31/01/23

MacGregor - Questa volta è diverso



Il colonnello a riposo Douglas MacGregor (del quale abbiamo già tradotto  qui un colloquio in tre parti da non perdere sulla guerra in Ucraina) - veterano eroe di guerra e consulente del Segretario alla Difesa nell'amministrazione Trump, vicino alla scuola del realismo politico del prof. John Mearsheimersu 'The American Conservative' commenta come Washington abbia gravemente sottovalutato le capacità di resistenza della Russia alla sua sfida in Ucraina e stia ora reagendo senza riflettere, negando la realtà della effettiva impreparazione, sia degli stessi americani che degli alleati Nato, ad una guerra totale di questa portata. 


di Douglas MacGregor, 26 gennaio 2023

 Né noi né i nostri alleati siamo pronti a combattere una guerra totale con la Russia, né a livello regionale né a livello globale.

Finché Washington non ha deciso di sfidare Mosca con la minaccia militare esistenziale in Ucraina, si era limitata all'uso della potenza militare americana in conflitti che gli americani potevano permettersi di perdere, guerre con oppositori deboli nel mondo in via di sviluppo, da Saigon a Baghdad, che non rappresentavano una minaccia esistenziale per le forze statunitensi o il territorio americano. Questa volta - una guerra per procura contro la Russia - è diverso.

Contrariamente alle speranze e alle aspettative iniziali di Washington, la Russia non è collassata al suo interno né ha ceduto alle richieste dell'Occidente collettivo di un cambio di regime a Mosca. Washington ha sottovalutato la coesione sociale della Russia, il suo potenziale militare latente e la sua relativa immunità alle sanzioni economiche occidentali.

Di conseguenza, la guerra per procura di Washington contro la Russia sta fallendo. Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti LloydAustin è stato insolitamente sincero sulla situazione in Ucraina, quando il 20 gennaio, nella base aerea di Ramstein in Germania, ha detto agli alleati: "Abbiamo un’opportunità, da qui alla primavera", ammettendo: "Non c’è molto tempo."

Alexei Arestovich, consigliere e  "spinmeister" del presidente Zelensky, recentemente licenziato, è stato più diretto. Ha espresso i propri dubbi sul fatto che l'Ucraina possa vincere la sua guerra con la Russia e ora si chiede addirittura se l'Ucraina potrà sopravvivere alla guerra. Le perdite ucraine - almeno 150.000 morti, di cui 35.000 dispersi in azione e presunti morti - hanno fatalmente indebolito le forze ucraine, con una conseguente posizione difensiva ucraina fragile che probabilmente andrà in frantumi nelle prossime settimane sotto il peso schiacciante dell'attacco delle forze russe .

Le perdite di materiale bellico dell'Ucraina sono altrettanto gravi. Includono migliaia di carri armati e veicoli corazzati da  combattimento di fanteria, sistemi di artiglieria, piattaforme di difesa aerea e armi di tutti i calibri, compreso l'equivalente di sette anni di produzione di missili Javelin. In un contesto in cui i sistemi di artiglieria russi possono sparare in un giorno quasi 60.000 colpi di tutti i tipi - razzi, missili, droni e munizioni a nucleo duro - le forze ucraine faticano a rispondere a queste bordate russe con 6.000 colpi al giorno. Nuove piattaforme e pacchetti di munizioni per l'Ucraina possono sicuramente arricchire la comunità di Washington, ma non possono cambiare questa situazione.

Com'era prevedibile, la frustrazione di Washington per il fallimento collettivo dell'Occidente nell'arrestare l'ondata della sconfitta ucraina sta crescendo. In realtà, la frustrazione sta rapidamente cedendo il passo alla disperazione. 

Michael Rubin, ex funzionario dell’amministrazione Bush e accanito sostenitore dei conflitti permanenti americani in Medio Oriente e Afghanistan, ha sfogato la sua frustrazione in un articolo sul sito 1945, affermando che “se il mondo permette alla Russia di rimanere uno stato unitario, e se permette al putinismo di sopravvivere a Putin, allora dovrebbe consentire all'Ucraina di mantenere una propria deterrenza nucleare, che aderisca alla NATO o meno ”.  A prima vista il suggerimento è avventato, ma la dichiarazione rispecchia fedelmente l'ansia che serpeggia nei circoli di Washington sul fatto che la sconfitta ucraina sia ormai inevitabile.

I membri della NATO non sono mai stati saldamente coesi dietro la crociata di Washington per indebolire la Russia in maniera irreparabile. I governi di Ungheria e Croazia si stanno semplicemente adeguando all'opposizione dell'opinione pubblica europea alla guerra contro la Russia e al desiderio di Washington di posticipare la prevedibile sconfitta dell'Ucraina.

Sebbene solidale con il popolo ucraino, Berlino non sostiene la guerra totale con la Russia per conto dell'Ucraina. Ora anche i tedeschi sono a disagio per la condizione catastrofica delle forze armate tedesche.

Il generale in pensione dell'aeronautica tedesca (corrispondente a quattro stelle) Harald Kujat, ex presidente del Comitato militare della NATO, ha criticato duramente Berlino per aver permesso a Washington di trascinare la Germania in un conflitto con la Russia, osservando che per diversi decenni i leader politici tedeschi hanno attivamente portato avanti il disarmo della Germania e quindi privato Berlino di autorità o credibilità in Europa. Nonostante i tentativi di censura del governo e dei media tedeschi, i suoi commenti hanno avuto molta risonanza presso l'elettorato tedesco.

La cruda verità è che, nel suo sforzo per assicurarsi la vittoria in questa guerra per procura contro la Russia, Washington ignora la realtà storica. Dal XIII secolo in poi, l'Ucraina è stata una regione dominata da potenze nazionali più grandi e potenti, come Lituania, Polonia, Svezia, Austria o Russia.

All'indomani della prima guerra mondiale, i fallimentari progetti polacchi per uno Stato ucraino indipendente furono concepiti per indebolire la Russia bolscevica. Oggi la Russia non è comunista, né Mosca cerca la distruzione dello Stato polacco come fecero Trotsky, Lenin, Stalin e i loro seguaci nel 1920.

Allora, in che direzione sta andando Washington con la sua guerra per procura contro la Russia? Questa domanda merita una risposta.

Domenica 7 dicembre 1941 l'ambasciatore statunitense Averell Harriman era a cena a casa del primo ministro Sir Winston Churchill quando la BBC trasmise la notizia che i giapponesi avevano attaccato la base navale statunitense di Pearl Harbor. Harriman era visibilmente scioccato. Non faceva che ripetere: "I giapponesi hanno attaccato Pearl Harbor".

Harriman non avrebbe dovuto sorprendersi troppo.  L'amministrazione Roosevelt aveva praticamente fatto tutto ciò che era in suo potere per spingere Tokyo ad attaccare le forzestatunitensi nel Pacifico, con una serie di decisioni politiche ostili culminate nell'embargo petrolifero di Washington dell'estate del 1941.

Nella seconda guerra mondiale Washington è stata fortunata per quanto riguarda il tempismo e gli alleati. Questa volta è diverso. Washington e i suoi alleati della NATO stanno sostenendo una guerra totale contro la Russia, mirata alla devastazione e disgregazione della Federazione Russa, nonché alla distruzione di milioni di vite in Russia e Ucraina. 

Washington si fa prendere dall’emotività. Washington non riflette, ed è anche apertamente ostile all'empirismo e alla verità. Né noi né i nostri alleati siamo pronti a combattere una guerra totale con la Russia, né a livello regionale né a livello globale. Ma il punto è che se scoppia la guerra tra Russia e Stati Uniti, gli americani non dovrebbero sorprendersi. L'amministrazione Biden e i suoi sostenitori bipartisan a Washington stanno facendo tutto il possibile per farlo accadere.

 

 

29/01/23

Zero Hedge - La RAND Corporation prende le distanze dai falchi e mette in guardia contro il "conflitto prolungato" in Ucraina (con addendum)



La Rand Corporation, uno dei più influenti think tank Usa che aveva contribuito a elaborare un piano strategico a lungo termine per indebolire la Russia e costringerla a sbilanciarsi - tra le altre cose facendo ricorso alle sanzioni, sostenendo le proteste interne, boicottandola a livello internazionale e armando l'Ucraina -  ora nel suo ultimo studio si accorge che il gioco si è spinto troppo oltre e raccomanda di evitare l'escalation, distanziandosi dai falchi e avvicinandosi in qualche modo a quegli alti funzionari ed esperti che hanno fatto sentire la loro voce in tal senso (vedi ad esempio il col. MacGregorambienti del Dipartimento della Difesa americano, il professor Mearsheimer e il col. Richard Black).  Il commento qui di seguito tradotto è di Zero Hedge  (e grazie a @tablerider per la segnalazione)


di Tyler Durden, 28 gennaio 2023


Il famoso think tank RAND Corporation, collegato al Pentagono e al governo degli Stati Uniti, alla fine ha tentato di introdurre un po’ di inconsueto realismo nel pensiero e nei piani dell'establishment di Washington sulla guerra in Ucraina. Finora, durante gli undici mesi di conflitto, che rimane in gran parte in stallo anche se gli ultimi giorni hanno visto crescere lo slancio e l'avanzata militare russa nell'offensiva di Bakhmut, i funzionari degli Stati Uniti e della NATO hanno acclamato senza esitazione e con entusiasmo ogni importante escalation nel coinvolgimento dell'occidente.

