In questo articolo tratto dal sito 'Trying to understand the world', l'alto funzionario britannico che scrive sotto lo pseudonimo di Aurelien* (e che già abbiamo tradotto qui e qui) fa il punto sulla inadeguatezza della capacità militare e di sicurezza dell'Occidente rispetto alle sfide attuali e ne analizza le principali conseguenze. In seguito alle scelte strategiche perseguite negli ultimi decenni, l'Occidente si trova ora infatti - pur dotato di armi sofisticatissime e con una spesa per la difesa che si mantiene elevata - non solo sfornito dei mezzi adatti a una guerra su vasta scala di tipo convenzionale, ma anche nell'impossibilità di ricostituirli in tempo utile. Questa discrepanza tra le scelte strategiche degli anni passati e gli obiettivi che le élite democratiche e Neocon si sono dati, è l'elefante nella stanza (o meglio il fenicottero rosa), con cui si arriverà necessariamente a fare i conti.
Molte grazie a @BuffagniRoberto per la revisione tecnica della traduzione.
di Aurelien*, 4 gennaio 2023
Ho sostenuto più volte che molto probabilmente l'Europa si
ritroverà presto parzialmente disarmata, politicamente isolata ed
economicamente vulnerabile, e che, a meno di qualche tipo di intervento sovrannaturale,
quei processi non possano essere invertiti. Qui voglio entrare più nel
dettaglio di quelle che penso possano essere alcune delle conseguenze di questa
debolezza militare e in materia di sicurezza, oltre ad estendere brevemente
l'analisi agli Stati Uniti. Alcune delle possibili conseguenze potrebbero risultare
sorprendenti.
Ci troviamo, credo, in un momento abbastanza unico nella
storia del mondo: l'Occidente, collettivamente la più grande singola costellazione
economica del mondo, ha passato trent'anni a ridurre progressivamente la sua
capacità di combattere una guerra terrestre/aerea convenzionale,
specializzandosi invece nelle modalità estreme dei conflitti. In pratica, ciò
equivale ad armi nucleari e sottomarini, caccia ad alte prestazioni e aerei
d'attacco da un lato, e contro-insurrezione e proiezione della forza in un
ambiente permissivo dall'altro, senza che ci sia molto in mezzo. Come spiegherò
tra poco, non è la prima volta che le nazioni hanno ridotto radicalmente le
loro forze armate o vi sono state obbligate, né è la prima volta che le nazioni
si trovano con forze irrimediabilmente inadatte ai compiti che potrebbero dover
eseguire; tuttavia questa è, in realtà, la prima volta che intere capacità sono
state abbandonate sulla base del presupposto che non sarebbero mai state
necessarie, e ora è impossibile ricostituirle. Vale a dire, che l'attuale
capacità militare convenzionale dell'Europa e degli Stati Uniti oggi è poco
adatta all'attuale situazione mondiale, ma è tutto ciò che sarà a disposizione nel
prossimo futuro.
Paradossalmente, questa situazione non è dovuta al fatto che
i paesi hanno tagliato la spesa per la difesa. Alcuni l'hanno fatto, ma altri,
come gli Stati Uniti, hanno continuato ad aumentarla. Eppure è chiaro che la
spesa complessiva per la difesa ha relativamente poco a che fare con la reale
capacità militare, una volta superato un certo livello minimo di finanziamenti
e strutture di forza. Al contrario, tagli dei costi limitati e a breve termine
ai tempi di addestramento, al reclutamento o alle scorte di munizioni, possono
creare problemi che successivamente possono risultare estremamente costosi e
richiedere tempo per essere risolti. Spendere un sacco di soldi per le cose
sbagliate non offre alcun vantaggio rispetto a spendere un po' meno soldi per
le stesse cose sbagliate. Il trucco è spendere i soldi per le cose giuste. Il
problema, ovviamente, è che la spesa per la difesa (e non solo per le
attrezzature) è per definizione così a lungo termine e così suscettibile al
cambiamento e alla moda politica, che è davvero raro trovarsi con le armi e le
strutture di forza giuste per la prossima operazione quando ne sorge il
bisogno. Quindi la situazione in cui si è trovato l'Occidente ora non è
concettualmente inedita: solo che questa volta è difficile, se non impossibile,
scorgere una via d'uscita.
