26/02/21

Nella fretta di usare la bacchetta magica del vaccino abbiamo peggiorato le cose?



Un articolo pubblicato su Children's Health Defense, basandosi su uno studio del 2015 sugli effetti controproducenti dei vaccini che non impediscono la trasmissione del virus,  pone una domanda forte sui principali vaccini anti Covid-19 utilizzati oggi, i quali potrebbero essere la causa del moltiplicarsi dei contagi e delle più pericolose varianti.  La fretta di risolvere il problema con un colpo di bacchetta magica, invece di lavorare meglio su farmaci e cure, può aver causato un danno peggiore del male?


di Brian Hooker*, 8 gennaio 2021


Uno studio ha scoperto che i vaccini che non prevengono la trasmissione virale possono accelerare l'evoluzione di ceppi più virulenti e che dunque i principali vaccini che usiamo oggi potrebbero peggiorare la crisi COVID.

 

La selezione naturale è il fenomeno per cui in un ambiente sopravvivono solo gli individui più adatti. Per "individui" si intende qualsiasi tipo di organismo - dall'uomo ai batteri e ai virus - ma in questo contesto parliamo della sopravvivenza dei virus.

 

Quando un virus infetta una popolazione di esseri umani, sopravviveranno solo quei virus che hanno un ospite umano vivente. Se un virus è così patogeno da uccidere l'essere umano che ha infettato, muore anche lui.

 

Pertanto, la mortalità dell'ospite nel tempo uccide le forme più gravi di qualsiasi virus. I tassi di infezione possono aumentare, ma la mortalità diminuisce.

 

In uno studio del 2015  pubblicato su PLOS Biology, i ricercatori hanno ipotizzato che la vaccinazione possa sovvertire questo processo, consentendo a ceppi di virus più virulenti (cioè più patogeni e potenzialmente mortali) di vivere negli ospiti vaccinati per periodi di tempo prolungati senza uccidere gli ospiti.

 

Questi ospiti vaccinati, essendo infettati, diffondono il virus, causando un'ulteriore trasmissione della malattia.

 

I ricercatori hanno dimostrato questa ipotesi tramite esperimenti su polli vaccinati per una malattia chiamata Malattia di Marek, un patogeno virale noto per decimare le strutture avicole.

 

I polli vaccinati infettati da ceppi più virulenti del virus della malattia di Marek  hanno portato avanti l'infezione per periodi di tempo più lunghi. Sono quindi diventati "super diffusori" del virus e hanno trasmesso il virus ad altri polli non vaccinati conviventi.

 

A causa della maggiore virulenza della malattia di Marek diffusa dai polli vaccinati, i polli non vaccinati di solito morivano subito dopo l'infezione.

 

Tuttavia, l'immunità parziale offerta ai polli vaccinati ha prolungato la loro sopravvivenza e prolungato il periodo in cui, essendo infettivi, potevano continuare a diffondere la malattia.

 

Senza la vaccinazione, questi ceppi più virulenti della malattia di Marek sarebbero morti con il loro ospite e non avrebbero più fatto circolare il virus nella popolazione. Invece, i polli vaccinati sono diventati l'ospite perfetto per ospitare il virus, permettendogli di moltiplicarsi e diffondersi.

 

Ciò solleva la domanda riguardante l'uso di vaccini che non impediscono la trasmissione del virus o dei quali non è noto se prevengano la trasmissione del virus.

 

Nessuno degli attuali vaccini COVID-19 in distribuzione (Pfizer e Moderna) ha dimostrato di prevenire la trasmissione. In realtà, nei frettolosi studi clinici sulla "velocità di curvatura", questo tipo di test non è stato eseguito.


Invece, entrambi i vaccini sono stati testati per la loro capacità di prevenire i sintomi più gravi. In entrambi i casi, i pazienti vaccinati risultano ancora infetti. Senza la prevenzione della trasmissione, questi individui diffondono il virus che si voleva debellare.

 

Come affermano gli autori della ricerca del 2015 nella sintesi del loro studio:

 

Quando i vaccini impediscono la trasmissione, come nel caso di quasi tutti i vaccini utilizzati negli esseri umani, questo tipo di evoluzione verso una maggiore virulenza viene bloccato. Ma quando i vaccini consentono la trasmissione almeno di alcuni patogeni, possono creare le condizioni ecologiche che consentono ai ceppi più aggressivi di emergere e persistere ".