Ma un nuovo studio di 32 pagine della RAND Corporation ha lanciato l'allarme sui pericoli di questo approccio, il che è insolito dato che il think tank è noto per essere il braccio accademico dei falchi del complesso militare-industriale. È  stato così in particolare durante la guerra in Vietnam, quando il think tank è diventato tristemente famoso per aver alimentato la linea politica dietro ai vari fiaschi di insurrezione e controinsurrezione in Vietnam, Laos e Tailandia.

La RAND ora sostiene che in Ucraina "gli interessi degli Stati Uniti sarebbero meglio garantiti evitando un conflitto prolungato" e che "i costi e i rischi di una lunga guerra... superano i possibili benefici".

Il documento politico spiega che consentire al conflitto di protrarsi più a lungo - cosa che, va detto, l'amministrazione Biden ha quasi assicurato con la sua decisione della scorsa settimana di fornire carri armati avanzati - è di per sé un grave pericolo.

L'abstract nella pagina introduttiva recita quanto segue:

Gli autori sostengono che, oltre a ridurre al minimo i rischi di una grave escalation, anche gli interessi degli Stati Uniti sarebbero meglio garantiti evitando un conflitto prolungato. I costi e i rischi di una lunga guerra in Ucraina sono significativi e superano i possibili benefici per gli Stati Uniti di una prospettiva di questo tipo.  Sebbene Washington non possa da sola determinare la durata della guerra, può adottare delle misure che rendano più probabile un'eventuale conclusione negoziata del conflitto.

In definitiva lo studio (pdf) spiega perché, da un punto di vista strategico basato sui reali interessi degli Stati Uniti, ci sono pochi vantaggi per Washington nel ridurre il controllo del territorio ad est da parte della Russia; invece, ne deriverebbero rischi immensi e costi elevati.

Lo studio conclude inoltre, a proposito dei tentativi in corso di punire la Russia a livello economico e militare, che “un ulteriore progressivo indebolimento [della Russia] probabilmente non è più un vantaggio così significativo per gli interessi degli Stati Uniti". In alternativa, avverte che l'impatto sui mercati dell'energia e del cibo della spinta a "mantenere lo stato ucraino economicamente solvibile" ‘a tutti i costi’, potrebbe non valere la pena, dato che questi costi non faranno che "moltiplicarsi nel tempo".

Analogamente ad alcuni recenti resoconti dei media sulle constatazioni fatte, pur in maniera riluttante, da alcuni funzionari statunitensi, anche la RAND sottolinea che continuare con gli aiuti militari della NATO all'Ucraina "potrebbe anche diventare insostenibile dopo un certo periodo", data la probabilità che la Russia possa "azzerare le conquiste ucraine sul campo di battaglia".

 


Un'altra ammissione cruciale contenuta nel documento è che la guerra in Ucraina distrae e spreca preziose risorse della difesa da un altro importante teatro di operazioni: la Cina e l'Asia orientale. Si afferma:

Al di là delle potenziali conquiste russe e delle conseguenze economiche per l'Ucraina, l'Europa e il mondo, una lunga guerra avrebbe anche delle conseguenze sulla politica estera degli Stati Uniti. La capacità degli Stati Uniti di concentrarsi sulle altre priorità globali, in particolare la concorrenza con la Cina, rimarrà limitata fintanto che la guerra assorbirà l’attenzione dei responsabili politici e le risorse militari statunitensi.

E sebbene la Russia sarà comunque più dipendente dalla Cina, a prescindere da quando la guerra finirà, Washington ha un interesse a lungo termine nel garantire che Mosca non diventi completamente subordinata a Pechino. Una guerra più lunga che aumenti la dipendenza della Russia potrebbe fornire alla Cina dei vantaggi nella sua competizione con gli Stati Uniti.

Pertanto, un coinvolgimento del Pentagono negli aiuti all'Ucraina contro la Russia che sia a tempo indefinito e a sempre maggiore intensità, alla fine avvantaggia Pechino.

Ma a questo punto, si chiedono gli autori, cosa si può fare? La RAND raccomanda di mettere in atto immediatamente questo programma: 

Un improvviso drastico cambiamento nella politica degli Stati Uniti è politicamente impossibile, sia a livello nazionale che con gli alleati, e in ogni caso non sarebbe saggio. Ma ora elaborare questi metodi e condividerli con l'Ucraina e con gli alleati degli Stati Uniti potrebbe aiutare a catalizzare l'eventuale avvio di un processo che potrebbe portare questa guerra a una fine negoziata in un lasso di tempo che garantirebbe gli interessi degli Stati Uniti. L'alternativa è una lunga guerra che pone grandi sfide per gli Stati Uniti, l'Ucraina e il resto del mondo.

... Quindi anche la RAND è abbastanza sana di mente da vedere che il mondo occidentale è diretto al disastro, se continua questa spinta sciovinista per sostenere Kiev a tutti i costi e senza uscita.

* * *

Nel frattempo, è improbabile che la maggior parte dei principali responsabili politici e dei comandanti prenda in considerazione il promemoria...


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Addendum:

Un importante thread di @mtracey sempre su questo studio della Rand Corp segnalato dal preziosissimo @Lukyluke311 merita una immediata traduzione:


La RAND Corporation identifica come principale "ostacolo" alla fine della guerra in Ucraina "la centralità dell'assistenza occidentale".

In quanto, dicono, causa percezioni errate simili a quelle che hanno prolungato la prima guerra mondiale.

Un incredibile riconoscimento da parte del Think Tank interno al Pentagono, che tuttavia sarà ampiamente ignorato.



Lo studio suggerisce che gli Stati Uniti potrebbero affrontare il problema condizionando ulteriori "aiuti" all'Ucraina al suo impegno nei negoziati. 

Strano che la maggior parte dei media/Congresso/ecc. non direbbero queste cose manco morti, la RAND Corp. sembra proprio un tipo di organizzazione radicale anomala.



Un altro tabù violato: il rapporto suggerisce che il ripristino del pieno controllo territoriale dell'Ucraina non è così significativo e impone costi che superano di gran lunga i benefici



Continua dicendo che anche se una "guerra prolungata" favorisce l'obiettivo degli Stati Uniti di continuare a "indebolire" la Russia, ancora i costi potenziali superano di gran lunga i benefici.



Il rapporto è scritto in uno stile tipicamente non polemico e riservato, ma il ragionamento che espone praticamente farebbe partire immediatamente per chiunque altro la denuncia di tradimento filo-russo. Il che solleva l'ovvia domanda... Putin si è infiltrato nel think tank interno al Pentagono? 🤔🤔🤔


Nota a margine: il rapporto identifica come costo del prolungamento della guerra il fatto che "morirebbero più civili ucraini". Sembra sensato, quasi banalmente ovvio. Eppure quelli che si pronunciano *contro* il prolungamento della guerra sono generalmente quelli che vengono accusati di augurare la morte agli ucraini.




 


 




 

28/01/23

L'escalation degli aiuti militari all'Ucraina comporta il rischio di una guerra a tutto campo con la Russia


Lo storico Geoffrey Roberts sul Irish Times - in un articolo che ha suscitato al contempo grande plauso e reazioni isteriche -  sottolinea il grande rischio dei continui passi in avanti negli aiuti militari dell'occidente all'Ucraina. Senza una linea di demarcazione netta tra un intervento e l'altro successivo, l'occidente si sta avvicinando progressivamente sempre di più alla linea rossa che non bisogna assolutamente oltrepassare. 


La moderazione di Putin di fronte ai massicci aiuti militari occidentali all'Ucraina è stata notevole, ma la sua tolleranza potrebbe non essere illimitata

 

di *Geoffrey Roberts, 25 gennaio 2023

 

Dal primo giorno della guerra in Ucraina, l'argomento più potente contro il dilagante intervento dell’occidente nel conflitto è stato il pericolo di una catastrofica escalation verso una guerra a tutto campo tra Nato e Russia.

Finora, i governi occidentali hanno evitato un vero e proprio confronto esistenziale con la Russia. Ma rimane il rischio che i continui aiuti militari occidentali all'Ucraina provochino contromisure russe che potrebbero trasformare la guerra per procura della NATO contro la Russia in un conflitto militare diretto.

I falchi occidentali hanno a lungo sostenuto che il pericolo di un'escalation è solo frutto di fantasie. In un editoriale per il New York Times, l'ex diplomatico britannico Nigel Gould-Davies ha affermato che "Putin non ha linee rosse" e che, lungi dal considerare la paura di un'escalation come un deterrente, l'occidente dovrebbe scoprire il bluff di Putin e minacciare la Russia di ritorsioni nucleari in caso di reazioni eccessive al sostegno occidentale all'Ucraina.

Gould-Davies non fornisce prove concrete per le sue intuizioni su ciò che gira nella mente di Putin. La sua argomentazione è pura speculazione e fa sorgere la domanda: e se Putin non si tirasse indietro davanti a una grande guerra con l'occidente? La Nato dovrebbe correre il rischio, anche minimo, di innescare un conflitto più ampio che potrebbe uccidere milioni di persone?

Le recenti decisioni dei governi occidentali di fornire all'Ucraina molti più carri armati e veicoli corazzati suggeriscono che la materializzazione di uno scenario del genere non è poi così inverosimile.

Gli Stati Uniti hanno deciso di dotare l'Ucraina di un sistema di difesa missilistica Patriot e di 50 veicoli da combattimento Bradley. La Francia ha promesso di inviare carri armati leggeri e la Germania si è impegnata a inviare auto blindate. Gli inglesi invieranno una dozzina di carri pesanti Challenger, mentre i tedeschi sono stati sottoposti a crescenti pressioni per fornire all'Ucraina il suo carro armato pesante, il Leopard 2.

Lo storico britannico Lawrence Freedman, in un suo articolo sul Financial Times, sostiene che queste nuove forniture riflettono la convinzione occidentale che l'Ucraina debba riconquistare più territori perché Putin sia disposto a fare la pace.