Ora, è importante sottolineare che, di per sé, la decisione
di abbandonare la concentrazione sulle forze per la difesa del territorio era
probabilmente quella giusta da prendere, trent'anni fa. Era difficile capire
perché mai avrebbe potuto essere necessario combattere di nuovo una grande
guerra terrestre/aerea convenzionale: le due guerre del Golfo contro l'Iraq
sono state combattute perché potevano essere combattute, non perché fosse
necessario. Se quella decisione fosse stata collegata a un'intelligente
strategia politica per affrontare le macerie lasciate dalla guerra fredda,
sarebbe stato difficile criticarla. Peccato quindi che fosse legata, invece, a
una strategia politica di minaccia e antagonismo nei confronti di un grande Stato
che aveva deciso di mantenere la capacità di combattere conflitti terra-aria su
larga scala. Ma questa è la situazione.
Le nazioni hanno sempre ridotto le loro forze armate dopo le
guerre. I francesi nel 1814 e nel 1940, e i tedeschi nel 1918 e nel 1945, sono
esempi di Stati che si sono trovati effettivamente obbligati a ridurre le loro
forze armate quasi, o del tutto, a zero. Ma anche in quei casi, gli eserciti sono
stati ricostruiti nel giro di pochi anni, utilizzando il personale militare
precedente, l’esperienza ereditata e la capacità industriale rimasta. Detto
questo, alcune ricostruzioni sono state più facili di altre: si è rivelato
abbastanza semplice ricostruire l'esercito tedesco, dopo il 1933. Per la forza aerea
era più difficile, ma si poteva contare in certa misura sul programma aereo
civile e sulle numerose organizzazioni ombra che avevano cercato di mantenere
in vita la capacità dell'aeronautica militare. La Marina era un problema molto
più grande, dal punto di vista organizzativo e tecnologico, ed è sorprendente
quanto fallimentare sia stato l'ambizioso programma di costruzione navale
tedesco dopo il 1933.
La situazione in cui si trova oggi l'Occidente è simile a
quella, ma in peggio. Non si tratta semplicemente del fatto che la capacità
industriale di produrre armi in grandi quantità non esiste più; ma anche che senza
un intervento divino è impossibile ricrearla, ed è anche impossibile, allo
stato attuale, la ricostituzione delle notevoli strutture organizzative,
tecnologiche e di supporto di cui avrebbe bisogno. Alcune di queste ragioni
hanno semplicemente a che fare con i costi, la complessità e i tempi della
produzione. Qualche mese fa, ho notato una folla di persone raccolta attorno a
un veicolo fermo al semaforo, scortato dai militari. Era un carro armato
Leclerc su un trasportatore, presumibilmente in consegna a un'unità operativa.
Ho capito perché la gente lo guardava a bocca aperta. Era enorme. Un moderno
carro armato pesa 60-70 tonnellate e non può muoversi lungo una strada normale
senza distruggerla. Circa due terzi del costo di un mezzo del genere sono in
elettronica e sistemi, e richiede personale qualificato per gestirlo e personale
ancora più qualificato per la manutenzione. Una fabbrica in un paese
occidentale, oggi, potrebbe produrre tre o quattro di questi colossi al mese.
Non ci sarebbe alcuna possibilità di tenere il passo con i tassi di perdite
sperimentati in Ucraina nel corso del conflitto.
