si erano verificati nel mercato ittico di Huanan a Wuhan,
hanno alimentato questo scenario.
Tuttavia, i dati a sostegno di questa teoria fino ad ora
sono mancanti, nonostante tutti gli sforzi scientifici compiuti in questa
direzione.
A dire il vero, c'è un grosso problema con la teoria di uno
spillover naturale del coronavirus.
La provincia di Hubei e la sua capitale Wuhan, dove è
iniziata la pandemia COVID-19, sono luoghi improbabili per eventi del genere.
Situati nella Cina centrale, non ospitano grandi comunità di pipistrelli
rispetto alle province meridionali come lo Yunnan e il Guangdong.
Shi Zhengli, capo della ricerca sul coronavirus presso il
WIV, nel luglio 2020 ha dichiarato
a Science Magazine:
Abbiamo monitorato il virus dei pipistrelli nella provincia di Hubei
per molti anni, ma non abbiamo riscontrato a Wuhan, o anche nella più ampia
provincia di Hubei, pipistrelli che siano portatori di coronavirus strettamente
correlati al SARS-CoV-2.
Wuhan non ha nemmeno una tradizione di commercio e consumo
di animali selvatici. Ancora una volta, tradizioni di questo genere sono molto
più forti nel sud della Cina.
In realtà, è emerso che il SARS-CoV-2 assomiglia molto (con
una somiglianza del
96,2% nella sequenza) al RaTG13, un virus di pipistrello che era stato
raccolto nella provincia dello Yunnan.
Se il coronavirus responsabile della pandemia COVID-19
appartiene a una famiglia di virus che si trova di solito nei pipistrelli ferro
di cavallo nel sud della Cina, sorge
spontanea una domanda.
Come mai il SARS-CoV-2 ha finito per provocare un focolaio a
Wuhan, a mille miglia di distanza, senza lasciare alcuna traccia del suo
viaggio?
Come ha spiegato Rowan Jacobsen in questo superbo
articolo, se il virus si fosse trasmesso da un ospite all'altro, mutando
lungo il suo percorso, Wuhan sarebbe stata solo un ramo di un cosiddetto albero filogenetico
(cioè evolutivo).
Un albero del genere non può essere totalmente scomparso.
Eppure, non ne è stata trovata alcuna traccia.
Nessuno ha individuato un antenato diretto del virus,
nonostante gli sforzi degli scienziati cinesi per testare decine
di migliaia di campioni di bestiame e animali selvatici in tutto il paese.
Che dire del mercato
di Huanan?
Nessun campione
animale prelevato dal mercato è risultato positivo al SARS-CoV-2. È stato
anche stabilito che molti
dei primi pazienti confermati non
erano collegabili al mercato. A proposito, al mercato non venivano
commerciati pangolini (o pipistrelli).
Nel maggio 2020, George Gao, direttore del Chinese Centre for Disease Control and
Prevention, ha respinto l'ipotesi che il mercato fosse la fonte della
pandemia. "Il mercato è più una vittima", ha detto. “Il nuovo
coronavirus esisteva da molto prima”.
Un’ulteriore
analisi di sequenze precedentemente
cancellate conferma che le sequenze del mercato non sono rappresentative
dei virus che circolavano a Wuhan tra la fine del 2019 e l'inizio del 2020.
E che dire della
teoria del pangolino?
Tra marzo e aprile 2020, quattro articoli scientifici hanno
identificato un parente stretto del SARS-CoV-2 nei pangolini.
Tuttavia, la biologa molecolare Alina Chan e la sua
collaboratrice Shing Hei Zhan hanno
dimostrato che questi studi presentano diversi problemi.
Nello specifico, hanno tutti analizzato lo stesso
set di dati di un singolo lotto di pangolini di contrabbando confiscati nel
2019 nel Guangdong.
Un altro studio
su oltre 300 pangolini sequestrati in Malesia dal 2009 al 2019 non ha
riscontrato alcun coronavirus rilevante in questi animali, dimostrando così che
sono ospiti accidentali piuttosto che serbatoi di coronavirus.
Parlando all'Associated
Press, Linfa Wang, uno tra i massimi esperti mondiali di malattie
zoonotiche, ha
concluso che "la ricerca del coronavirus nei pangolini non sembrava
essere 'concepita scientificamente'".
E Ralph Baric, uno dei principali epidemiologi
dell'Università della Carolina del Nord, ha
affermato:
i virus del pangolino sono identici all'88-98% al SARS-CoV-2. In
confronto, i ceppi di coronavirus SARS dello zibetto e del procione erano
identici al 99,8% al SARS-CoV [il virus responsabile della prima epidemia di
SARS] del 2003. In altre parole, stiamo parlando di un limitato numero di
mutazioni tra ceppi di zibetto, ceppi di procione e ceppi umani nel 2003. I
pangolini hanno oltre 3000 cambiamenti nucleotidici, è impossibile che siano la
specie serbatoio. Non c’è assolutamente nessuna possibilità.
Infine, la controversa teoria secondo cui SARS-CoV-2
potrebbe essere stato trasmesso attraverso alimenti congelati, semplicemente
non torna.
Quindi, possiamo respingere la teoria di uno spillover
zoonotico?
Ancora no, ovviamente. Ma, allo stato attuale, questa teoria
è totalmente non dimostrata.
Questo è ciò che ha recentemente affermato un gruppo di 26
scienziati in una lettera
che chiede un'indagine obiettiva sulle origini del COVID-19.
D'altra parte, l'ipotesi dell'incidente di laboratorio
potrebbe risolvere almeno alcuni dei misteri sull'origine della pandemia?
Ebbene sì, potrebbe.
Perché l'ipotesi
dell'incidente di laboratorio è plausibile
È risaputo che il WIV è un hub
mondiale della ricerca sul coronavirus. In particolare, ha raccolto un gran
numero di coronavirus di pipistrello sin dal primo focolaio SARS del 2002-2003.
Tuttavia, come hanno
sottolineato il virologo Jonathan Latham e il biologo molecolare Allison
Wilson, Shi Zhengli e il suo team al WIV hanno concentrato i loro sforzi nella
comprensione dello spillover zoonotico sugli esseri umani di una sola specie: i coronavirus
correlati alla SARS.
Ciò è abbastanza comprensibile poiché l'epidemia SARS
originale ha colpito pesantemente la Cina.
Va notato, tuttavia, che diverse specie di alfa e
beta-coronavirus compongono l'albero filogenetico dei virus che possono
infettare l'uomo.
Come hanno
osservato Latham e Wilson,
precedenti spillover sull'uomo si sono verificati in punti diversi e
apparentemente casuali dell'albero del coronavirus e hanno coinvolto sia alfa
che beta-coronavirus.
Pertanto, in caso di spillover naturale, ci si aspetterebbe
che un nuovo coronavirus scaturisca da qualsiasi ramo di questo albero, poiché
la possibilità di uno spillover proveniente da ciascuna specie è evidentemente
la stessa.
Tuttavia, il SARS-CoV-2 proveniva dalla famiglia dei
beta-coronavirus "correlati alla SARS", ovvero dalla stessa specie
della SARS originale (da cui il suo nome).
L'emergere di un secondo virus pandemico dalla stessa specie
di coronavirus è alquanto sorprendente.
Un'altra curiosa coincidenza è che SARS-CoV-2 appartiene
alla specie su cui si sono concentrate la maggior parte delle ricerche del WIV.
I ricercatori del WIV si sono recati nelle grotte
e nelle miniere abbandonate nello Yunnan (dove ora si ritiene che vivano gli
antenati del SARS-CoV-2) per trovare i pipistrelli ‘ferro di cavallo’, dato che
sono ospiti naturali dei coronavirus simili alla SARS.