Tuttavia, la quantità in questione è relativamente ridotta. I russi hanno già distrutto migliaia di carri armati e veicoli corazzati ucraini. Qualche centinaio di unità corazzate occidentali in più faranno poco o nulla per cambiare la situazione strategica. La guerra di logoramento della Russia continuerà. Con ogni probabilità Mosca completerà la sua conquista della regione del Donbas, raggiungendo così l'obiettivo principale della cosiddetta operazione militare speciale lanciata da Putin un anno fa.

Il vero scopo dell'invio occidentale in Ucraina di queste armi pesanti potrebbe essere quello di fornire una copertura politica ai politici che temono le accuse che potrebbero scatenarsi contro di loro se e quando la Russia vincerà in Ucraina.

I falchi occidentali lo sanno, motivo per cui stanno facendo una campagna per la fornitura su larga scala di attrezzature militari occidentali all'Ucraina, anche se ciò significa esaurire le scorte di riserva della NATO. In un articolo per il Washington Post, l'ex segretario di stato Condoleezza Rice e l'ex segretario alla difesa Robert Gates hanno sostenuto che uno stallo militare farebbe il gioco di Putin. poiché gli darebbe il tempo di logorare l'esercito ucraino rafforzando le proprie forze armate. Il modo per scongiurare quella terribile prospettiva, sostengono, è un aumento urgente e drastico delle forniture militari all'Ucraina.

In modo inquietante, questi ultimi sviluppi sono solo la versione più recente di un persistente modello di intensificazione progressiva degli aiuti militari occidentali all'Ucraina. Gli stati della Nato hanno iniziato inviando grandi quantità di munizioni, armi leggere e armi difensive, poi sono arrivati obici a lungo raggio e Himars. Ora si tratta di sistemi di difesa aerea, carri armati e veicoli corazzati.

Le conseguenze psicologiche di queste ultime decisioni occidentali sulle forniture di armi potrebbero rivelarsi più letali del loro impatto materiale immediato, perché ancora una volta l'Occidente avrà oltrepassato le proprie linee rosse sugli aiuti militari all'Ucraina.

Si è parlato molto di una possibile coalizione di volenterosi guidati da Polonia e Stati Uniti che inviino truppe nell'Ucraina occidentale o utilizzino la loro forza aerea per stabilire una no-fly zone. Un simile intervento verrebbe camuffato come aiuto umanitario, ma gli inevitabili scontri con le forze russe presto aumenterebbero.

Il vero pericolo dell'escalation esistenziale deriva dai continui passi avanti, non da un balzo da gigante direttamente in battaglia.

Quale sarà la prossima mossa dell'Occidente? Ci sono rapporti secondo cui la Gran Bretagna sta valutando la possibilità di fornire all'Ucraina missili a lungo raggio in grado di colpire obiettivi all'interno della Russia. Un'altra possibilità è la fornitura americana di sciami di droni a lungo raggio. La cosa più preoccupante è la prospettiva di tecnici militari occidentali che operino e mantengano l'equipaggiamento Nato in Ucraina, dato che per gli ucraini questo richiederebbe mesi di addestramento.

La moderazione di Putin di fronte ai massicci aiuti militari occidentali all'Ucraina è stata notevole, ma la sua tolleranza potrebbe non essere illimitata. Se l'Occidente si spinge troppo oltre, Putin potrebbe essere tentato di rischiare lui stesso un certo grado di escalation, ad esempio interdicendo i rifornimenti occidentali prima che arrivino in Ucraina, o neutralizzando i sistemi di sorveglianza della NATO che forniscono a Kiev informazioni di intelligence che consentono attacchi mortali contro i bersagli russi.

Tali azioni da parte di Putin sarebbero scioccanti per quei responsabili occidentali abituati all'idea che, quando si tratta di intensificare la guerra in Ucraina, soltanto loro possono agire impunemente.

Il mondo non ha mai assistito a una guerra per procura come quella condotta in Ucraina dall'occidente, con l'obiettivo generale di paralizzare la Russia come grande potenza.

Nel perseguimento di questo obiettivo, gli Stati Uniti e altri governi occidentali hanno inondato l'Ucraina di oltre 100 miliardi di dollari di aiuti militari, umanitari e finanziari. La NATO ha perlustrato il globo alla ricerca di vecchie munizioni e sistemi d'arma sovietici che potessero essere prontamente utilizzati dagli ucraini. Le istituzioni finanziarie occidentali hanno preso il controllo delle riserve di valuta estera russa e hanno imposto sanzioni progettate per destabilizzare il rublo e far crollare l'economia russa. L'Occidente sta anche lavorando per trasformare la Russia in uno stato canaglia a livello internazionale.

Senza il sostegno occidentale, lo sforzo bellico dell'Ucraina sarebbe fallito mesi fa. La continuazione della guerra ha provocato centinaia di migliaia di vittime russe e ucraine. L'economia ucraina è stata devastata, mentre milioni di suoi cittadini sono fuggiti dal paese e molti altri sono sfollati e hanno dovuto abbandonare le loro case.

Mentre Putin si avvicina a una sorta di vittoria militare in Ucraina, la voce di coloro che sollecitano la moderazione occidentale sarà più che mai necessaria. Più territorio perde l'Ucraina, più vittime subisce, maggiore sarà la tentazione dell'Occidente di fare un altro passo verso la guerra totale con la Russia.

 

*Geoffrey Roberts è professore emerito di storia all'UCC e membro della Royal Irish Academy

 

 

27/01/23

Scomode verità sulla guerra in Bosnia



Su Strategic Culture un ampio resoconto di numerosi documenti declassificati delle forze di pace canadesi di stanza in Bosnia dimostra come le guerre per procura statunitensi siano caratterizzate da un modello ricorrente di operazioni sotto falsa bandiera e messe in scena a scopo propagandistico, con l'obiettivo di sabotare ogni possibile negoziato di pace e spianare la strada ai falchi della guerra della NATO. 


Una serie di file di intelligence inviati dalle forze di pace canadesi espongono operazioni segrete della CIA, spedizioni illegali di armi, importazione di combattenti jihadisti, potenziali 'false flag' e messe in scena su atrocità di guerra.

 

di Kit KLARENBERG e Tom SECKER, 30 dicembre, 2022


Il mito consolidato della guerra in Bosnia  è che i separatisti serbi, incoraggiati e diretti da Slobodan Milošević e dai suoi accoliti a Belgrado, cercarono di impadronirsi con la forza del territorio croato e bosniaco al fine della creazione di una "Grande Serbia" irredentista. Ad ogni passo, hanno epurato i musulmani di quelle terre in un genocidio deliberato e concertato, rifiutandosi a qualsiasi colloquio di pace costruttivo.

Questa narrazione è stata diffusa in modo aggressivo dai media mainstream dell'epoca e ulteriormente legittimata dal Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) creato dalle Nazioni Unite una volta terminato il conflitto. Da allora nella coscienza occidentale questa storia è diventata assiomatica e indiscutibile, rafforzando la sensazione che il negoziato equivalga invariabilmente ad arrendevolezza, una mentalità che ha consentito ai falchi della guerra della NATO di giustificare molteplici interventi militari negli anni successivi.

Tuttavia, una vasta raccolta di cablogrammi di intelligence inviati dalle truppe di peacekeeping canadesi in Bosnia al quartier generale della difesa nazionale di Ottawa, pubblicato per la prima volta da Canada Declassified all'inizio del 2022, smaschera questa narrazione come una cinica farsa.

I documenti offrono una visione ineguagliabile, di prima mano e in tempo reale della guerra durante il suo svolgersi, con la prospettiva di una pace che rapidamente svaniva, lasciando spazio a uno spargimento di sangue che alla fine ha causato la fine dolorosa della Jugoslavia multireligiosa e multietnica.

I soldati canadesi facevano parte di una più ampia Forza di Protezione delle Nazioni Unite (UNPROFOR) inviata nell'ex Jugoslavia nel 1992, nella vana speranza che le tensioni non si trasformassero in una guerra totale e che le parti potessero raggiungere un accordo amichevole. Questi soldati rimasero fino alla fine, ben oltre il punto in cui la loro missione si ridusse a un miserabile pericoloso fallimento.

L'analisi sempre più cupa della realtà sul campo da parte delle forze di pace fornisce una prospettiva autentica e genuina della storia della guerra che è stata in gran parte nascosta al pubblico. È una storia di operazioni segrete della CIA, provocazioni letteralmente esplosive, spedizioni illegali di armi, combattenti jihadisti importati, potenziali operazioni di false flag e messa in scena di atrocità di guerra.

  

“Interferenze esterne nel processo di pace”

È un fatto poco noto ma apertamente riconosciuto che gli Stati Uniti hanno gettato le basi per la guerra in Bosnia, sabotando un accordo di pace negoziato dalla Comunità Europea all'inizio del 1992. Secondo gli auspici di questo accordo, il Paese sarebbe stato una confederazione, divisa in tre regioni semi-autonome su base etnica. Sebbene l’accordo fosse ancora perfettibile, ciascuna delle parti generalmente otteneva ciò che voleva - in particolare, l'autogoverno - e almeno godeva di un risultato senz’altro preferibile rispetto al conflitto a tutto campo.

Tuttavia, il 28 marzo 1992, l'ambasciatore degli Stati Uniti in Jugoslavia Warren Zimmerman incontrò il presidente bosniaco Alija Izetbegovic, un musulmano bosniaco, per offrirgli il riconoscimento del paese come stato indipendente da parte di Washington. Promise inoltre un sostegno incondizionato nell'inevitabile guerra successiva, se la proposta comunitaria fosse stata respinta. Ore dopo, Izetbegovic si mise sul sentiero di guerra e quasi immediatamente scoppiarono i combattimenti.