Ma non si tratta solo, e forse nemmeno principalmente, di
problemi tecnologici. Le industrie della difesa degli Stati occidentali sono
state riconvertite negli ultimi decenni dagli stessi titolari di Master in
Business Administration con lo sguardo da robot che hanno rovinato tutto il
resto. Le fabbriche di armi statali sono state vendute e chiuse. La maggior
parte della ricerca di base e quasi tutto lo sviluppo sono stati
esternalizzati. Molte industrie della difesa nazionale hanno semplicemente
cessato di esistere, rilevate da conglomerati internazionali fedeli solo agli
azionisti. Un piccolo esempio, ma significativo: la prossima arma automatica
per l'esercito francese sarà fabbricata in Germania, poiché la fabbrica in
Francia ora è chiusa.
Pertanto, nonostante complessivamente spenda una fortuna in
capacità di difesa, l'Occidente è in grado di operare con successo solo in un
numero limitato di scenari, e non è ovvio come questo possa cambiare. Possiamo
elencare alcuni dei principali scenari. (Le forze nucleari rientrano in una
diversa categoria concettuale, e non dirò altro su questo, adesso.) Gli aerei
occidentali potrebbero ottenere e mantenere con successo la superiorità aerea
contro, diciamo Russia o Cina, a condizione che il nemico accetti di limitare
rigorosamente il suo impegno al combattimento aria-aria, fuori dalla portata
dei missili antiaerei. I sottomarini, le navi di superficie e le portaerei
occidentali potrebbero probabilmente prevalere, ad esempio contro la Marina
cinese, a condizione che quest'ultima accetti di combattere al di fuori della
portata dei missili terrestri. Quantità ragionevoli di forze potrebbero essere
proiettate via mare e aria in ambienti permissivi in cui la superiorità aerea
potrebbe essere garantita. Ciò potrebbe includere operazioni di combattimento
con forze meccanizzate e artiglieria, a condizione che le operazioni non
durassero più di poche settimane. E potrebbero anche essere intraprese missioni
di peacekeeping, anche se
probabilmente non su larga scala. Ci sono, ovviamente, differenze e sfumature diverse
molto importanti tra le nazioni occidentali, ma tutte, a diversi livelli, sono
intrappolate in un processo di continua riduzione delle forze, con numeri
sempre più bassi di attrezzature sempre più costose e sofisticate, sempre più
costose da mantenere e impossibili da sostituire una volta iniziato un
conflitto. Quest'ultimo punto ha conseguenze politiche che spesso vengono
ignorate: in quali circostanze si potrebbe rischiare un’intera flotta di forse
100 aerei da combattimento in prima linea, in una guerra che in pochi giorni potrebbe
lasciarci disarmati e incapaci di ricostituire le forze in meno di un decennio?
Queste strutture di forza che abbiamo oggi non si sono
sviluppate per caso: riflettevano le convinzioni sulle missioni che le forze
militari avrebbero probabilmente intrapreso. In sostanza, le forze occidentali
hanno molte capacità super sofisticate e una discreta quantità di capacità a
bassa intensità e contro-insurrezionali, con non molto altro nel mezzo. Ma non
possono combattere una grande guerra terrestre/aerea convenzionale, o anche una
guerra limitata che vada avanti per più di qualche settimana. Affrontano anche
il duplice problema, da un lato della diffusa proliferazione di missili da crociera
e balistici relativamente economici e precisi, in grado di sopraffare le difese
e distruggere sistemi d'arma altamente costosi e complessi, e dall'altro la
mancanza di investimenti in sostenibilità. Non c'è niente di magico nella
tecnologia dei nuovi missili; è solo che l'Occidente non vedeva alcuna utilità
nello sviluppo di quella tecnologia. Allo stesso modo, l'Occidente non vedeva l’utilità
di grandi e costose scorte di munizioni. Di conseguenza, d'ora in poi,
l'Occidente semplicemente non potrà fare affidamento sulla propria superiorità
aerea in nessun conflitto serio, né le sue forze navali saranno in grado di
operare in sicurezza vicino ad una costa nemica o all'interno del raggio di
missili stand-off di difesa aerea, né sarà in grado di condurre operazioni
prolungate a terra.