Ebright ha definito questi viaggi di campionamento "pura
follia", poiché i ricercatori, che sono stati esposti a diversi agenti
patogeni, potevano poi portarli involontariamente nei laboratori, vicino a
città affollate.
L'emergere di un secondo virus pandemico dalla famiglia dei
beta-coronavirus correlati alla SARS e il fatto che la maggior parte delle
ricerche del WIV si siano concentrate proprio su questa famiglia sono entrambe
coincidenze a sostegno della teoria di un incidente di laboratorio.
Ma c'è di più.
A febbraio 2020, Shi Zhengli e il suo team hanno pubblicato un articolo
scientifico su Nature, in cui
riportavano la sequenza del genoma di un virus di pipistrello strettamente
correlato al SARS-CoV-2.
Questo ceppo virale – chiamato dagli autori RaTG13 e che era
stato precedentemente raccolto da un pipistrello endemico nella provincia dello
Yunnan – è risultato essere identico al 96,2% al SARS-CoV-2.
Si tratta, fino ad oggi, del genoma virale conosciuto di
gran lunga più vicino al SARS-CoV-2. Tuttavia, lo studio sottintendeva che
nessuna ricerca precedente fosse stata condotta su RaTG13 e forniva pochissime
informazioni sull'esatto sito di campionamento e sui metodi di sequenziamento.
Un'indagine DRASTICA
Tuttavia, grazie al lavoro inestimabile di un gruppo di investigatori
e scienziati
della rete conosciuto col nome di DRASTIC,
si è scoperto che i ricercatori WIV avevano iniziato a esaminare e sequenziare
il RaTG13 già nel 2017, e non dopo lo scoppio della pandemia COVID-19.
Il genoma virale conosciuto più vicino al SARS-CoV-2 era
stato studiato al WIV prima dello scoppio della pandemia.
Shi Zhengli alla fine ha confermato tali scoperte in un addendum che ha
pubblicato su Nature nel novembre
2020.
La storia, però, non finisce qui.
È emerso anche che il RaTG13 era praticamente
indistinguibile da una sequenza virale parziale già pubblicata chiamata
BtCoV/4991. I ricercatori del WIV avevano raccolto il BtCoV/4991 nel 2013 da
una miniera
abbandonata nella contea di Mojiang, nello Yunnan.
Sorprendentemente, un'epidemia di polmonite simile alla SARS
originatasi nella stessa miniera aveva precedentemente ucciso tre minatori su
sei che avevano contratto la malattia.
Secondo Latham
e Wilson, ciò è avvenuto nell'aprile 2012, appena due mesi e mezzo prima
del primo viaggio di campionamento del WIV, e probabilmente è stato ciò che ha
spinto i ricercatori WIV a campionare proprio lì.
Una tesi di master cinese del 2013 scoperta da un membro di
DRASTIC, un utente anonimo di Twitter chiamato @TheSeeker268,
descriveva in dettaglio la malattia simile alla polmonite dei minatori.
La tesi concludeva che un coronavirus simile alla SARS
originato dai pipistrelli cinesi ‘ferro di cavallo’ era la probabile causa
della malattia.
Inoltre, l'analisi retrospettiva dei sintomi della polmonite
mostra sorprendenti
somiglianze con la COVID-19.
Tali risultati hanno fatto sorgere molte domande.
Perché Shi Zhengli ha
detto a Scientific American nel
marzo 2020 che la causa della malattia dei minatori era un fungo?
Perché l'articolo scientifico di Nature del febbraio 2020
non ha menzionato né il precedente lavoro dei ricercatori WIV su BtCov/4991 né
la sua origine in miniera?
Perché tali errori e una tale mancanza di trasparenza da
parte del WIV?
E poi l’enigma più grande: è possibile che l'antenato stesso
del SARS-CoV-2 provenga dalla miniera di Mojiang?
È plausibile che i ricercatori del WIV lo abbiano raccolto e
portato nel loro laboratorio, a mille miglia di distanza?
È concepibile che, da lì, sia fuoriuscito accidentalmente,
forse dopo essere stato geneticamente modificato o in altro modo costretto ad
adattarsi per infettare le cellule umane attraverso mutazioni nella sua
proteina spike?
Per l’esattezza, SARS-CoV-2 potrebbe anche non essere una
versione manipolata di RaTG13.
Un'identità complessiva della sequenza del genoma al 96,2%
corrisponde a circa 1200 nucleotidi diversi, cioè a decenni
di evoluzione biologica in assenza di epidemie o ricombinazione.
Anche considerando una qualche forma di manipolazione di
laboratorio, questo potrebbe essere un vuoto troppo grande da colmare, secondo
alcuni scienziati (ma altri la
pensano diversamente).
Tuttavia, dei coronavirus più strettamente correlati al
SARS-CoV-2 erano probabilmente presenti nella miniera di Mojiang.
Gli autori dell'addendum del
novembre 2020 hanno ammesso che il loro gruppo ha visitato la miniera dal 2012
al 2015, una o due volte l'anno.
I ricercatori hanno raccolto un totale di 1322 campioni. Da
questi, hanno rilevato 293 diversi coronavirus, di cui nove erano
beta-coronavirus correlati alla SARS.
Alla fine hanno ammesso che il RaTG13 era tra questi nove,
ma hanno aspettato altri sei mesi prima di rivelare i genomi dei restanti
otto virus.
Eppure li avevano già sequenziati, proprio come il RaTG13,
qualche anno prima.
Questi otto virus rimanenti si discostano di più dal SARS-CoV-2
(identità del
77% a livello del genoma). Tuttavia, non conosciamo ancora tutti i
coronavirus che erano oggetto di ricerca presso il WIV.
Altre tesi di ricerca portate
alla luce da @TheSeeker268 dal WIV sembrano confermare che la miniera di
Mojiang sia stata a lungo un punto focale delle ricerche del WIV, una sorta di
cassa del tesoro dei virus.
È quindi del tutto possibile che altri coronavirus della
miniera siano rimasti inediti.
Dal gennaio 2020, i ricercatori del WIV si sono dimostrati
spesso riluttanti a condividere la loro conoscenza delle sequenze strettamente
correlate al SARS-CoV-2.
Inoltre, nel settembre 2019 il database principale
dell'Istituto è
andato offline. Contenente registrazioni di migliaia di campioni e delle
loro sequenze genetiche, comprese diverse sequenze inedite di coronavirus di
pipistrello, questo è probabilmente uno dei principali database in Cina e nel
mondo.
Alla fine, ognuno dei 16 database dei virus gestiti dal WIV,
che potrebbero fornire indizi essenziali sulle origini di SARS-CoV-2, è stato
messo offline.
Nel febbraio 2020, il Consiglio di Stato cinese ha ordinato
che tutte le ricerche relative al SARS-CoV-2 dovessero avere l'approvazione del governo prima della
pubblicazione, imponendo di fatto un bavaglio agli scienziati cinesi.
Nel frattempo, le autorità cinesi hanno bloccato la
strada per la miniera di Mojiang. I giornalisti che cercavano di
raggiungere la miniera sono stati ostacolati o arrestati.
Potenziamento di agenti
patogeni con potenziale pandemico
Come accennato in precedenza, i ricercatori del WIV hanno
condotto esperimenti rischiosi su virus chimerici almeno dal 2007.
A dire il vero, i coronavirus chimerici non sono una novità,
poiché ricercatori di tutto il mondo li hanno generati almeno dal 1999,
molto prima dell'avvento delle moderne tecniche di ingegneria genetica.
Poi, il 2002 ha segnato una pietra miliare nella ricerca GOF
(descritta anche come potenziamento di agenti patogeni con potenziale pandemico),
poiché l'epidemiologo americano Ralph Baric ha creato un clone sintetico
di un virus murino naturale.