Opinione comune vuole che gli americani fossero preoccupati che il ruolo guida di Bruxelles nei negoziati avrebbe indebolito il prestigio internazionale di Washington e avrebbe aiutato la futura Unione europea a emergere come blocco di potere indipendente dopo il crollo del comunismo.

Sebbene tali preoccupazioni fossero senza dubbio sostenute dai funzionari statunitensi, i cablogrammi UNPROFOR rivelano come fosse in opera un'agenda molto più oscura. Washington voleva che la Jugoslavia fosse ridotta in macerie e progettava di mettere in ginocchio i serbi con la violenza, prolungando la guerra il più a lungo possibile. Per gli Stati Uniti, i serbi erano il gruppo etnico più determinato a preservare l'esistenza della fastidiosa repubblica indipendente.

Questi obiettivi sono stati raggiunti molto efficacemente grazie all'assoluta assistenza di Washington ai bosniaci. Era un articolo di fede nel mainstream occidentale dell'epoca, e lo è ancora oggi, che sia stata l'intransigenza serba nei negoziati a bloccare il cammino verso la pace in Bosnia. Tuttavia, i cablogrammi UNPROFOR chiariscono ripetutamente che non era così.

Nei cablogrammi inviati nel luglio-settembre 1993, epoca del cessate il fuoco e del rinnovato tentativo di spartire amichevolmente il paese, le forze di pace canadesi attribuiscono ripetutamente un atteggiamento ostinato ai bosniaci, non ai serbi. Come afferma un estratto rappresentativo, l'obiettivo "irraggiungibile" di "soddisfare le richieste musulmane sarà un ostacolo insormontabile in qualsiasi colloquio di pace".

Vari passaggi fanno anche riferimento a come “delle interferenze esterne nel processo di pace” “non hanno aiutato la situazione” e  “nessuna pace” può essere raggiunta “se le parti esterne continuano a incoraggiare i musulmani a essere esigenti e inflessibili nei negoziati”.

Per assistenza "esterna", UNPROFOR ovviamente intendeva Washington. Il suo sostegno incondizionato ai bosniaci li ha motivati a "[negoziare] come se avessero vinto la guerra", che fino a quel momento avevano "perso".

"Incoraggiare Izetbegovic a insistere per ulteriori concessioni" e "il chiaro desiderio degli Stati Uniti di revocare l'embargo sulle armi ai musulmani e di bombardare i serbi sono seri ostacoli alla fine dei combattimenti nell'ex Jugoslavia". Così è stato registrato dalleforze di pace il 7 settembre 1993.

Il giorno successivo, hanno riferito al quartier generale che "i serbi sono stati i più conformi ai termini del cessate il fuoco". Nel frattempo, Izetbegovic stava basando la sua posizione negoziale su "l'immagine che veniva diffusa dei serbi come i cattivi". Dal convalidare questa illusione ne conseguiva un vantaggio, vale a dire, far precipitare gli attacchi aerei della NATO sulle aree serbe. Questo è stato colto dagli operatori delle forze di pace:

Non ci saranno colloqui seri a Ginevra finché Izetbegovic crederà che saranno lanciati attacchi aerei contro i serbi. Questi attacchi aerei rafforzeranno notevolmente la sua posizione e probabilmente lo renderanno ancor meno collaborativo nei negoziati”.

Allo stesso tempo, i combattenti musulmani "non stavano dando nessuna possibilità ai colloqui di pace, semplicemente ci davano dentro", ed erano molto disposti e pronti ad aiutare Izetbegovic nel suo obiettivo. Durante gli ultimi mesi del 1993, hanno lanciato innumerevoli bordate sul territorio serbo in tutta la Bosnia, in violazione del cessate il fuoco.

A dicembre, quando le forze serbe da parte loro hanno lanciato un loro "grande attacco", un cablogramma di quel mese affermava che dall'inizio dell'estate "la maggior parte dell'attività serba è stata difensiva o in risposta alle provocazioni musulmane".

Un cablogramma dell'UNPROFOR del 13 settembre ha rilevato che a Sarajevo "le forze musulmane continuano a infiltrarsi nell'area del Monte Igman e a bombardare quotidianamente le posizioni della BSA [Esercito serbo-bosniaco] intorno alla città", l'"obiettivo prefissato" è quello di "aumentare la simpatia occidentale provocando un incidente e incolpando i serbi”.

Due giorni dopo, le "provocazioni" dell'esercito serbo-bosniaco (BSA) erano continue, anche se "si dice che il BSA si sta muovendo con moderazione". Quest'area è rimasta un obiettivo bosniaco chiave per qualche tempo anche in seguito. Il volume di luglio-settembre si conclude con un cablogramma minaccioso:

L'occupazione da parte del BSA del Monte Igman non sta influenzando negativamente la situazione a Sarajevo. È semplicemente una scusa per Izetbegovic per ritardare i negoziati. Sono state le sue truppe a compiere le peggiori trasgressori [enfasi aggiunta] dell'accordo di cessate il fuoco [del 30 luglio]”.


Entrano i mujaheddin: “I musulmani non disdegnano di sparare contro la loro stessa gente o sulle aree delle Nazioni Unite”

Durante il conflitto, i mujaheddin bosniaci hanno lavorato incessantemente per intensificare la violenza. Musulmani provenienti da tutto il mondo si sono riversati nel paese a partire dalla seconda metà del 1992, intraprendendo la jihad contro croati e serbi. Molti avevano già acquisito esperienza sul campo di battaglia afghano negli anni '80 e nei primi anni '90 dopo essere arrivati da gruppi fondamentalisti infiltrati dalla CIA e dal MI6 in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Per loro, la Jugoslavia era il successivo terreno di reclutamento.

I mujaheddin arrivavano spesso con "voli non ufficiali", insieme a un flusso infinito di armi in violazione dell'embargo delle Nazioni Unite. Questa è iniziata come un'operazione congiunta iraniana e turca, con il sostegno finanziario dell'Arabia Saudita, anche se con l'aumento del volume di armi gli Stati Uniti hanno preso il sopravvento, trasportando il carico mortale verso l'aeroporto di Tuzla utilizzando flotte di aerei C-130 Hercules.

Le stime sui numeri dei mujaheddin bosniaci variano notevolmente, ma il loro contributo fondamentale alla guerra civile sembra chiaro. Il negoziatore statunitense per i Balcani Richard Holbrooke nel 2001 dichiarò che i bosniaci "non sarebbero sopravvissuti" senza il loro aiuto, e definì il loro ruolo nel conflitto un "patto con il diavolo" da cui Sarajevo non si sarebbe ripresa.

I combattenti mujaheddin non sono mai menzionati esplicitamente nei cablogrammi UNPROFOR, e nemmeno i bosniaci – è usato liberamente il termine “i musulmani”. Tuttavia, i riferimenti indiretti sono abbondanti.

Un rapporto dell'intelligence dell'inverno 1993 osservava che "i sistemi di comando e controllo deboli e decentralizzati" delle tre parti opposte producevano "un'ampia proliferazione di armi e l'esistenza di vari gruppi paramilitari ufficiali e non ufficiali, che spesso hanno agende individuali e locali". Tra quei gruppi "non ufficiali" c'erano i Mujahideen, ovviamente.

Più chiaramente, nel dicembre di quell'anno, le forze di pace hanno registrato come David Owen, un ex politico britannico che ha servito come capo negoziatore della Comunità europea nell'ex Jugoslavia, “era stato condannato a morte per essere responsabile della morte di 130.000 musulmani in Bosnia”, e la sentenza era stata “emessa dalla 'Corte d'Onore dei Musulmani'”. Si sapeva che "45 persone erano impegnate in tutta Europa per eseguire la sentenza".

Owen non era certamente responsabile della morte di 130.000 musulmani, dato che nel corso della guerra non sono stati uccisi neanche lontanamente in totale così tanti bosniaci, croati e serbi. Ciononostante gli estremisti religiosi bosniaci, con la loro rete di agenti in tutto il continente pronti a eseguire la fatwa, nella narrazione sono stati considerati come una "corte d'onore".

In seguito a questo incidente, che non è mai stato rivelato pubblicamente in precedenza, ci sono segnalazioni di "musulmani" che preparano provocazioni sotto falsa bandiera. Nel gennaio 1994, un cablogramma osservava:

I musulmani non disdegnano di sparare contro la loro stessa gente o aree delle Nazioni Unite e poi affermano che i serbi sono i colpevoli per guadagnarsi ulteriormente le simpatie occidentali. I musulmani spesso posizionano la loro artiglieria estremamente vicino agli edifici delle Nazioni Unite e ad aree sensibili come gli ospedali, nella speranza che il fuoco di controartiglieria serbo colpisca questi siti sotto lo sguardo dei media internazionali”.



Un altro cablogramma registra come "truppe musulmane mascherate da forze delle Nazioni Unite" fossero state avvistate con addosso i caschi blu dell'UNPROFOR e "un abbigliamento da combattimento misto norvegese/britannico", alla guida di veicoli dipinti di bianco e contrassegnati ONU. Il direttore generale delle forze di pace temeva che se tale connivenza fosse diventata "diffusa" o "utilizzata per l'infiltrazione nelle linee croate", avrebbe "aumentato notevolmente le possibilità che le legittime forze delle Nazioni Unite fossero prese di mira dai croati".

"Questo potrebbe essere esattamente ciò che vogliono i musulmani, possibilmente per poter fare ulteriori pressioni per attacchi aerei sui croati", aggiunge il cablogramma.