Ribadisco, niente di tutto questo sarebbe stato
necessariamente un problema, se le politiche generali di sicurezza delle
nazioni occidentali fossero state coerenti con queste limitazioni. Ma non lo sono
state, e in sostanza hanno provocato una situazione in cui iniziano a sorgere problemi
di fronte ai quali l’Occidente non dispone di risposte adeguate.
Ben poco di quanto detto sopra, penso, potrebbe essere
oggetto di discussione, e molto è largamente noto. Il mio scopo qui è quindi prendere
in esame questo contesto e domandarci quali sono le principali conseguenze
politiche e di sicurezza di questa apparentemente irreparabile discrepanza tra
i problemi di sicurezza che potrebbero sorgere e i mezzi a disposizione per
affrontarli. (E questi problemi vanno ben oltre quelli derivanti direttamente
dall'Ucraina.) Ora, ovviamente, un certo livello di discrepanza è inevitabile,
poiché si può essere assolutamente certi che il problema di sicurezza che si porrà
nella realtà sarà esattamente quello a cui non si era mai pensato. La vita è
così. Ma forze armate esperte e professionali possono sempre essere
riutilizzate. Gli inglesi combatterono la guerra delle Falkland mettendo
insieme attrezzature e capacità originariamente destinate a scopi completamente
diversi: bombardieri nucleari Vulcan in un ruolo convenzionale, aerei d'attacco
Sea Harrier riproposti come caccia, cannoni navali in procinto di essere
gradualmente eliminati, usati come artiglieria galleggiante. Ma tale
improvvisazione richiedeva organizzazione e capacità che non esistono più. Un
esempio più tipico di discrepanza sono i Rafales francesi che operano sul Mali.
La sofisticatezza degli aerei è tale che possono essere supportati solo dalla
Francia e devono essere riforniti due volte per attaccare un singolo bersaglio
con una bomba o un missile. È stato stimato che uccidere un singolo jihadista
in Mali costi circa un milione di euro. C'è un limite a quanto tempo si possa andare
avanti così.
Ma tenendo presente che non si avrà mai esattamente il
giusto mix di forze, al momento l'Occidente sembra effettivamente mal
equipaggiato per poter affrontare molte delle probabili sfide alla sicurezza
dell'immediato futuro. Ne esporrò alcune, in termini tradizionali, e parlerò di
"sicurezza" piuttosto che solo di sfide "militari", perché
c'è una notevole fluidità tra, ad esempio, i militari e una forza di polizia
paramilitare.
Nella mia esperienza sono ben pochi coloro che abitualmente
prendono in considerazione la domanda: "a cosa servono le forze di
sicurezza?" La risposta più comune, anche se tautologica, è "fornire
sicurezza", che di solito porta a un'inutile discussione su cosa sia la
sicurezza. Benissimo, ma quando vediamo i poliziotti per strada, i soldati in
TV o leggiamo dei servizi di intelligence, quale pensiamo che sia
effettivamente il loro scopo? Concentriamoci sui militari, poiché è forse il
caso più facile da capire. A cosa servono realmente i militari?
Apriamo un libro di testo di scienze politiche a caso e
probabilmente troveremo qualche breve risposta, come ad esempio combattere (e
preferibilmente vincere) guerre, o difendere il territorio e gli interessi
nazionali. Se fosse vero, allora la maggior parte delle forze armate del mondo
starebbe sprecando il proprio tempo, dal momento che sono troppo ridotte per
poter vincere guerre o addirittura difendere il territorio della loro nazione. Come
si inserirebbero esattamente le forze armate della Nuova Zelanda o dello Sri
Lanka in un simile schema? La risposta è ovviamente un po' più complessa di
così. In sostanza, il ruolo primario dei militari è quello di sostenere le
politiche estere e interne di uno stato con la minaccia dell’uso della forza.