Alla fine del 2011, il virologo olandese Ron Fouchier ha
annunciato che il suo laboratorio aveva generato "uno dei virus più
pericolosi che si possano creare", un ceppo di H5N1 (influenza aviaria)
che poteva trasmettersi tra i mammiferi attraverso l’aria.
Il NIH aveva
finanziato la sua ricerca e i consulenti del governo degli Stati Uniti
inizialmente avevano esortato a mantenerne segreti i dettagli per impedire che
il lavoro potesse essere replicato da terroristi e paesi ostili.
Tuttavia, lo studio finì per essere pubblicato su Science Magazine alcuni mesi dopo.
A distanza di tre anni, Shi Zhengli e Ralph Baric hanno
avviato una collaborazione per creare un altro virus chimerico.
Hanno inserito la proteina spike del coronavirus di
pipistrello SHC014 nella struttura di un coronavirus SARS. Il nuovo virus era in grado di
replicarsi in modo efficiente nelle cellule primarie delle vie aeree umane.
Nel loro studio, gli autori hanno messo in guardia contro i
rischi di progettare agenti patogeni più pericolosi:
è importante considerare il valore dei dati generati da questi studi e
se questi tipi di studi sui virus chimerici giustifichino ulteriori indagini,
considerati i rischi inerenti.
Nonostante ciò, Shi Zhengli ha continuato a progettare
coronavirus in grado di attaccare le cellule umane.
Come accennato in precedenza, il NIAID guidato da Fauci, che
fa parte del NIH, ha finanziato questo lavoro attraverso sovvenzioni che sono
state assegnate alla EcoHealth Alliance
presieduta da Daszak come appaltatore principale.
Nell'abstract di una di queste sovvenzioni, si legge:
Caratterizzazione in vitro e in vivo del rischio di spillover del
SARSr-CoV, combinata con analisi spaziali e filogenetiche per identificare le
regioni e i virus di interesse per la salute pubblica. Useremo i dati sulla
sequenza della proteina S[pike], la tecnologia di clone infettivo, esperimenti
di infezione in vitro e in vivo e l'analisi del legame del recettore per
verificare l'ipotesi che le soglie di divergenza % nelle sequenze della
proteina S predicano il potenziale di spillover.
In linguaggio non tecnico - spiega
il giornalista scientifico Nicholas Wade - ciò significa inserire geni spike
nella struttura di alcuni genomi virali ("tecnologia di clone infettivo")
per creare una serie di virus chimerici e quindi testarne la capacità di
attaccare le cellule umane.
Cosa abbastanza preoccupante, gran parte di questo lavoro è
stato svolto in
scarse condizioni di sicurezza in laboratori BSL-2.
La stessa Shi Zhengli ha confermato in un'intervista
del luglio 2020 a Science Magazine che
la ricerca sul coronavirus presso il WIV era stata condotta in laboratori BSL-2
o BSL-3.
Le caratteristiche
sorprendenti del SARS-CoV-2
Se il SARS-CoV-2 è stato progettato in laboratorio, la sua
creazione ha probabilmente seguito un percorso simile.
Diverse caratteristiche del virus responsabile della
pandemia COVID-19 possono essere spiegate come il risultato di una
manipolazione di laboratorio.
I ricercatori guidati da Alina Chan hanno
scoperto che, fin dalla sua prima apparizione alla fine del 2019, il
SARS-CoV-2 era già ben adattato alla trasmissione umana.
In confronto, l'epidemia di SARS del 2003 ha sviluppato
diversi nuovi adattamenti per la trasmissione nelle cellule umane soltanto
nella fase avanzata di quell'epidemia.
Un altro studio, del
professor Nikolai Petrovsky e altri ricercatori australiani, ha scoperto che il
SARS-CoV-2 si lega ai recettori
ACE2 delle cellule umane più strettamente che a quelli di qualsiasi altra specie animale
testata, inclusi pipistrelli e pangolini.
Secondo lo studio, questa scoperta è sorprendente
poiché generalmente all’inizio un virus zoonotico mostra la più alta
affinità per la sua specie ospite originale, e un'affinità iniziale inferiore
per i recettori di nuove specie ospiti, fino a quando non si adatta.
I sostenitori dell’ipotesi dell’incidente di laboratorio - spiega
Wade - sostengono che il SARS-CoV-2
era adattato alle cellule umane fin dall'inizio, perché era stato
coltivato in topi umanizzati o in colture di laboratorio di cellule umane,
proprio come descritto nella proposta di finanziamento di Daszak.
Una caratteristica unica del SARS-CoV-2 è la presenza di un
sito di scissione della furina nel mezzo della sua proteina spike, una cosa che
nessun
altro coronavirus correlato alla SARS possiede.
Come sottolineato
dall'imprenditore biotecnologico Yuri Deigin, i coronavirus che presentano
questa caratteristica condividono solo il 40% del loro
genoma con il SARS-CoV-2. Ciò significa che non sono nemmeno lontani parenti di
quest'ultimo.
La furina è un enzima umano che alcuni virus hanno imparato
a sfruttare, poiché consente loro di entrare più facilmente in alcuni tipi di
cellule.
Probabilmente, è grazie a questo peculiare sito della furina
che il SARS-CoV-2 è riuscito a compiere il salto di specie dal suo ospite
iniziale all'uomo.
Sebbene sia teoricamente possibile, è difficile spiegare
come questa caratteristica possa essere emersa naturalmente - per mutazione o
per ricombinazione - nella sua proteina spike. Potrebbe invece essere il
risultato di una manipolazione
‘gain of function’.
Negli ultimi anni, per studiare il potenziale rischio dei
coronavirus di pipistrello per l'uomo, i ricercatori hanno ingegnerizzato diversi
coronavirus chimerici.
Questi sono costituiti da scheletri di coronavirus di
pipistrello, solitamente incapaci di infettare le cellule umane, le cui
proteine spike sono state sostituite con quelle di virus compatibili con i
recettori umani ACE2.
I virologi hanno anche studiato per decenni i siti della
furina nei coronavirus e sono riusciti a introdurre dei siti artificiali
in alcuni virus, rendendoli più infettivi.
Quindi, per riassumere, il SARS-CoV-2 era pre-adattato per
la trasmissione umana e un sito di scissione della furina, unico e mai visto in
altri coronavirus correlati alla SARS, ne ha potenziato la virulenza.
Tali caratteristiche, che la teoria dello spillover
zoonotico non riesce a spiegare, potrebbero invece essere la conseguenza di una
manipolazione di laboratorio.
Quindi, perché gli scienziati e i media mainstream fino a
poco tempo fa hanno scartato l'ipotesi dell'incidente di laboratorio e l'hanno
persino etichettata come una "teoria del complotto"?
Bugie e conflitti di
interesse soffocano il dibattito scientifico negli Stati Uniti
Quando la pandemia è scoppiata, all'inizio del 2020, nei
pressi di un laboratorio dotato di un'impressionante raccolta di coronavirus,
questo fatto ha alimentato le voci su un possibile coinvolgimento del
laboratorio.
Tuttavia, due influenti articoli pubblicati su due delle
riviste mediche più prestigiose al mondo hanno contribuito in modo decisivo a
soffocare il dibattito.
Una dichiarazione di 27 eminenti scienziati della sanità
pubblica, pubblicata su The
Lancet il 19 febbraio 2020, ha condannato "le teorie del complotto secondo
le quali il COVID-19 non ha un'origine naturale".
La dichiarazione aggiungeva che:
scienziati di diversi paesi […] concludono a grande maggioranza che
questo coronavirus ha avuto origine nella fauna selvatica, così come molti
altri agenti patogeni emergenti.
