13/01/23

Jay Bhattacharya - Come Stanford ha fallito l'Academic Freedom Test

Stanford "ha creato un ambiente di calunnie, minacce e abusi verso i critici del lockdown"

Abbiamo avuto prova della soggezione del mondo accademico al 'politicamente corretto'  già da diversi decenni a questa parte, tuttavia negli anni della pandemia questo triste fenomeno si è manifestato in maniera sempre più eclatante e sfrontata. Qui il prof. Jay Bhattacharya, illustre epidemiologo primo firmatario della Great Barrington Declaration contro i lockdown, ricorda  come per le sue coerenti posizioni scientifiche sia stato oggetto di una campagna denigratoria da parte dei social media. Bhattacharya racconta come questa campagna fu scatenata da una mail, recentemente resa pubblica, in cui i vertici del NHS chiedevano la sua testa e quella degli altri firmatari della dichiarazione, e come la sua stessa prestigiosa Università si sia piegata alla propaganda del governo.


di Jay Bahattacharya

11 gennaio, 2023

Viviamo in un'epoca in cui un alto burocrate della sanità pubblica può, senza ironia, annunciare al mondo che se lo critichi, non stai semplicemente criticando un uomo. Stai criticando "la scienza" stessa. L'ironia di questa idea di "scienza" come insieme di dottrine e credenze sacre è che proprio l'Età dell'Illuminismo, che ci ha dato le nostre moderne definizioni di metodologia scientifica, fu una reazione contro un clero religioso che rivendicava per sé soltanto la capacità di distinguere la verità dalla non verità. La pandemia di COVID-19, a quanto pare, ci ha riportato al punto di partenza, con un clero della sanità pubblica che ha sostituito il vecchio clero religioso come unica inattaccabile fonte di verità.

Purtroppo l'analogia non si ferma qui. Gli stessi sacerdoti della sanità pubblica, che hanno l'autorità di distinguere l'eresia dall'ortodossia, hanno anche scacciato gli eretici, proprio come fece la Chiesa cattolica medievale. Le migliori università, come Stanford, dove ho studiato e insegnato sin dal 1986, dovrebbero fare da baluardo contro tali ortodossie, creando uno spazio sicuro in cui gli scienziati possano pensare e sottoporre a verifica le loro idee. Purtroppo, Stanford ha fallito in questo aspetto fondamentale della sua missione, come posso attestare per esperienza personale.

Ci tengo a precisare che le mie radici a Stanford risalgono a molto tempo fa. Qui ho conseguito due lauree in economia nel 1990. Negli anni '90 ho conseguito un dottorato in medicina e un dottorato di ricerca in economia. Sono stato professore a pieno titolo presso la rinomata scuola di medicina di Stanford per quasi 15 anni, tranquillamente insegnando e facendo ricerca su molti argomenti, tra cui epidemiologia delle malattie infettive e politica sanitaria. Se nel marzo 2020 qualcuno mi avesse chiesto se a Stanford ci fosse un problema di libertà accademica in medicina o in altro ambito scientifico, avrei trovato ridicola quest'idea. Il motto di Stanford (in tedesco) è "soffiano i venti della libertà", e all'epoca avrei detto che Stanford era all'altezza di quel motto. Allora ero ingenuo, ora non più.

La libertà accademica diventa rilevante nei casi limite in cui un membro della facoltà o uno studente persegue un'idea che altri all'università trovano scomoda o discutibile. Se Stanford non riesce a tutelare la libertà accademica in questi casi, allora significa che non tutela affatto la libertà accademica.

Per giustificare questa deprimente affermazione, vorrei raccontare la storia della mia esperienza durante la pandemia riguardo a un'importante proposta politica di cui sono coautore, chiamata Dichiarazione di Great Barrington (GBD). Potrei raccontare molti altri incidenti che illustrano lo straordinario fallimento di Stanford nel tutelare la libertà accademica, ma questo esempio è sufficiente per chiarire la mia tesi.

Il 4 ottobre 2020, insieme ad altri due eminenti epidemiologi, Sunetra Gupta dell'Università di Oxford e Martin Kulldorff dell'Università di Harvard, ho scritto la GBD. La dichiarazione è un documento di una pagina che proponeva un modo molto diverso di gestire la pandemia di COVID-19 rispetto a quello utilizzato fino a quella data. La strategia incentrata sul lockdown seguita da gran parte del mondo ha imitato l'approccio adottato dalle autorità cinesi nel gennaio 2020. Gli estesi lockdown - cioè le politiche pubbliche progettate per mantenere le persone fisicamente separate l'una dall'altra al fine di evitare la diffusione del virus SARS-CoV-2 - erano una netta deviazione dalla gestione occidentale delle precedenti pandemie di virus respiratori. I vecchi piani pandemici davano la priorità a minimizzare le interruzioni del normale funzionamento sociale, alla protezione dei gruppi di persone vulnerabili e allo sviluppo rapido di terapie e vaccini.

Già nell'ottobre 2020, era chiaro che i lockdown ispirati dalla Cina avevano arrecato enormi danni al benessere fisico e psicologico di ampie fette della popolazione, in particolare bambini, poveri e classe operaia. Le scuole chiuse ci hanno consegnato una generazione di bambini in tutto il mondo destinati a vivere vite più brevi e meno sane. Nel luglio 2020, i Centers for Disease Control hanno pubblicato una stima secondo cui un giovane adulto su quattro negli Stati Uniti aveva preso seriamente in considerazione il suicidio durante il mese precedente. Le Nazioni Unite hanno stimato che altri 130 milioni di persone sarebbero stati gettati in una terribile insicurezza alimentare - la fame – a causa della crisi economica causata dai lockdown. I principali beneficiari dei lockdown - ammesso che ci siano stati effettivamente dei beneficiari di queste drastiche misure antisociali – possono essere identificati in una ristretta classe di persone benestanti che potevano lavorare da casa tramite Zoom senza rischiare di perdere il lavoro.