Quello stesso mese, cablogrammi UNPROFOR ipotizzavano che "i musulmani" avrebbero preso di mira l'aeroporto di Sarajevo, destinazione degli aiuti umanitari ai bosniaci, con un attacco false flag. Poiché in uno scenario del genere "i serbi sarebbero gli ovvi colpevoli, i musulmani ne otterrebbero una buona propaganda ", ed era "quindi molto allettante per i musulmani condurre i bombardamenti e dare la colpa ai serbi.”



 Guerre per procura statunitensi, allora e adesso

In questo contesto, i cablogrammi relativi al massacro di Markale colpiscono in modo particolare. Il 5 febbraio 1994 un'esplosione distrusse un mercato civile, provocando 68 morti e 144 feriti.

La responsabilità dell'attacco - e i mezzi con cui è stato eseguito - sono stati da allora oggetto di accese contestazioni, con indagini ufficiali distinte che hanno prodotto risultati inconcludenti. Le Nazioni Unite all'epoca non sono state in grado attribuire la responsabilità dell’attentato, sebbene allora le truppe dell'UNPROFOR abbiano testimoniato di sospettare che la responsabilità fosse della parte bosniaca.

Di conseguenza, i cablogrammi di questo periodo fanno riferimento ad "aspetti inquietanti" dell'evento, compresi i giornalisti "indirizzati sulla scena così rapidamente" e "una presenza molto visibile dell'esercito musulmano nell'area". 

"Sappiamo che in passato i musulmani hanno sparato sui propri civili e sull'aeroporto per attirare l'attenzione dei media", ha concluso uno. Un promemoria successivo osserva: “Le forze musulmane al di fuori di Sarajevo, in passato, hanno piazzato esplosivi ad alto potenziale nelle loro stesse posizioni e poi li hanno fatti esplodere sotto lo sguardo dei media, rivendicando un bombardamento serbo. Questo è stato poi usato come pretesto per il 'contrattacco' dei musulmani e gli attacchi ai serbi”.



Tuttavia, nella sua sentenza di condanna del 2003 del generale serbo Stanislav Galić per il suo ruolo nell'assedio di Sarajevo, l'ICTY  (International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia) ha concluso che il massacro è stato deliberatamente perpetrato dalle forze serbe, con una sentenza di appello.

Gli autori di questo articolo non esprimono alcun giudizio su ciò che accadde o non accadde a Markale quel fatidico giorno. Tuttavia, l'oscurità che circonda l'evento prefigura uno di quegli eventi cruciali che sono serviti a giustificare l'escalation in ogni successiva guerra per procura occidentale, dall'Iraq alla Libia, alla Siria, all'Ucraina.

Dall'inizio della guerra per procura in Ucraina questo 24 febbraio, crimini di guerra deliberati, incidenti reali interpretati in modo fuorviante come crimini di guerra ed eventi potenzialmente messi in scena, sono praticamente un fenomeno quotidiano, insieme a scambi di accuse e controdeduzioni di colpevolezza. In alcuni casi, i funzionari di una parte sono persino passati dal celebrare e rivendicare il merito di un attacco ad incolpare l'altra parte nel giro di pochi giorni o semplicemente poche ore. Sostanza e spin sono diventati inseparabili, se non simbiotici.

Negli anni a venire, chi ha fatto cosa a chi e quando potrebbe benissimo diventare materia decisa nei tribunali internazionali, secondo il modello dell'ICTY. Ci sono già iniziative per istituire un organismo simile una volta terminata la guerra in Ucraina.

Dei parlamentari nei Paesi Bassi hanno chiesto che Vladimir Putin sia processato all'Aia. Il ministero degli Esteri francese ha chiesto la creazione di un tribunale speciale. La ONG Truth Hounds, con sede a Kiev, raccoglie ogni giorno prove di presunte atrocità russe in tutto il paese, al servizio di un tribunale internazionale.

Non ci possono essere dubbi sul fatto che sia le forze di Kiev che quelle di Mosca abbiano commesso atrocità e ucciso civili in questo conflitto, così come è indiscutibile che tutte e tre le parti nella guerra in Bosnia si siano rese colpevoli di atti atroci e massacri di persone innocenti e/o indifese. È ragionevole presumere che la ferocia diventerà sempre più spietata man mano che la guerra in Ucraina andrà avanti, esattamente come durante la disgregazione della Jugoslavia.

Non è certo quanto dureranno i combattimenti, anche se i funzionari dell'UE e della NATO hanno previsto che potrebbero durare diversi anni e le potenze occidentali intendono chiaramente mantenere attiva la guerra per procura il più a lungo possibile. L'11 ottobre, il Washington Post ha riferito che gli Stati Uniti hanno ammesso privatamente che Kiev non era in grado di "vincere la guerra a titolo definitivo", ma avevano anche "escluso l'idea di spingere o almeno incoraggiare l'Ucraina a sedersi al tavolo dei negoziati".

Ciò evidenzia un altro mito sorto a seguito delle guerre jugoslave e che dura ancora oggi. È opinione diffusa che i negoziati e i tentativi di garantire una soluzione pacifica abbiano solo incoraggiato gli "aggressori" serbi.

Questo pericoloso mito è servito da giustificazione per ogni sorta di distruttivi interventi occidentali. I cittadini di questi paesi vivono ancora oggi le conseguenze di quelle azioni, spesso come migranti fuggiti da città e paesi bruciati dalle guerre per il cambio di regime.

Persiste anche un'altra eredità tossica delle guerre balcaniche: la preoccupazione degli occidentali per la vita umana dipende da quale parte si schiereranno i loro governi in un dato conflitto. Come dimostrano i cablogrammi canadesi dell'UNPROFOR, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno coltivato il sostegno alle loro guerre nascondendo una realtà documentata in dettaglio anche dai loro stessi militari.

 

thegrayzone.com

 

24/01/23

Guerra russo-ucraina: la pompa del sangue del mondo

 


Dal sito Big Serge Thoughts un'ottima e completa analisi della situazione militare, con alcune considerazioni  sull'ultimo pacchetto di aiuti messo insieme dalla Nato. 

Grazie per la segnalazione e revisione a @BuffagniRoberto


Prima gradualmente, e poi all’ improvviso

Dalla decisione a sorpresa della Russia di ritirarsi volontariamente dalla sponda occidentale di Kherson nella prima settimana di novembre, ci sono stati pochi cambiamenti nelle linee del fronte ucraino. In parte, ciò va ricondotto al prevedibile clima del tardo autunno nell'Europa orientale, che lascia i campi di battaglia impregnati d'acqua e intasati di fango e inibisce notevolmente la mobilità. Per centinaia di anni, novembre è stato un mese poco propizio per tentare di spostare gli eserciti su qualsiasi distanza significativa, e puntualmente abbiamo iniziato a vedere video di veicoli impantanati nel fango in Ucraina.

Il ritorno della guerra di posizione statica, tuttavia, riflette anche l'effetto sinergico del crescente esaurimento ucraino, unito all'impegno russo a logorare pazientemente l'Ucraina e privarla della sua residua capacità di combattimento. Nel Donbas hanno trovato il luogo ideale per raggiungere questo obiettivo.

È diventato pian piano evidente che la Russia è impegnata in una guerra di logoramento e di posizione, che riesce a massimizzare il suo vantaggio asimmetrico nel fuoco a distanza. C'è un continuo degrado della capacità bellica dell'Ucraina, che sta permettendo alla Russia di mantenere con pazienza il ritmo attuale, mentre organizza le forze appena mobilitate per l'azione offensiva dell’anno entrante, ponendo le basi per perdite ucraine continue e insostenibili.

Nel romanzo di Ernest Hemingway Fiesta (The Sun Also Rises, 1926) a un personaggio un tempo ricco, ora caduto in disgrazia, viene chiesto come gli sia accaduto di andare in bancarotta. "In due modi", risponde, "prima gradualmente e poi all'improvviso". Un giorno potremmo chiedere come l'Ucraina abbia perso la guerra e ricevere più o meno la stessa risposta.

 

Verdun Redux

È lecito affermare che i media del regime occidentale hanno mantenuto uno standard molto basso nei reportage sulla guerra in Ucraina, data la misura in cui la narrativa mainstream è disconnessa dalla realtà. Nonostante questi standard piuttosto bassi, il modo in cui la battaglia in corso a Bakhmut viene presentata alla popolazione è veramente ridicolo. L'asse di Bakhmut viene presentato al pubblico occidentale come una perfetta sintesi di tutta la retorica del fallimento russo: in poche parole, la Russia sta subendo perdite terribili per catturare una piccola città con un'importanza operativa trascurabile. I funzionari britannici, in particolare, sono stati molto espliciti nelle ultime settimane, insistendo sul fatto che Bakhmut ha poco onessun valore operativo.

La verità è letteralmente l'opposto: dal punto di vista operativo Bakhmut è in una posizione cruciale per la difesa ucraina, e la Russia l'ha trasformata in una fossa mortale che costringe gli ucraini a sacrificare un numero esorbitante di uomini per mantenere la posizione finché possibile. In effetti, l'insistenza sul fatto che Bakhmut non sia operativamente significativa è piuttosto offensiva per l’intelligenza del pubblico, sia perché una rapida occhiata a una mappa mostra chiaramente che si trova nel cuore della rete stradale regionale, sia perché l'Ucraina ha dispiegato un numero enorme di unità su quel fronte.