Tuttavia, la dichiarazione non includeva riferimenti
scientifici atti a confutare la teoria sull’origine da laboratorio del virus.
Un mese dopo, in una lettera pubblicata su Nature Medicine con il titolo The Proximal Origin of SARS-CoV-2, cinque noti scienziati hanno
affermato che
le nostre analisi mostrano chiaramente che il SARS-CoV-2 non è un
costrutto di laboratorio o un virus manipolato intenzionalmente.
Nella sostanza, la lettera rimaneva a livello di ipotesi.
Tuttavia, questo articolo e il precedente hanno plasmato per
molto tempo la percezione pubblica della cosiddetta ipotesi di fuga da
laboratorio.
Le e-mail ottenute
da US Right to Know (USRTK) grazie a
una richiesta di accesso tramite il Freedom
of Information Act (FOIA), tuttavia, hanno dimostrato che la dichiarazione
di Lancet era stata orchestrata
nientemeno che da Peter Daszak, probabilmente per mettere a tacere le voci di
un incidente di laboratorio.
Daszak voleva
che la dichiarazione "non fosse identificabile come proveniente da una
particolare organizzazione o persona [sic]", ma piuttosto come "semplicemente
una lettera di eminenti scienziati".
Ciò nonostante, USRTK ha
rivelato che non solo Daszak, ma anche molti altri co-firmatari della
dichiarazione, erano affiliati a EcoHealth
Alliance, sebbene dichiarassero "nessun conflitto di interessi".
Le e-mail
mostrano come Daszak e altri due scienziati direttamente legati al gruppo, sin
dall’inizio abbiano pensato che fosse meglio non firmare la dichiarazione per nascondere
il loro coinvolgimento.
È emerso anche che gli esperti di coronavirus Ralph Baric e
Linfa Wang, entrambi collaboratori di lunga data del WIV, sono stati consultati
e poi si
sono accordati per non firmarla.
"Quindi lo pubblicheremo in un modo che non possa
essere ricollegato alla nostra collaborazione, in modo che rappresenti al
massimo grado una voce indipendente", ha
scritto Daszak.
Sforzi per
contrastare l’ipotesi dell’incidente di laboratorio
Tre firmatari della dichiarazione di Lancet erano figure di spicco del Wellcome Trust, un ente di beneficenza globale per la ricerca
sanitaria, con sede nel Regno Unito, che ha co-fondato il ‘Progetto genoma umano’
(iniziato nel 1990 sotto la guida del genetista americano e attuale direttore
del NIH, Francis
Collins) e della CEPI, Coalition for
Epidemic Preparedness Innovations (una partnership globale lanciata nel
2017 per accelerare lo sviluppo di vaccini contro le malattie infettive
emergenti).
Tra i tre firmatari, Sir Jeremy Farrar, direttore del Wellcome Trust, aveva anche organizzato,
insieme ad Anthony Fauci, una teleconferenza il 1 febbraio 2020.
La teleconferenza ha avuto luogo dopo che alcuni massimi
funzionari sanitari statunitensi, tra cui Fauci, si erano attivati, a fine
gennaio 2020, per contrastare alcuni articoli pubblicati su un potenziale
incidente di laboratorio al WIV.
Da una serie di e-mail (pesantemente censurate) ottenute
attraverso un'altra
richiesta FOIA, è emerso che dei cinque scienziati co-autori della lettera
di Nature Medicine "Proximal Origin" precedentemente
menzionata, in cui si affermava che il SARS-CoV-2 non era un virus manipolato
intenzionalmente, quattro avevano preso parte alla teleconferenza Fauci-Farrar.
Tuttavia, in una e-mail di
risposta inviata a Fauci la sera prima della teleconferenza, Kristian
Andersen, primo autore della lettera e professore presso il Dipartimento di
Immunologia e Microbiologia dello Scripps
Research, scriveva di aver trovato nel SARS-CoV-2 delle caratteristiche
insolite che "(potenzialmente) sembrano ingegnerizzate".
Lui e altri colleghi, prosegue l'e-mail, " tutti trovano
il genoma incoerente con le previsioni della teoria evolutiva".
Secondo il recente libro di Farrar intitolato Spike: The Virus vs. The People,
recensito in questo
articolo da Ian Birrell, alcune caratteristiche del nuovo virus, come il
suo dominio di legame al recettore e il sito della furina, avevano destato in
Andersen un certo allarme, poiché sembravano progettate per adattare un coronavirus
animale all'uomo.
Nel suo libro, Farrar afferma che Andersen era "dal 60
al 70%" convinto che il virus fosse sfuggito da un laboratorio.
Il virologo australiano Edward Holmes, un altro partecipante
alla teleconferenza che in seguito avrebbe co-firmato la lettera di Nature Medicine, era "sicuro
all'80% che questa cosa sia uscita da un laboratorio".
Lo stesso Farrar era combattuto sulle origini della
SARS-CoV-2. "In uno spettro da 0 a 100, se la natura è 0 e la fuga da
laboratorio è 100, onestamente io sto per 50", affermava in un'e-mail a
Fauci.
Eppure, pochi giorni dopo l'incontro, la loro posizione era
cambiata radicalmente.
Un mese dopo, il 6 marzo, Andersen scrisse un'altra e-mail
(vedi LEOPOLD
NIH FOIA Anthony Fauci Emails, p. 2,401) a Fauci, Farrar e al direttore
dell'NIH Francis Collins (che aveva partecipato
anche lui alla teleconferenza Fauci-Farrar), esprimendo la sua gratitudine per “i
loro consigli e la loro leadership" sulla lettera che sarebbe presto
apparsa su Nature Medicine e che,
traendo la conclusione opposta alla sua e-mail di fine gennaio, affermava che
non era possibile che il virus fosse stato ingegnerizzato.
Commentando le e-mail di Andersen, Ebright ha twittato:
Il coordinamento delle comunicazioni tra Fauci e gli autori
dell'editoriale "Proximal Origins" è degno di nota. Così come la
differenza tra le loro opinioni discusse privatamente nell'e-mail di gennaio
2020 e quelle espresse pubblicamente nell'editoriale di marzo 2020.
Questo episodio conferma che l'ipotesi dell'incidente di
laboratorio era una possibilità reale. Sebbene gli autori degli articoli di Lancet e Nature Medicine in seguito abbiano scartato questa ipotesi, in
realtà non erano nella posizione di denunciarla come teoria del complotto.
Andersen, Baric e Daszak erano anche tra gli esperti consultati
in una riunione del 3 febbraio 2020 organizzata
dalle National Academies of Sciences,
Engineering, Medicine (NASEM), che a
quanto riferito includeva diversi funzionari della comunità dell’intelligence.
L'incontro era stato organizzato su richiesta dell'Office of Science and Technology Policy
(OSTP) della Casa Bianca al fine di "aiutare a determinare le origini del
2019-nCoV [il nome iniziale attribuito al SARS-CoV-2]".
Trevor Bedford, biologo computazionale e uno degli
scienziati che hanno contribuito a plasmare la risposta finale del NASEM, ha
dichiarato in uno scambio
di e-mail:
1. Non menzionerei qui i siti di legame [un riferimento ai siti di
legame sulla proteina spike del SARS-CoV-2]. Se inizi a soppesare le prove, c'è
molto da considerare per entrambi gli
scenari [grassetto mio].
2. Direi "nessuna prova di ingegneria genetica", punto e basta.
Inoltre, una prima bozza della risposta del NASEM affermava
che "i dati genomici disponibili sono coerenti con l'evoluzione naturale e
attualmente non vi sono prove che il virus sia stato ingegnerizzato", ma includeva
anche una nota a piè di pagina tra parentesi:
(possibilmente aggiungere una breve spiegazione che ciò non esclude una fuga involontaria da un
laboratorio [grassetto mio] che studia l'evoluzione dei coronavirus
correlati).