Nell'ottobre 2020 era ormai ampiamente chiaro che la politica dei lockdown adottata da molti governi occidentali, con l'eccezione di alcune sacche di resistenza come la Svezia, non era riuscita a fermare la diffusione del COVID. Era infatti troppo tardi per adottare un obiettivo politico di eradicazione del virus. Non avevamo i mezzi tecnologici per raggiungere questo obiettivo, né allora né adesso. Entro l'autunno del 2020, era abbondantemente chiaro che il COVID-19 era qui per restare e che si sarebbero verificate molte ondate successive.

I governi avevano imposto i lockdown basandosi sulla premessa che vi fosse un consenso scientifico quasi unanime a loro sostegno. Eppure una politica straordinaria come un lockdown richiede, o dovrebbe richiedere, una giustificazione scientifica straordinaria. Ci vorrebbe almeno una quasi unanimità tra gli scienziati, sostenuta da solidi dati empirici.

Come i miei colleghi Gupta e Kulldorf, sapevo che tale unanimità non esisteva. Molti scienziati in tutto il mondo ci avevano contattato per parlarci dei loro scrupoli con i lockdown, il loro impatto distruttivo e le scarse prove della loro efficacia. Molti epidemiologi e studiosi di politica sanitaria erano favorevoli a un approccio alternativo, anche se molti avevano paura a dirlo. A noi tre sembrava chiaro che con la comparsa della prossima inevitabile ondata, c'era il rischio che i lockdown potessero tornare e che le prove scientifiche contro tali misure sarebbero state ignorate e soffocate, con un enorme costo sociale.

Abbiamo scritto la GBD per dire al pubblico che non c'era unanimità scientifica sui lockdown. Invece, la GBD proponeva una strategia mirata a proteggere gli anziani e le altre persone vulnerabili. C'è una differenza di oltre mille volte nel rischio di mortalità per infezione da COVID-19 tra anziani e giovani, con i bambini sani soggetti a un rischio trascurabile. La cosa più umana da fare era dedicare risorse e ingegno alla protezione dei più vulnerabili. La GBD e le FAQ che la accompagnano hanno fornito molti suggerimenti su come agire e hanno invitato le comunità sanitarie pubbliche locali, che conoscono meglio le condizioni di vita dei più vulnerabili nel territorio, a ideare soluzioni adeguate a livello locale. Allo stesso tempo, la GBD sosteneva la revoca dei lockdown e l'apertura delle scuole per alleviare i danni ai bambini. Abbiamo messo la GBD su Internet e invitato altri membri del pubblico a firmarla.

La GBD è stata pubblicata il 4 ottobre 2020. Quasi immediatamente, decine di migliaia di scienziati, epidemiologi e medici hanno firmato il documento, inclusi molti appartenenti alle migliori università. Allo stesso tempo, le persone hanno iniziato a inviarci traduzioni della GBD, che alla fine è stata tradotta in 40 lingue, e fino ad oggi quasi un milione di persone ha firmato, da quasi tutti i paesi della Terra.

La dichiarazione ha ricevuto l'attenzione della stampa americana, dapprima un’attenzione curiosa e leale, ma subito dopo più ostile e tendenziosa. Ho iniziato a ricevere telefonate da giornalisti, inclusi The New York Times e Washington Post, che mi chiedevano perché volevo "lasciare che il virus si diffondesse" nella popolazione, anche se era esattamente l'opposto di ciò che stavamo proponendo, e mettevano in discussione le mie credenziali e le mie motivazioni.

All'inizio è stato piuttosto sconcertante essere l'obiettivo di quella che si è rivelata una campagna di diffamazione e censura di argomenti e prove scientifiche ben organizzata e sponsorizzata dal governo. Non avevo preso soldi per scrivere la dichiarazione. Eppure i media in qualche modo hanno trasformato Gupta, Kulldorf e me in strumenti di un nefasto complotto con lo scopo di distruggere il mondo tramite la diffusione di una "disinformazione" che avrebbe causato morti di massa. Ho iniziato a ricevere minacce di morte e lettere di odio razzista.

Circa un anno più tardi, dopo che lo storico Phil Magness ha presentato una richiesta FOIA (Freedom of Information Act, sul diritto di accesso alle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, ndt), ho appreso una parte della storia di come è nata la campagna di propaganda sponsorizzata dal governo degli Stati Uniti contro la GBD. Quattro giorni dopo che avevamo scritto la GBD, Francis Collins, il genetista e scienziato di laboratorio che era allora a capo del National Institutes of Health degli Stati Uniti, ha scritto un'e-mail ad Anthony Fauci, l'immunologo e scienziato di laboratorio che è a capo del National Institute of Health Allergie and Infectious Diseases. Nell'e-mail, Collins definiva Martin, Sunetra e me come "epidemiologi marginali" e richiedeva una umiliazione pubblica devastante. Gli attacchi a noi tre, favoriti dalla cooperazione di piattaforme di social media presumibilmente private come Twitter, sono stati lanciati poco dopo l’invio di quell'e-mail da parte di Collins.

Ma questo non è un articolo sull'etica delle società di social media, i cui profitti dipendono in larga misura da rapporti amichevoli con le autorità di regolamentazione del governo e i cui dipendenti possono considerarsi attivisti politici di parte. Questa è una critica alle nostre migliori università, che dovrebbero essere dedicate alla ricerca della conoscenza, ma che nel loro comportamento egoistico e amorale si sono rivelate non diverse dai propagandisti del governo e dalle grandi società private.

 

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