Facciamo un passo indietro e consideriamo Bakhmut nel contesto della posizione complessiva dell'Ucraina ad est. L'Ucraina ha iniziato la guerra con quattro linee difensive su cui operare nel Donbas, costruite negli ultimi 8 anni sia come parte integrante della guerra a bassa intensità con le repubbliche di Luhansk (LNR) e Donetsk (DNR), sia anche in preparazione di una potenziale guerra con la Russia. Queste linee sono strutturate attorno ad agglomerati urbani e collegamenti stradali e ferroviari e possono essere approssimativamente elencate come segue:

 


Il Donbas è un luogo particolarmente adatto per costruire formidabili difese. È altamente urbanizzato e industriale (Donetsk era l'oblast più urbanizzato dell'Ucraina prima del 2014, con oltre il 90% della popolazione residente nelle aree urbane), con città e paesi dominati dai tipicamente robusti edifici sovietici, insieme a complessi industriali molto produttivi. L'Ucraina ha trascorso gran parte dell'ultimo decennio a migliorare queste posizioni, e gli insediamenti in prima linea sono pieni di trincee e postazioni di fuoco chiaramente visibili nelle immagini satellitari. Un recente video dall'asse Avdiivka mostra l'estensione delle fortificazioni ucraine.

Quindi, rivediamo lo stato di queste cinture difensive. La prima cintura, che correva all'incirca da Severodonetsk e Lysychansk a Popasna, è stata spezzata in estate dalle forze russe. La Russia ha realizzato un importante sfondamento a Popasna, ed è stata in grado di iniziare il processo di completa distruzione di questa linea difensiva con la caduta di Lysychansk, all'inizio di luglio.

A questo punto, la linea del fronte si situa direttamente su quelle che ho etichettato come la 2a e la 3a cintura difensiva ucraina, ed entrambe queste cinture ora sanguinano pesantemente.

La cattura di Soledar da parte delle forze del gruppo Wagner ha interrotto il collegamento tra Bakhmut e Siversk, mentre intorno a Donetsk il sobborgo solidamente fortificato di Marinka è stato quasi completamente ripulito dalle truppe ucraine, e la famigerata chiave di volta ucraina ad Avdiivka (la postazione da cui bombardano la popolazione civile della città di Donetsk) è costeggiata da entrambe le direzioni.

 


Queste posizioni sono assolutamente fondamentali per l'Ucraina. La perdita di Bakhmut significherà il crollo dell'ultima linea difensiva che ostacola la via per Slavyansk e Kramatorsk, il che implica che le posizioni dell'Ucraina ad oriente si ridurranno rapidamente alla sua quarta (e più debole) cintura difensiva.

Per l'Ucraina l'agglomerato di Slavyansk è una posizione di gran lunga peggiore da difendere rispetto alle altre cinture, per diversi motivi. Innanzitutto, essendo la cintura più a ovest (e quindi la più lontana dalle linee di partenza del febbraio 2022), è la meno ottimizzata e meno fortificata delle cinture difensive. In secondo luogo, molte delle "cose interessanti”, diciamo così, intorno a Slavyansk si trovano a est della città, comprese le alture dominanti e le principali autostrade.

Tutto questo per dire che l'Ucraina ci teneva moltissimo a mantenere la linea di Bakhmut, poiché questa è una posizione di gran lunga preferibile, e di conseguenza ha riversato molte unità nel settore. I livelli assurdi dell'impegno delle forze ucraine in quest'area sono ben noti, ma per fare un rapido ripasso, fonti ucraine pubblicamente disponibili individuano almeno 34 brigate o unità equivalenti schierate nell'area di Bakhmut. Molte di queste sono state schierate mesi fa e sono già distrutte, ma per tutta la durata della battaglia in corso è un impegno sorprendente.

 


Le forze russe, principalmente le unità della PMC (compagnia militare privata) Wagner e della LNR, stanno lentamente, ma inesorabilmente, facendo crollare questa roccaforte ucraina con un largo impiego dell'artiglieria. A novembre, l'ex consigliere di Zelensky Oleksiy Arestovych ha ammesso che l'artiglieria russa sull'asse Bakhmut godeva di un vantaggio di circa 9 a 1, il che sta trasformando Bakhmut in una fossa mortale.

La battaglia viene presentata in occidente come quella in cui i russi – solitamente rappresentati secondo lo stereotipo dei detenuti impiegati come soldati dal gruppo Wagner - lanciano assalti frontali alle difese ucraine e subiscono perdite terribili nel tentativo di sopraffare la difesa, contando semplicemente sul numero. Il contrario è molto più vicino alla verità. La Russia si sta muovendo lentamente perché spiana le difese ucraine con l'artiglieria, poi con cautela si spinge in avanti attraverso queste difese polverizzate.

L'Ucraina, nel frattempo, continua a riversare sul campo nuove unità per cercar di riempire le trincee con nuovi difensori. Un pezzo del “Wall Street Journal” sulla battaglia, mentre intendeva raccontare una storia di incompetenza russa, inseriva accidentalmente l'ammissione di un comandante ucraino sul campo che diceva: “Finora, il tasso di cambio delle nostre vite con le loro favorisce i russi. Se continua così, potremmo esaurirci”.

I paragoni con una delle battaglie più infami della prima guerra mondiale abbondano (e non posso prendermene il merito): la sanguinosa catastrofe di Verdun. Sebbene non sia il caso di esagerare il valore predittivo della storia militare (nel senso che una conoscenza approfondita della prima guerra mondiale non consente di prevedere gli eventi in Ucraina), sono comunque un grande appassionato di analogie storiche, e lo schema tedesco di Verdun è un'utile analogia di ciò che sta accadendo a Bakhmut.

 La battaglia di Verdun fu concepita dall'alto comando tedesco come un modo per paralizzare l'esercito francese attirandolo in un tritacarne preparato in precedenza. L'idea era di attaccare e conquistare un'altura difensiva cruciale, un terreno così importante che la Francia sarebbe stata costretta a contrattaccare per tentare di riconquistarla. I tedeschi speravano che la Francia avrebbe impegnato le proprie riserve strategiche in questo contrattacco, in modo da poterle distruggere. Sebbene la battaglia di Verdun non sia riuscita a fiaccare totalmente la potenza di combattimento francese, è diventata una delle battaglie più sanguinose della storia del mondo. Una moneta tedesca che commemorava la battaglia raffigura uno scheletro che pompa sangue dalla terra: una metafora visiva agghiacciante, ma appropriata.

 

 

Qualcosa di simile si è effettivamente verificato a Bakhmut, nel senso che la Russia sta facendo pressione su uno dei punti più sensibili della linea del fronte, attirando unità ucraine in una carneficina. Pochi mesi fa, sulla scia del ritiro della Russia dalla sponda occidentale di Kherson, gli ucraini hanno parlato con entusiasmo di continuare i loro sforzi offensivi con un attacco a sud a Zaparozhia, per tagliare il ponte verso la Crimea, insieme al costante impegno per sfondare nel nord di Lugansk. Invece, le forze di entrambi questi assi sono state reindirizzate a Bakhmut, al punto che questo asse sta attivamente prosciugando la forza di combattimento ucraina in altre aree. Fonti ucraine, precedentemente piene di ottimismo, ora concordano inequivocabilmente sul fatto che non ci saranno offensive ucraine nel prossimo futuro. Mentre parliamo, l'Ucraina continua a incanalare forze nell'asse di Bakhmut.

Al momento, la posizione dell'Ucraina intorno a Bakhmut si è gravemente deteriorata, con le forze russe (in gran parte fanteria Wagner supportata dall'artiglieria dell'esercito russo) che stanno facendo progressi sostanziali su entrambi i fianchi della città. Sul fianco settentrionale, la conquista di Soledar ha spinto le linee russe a una distanza ravvicinata dalle autostrade nord-sud, mentre la conquista quasi simultanea di Klishchiivka sul fianco meridionale ha spinto le linee del fronte alle porte di Chasiv Yar (saldamente nella retroguardia operativa di Bakhmut).

 


Gli ucraini in questo momento non sono accerchiati, ma si può facilmente riscontrare il continuo spostamento delle posizioni russe, sempre più vicino alle autostrade. Attualmente, le forze russe mantengono le posizioni a due miglia da tutte le rimanenti autostrade. Ancora più importante, la Russia ora controlla le alture sia a nord che a sud di Bakhmut (la città si trova in una depressione circondata da colline), dando alla Russia il controllo del fuoco su gran parte della zona dei combattimenti.

Attualmente posso anticipare che la Russia libererà la linea difensiva Bakhmut-Siversk entro la fine di marzo. Nel frattempo, l‘impoverimento delle forze ucraine sugli altri assi aumenta la prospettiva di offensive russe decisive altrove.

Al momento, il fronte consiste grosso modo di quattro assi principali, con consistenti agglomerati di truppe ucraine. Questi sono, da sud a nord, gli assi di Zaporozhia, Donetsk, Bakhmut e Svatove (vedi mappa sotto). L’impegno per rafforzare il settore di Bakhmut ha notevolmente attenuato la forza ucraina su questi altri settori. Sul fronte di Zaporozhia, ad esempio, al momento ci sono potenzialmente solo cinque brigate ucraine.

Al momento, la maggior parte della potenza di combattimento russa non è impegnata, e sia le fonti occidentali che quelle ucraine sono (in ritardo) sempre più allarmate per la prospettiva di un'offensiva russa nelle prossime settimane. Attualmente, l'intera posizione ucraina ad est è vulnerabile perché si tratta, in effetti, di un enorme saliente, vulnerabile agli attacchi da tre direzioni.