La risposta
finale pubblicata il 6 febbraio non menzionava né i siti di legame né la
possibilità di un'origine di laboratorio.
Tuttavia, entrambi gli episodi sono un'ulteriore conferma
che, sebbene gli scienziati della sanità pubblica abbiano sostenuto l'ipotesi
dell'origine naturale, anche lo scenario dell'incidente di laboratorio meritava
di essere esaminato.
Ma, secondo un'indagine
di Vanity Fair,
i conflitti di interesse, derivanti in parte dalle grandi sovvenzioni
governative a sostegno di controverse ricerche di virologia, hanno ostacolato
in ogni fase l'indagine statunitense sull'origine del COVID-19. In una riunione
del Dipartimento di Stato, i funzionari che cercavano di chiedere trasparenza al
governo cinese affermano che i colleghi dissero loro esplicitamente di non indagare
la ricerca sul guadagno di funzione del Wuhan Institute of Virology, perché ciò
avrebbe attirato un'attenzione sgradita sul finanziamento di tale ricerca da
parte del governo degli Stati Uniti.
Una ricerca
controversa che ha ricevuto finanziamenti sia civili che militari
Quindi, vale la pena esplorare un po' la natura e l'entità
di queste sovvenzioni governative.
Per cominciare, ho già menzionato una sovvenzione del NIAID
che ha consentito al WIV di creare nuovi coronavirus chimerici correlati alla
SARS in grado di infettare le cellule umane.
Tra il 2014 e il 2019, il NIAID ha assegnato diverse
sovvenzioni alla EcoHealth Alliance
per condurre ricerche per "Comprendere il rischio di insorgenza del
coronavirus dei pipistrelli" presso il
WIV e altrove in Asia, con una spesa totale di 3,7 milioni di dollari.
Dopo una breve sospensione imposta dall'amministrazione
Trump, nell'agosto 2020 il NIH ha addirittura alzato il tetto di spesa a 7,5
milioni di dollari.
Tuttavia, come ha rivelato per la prima volta Sam
Husseini, le sovvenzioni governative assegnate all'organizzazione di Daszak
non hanno solo una dimensione civile, ma anche militare.
La EcoHealth Alliance
riceve molti più finanziamenti dal Pentagono che dal NIH.
Un'attenta indagine sui database del governo degli Stati
Uniti rivela che tra il 2013 e il 2020 il Pentagono ha donato a EcoHealth Alliance 39 milioni di dollari.
La maggior parte di questo finanziamento, 34,6 milioni di
dollari, proveniva dalla Defense Threat
Reduction Agency (DTRA), una struttura militare avente la missione di
"contrastare e scoraggiare le armi di distruzione di massa e le reti di minacce
improvvisate".
Anche il National
Biosurveillance Integration Center (NBIC) del Dipartimento per la sicurezza
interna ha scelto di affidarsi ai servizi dell'organizzazione di Daszak,
concedendole un contratto
da 2,2 milioni di dollari "per raccogliere informazioni contestuali
relative a eventi biologici".
Ma il principale finanziatore è il Dipartimento di Stato,
attraverso l’US Agency for International
Development (USAID), che ha donato a EcoHealth
Alliance almeno 64,7 milioni di dollari.
I finanziamenti del Pentagono e dell'USAID ammontano quindi
a oltre 103 milioni di dollari. Non si sa quanto di quel denaro sia andato alla
ricerca presso il WIV.
EcoHealth Alliance
sta conducendo ricerche finanziate dal Pentagono in diversi paesi asiatici e
africani, dalla Georgia
alla Malesia
e dalla Tanzania
al Sud
Africa.
In Medio Oriente, in particolare, EcoHealth Alliance ha istituito il Western Asia Bat Research Network (WAB-Net)
nell'ambito del progetto di ricerca congiunta One Health, lanciato nell'ottobre 2017.
L'obiettivo primario
di questo progetto è
descrivere le diversità dei coronavirus (CoV) e verificare le
principali ipotesi sul rischio di insorgenza di virus zoonotici trasmessi dai
pipistrelli nell'Asia occidentale al fine di ridurre la minaccia di malattie
infettive. […] I dati sulla diversità dei patogeni, sulla distribuzione degli
ospiti e sugli aspetti ecologici saranno curati, scambiati e utilizzati per
modellare il rischio di malattie zoonotiche in questa regione politicamente
instabile.
La rete lavora con
scienziati in Georgia, Giordania, Turchia e Pakistan ed è finanziata da una sovvenzione
di 6,5 milioni di dollari erogata dal Cooperative
Biological Engagement Program (CBEP) della DTRA.
Secondo l'amministrazione Obama, l'obiettivo del CBEP era
contrastare la "minaccia di attori statali e non statali che acquisiscono
materiali biologici e competenze che potrebbero essere utilizzate per
sviluppare o impiegare un'arma biologica".
Questo obiettivo doveva essere raggiunto "distruggendo
o mettendo in sicurezza gli agenti biologici alla fonte e sviluppando la
capacità di rilevare, diagnosticare e segnalare un focolaio di malattia".
L'ascesa del
complesso industriale pandemico: la caccia ai virus diventa globale
EcoHealth Alliance
ha anche collaborato
con il progetto decennale PREDICT, parte del programma Emerging Pandemic Threats (EPT) di USAID.
Quest'ultimo si compone di quattro
progetti: PREDICT, RESPOND, IDENTIFY, e PREVENT.
USAID ha lanciato il programma EPT nel 2009
grazie alla consapevolezza che ci troviamo in un'era in cui emergono e
periodicamente si ripresentano sempre nuove minacce alla salute globale, le
quali richiedono un approccio più strategico e a lungo termine alla sicurezza
sanitaria globale.
Il programma aveva
numerosi partner, da università e organizzazioni con sede negli Stati Uniti
(EcoHealth Alliance, Metabiota, ecc.),
a partner globali come FAO e OMS, dal DTRA del Pentagono a laboratori stranieri
come il WIV in Cina.
PREDICT mirava
a rafforzare la "capacità globale di rilevamento e scoperta di virus
zoonotici con potenziale pandemico".
In qualità di partner operativo di PREDICT, EcoHealth Alliance ha lavorato
al fine di sviluppare risorse a livello locale e testare la fauna
selvatica ad alto rischio in Bangladesh, Costa d'Avorio, Repubblica del Congo,
Cina, Egitto, India, Indonesia, Giordania, Liberia, Malesia e Tailandia.
PREDICT, un progetto in sé enorme, è stato anche considerato
come il
prototipo di qualcosa di ancora più ambizioso: il Global Virome Project (GVP).
Il GVP era inteso come una partnership internazionale per
sviluppare un atlante globale della maggior parte dei virus zoonotici
potenzialmente presenti in natura, a
un costo compreso tra 1,2 miliardi di dollari iniziali fino a 3,4 miliardi
di dollari in dieci anni.
È stato supportato
da USAID, EcoHealth Alliance, HealthMap, ProMED e Metabiota, tra
gli altri.
Due iniziative private gestite
da Google.org, la fondazione no-profit di Google, sono state i precursori
di PREDICT e GVP.
Lanciate nel 2008, erano rispettivamente il programma Predict and Prevent e la Global Viral Forecasting Initiative.
Quest'ultima sarebbe presto diventata l’organizzazione profit Metabiota che, insieme
a EcoHealth Alliance, ha
continuato a ricevere
finanziamenti da Google.
L’impegno originario del GVP era sorto insieme ad altre
iniziative.