(Toccheremo brevemente alcuni ruoli secondari tra un momento.) Sono, in altre
parole, uno strumento dei governi in circostanze in cui è richiesta la
minaccia, o l'uso effettivo, della forza per raggiungere un obiettivo.
Ovviamente, questi obiettivi comprendono (e di solito è così) la difesa
nazionale, ma non si limitano affatto a questo.
Il ruolo più importante dei militari è quello di garantire
il monopolio della forza legittima da parte del governo e dello Stato. Questa,
ovviamente, è la formulazione di Max Weber (sebbene non sia stato lui ad aver inventato
l'idea) su ciò che caratterizza uno Stato. Come afferma Weber, uno Stato deve poter
rivendicare con successo il monopolio della forza legittima su un determinato
territorio. Ovviamente, ci saranno sempre usi illegittimi della forza, ma lo
Stato, per qualificarsi come tale, deve essere in grado di creare e applicare
regole per mantenere quel monopolio e dichiarare quale uso della forza è
legittimo e quale no.
Molti cosiddetti "Stati" non ne sono in grado.
L'esempio più evidente è il Libano, dove c'è una forza militare – Hezbollah –
che è più potente dell'esercito ufficiale, e del tutto fuori dal controllo del
governo, oltre che fortemente influenzata dal governo di un paese straniero. E
notoriamente, in molte parti dell'Africa lo Stato e il suo apparato militare
sono solo uno degli attori in campo, e non necessariamente il più potente.
Al di là dell'apparato tecnico dello Stato, c'è anche la
natura stessa del sistema politico. Gli Stati liberali danno così tanto per
scontata la propria virtù e diritto innato di esistere, che tendono a
dimenticare che gli stessi sistemi politici liberali sono spesso saliti al
potere con la forza delle armi e hanno spesso usato la violenza per distruggere
comunità con concezioni diverse della politica: la sanguinosa repressione della
Comune di Parigi nel 1871 ne è l'esempio classico. Tutte le forze di sicurezza
hanno il compito di proteggere la natura del regime politico del Paese: non per
niente il servizio di intelligence interno tedesco, il BfV, è l'"Ufficio
per la protezione della Costituzione". In altre parole, esiste per
proteggere un particolare sistema politico dai suoi oppositori, inclusa la
banda da opera buffa che poche settimane fa ha cercato di rovesciarlo e di far
salire al potere il principe Heinrich XIII.
La storia della costruzione e distruzione degli Stati nel
corso di centinaia di anni è quindi in gran parte il tentativo di imporre il
monopolio della forza legittima da una posizione centrale e in nome di un dato
sistema politico, e della sfida a quel monopolio da parte di aree periferiche.
Ma davvero adesso è tutto finito? Almeno in Europa, comunque? Ebbene, questa è
stata la dinamica essenziale delle guerre di dissoluzione nell'ex Jugoslavia e
della crisi del Kosovo, e fondamentalmente spiega perché la crisi ucraina si è
sviluppata in quel modo. E del resto, lo scontro poliziesco e militare del
governo britannico contro l'IRA, durato 25 anni, è stato essenzialmente una
lotta per rafforzare il suo monopolio della forza legittima nell'Irlanda del
Nord. (Alla fine ci è riuscito, ma ci sono stati momenti in cui parti della
Provincia erano al di fuori del suo effettivo controllo). Non sarebbe saggio
presumere che tali problemi non si verificheranno mai più, specialmente nelle parti
dell'UE i cui confini sono cambiati molto nel corso dei secoli. La vera domanda
è: quanto sono preparate le forze di sicurezza occidentali a far fronte a nuovi
focolai di problemi di questo genere?
La risposta sembra essere: non molto. Già negli anni '70,
gli inglesi scoprirono che il loro esercito, ormai in gran parte concentrato
sulla NATO, aveva troppo poche truppe adatte alle operazioni di contro-insurrezione.