Due obiettivi di profondità operativa in particolare hanno il potenziale per distruggere la logistica e il mantenimento delle unità ucraine. Questi sono, rispettivamente, Izyum a nord e Pavlograd a sud. Una pressione russa lungo la sponda occidentale del fiume Oskil verso Izyum minaccerebbe contemporaneamente di tagliare e distruggere il raggruppamento ucraino sull'asse Svatove (S sulla mappa) e troncare la vitale autostrada M03 da Kharkov. Raggiungere Pavlograd, d'altra parte, isolerebbe completamente le forze ucraine intorno a Donetsk e interromperebbe gran parte del transito dell'Ucraina attraverso il Dnepr.

 

 

Sia Izyum che Pavlograd si trovano a circa 70 miglia dalle linee di partenza di una potenziale offensiva russa, e offrono quindi una combinazione molto allettante, essendo sia operativamente significative che relativamente gestibili. A partire da ieri, abbiamo iniziato a vedere progressi russi sull'asse di Zaporozhia. Mentre si tratta, al momento, principalmente di ricognizioni in forze che spingono nella "zona grigia" (quell'ambiguo fronte interstiziale), il Ministero della Difesa russo (RuMoD) ha rivendicato la conquista di diversi insediamenti, il che potrebbe far presagire una vera spinta offensiva in questa direzione. L’indizio chiave sarebbe un assalto russo a Orikhiv, che è una grande città dove è insediata una cospicua guarnigione ucraina. Un attacco russo qui indicherebbe che è in corso qualcosa di più di un attacco di ispezione.

A volte è difficile analizzare la differenza tra ciò che prevediamo accadrà e ciò che vogliamo che accada. Questa, certamente, sarebbe la mia scelta se fossi responsabile della pianificazione russa: un movimento verso sud lungo la riva occidentale del fiume Oskil sull'asse Kupyansk-Izyum e un attacco simultaneo verso nord, oltre Zaporozhia e verso Pavlograd. In questo caso, credo che limitarsi a controllare Zaporozhia a breve termine sia preferibile che impantanarsi lì in una battaglia urbana.

Non sappiamo se la Russia tenterà davvero di farlo. La sicurezza operativa russa è molto migliore sia di quella dell'Ucraina, sia di quella delle sue forze per procura (Wagner e le milizie LNR/DNR), quindi sappiamo molto meno sugli schieramenti della Russia che su quelli dell'Ucraina. Indipendentemente da ciò, sappiamo che la Russia gode in questo momento di una forte preponderanza nella potenza di combattimento, e ci sono importanti obiettivi operativi a portata di mano.

 

Per favore, signore, ne voglio ancora

Uno sguardo dall’alto su questo conflitto rivela un'affascinante meta-struttura della guerra. Nella sezione precedente, propongo un’interpretazione che vede la Russia sfondare gradualmente e in sequenza le cinture difensive ucraine. Penso che un’analoga interpretazione si applichi anche all'aspetto della generazione delle forze di questa guerra, con la Russia che gradualmente distrugge un esercito ucraino dopo l’altro.

Permettetemi di essere un po' più concreto. Sebbene l'esercito ucraino esista almeno in parte come istituzione, le sue capacità di combattimento sono stato distrutte e ricostruite più volte, a questo punto tramite l'assistenza occidentale. Molteplici fasi - cicli di vita, se volete - possono essere identificate:

  • -          nei primi mesi della guerra, l'esercito ucraino esistente è stato per lo più spazzato via. I russi hanno distrutto gran parte delle forniture originarie di armi pesanti dell'Ucraina e molti quadri dell'esercito professionale ucraino.
  • -          sulla scia di questa prima distruzione, la capacità di combattimento ucraina è stata rafforzata trasferendole praticamente tutte le scorte di armi d'epoca sovietiche dei paesi dell'ex Patto di Varsavia. Questo trasferimento di veicoli e munizioni sovietici compatibili con le capacità ucraine esistenti, da parte di paesi come la Polonia e la Repubblica Ceca, è stato per lo più completato entro la fine della primavera del 2022. All'inizio di giugno, ad esempio, fonti occidentali hanno ammesso che le scorte sovietiche erano state prosciugate.
  • -          con l'esaurimento delle scorte del Patto di Varsavia, la NATO ha iniziato a sostituire le capacità ucraine distrutte con equivalenti occidentali, in un processo iniziato durante l'estate. Di particolare rilievo obici come l'americano M777 e il francese Caesar.

La Russia ha essenzialmente combattuto molteplici versioni successive dell'esercito ucraino - distruggendone la forza prebellica nei primi mesi, poi combattendo le unità rifornite con le scorte del Patto di Varsavia, e ora sta logorando una forza che dipende in gran parte dai sistemi d’arma occidentali.

Ciò ha portato all'ormai famosa intervista del generale Zaluzhny all'Economist, in cui il generale ha chiesto molte centinaia di carri armati da combattimento, veicoli da combattimento per la fanteria e pezzi di artiglieria. In effetti, ha chiesto ancora un altro esercito, poiché i russi sembra che continuino a distruggerli.

Voglio notare alcune aree particolari in cui le capacità dell'Ucraina sono chiaramente degradate oltre livelli accettabili, e osservare come ciò si colleghi all’impegno della NATO a sostenere lo sforzo bellico ucraino.

 

Primo, l’artiglieria.

La Russia ha dato la priorità all'azione di controbatteria ormai da molte settimane e sembra avere un grande successo nell’individuare e distruggere l'artiglieria ucraina.

Sembra che ciò coincida in parte con il dispiegamento di nuovi sistemi di rilevamento di controbatteria “Penicillin. Si tratta di un nuovo strumento niente male dell'arsenale russo. La guerra di controbatteria consiste in pericolosi giri di valzer tra i cannoni e i sistemi radar. Il radar di controbatteria ha il compito di rilevare e localizzare le armi del nemico, in modo che possano essere distrutte – più o meno come squadre nemiche di cecchini (l'artiglieria) e osservatori (il radar) che tentano di darsi la caccia a vicenda - e ovviamente ha senso sparare anche ai sistemi radar dell'altra parte, per accecarli, per così dire.

Il sistema Penicillin offre nuove potenti capacità alla campagna di controbatteria della Russia, perché rileva le batterie di artiglieria nemiche non con il radar, ma con la localizzazione acustica. Emette un boom di ascolto che, in coordinamento con alcune componenti del terreno, è in grado di localizzare i cannoni nemici attraverso il rilevamento sismico e acustico. Il vantaggio di questo sistema è che, a differenza di un radar per controbatteria, che emette onde radio che rivelano la sua posizione, il sistema Penicillin è passivo: sta semplicemente fermo e ascolta, il che significa che non offre al nemico un modo semplice per localizzarlo. Di conseguenza, nella guerra di controbatteria, l'Ucraina attualmente non dispone di un buon modo per accecare (o meglio, assordare) i russi. Inoltre, le capacità di controbatteria russe sono state potenziate grazie all'aumento dell'uso del drone Lancet contro le armi pesanti.

 


Tutto questo per dire che ultimamente la Russia ha distrutto un bel po' di artiglieria ucraina. Il Ministero della Difesa russo ha sottolineato il successo delle sue operazioni di controbatteria. Ora, so che a questo punto starete pensando: "Perché dovremmo fidarci del Ministero della Difesa russo?" Abbastanza giusto: fidiamoci, ma verifichiamo.

Il 20 gennaio, la NATO ha convocato una riunione presso la base aerea di Ramstein, in Germania, nel contesto di un nuovo massiccio pacchetto di aiuti messo insieme per l'Ucraina. Questo pacchetto di aiuti contiene, guarda caso, un'enorme quantità di pezzi di artiglieria. Secondo i miei calcoli, gli aiuti annunciati questa settimana includono quasi 200 pezzi di artiglieria. Diversi paesi, tra cui Danimarca ed Estonia, stanno inviando all'Ucraina letteralmente tutti i loro obici. Datemi pure del pazzo, ma dubito seriamente che diversi paesi deciderebbero spontaneamente, esattamente nello stesso momento, di inviare all'Ucraina il loro intero inventario di pezzi di artiglieria se l'Ucraina non dovesse affrontare un livello critico di perdite di artiglieria.

Inoltre, gli Stati Uniti hanno adottato misure nuove e senza precedenti per fornire proiettili all'Ucraina. Proprio la scorsa settimana, hanno attinto alle loro scorte in Israele e Corea del Sud, e secondo alcuni rapporti le scorte americane sono così esaurite che ci vorrà più di un decennioper ricostituirle.

Rivediamo ora queste evidenze e vediamo se possiamo trarre una conclusione ragionevole:

  • -          funzionari ucraini ammettono che la loro artiglieria è sottodimensionata in un rapporto di 9 a 1 nei settori critici del fronte.
  • -         la Russia schiera un sistema di controbatteria all'avanguardia e aumenta il numero di droni Lancet.
  • -          il Ministero della Difesa russo afferma di aver cacciato e distrutto in gran numero i sistemi di artiglieria ucraini.
  • -          la NATO si è affrettata a mettere insieme un massiccio pacchetto di sistemi di artiglieria per l'Ucraina.
  • -           gli Stati Uniti stanno dando fondo alle proprie scorte critiche per rifornire l'Ucraina di proiettili.

Personalmente penso che sia ragionevole, dato tutto ciò, presumere che l’artiglieria dell'Ucraina sia stata in gran parte distrutta e che la NATO stia tentando di ricostituirla ancora una volta.