Si trattava della R&D Blueprint sponsorizzata
dall'OMS per favorire il rapido avviamento delle attività di ricerca e sviluppo
(R&D) durante le epidemie, e della già citata Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI) promossa dal World Economic Forum, dalla Bill
and Melinda Gates Foundation e dal Wellcome
Trust per finanziare la creazione di vaccini.
La R&D Blueprint dell'OMS assemblò un gruppo di
consulenza scientifica presieduto
dal direttore del Wellcome Trust
Jeremy Farrar al fine di redigere un "elenco delle malattie
prioritarie", ovvero le malattie che presentano il maggior rischio per la
salute pubblica a causa del loro potenziale epidemico.
Dopo l'incontro "2018 R&D Blueprint" a
Ginevra, l'OMS ha ampliato l’elenco per includere la Malattia X, intesa come
tutti i patogeni sconosciuti ancora di là da venire.
Richard Hatchett
— CEO di CEPI, ex direttore ad interim della US Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA)
dove supervisionava programmi per sviluppare contromisure mediche contro
minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari, nonché membro
del team del piano pandemico nell'amministrazione di George W. Bush - ha
scritto:
potrebbe sembrare fantascienza, ma la Malattia X è una cosa a cui
dobbiamo prepararci.
L'inizio della fine
dell'era pandemica?
Per quanto riguarda il GVP, l’idea è stata lanciata
nell'agosto 2016 presso il Centro Conferenze
della Fondazione Rockefeller a Bellagio, in Italia.
In quel contesto, il GVP è stato descritto come
un impegno internazionale volto a identificare e caratterizzare, entro
un decennio, il 99% di tutti i virus zoonotici con potenziale
epidemico/pandemico, al fine di prevedere, prevenire e rispondere meglio alle
minacce future di pandemia virale e proteggerci tutti dalle loro peggiori
conseguenze.
In breve, come recita il suo ambizioso
slogan, il GVP è stato progettato per essere "l'inizio della fine
dell'Era Pandemica".
Il GVP Bellagio Forum ha riunito decisori politici,
organizzazioni internazionali, università, fondazioni ed esponenti del settore
privato.
Tra i partecipanti c'erano
Peter Daszak, Dennis Carroll, allora Direttore del Pandemic Influenza and Other Emerging Threats Unit di USAID, Jonna
Mazet, Professore di Epidemiologia ed Ecologia delle Malattie presso
l'Università della California Davis (UC Davis) e Direttore Emerito del Progetto
USAID PREDICT, Edward Rubin, direttore scientifico di Metabiota, e George
Gao del Chinese Center for Disease
Control and Prevention.
Daszak, Carroll, Mazet e Rubin sono attualmente membri del
consiglio di amministrazione di GVP.
Per inciso, Carroll e Mazet figurano anche tra i cofirmatari
della già citata dichiarazione di Lancet
orchestrata da Daszak, che condannava l'ipotesi dell'incidente di laboratorio
come teoria del complotto.
Il GVP ha
avuto ufficialmente inizio nel 2018 in Cina e Thailandia. Ne faceva parte
la China National Global Virome
Initiative, con Pechino che mirava a essere leader alla
pari con gli Stati Uniti nel campo della virologia e della biotecnologia.
Diversi esperti di malattie infettive, tuttavia, pensano che
la caccia globale ai virus non sia il modo migliore per prevenire le pandemie.
Considerano il GVP troppo esteso e costoso.
Alcuni di loro hanno sostenuto che, dal momento che solo una
percentuale molto piccola degli 1,6 milioni di virus animali al mondo può
effettivamente fare il salto di specie e rappresentare una minaccia per gli
esseri umani, catalogare centinaia di migliaia di virus è uno
stupido spreco di risorse.
Anche Edward Holmes e Kristian Andersen, tra gli scienziati
coautori della già citata lettera “Proximal
Origin” pubblicata su Nature Medicine,
avevano in precedenza espresso scetticismo sul GVP.
In un commento su Nature
del 2018 intitolato ‘Pandemia: spendere
per la vigilanza, non per la previsione’, scrivevano che estese indagini
genomiche sui virus animali avrebbero quasi certamente fatto avanzare la
comprensione umana sulla diversità e l'evoluzione dei virus. Tuttavia,
sarebbero state "di scarso valore pratico per comprendere e ridurre l’insorgere
delle malattie".
Una ricerca sui
vaccini al WIV finita male?
Quindi, per riassumere, EcoHealth
Alliance ha ricevuto finanziamenti sia pubblici che privati (tra gli altri
da Google e dalla Fondazione Rockefeller, che promuove la sua propria Disease Surveillance Networks Initiative).
Il finanziamento pubblico proveniva da appalti sia civili
che militari attribuiti dal governo degli Stati Uniti. Parte di questo finanziamento
è andato a controverse ricerche condotte presso il WIV in Cina, inclusi
pericolosi esperimenti di guadagno di funzione.
Tali attività al WIV potrebbero aver innescato la pandemia
COVID-19 a causa di un incidente di laboratorio, come hanno mostrato molti
articoli e documenti scientifici (vedi anche sotto).
Diverse volte, lo stesso Daszak ha parlato liberamente delle
sue collaborazioni in Cina e delle loro attività.
In un'intervista
col virologo Vincent Racaniello sul monitoraggio dei pipistrelli eseguito nel
sud della Cina, ha dichiarato:
E sapete cosa abbiamo trovato ora, dopo sei o sette anni? Oltre cento
nuovi coronavirus correlati alla SARS, molto vicini alla SARS.
Poi ha aggiunto:
in laboratorio alcuni virus entrano nelle cellule umane, alcuni possono
causare la malattia SARS nei modelli di topi umanizzati e non sono trattabili
con la terapia monoclonale, né esiste un vaccino. Quindi questi sono un
pericolo chiaro e reale.
Quando Racaniello ha chiesto se vi era una possibile
soluzione a questa minaccia, Daszak ha risposto così:
i coronavirus […] puoi manipolarli in laboratorio abbastanza
facilmente. La proteina Spike determina molto di ciò che accade con il
coronavirus nel rischio zoonotico. Quindi si può ottenere la sequenza e
costruire la proteina, e noi lavoriamo molto a questo obiettivo con Ralph Baric
all'UNC [University of North Carolina]. Inserirla nello scheletro di un altro
virus e lavorarci in laboratorio. […] Ora, la progressione logica per i vaccini
è che, se si sta sviluppando un vaccino per la SARS, si userà la SARS
pandemica, ma possiamo inserire alcune di queste altre cose e otterremo un
vaccino migliore.
Qui Daszak si riferisce evidentemente alla possibilità di
prendere la proteina spike da un coronavirus che può infettare l'uomo per farne
la base per un vaccino genetico.
È proprio così che sono stati prodotti i primi vaccini
contro il SARS-CoV-2.
Lo stesso Ralph Baric ha recentemente
sviluppato ulteriori ricerche sui vaccini "universali" a mRNA con
una spike chimerica.
Come sottolineato
da @TheSeeker268 di DRASTIC, anche l'Accademia cinese delle scienze (CAS) ha
avviato progetti per sviluppare nuovi vaccini basati sulla ricerca sul
coronavirus dei pipistrelli di Shi Zhengli.
E i membri di DRASTIC Rossana Segreto e Yuri Deigin hanno ipotizzato
che la pandemia di COVID-19 potrebbe essere stata la conseguenza di una ricerca
sui vaccini finita male.
Quindi, è possibile che uno sforzo ufficialmente diretto a
prevenire una pandemia attraverso una ricerca ‘guadagno di funzione’ - e verosimilmente
sui vaccini - abbia finito per provocarla?
Senza dubbio, le prove circostanziali finora emerse
dovrebbero giustificare un'indagine che consideri seriamente tale ipotesi.