Dopo la confusione e il panico dei primi anni, delle unità dovettero essere
portate fuori dalla Germania, sottoposte a un corso di addestramento di tre
mesi, schierate per sei mesi e poi alla fine riaddestrate per i loro compiti
abituali. Al suo apice, l'impegno in Irlanda del Nord richiedeva circa 20.000
soldati: cosa che oggi sarebbe impossibile. Durante la crisi in Bosnia e le sue
conseguenze, la maggior parte delle truppe occidentali inviate in quel paese
erano irrimediabilmente prive di addestramento e inesperte nelle operazioni di peacekeeping, e spesso erano
inutilizzabili in operazioni militari. Da allora, queste tendenze si sono
rafforzate. Le forze militari, e persino le paramilitari, hanno sempre più
cercato di sostituire la tecnologia alla manodopera, ma ci sono alcune
situazioni in cui proprio non si può fare. Il risultato è che la maggior parte
degli Stati occidentali oggi non sarebbe in grado di far fronte con successo a
seri tentativi di contestarne il monopolio della forza legittima.
Un problema correlato è quello della violenza politica su
larga scala, ideologicamente motivata e tesa a provocare molte vittime. In
passato, gruppi del genere tendevano ad essere piccoli e poco efficaci, e in
generale le forze di polizia sono state in grado di affrontarli. Ciò si sta
dimostrando meno vero con la crescita di gruppi islamici estremisti organizzati
e ben finanziati, i cui membri sono spesso addestrati militarmente ed hanno esperienza
di combattimento in diverse regioni del mondo. A differenza dei gruppi marxisti
poco organizzati come le Brigate Rosse, o del nazionalismo romantico di gruppi
come l'ETA, queste organizzazioni hanno una sofisticata dottrina dell'Islam
politico, formulata per la prima volta negli anni '20, ampiamente seguita in
tutto il mondo e generosamente finanziata da paesi come Qatar, Turchia ed Arabia
Saudita come mezzo per diffondere il soft
power. Tali gruppi credono che lo stesso Stato laico sia il male e debba
essere distrutto, poiché le società devono essere gestite secondo i principi
del Corano, e che i non credenti di ogni tipo, e i musulmani che vivono in
Stati laici, siano peccatori che meritano la morte. Secondo la testimonianza degli
appartenenti alle bande che hanno compiuto attentati in Francia nel 2015-16 sopravvissuti
agli attentati, i loro obiettivi includevano tutti i “non credenti”, compresi i
bambini, e tutte le istituzioni, incluse chiese e scuole. (Amedy Coulibaly
stava andando ad attaccare una scuola ebraica vicino a Parigi nel gennaio 2015,
quando è stato fermato da una poliziotta, da lui uccisa prima della fuga.)
Da un punto di vista tecnico, tentare di prevenire tali
attacchi è un incubo. Quando tutti e tutto sono un potenziale bersaglio, il
metodo classico di proteggere obiettivi di alto valore e VIP è inutile. Allo
stesso modo, qualsiasi cosa può essere un'arma, da un camion a un coltello da
cucina, e i bersagli possono essere scelti a caso. A titolo indicativo, negli
ultimi anni la Francia ha dispiegato 10.000 militari di pattuglia nelle
principali città, più per rassicurare la popolazione che per altro. Supponendo
che pattugliamenti di questo tipo durino quattro ore, e che la copertura sia
fornita per sedici ore al giorno, e che ciascun gruppo operi due volte, ciò
significa cinquemila soldati alla volta per le strade, il che sarebbe del tutto
inadeguato, anche sapendo che tipo di attacco aspettarsi e quando. Così stando
le cose, a volte sono state attaccate le truppe stesse. Inoltre,
l'organizzazione di pattuglie come queste è un enorme spreco di risorse scarse
e sottrae professionisti altamente qualificati ad altri compiti.