 

Il mio regno per un carro armato

Il principale argomento di discussione nelle ultime settimane è stato se la NATO fornirà o meno all'Ucraina i carri armati da combattimento (MBT). Nella sua intervista all'Economist, in cui ha chiesto centinaia di MBT, Zaluzhny ha accennato a un parco di carri armati ucraini gravemente impoverito. La NATO ha tentato di fornire una soluzione provvisoria fornendo all'Ucraina vari veicoli corazzati come il Bradley IFV e lo Stryker, che ripristinano una certa mobilità, ma dobbiamo dire inequivocabilmente che questi non sono in alcun modo sostituti degli MBT, e sono di gran lunga inferiori sia come protezione che come potenza di fuoco. Il tentativo di utilizzare i Bradley al posto degli MBT, ad esempio, non funzionerà.

 


Ad ora, sembra che l'Ucraina riceverà una piccola manciata di carri armati Challenger dalla Gran Bretagna, ma si parla anche di donare Leopard (di marca tedesca), Abrams (americani) e Leclercs (francesi). Come al solito, l'impatto sul campo di battaglia della ricezione dei carri armati da parte dell'Ucraina è sia ampiamente sopravvalutato (dagli imbonitori ucraini e dai pessimisti russi) che minimizzato (dai trionfalisti russi). Suggerisco una via di mezzo.

Il numero di carri armati che può essere ragionevolmente fornito all'Ucraina è relativamente basso, semplicemente a causa dell'onere di addestramento e manutenzione. Tutti questi carri armati utilizzano munizioni diverse, parti specifiche, e richiedono un addestramento specializzato. Non sono il tipo di sistemi che possono essere semplicemente prelevati e messi direttamente sul campo da un equipaggio non addestrato. La soluzione ideale per l'Ucraina sarebbe quella di ricevere solo Leopard A24, poiché questi potrebbero essere disponibili in quantità decenti (forse un paio di centinaia) e almeno sarebbero standardizzati.


Dovremmo anche notare, ovviamente, che è improbabile che questi carri armati occidentali cambino le regole del gioco sul campo di battaglia. Il Leopard ha già mostrato i suoi limiti in Siria sotto operazione turca. Notare la seguente citazione da questo articolo del 2018:

"Dato che i carri armati sono ampiamente gestiti dai membri della NATO - tra cui Canada, Paesi Bassi, Danimarca, Grecia e Norvegia - è particolarmente imbarazzante vederli distrutti così facilmente dai terroristi siriani quando dovrebbero essere allo stesso livello dell'esercito russo".

In definitiva, il Leopard è un MBT abbastanza banale progettato negli anni '70 e surclassato dal russo T-90. Non è un equipaggiamento terribile, ma non è certo il terrore del campo di battaglia. Subiranno perdite e saranno logorati proprio come lo è stato il parco carri armati dell'Ucraina di prima della guerra. Tuttavia, ciò non cambia il fatto che un esercito ucraino con poche compagnie di Leopard sarà più potente di uno senza.

Penso che sia giusto dire che le seguenti tre affermazioni sono tutte vere:

  •     Ricevere un mix di carri armati occidentali sarà per l'Ucraina un peso difficile da sostenere quanto ad addestramento, manutenzione e mantenimento.
  •        I carri armati occidentali come il Leopard hanno un valore di combattimento limitato e verranno distrutti come tutti gli altri.

  • -          I carri armati occidentali aumenteranno la potenza di combattimento dell'esercito ucraino fintanto che saranno sul campo.

Detto questo, al momento non sembra che la NATO voglia dare all'Ucraina i carri armati da combattimento. All'inizio è stato suggerito che dei carri armati potessero essere rispolverati dal deposito e consegnati a Kiev, ma il produttore ha dichiarato che questi veicoli non sono funzionali e nonsarebbero pronti per il combattimento fino al 2024. Ciò lascia come unica possibilità quella di attingere direttamente al parco di carri armati della NATO, cosa che finora si sono mostrati reticenti a fare.

Come mai? Il mio suggerimento è che, semplicemente, la NATO non crede nella vittoria ucraina. L'Ucraina non può nemmeno sognarsi di spostare la Russia dalle sue posizioni senza un'adeguata forza di carri armati, e quindi la reticenza a consegnare i carri armati suggerisce che la NATO pensi che questo sia comunque solo un sogno. Invece, continuano a dare la priorità alle armi che sostengono la capacità dell'Ucraina di combattere una difesa statica (da qui le centinaia di pezzi di artiglieria), senza indulgere in voli di fantasia su un grande sfondamento ucraino in Crimea con mezzi corazzati.

Tuttavia, data l'intensa febbre di guerra che si è accumulata in occidente, è possibile che il momento politico ci imponga la scelta. È possibile che siamo arrivati al punto in cui le cose sono andate fuori controllo, che la NATO sia intrappolata nella sua stessa retorica di inequivocabile sostegno fino a quando l'Ucraina non otterrà una vittoria totale, e potremmo vedere i Leopard 2A4 bruciare nella steppa.

 

Sommario: La morte di uno Stato

L'esercito ucraino è estremamente degradato, avendo subito perdite esorbitanti sia di uomini che di armi pesanti. Credo che i soldati ucraini killed in action (KIA, ovvero uccisi in combattimento, ndt) a questo punto si stiano avvicinando a 150.000, ed è chiaro che le loro scorte di pezzi di artiglieria, proiettili e veicoli corazzati sono in gran parte esaurite.

Mi aspetto che la linea difensiva Bakhmut-Siversk venga ripulita prima di aprile, dopodiché la Russia si spingerà verso l'ultima (e più debole) cintura difensiva intorno a Slavyansk. Nel frattempo, la Russia ha in riserva una notevole potenza di combattimento, che può essere utilizzata per riaprire il fronte settentrionale sulla riva occidentale dell'Oskil e riavviare le operazioni offensive a Zaporozhia, mettendo in grave pericolo la logistica ucraina.

Questa guerra sarà combattuta fino alla sua conclusione sul campo di battaglia e terminerà in maniera favorevole per la Russia.


Conclusione: una nota sui colpi di stato

Sentitevi liberi di ignorare questo segmento, poiché è un po' più nebuloso e non concretamente correlato agli eventi in Ucraina o in Russia.

Abbiamo sentito molte voci divertenti su colpi di stato in entrambi i paesi: Putin ha il cancro al piede e il suo governo crollerà, Zelensky sta per essere sostituito con Zaluzhny, e così via. I Patrioti al comando e così via.

In ogni caso, ho pensato di scrivere solo in generale sul perché i colpi di stato e le rivoluzioni non sembrano mai portare a regimi democratici carini e coccolosi, ma quasi sempre al trasferimento del controllo politico ai militari e ai servizi di sicurezza.

La risposta, si potrebbe pensare, è semplicemente che questi uomini hanno le armi e il potere per accedere alle stanze in cui vengono prese le decisioni, ma non è solo questo. Si riferisce anche a un concetto della teoria dei giochi chiamato ‘punti Schelling.

Un punto Schelling (dal nome di colui che ha introdotto il concetto, un economista di nome Thomas Schelling) si riferisce alla soluzione che le parti scelgono, dato uno stato di incertezza e nessuna capacità di comunicare. Uno degli esempi classici per illustrare il concetto è un gioco di coordinazione. Supponiamo che a te e a un'altra persona vengano mostrati quattro quadrati ciascuno: tre sono blu e uno è rosso. A ciascuno di voi viene chiesto di scegliere un quadrato. Se scegliete entrambi la stessa casella, riceverete un premio in denaro, ma non potete comunicare tra voi le vostre scelte. Come sceglierai? Bene, la maggior parte delle persone sceglie razionalmente il quadrato rosso, semplicemente perché è ben visibile - risalta, e quindi presumi che anche il tuo partner sceglierà questo quadrato. Il quadrato rosso non è migliore, di per sé, è semplicemente più evidente.

In una situazione politica turbolenta, o addirittura di anarchia, il sistema si muove da sé verso i suoi punti Schelling - figure e istituzioni ben visibili, che irradiano autorità, rappresentano la scelta più evidente per assumere il potere e impartire comandi.

I bolscevichi, ad esempio, lo capirono molto bene. Immediatamente dopo aver dichiarato il loro nuovo governo nel 1917, inviarono commissari nei vari edifici amministrativi a San Pietroburgo dove avevano sede le burocrazie zariste. Trotsky notoriamente si presentò una mattina all'edificio del ministero degli Esteri e annunciò semplicemente di essere il nuovo ministro degli Esteri. I dipendenti lo derisero: chi era? come faceva a presumere di essere al comando? - ma per Trotsky il punto era insinuarsi in un punto Schelling. Nella situazione di anarchia che cominciava a diffondersi in Russia, le persone cercavano naturalmente qualche centro di autorità evidente, e i bolscevichi si erano abilmente posizionati come tali, rivendicando il controllo sugli uffici e sulle cariche burocratiche. Dall'altra parte della guerra civile, l'opposizione politica ai bolscevichi si raccolse attorno agli ufficiali dell'esercito zarista, perché anch'essi erano punti Schelling, in quanto avevano già titoli e posizioni all'interno di una gerarchia esistente.

Tutto questo per dire che in caso di colpo di stato o di collasso dello stato, praticamente i nuovi governi non si formano mai sui generis, ma nascono sempre da istituzioni e gerarchie preesistenti. Perché, quando cadde l'Unione Sovietica, l'autorità politica passò alle Repubbliche? Perché queste Repubbliche erano punti Schelling, rami a cui ci si poteva aggrappare per mettersi al sicuro in un fiume caotico.

Lo dico semplicemente perché sono stanco di storie fantasmagoriche sulla liquidazione del regime in Russia e persino sullo smembramento territoriale. La caduta del governo di Putin non porterà e non può portare a un regime acquiescente, vicino all'Occidente, perché non ci sono istituzioni di potere reale in Russia che siano disposte in questo senso. Il potere ricadrebbe sui servizi di sicurezza, perché sono punti Schelling, ed è lì che va il potere.