Ma, allora, com'è possibile che Peter Daszak, una persona
con un enorme conflitto di interessi per suoi legami con il WIV, sia diventato
membro di due importanti commissioni incaricate di indagare sulle origini del
SARS-CoV-2?
Ostruzionismo, offuscamento
e opacità non provengono solo dalla Cina
The Lancet ha
nominato Peter Daszak a presiedere la sua équipe incaricata di indagare sulle
origini del virus.
Complessivamente, metà
dei membri della cosiddetta Task Force on Origins di Lancet erano anche cofirmatari della
già citata dichiarazione del febbraio 2020 che condannava l'ipotesi
dell'incidente di laboratorio come teoria del complotto.
Tutta
la stampa ha citato Daszak che affermava che il virus non poteva provenire
da un laboratorio.
Incredibilmente, Daszak era anche il rappresentante degli
Stati Uniti nella commissione
incaricata dall'OMS di indagare sulle origini del COVID-19 insieme alla
Cina.
Come hanno sottolineato 26 scienziati di tutto il mondo in
una lettera
aperta in cui chiedono un'indagine completa sulle origini del virus, il
mandato per l'inchiesta dell'OMS è stato precedentemente negoziato con Pechino
e non è nemmeno stata ammessa la possibilità di un'origine di laboratorio del
SARS-CoV -2.
Il processo di selezione degli esperti internazionali del
team non ha verificato in modo credibile i conflitti di interesse.
Inoltre, i rapporti della commissione mista dovevano basarsi
sul consenso tra i 17 membri cinesi e i 17 membri internazionali del team.
Parti fondamentali dell'inchiesta sono
state delegate a scienziati cinesi.
Non sorprende che, in una conferenza stampa ufficiale a
Wuhan nel febbraio 2021, il team congiunto OMS-Cina abbia respinto
la teoria secondo cui il virus è fuggito da un laboratorio, considerandola "estremamente
improbabile".
A conferma del fatto che anche al di fuori della Cina non
c'era interesse a promuovere un'indagine seria, anche la comunità dell'intelligence
statunitense (IC) aveva inizialmente convenuto
"con l'ampio consenso scientifico" sul fatto che il SARS-CoV-2
"non fosse stato creato dall'uomo o geneticamente modificato". La
dichiarazione dell'aprile 2020 dell'Ufficio del direttore della National Intelligence fa solo un breve
cenno alla possibilità di un incidente di laboratorio.
Solo poco più di un anno dopo l'IC ha leggermente cambiato
posizione, sottolineando che c'erano due scenari probabili: o il virus era
emerso naturalmente dal contatto dell’uomo con animali infetti o si era
trattato di un incidente di laboratorio.
La nuova
dichiarazione, tuttavia, concludeva che "la maggior parte dei membri
all'interno dell'IC non crede che ci siano informazioni sufficienti per
valutare che uno scenario sia più probabile dell'altro".
Ciò ha coinciso con l'ordine del presidente Biden, del 26
maggio, di concedere alle agenzie di intelligence statunitensi 90 giorni per
riferire i risultati dell’indagine sulle origini della pandemia di coronavirus.
Tuttavia, questo annuncio non deve trarre in inganno nessuno
sul fatto che si volesse veramente avviare una seria indagine. Potrebbe anche
essere un segno di uno scontro sempre più politicizzato sulla crisi pandemica
all'interno della Beltway, nel
contesto di un peggioramento della rivalità tra Cina e Stati Uniti.
Prima del mandato di Biden, le affermazioni
pubbliche di Trump sull’origine da laboratorio del virus, non supportate da
prove conclusive, avevano favorito i media mainstream (MSM), a lui ostili, nella
loro volontà di deridere ogni ipotesi di incidente di laboratorio come
"teoria del complotto". Non è chiaro se le cose cambieranno in modo
significativo sotto il suo successore.
Lo stesso Biden ha poi aggiunto
un ammonimento, promettendo di pubblicare i risultati dell'inchiesta
"a meno che non ci sia qualcosa di cui non sono a conoscenza".
Inoltre, gli errori passati dell'intelligence statunitense,
dalle armi di distruzione di massa irachene al cosiddetto Russiagate, non sono
affatto incoraggianti.
Sembra evidente che molti ostacoli, offuscamenti e opacità
provengano non solo dalla Cina, ma anche da settori civili e militari del
governo degli Stati Uniti, nonché da parte della comunità scientifica internazionale
e del cosiddetto complesso medico-industriale, che continuano a ostacolare una
vera indagine sull'origine del COVID-19.
La teoria
dell'incidente di laboratorio prende piede
Tuttavia, l'ipotesi di un incidente di laboratorio ha
lentamente, ma costantemente guadagnato terreno sui media.
Mentre il primo articolo scientifico peer-reviewed (sottoposto
a revisione paritaria) (Sirotkin e
Sirotkin) che considerava la ricerca GOF come possibile spiegazione risale
all'agosto 2020, il primo articolo "rivoluzionario" pubblicato sui
media mainstream è stato The Lab-Leak Hypothesis di Nicholson
Baker, del 4 gennaio 2021.
Un’altra svolta decisiva è stato il pezzo
precedentemente citato di Nicholas Wade del maggio 2021. Preceduto e seguito da
molti altri articoli di giornalisti ed esperti, come Rowan Jacobsen e Filippa Lentzos.
Quindi, il 22 giugno è arrivata la incoraggiante notizia
della ricusazione di Peter Daszak dalla Task
Force on Origins della Lancet Commission. Una nota pubblicata sul suo sito web
dichiarava:
La Commissione esorta tutti gli scienziati coinvolti nella ricerca
USA-Cina a spiegare in modo completo e trasparente la natura del loro lavoro.
Nel frattempo, la Commissione contatterà esperti globali in biosicurezza e in altri
campi per aiutare a valutare le ipotesi rilevanti sulle origini del SARS-CoV-2.
La Task Force on
Origins della Commissione potrebbe quindi essere sciolta e ricostituita.
Un articolo
pubblicato in coincidenza da Jeffrey Sachs,
presidente della Commissione, mostra un incoraggiante cambio di rotta.
Afferma:
La questione delle origini non riguarda un governo o un altro, tanto
meno è una questione geopolitica o un modo per incolpare la Cina e scagionare
gli Stati Uniti. Se c'è stata davvero una fuga di laboratorio del SARS-CoV-2, questa
potrebbe essersi verificata in un progetto finanziato dal governo degli Stati
Uniti, che utilizzava metodi sviluppati e sostenuti da scienziati statunitensi
e come parte di un programma guidato e finanziato dagli Stati Uniti per
raccogliere e analizzare virus potenzialmente pericolosi, anche in Cina.
L'articolo aggiunge anche che, mentre gli eventi zoonotici
naturali sono inevitabili, e richiedono quindi sistemi di sorveglianza e
allarme globali molto migliori, "esiste anche il rischio di futuri focolai
di malattie pandemiche legati alla ricerca".
Perciò,
i governi devono migliorare la trasparenza, la supervisione e la
biosicurezza di tutti i progetti che cercano attivamente agenti patogeni
pericolosi in natura e li portano nei laboratori, riconoscendo i molteplici
rischi che vi sono collegati. Allo stesso modo, gli strumenti della
manipolazione genomica sono avanzati così rapidamente che la possibilità di
creare nuovi patogeni mortali in laboratorio e rilasciarli accidentalmente o
addirittura deliberatamente è una preoccupazione molto seria. Il mondo
attualmente manca di trasparenza e di adeguate tutele nazionali e internazionali
su un’attività così pericolosa, e i rischi sono aggravati dai programmi segreti
di ricerca sulle armi biologiche sponsorizzati da diversi governi.