Questi problemi si aggiungono, in una certa misura, alla
diffusione capillare delle armi automatiche e alla diffusione di gruppi etnici
di criminalità organizzata nelle periferie delle principali città europee.
Insieme alla presa crescente del fondamentalismo islamico organizzato nelle
comunità locali, ciò ha creato una serie di aree in cui i governi non vogliono
più inviare le forze di sicurezza, per paura di scontri violenti, e dove questi
gruppi stessi esercitano un effettivo monopolio della forza. Ancora una volta,
non è chiaro quali delle attuali capacità militari o paramilitari sarebbero di
reale utilità ad affrontare tali situazioni, e c'è il rischio invece che intervengano
altri attori, non statuali. (Vale la pena precisare che qui non stiamo parlando
di "guerra civile", che è una questione completamente diversa)
Quindi le attuali strutture di forza degli Stati occidentali
avranno problemi a far fronte alle probabili minacce alla sicurezza interna del
prossimo futuro. Per la maggior parte, le forze armate occidentali sono
semplicemente troppo ridotte, troppo altamente specializzate e troppo
tecnologiche per affrontare situazioni in cui è richiesto lo strumento di base
della forza militare: un gran numero di personale addestrato e disciplinato, in
grado di assicurare e mantenere un ambiente sicuro e imporre il monopolio della
forza legittima. Le forze paramilitari possono soltanto aiutare, in una certa
misura. Le potenziali conseguenze politiche di questa mancanza potrebbero
essere enormi. La domanda politica più basilare, in fin dei conti, non è il
famigerato "chi è il mio nemico?" di Carl Schmitt ma piuttosto “chi
mi proteggerà?”. Se gli Stati moderni,
essi stessi carenti di capacità, ma anche con forze di sicurezza troppo ridotte
e poco adatte, non possono proteggere la popolazione, cosa succede allora?
L'esperienza altrove suggerisce che, se le uniche persone che possono
proteggerti sono estremisti islamici e trafficanti di droga, sei praticamente
obbligato a dare loro la tua lealtà, o almeno a qualche forza non statuale altrettanto
forte che si opponga loro.
In modo perverso, gli stessi problemi di rispetto e capacità
si presentano anche a livello internazionale. Ho già scritto più volte sullo
stato precario delle forze occidentali convenzionali oggi e sull'impossibilità
di riportarle a qualcosa di simile ai livelli della Guerra Fredda. Qui, voglio
solo concludere parlando di alcune delle conseguenze politiche meno ovvie di
quella debolezza.
In sostanza, l'efficacia militare relativa influenza il modo
in cui un paese vede i suoi vicini e come loro lo vedono. Questo può consistere
in minacce e paura, ma non necessariamente. Ciò significa, ad esempio, che la
percezione di quali siano i problemi di sicurezza regionale e di come
affrontarli sarà influenzata in modo sproporzionato dalle preoccupazioni degli
Stati con maggiori capacità. (Da qui, ad esempio, la posizione influente di cui
gode la Nigeria nell'Africa occidentale). D’altronde questo non deriva
necessariamente da una semplice misura delle dimensioni delle forze: nella
vecchia NATO, i Paesi Bassi avevano probabilmente più influenza della Turchia,
sebbene le loro forze armate fossero molto più piccole. All'interno dei
raggruppamenti internazionali - alleanze formali o meno - alcuni stati tendono
a guidare e altri a seguire, a seconda della percezione della loro esperienza e
capacità.
A livello internazionale, ad esempio nelle Nazioni Unite,
paesi come la Gran Bretagna e la Francia, insieme a Svezia, Canada, Australia,
India e pochi altri, erano influenti perché avevano forze armate capaci,
sistemi di governo efficaci e, soprattutto, esperienza nella conduzione di
operazioni lontano da casa. Quindi, se tu fossi il Segretario generale delle
Nazioni Unite e stessi mettendo insieme un piccolo gruppo per esaminare le
possibilità di una missione di pace in Myanmar, chi inviteresti? Gli argentini?
I congolesi? Gli algerini? I messicani? Inviteresti alcune nazioni della
regione, certamente, ma ti concentreresti principalmente su nazioni capaci, con
una comprovata esperienza. Ma, in modi abbastanza complessi e sottili, i
modelli di influenza, sia a livello pratico che concettuale, stanno cambiando.
L'attuale visione anche di cosa sia la sicurezza e di come dovrebbe essere
perseguita è attualmente dominata dall'occidente. In futuro lo sarà molto meno.
Questo calo di influenza si applicherà anche agli Stati
Uniti. Le sue armi più potenti e costose - missili nucleari, sottomarini
nucleari, portaerei, caccia ad alte prestazioni – o non sono utilizzabili, o
semplicemente non sono rilevanti per la maggior parte dei problemi di sicurezza
di oggi. Ad esempio, non conosciamo il numero preciso e l'efficacia dei missili
cinesi aria-superficie, ma è chiaro che l'invio di navi di superficie
statunitensi ovunque all'interno del loro raggio sarà un rischio troppo grande
per qualsiasi governo statunitense. E poiché i cinesi lo sanno, le sottili
sfumature dei rapporti di forza tra i due paesi vengono alterate. Ancora, gli
Stati Uniti si sono trovati nell'impossibilità di influenzare effettivamente
l'esito di una grande guerra in Europa, perché non hanno le forze per
intervenire direttamente e le armi che hanno potuto inviare sono troppo poche e
in molti casi del tipo sbagliato. I russi ovviamente ne sono consapevoli, ma anche
altri Stati notano queste cose, e quindi ciò ha delle conseguenze.
Infine, c'è la questione delle relazioni future tra i deboli
Stati europei in un continente in cui gli Stati Uniti hanno cessato di essere
un attore importante. Come ho sottolineato in precedenza, la NATO è andata
avanti così a lungo perché offre tutta una serie di vantaggi pratici non
riconosciuti per le diverse nazioni, anche se alcuni di questi vantaggi si
escludono a vicenda. Ma non è scontato che un tale stato di cose possa
continuare. Nessuna nazione europea, né alcuna ragionevole coalizione di paesi,
avrà una potenza militare tale da eguagliare quella della Russia, e gli Stati
Uniti si sono mostrati da tempo incapaci di colmare la differenza. D'altra
parte, questa non è la Guerra Fredda, dove le truppe sovietiche erano di stanza
a poche centinaia di chilometri dalle principali capitali occidentali. In
realtà non ci sarà davvero nulla per cui combattere, e nessun posto ovvio dove
combattere. Quello che si verificherà, sarà un rapporto di dominio e di
inferiorità come l'Europa non ha mai veramente conosciuto prima, e la fine di
quel consenso instabile su ciò a cui servono effettivamente i militari e le
forze di sicurezza in generale. Sospetto, ma non è altro che un sospetto, che
assisteremo a una svolta verso le questioni interne, con gli Stati che cercano
di affrontare i problemi entro i loro confini e sui confini stessi. Ironia
della sorte, la più grande protezione contro i grandi conflitti potrebbe essere
proprio l'incapacità di condurli della maggior parte degli Stati europei che si
verifica ai nostri giorni. Anche la debolezza può avere i suoi vantaggi.
* L'autore scrive
sotto lo pseudonimo di Aurelien, e di sé dice di aver fatto una lunga carriera
professionale nel governo durante gli anni della Guerra Fredda, e di aver poi
passato un bel po' di tempo a insegnare e scrivere, soprattutto per un pubblico
accademico e professionale. In sostanza, dice di aver girato abbastanza il
mondo, incontrato abbastanza persone e fatto abbastanza cose da avere un'idea
di come le cose funzionino nella vita reale...
Nessun commento:
Posta un commento