Sebbene l'articolo di Sachs tocchi tutti i punti principali,
diventa imperativo trasformare le parole in passi concreti.
Senza dubbio, gli scienziati cinesi (e americani) hanno molto
da rivelare sul loro lavoro, comprese le verbalizzazioni degli esperimenti di
laboratorio, i virus chimerici prodotti e le potenziali infezioni tra gli
operatori.
Tuttavia, sebbene un approccio collaborativo da parte di
Pechino sia importante, non è affatto essenziale.
“Molti filoni di indagine sono reperibili negli Stati Uniti
e sarebbero accessibili a un'inchiesta del Congresso con poteri di comparizione.
Presso la EcoHealth. Presso
le agenzie finanziatrici (USAID, DTRA, DARPA, DHS, e NIH). Presso gli editori
(Springer — Nature and Lancet). Non è necessaria alcuna cooperazione da parte della
Cina”, ha
twittato Ebright.
Ma avviare una indagine seria è più facile a dirsi che a
farsi.
Come ha
notato, tra gli altri, Jonathan
Lathaman, anche uno sguardo superficiale alle partnership aziendali,
accademiche e istituzionali di EcoHealth
Alliance, o agli enormi finanziamenti governativi di progetti come PREDICT
e GVP, ci dà un'idea degli interessi in gioco.
Prevenzione pandemica
e preparazione alle pandemie: prevenire una pandemia o favorirla?
Quello che Latham e altri hanno definito il complesso industriale
pandemico, un sottoinsieme del cosiddetto complesso
medico-industriale, è un insieme interconnesso di società e altre
istituzioni pubbliche e private che si alimentano e si sostengono a vicenda con
beni e servizi, con ramificazioni in enti di beneficenza, ONG, università e nel
settore della difesa.
Molte di queste istituzioni prosperano grazie alla
prevenzione e alla preparazione alle pandemie.
Molte di esse attingono a denaro pubblico, ma la loro
filosofia è radicata nel profitto privato. Hanno un approccio alla fornitura
dei servizi sanitari basato sul mercato, in contrasto con l'assistenza
sanitaria intesa come servizio pubblico.
All'indomani dell'epidemia COVID-19, il complesso
medico-industriale sta già intensificando gli sforzi per creare un sistema
globale di allerta precoce per le pandemie, compreso il rinnovato impegno a
identificare le minacce patogene prima che si manifestino.
Tra le parti
interessate rappresentate nelle discussioni per la creazione di un tale
sistema figurano CEPI, Bill & Melinda
Gates Foundation, GVP, Merck, Metabiota, NIH, USAID, Wellcome Trust e molti altri attori
pubblici e privati.
Tuttavia, l'intero approccio potrebbe essere scosso alle
fondamenta se l'ipotesi dell'incidente di laboratorio si dimostrasse corretta.
L'inquietante possibilità che la pandemia non sia stata il
risultato di uno spillover zoonotico, ma piuttosto di un virus sperimentale
sfuggito da un laboratorio, suggerirebbe che il ricorso a presunti
"strumenti predittivi" come la ricerca GOF per prevenire una pandemia,
potrebbe invece averla effettivamente innescata.
In tal caso, una "prevenzione della pandemia" condotta
intensificando le ricerche sui virus e sui patogeni all’interno di laboratori
scarsamente regolamentati e spesso non sicuri, dislocati in tutto il mondo,
potrebbe portare al disastro.
Aspetti militari
della pandemia COVID-19
Tuttavia, questa non è l'unica questione inquietante.
A prima vista, la Cina e gli Stati Uniti hanno condotto
ricerche virologiche a Wuhan e altrove in modo cooperativo e coordinato.
Tuttavia, sia gli USA che la Cina considerano questa ricerca come un'attività
sensibile per la loro sicurezza nazionale. Da entrambe le parti, molti
hanno affermato che la questione potrebbe presentare un aspetto militare.
Washington e Pechino sono partner con economie altamente
interconnesse e strette relazioni scientifiche e accademiche, eppure sono
chiaramente rivali.
Alla luce di ciò, è possibile che il finanziamento
statunitense della ricerca presso il WIV avesse lo scopo di aprire una finestra
sulla ricerca cinese nella biodifesa?
Lo scoppio della pandemia ha già innescato contraccolpi dal
punto di vista militare, portando a richieste per aumentare
i finanziamenti al programma di difesa chimica e biologica del Pentagono
(CBDP), nonché per il programma
di riduzione della minaccia biologica del DTRA.
Secondo questo documento dell'USNI,
la pandemia COVID-19 ha rivelato le cruciali debolezze americane nel settore
umano della guerra, dimostrando che "le minacce biologiche non sono quasi affatto
influenzate dalle difese cinetiche, informatiche ed elettromagnetiche, per
quanto sofisticate". La diffusione del COVID-19 nelle navi militari
statunitensi ne è un esempio calzante.
Lo scoppio della pandemia si è verificato in coincidenza con
i recenti sviluppi della biologia sintetica, che potrebbero portare alla
creazione di armi biologiche di prossima generazione.
Secondo il documento USNI appena citato, le future armi
biologiche sintetiche (SBW) ottenute attraverso la tecnologia CRISPR potrebbero
“prendere di mira popolazioni o individui, attraverso mezzi socialmente
trasmessi piuttosto che mezzi cinetici”.
La Cina, una superpotenza
biotecnologica emergente, è stata accusata
dal Pentagono di "sviluppare capacità scientifiche il cui possibile
utilizzo militare il PLA [Esercito popolare cinese di liberazione] considera
apertamente".
Da parte loro, i funzionari cinesi stanno sollevando
interrogativi sui programmi di biodifesa statunitensi.
La sfiducia reciproca, reale o presunta, può quindi
diventare un pretesto per sviluppare armi biologiche sintetiche (SBW) al fine
di anticipare l'avversario, scatenando così una corsa agli armamenti.
Una minaccia globale
C'è anche una questione più ampia. Come accennato all'inizio
di questo articolo, i laboratori ad alto contenimento stanno
proliferando in tutto il mondo.
Almeno 59 laboratori BSL-4 sono previsti, in costruzione o
già operativi, in 23 paesi in tutto il mondo. Tre quarti di questi laboratori
sono pericolosamente situati nelle aree urbane.
Incidenti di laboratorio che hanno portato a infezioni umane
si sono già verificati in passato. Nel 1977, l’influenza pandemica
H1N1 è uscita da un laboratorio uccidendo più di 700.000 persone.
In molti paesi, compresi gli Stati
Uniti e diversi
paesi europei, gli incidenti di laboratorio di regola non vengono resi
pubblici e sono coperti da vari livelli di segretezza.
Inoltre, la ricerca biomedica è intrinsecamente a uso duale:
mentre può fornire benefici, può anche essere utilizzata per causare danni.
Solo una frazione
dei paesi con laboratori BSL-4 dispone di politiche nazionali che regolano la
ricerca a uso duale.
La posta in gioco è
alta.
La proliferazione dei laboratori, l'assenza di adeguati
sistemi di regolamentazione della biosicurezza e la crescente concorrenza
internazionale nel campo della biodifesa potrebbero scatenare nel prossimo
futuro potenziali patogeni pandemici molto più devastanti del SARS-CoV-2.
È essenziale non solo scoprire le vere origini dell'attuale
pandemia, ma anche definire rigorose regole di biosicurezza a livello
internazionale e stabilire adeguate salvaguardie nazionali e internazionali e
regole di trasparenza sulla ricerca a uso duale, possibilmente attraverso un
rafforzamento della Convenzione sulle armi biologiche.
La razionalità e l'interesse comune dovrebbero prevalere.