 

Con l'emergere di forme più infettive di COVID-19 in circolazione in Europa, sembra che abbiamo creato la tempesta perfetta per prolungare la pandemia, piuttosto che ridurla - perché i vaccini sono stati sviluppati e testati sulla base della forma originale di COVID-19 circolante, non dei nuovi ceppi.

 

Nella fretta di creare vaccini con la bacchetta magica, abbiamo forse creato uno scenario di maggior dolore e sofferenza?

 

Proviamo a capire come è andata. Molte varianti del COVID-19 stanno circolando oggi tra la popolazione. Ogni giorno sentiamo la notizia di nuove varianti. Senza vaccinazione, i ceppi più virulenti muoiono: è così che funziona la selezione naturale.

 

Tuttavia, ora arriva un esercito vaccinato di ospiti umani, preparati e pronti a combattere la versione originale del COVID-19, ma non i ceppi più virulenti. Sopravvivranno a questi nuovi tipi di virus -probabilmente sì? Tuttavia, nel processo, si sperimentano infezioni prolungate in cui il ceppo più virulento si diffonde ad altri ospiti umani.

 

Piuttosto che permettere a questi sottotipi patogeni di COVID-19 di morire naturalmente, aumentiamo la loro sopravvivenza e diffusione e la vaccinazione diventa peggio che inutile.

 

 

*Brian S. Hooker, PhD, PE, è professore associato di biologia presso la Simpson University di Redding in California, dove è specializzato in microbiologia e biotecnologia.

05/02/21

A.E. Pritchard - Mario Draghi inaugura la controrivoluzione, ma non può salvare l'Italia

 


In questo articolo sul  Telegraph del 3 febbraio, Ambrose Evans Pritchard commenta l'incarico a Draghi per la formazione del nuovo governo in Italia in maniera molto realistica e disincantata, con un significativo sottotitolo:

"Draghi, sinonimo di difesa dell'euro, potrebbe essere l'uomo che sovrintende all’Italexit"

Innanzitutto Pritchard ricorda come la "disavventura dell'Italia con l'unione monetaria" abbia portato a due decenni perduti, a tassi di disoccupazione giovanile altissimi e ad una trappola di deflazione da debito, e come il Movimento Cinque Stelle, partendo da posizioni di rivolta contro l'establishment Ue, sia stato addomesticato e cooptato, seguendo la parabola di Syriza in Grecia. Pritchard descrive questo ultimo passaggio dell'incarico a Draghi come il completamento di un radicale cambio di marcia:

 "dalla rivolta democratica contro l'euro e le élite pro-UE, fino all'estremo opposto di un governo tecnico sotto il Mister Euro per eccellenza, senza passare per elezioni.

Una svolta da mozzare il fiato, anche per chi in Italia pensava di aver visto tutto. La nomina di Mario Draghi per navigare nelle pericolose acque economiche dei prossimi due anni è astuta - in un certo senso - ma quelli che nei circoli UE e nei mercati obbligazionari celebrano questa riconquista da parte di un insider, dovrebbero stare attenti a ciò che desiderano."

Con l'ultima crisi di governo e l'incarico a Draghi, la controrivoluzione sembra completata, insediando alla guida del paese una Troika cammuffata con lo scopo di garantire il corretto utilizzo dei fondi europei dal punto di vista dei finanziatori del nord. 

"Draghi è un operatore scaltro. Ha salvato l'unione monetaria dopo che era stata quasi distrutta dagli errori seriali di Jean-Claude Trichet: un aumento dei tassi da panico nelle prime fasi della crisi finanziaria globale del luglio 2008; e quindi misure restrittive premature che hanno innescato la crisi del debito sovrano.

Draghi, formatosi al MIT, si muove in ambienti economici ben al di sopra di questo provincialismo monetario. Ha riconosciuto i pericoli di un crollo strutturale. La sua abilità è stata di mettere ordine nel caos del consiglio direttivo della BCE, prevenendo un aperto dissenso nel mentre che si spingeva oltre i limiti: un blitz di prestiti ultra convenienti alle banche (LTRO), tagli dei tassi sotto zero, QE su larga scala e un salvataggio del mercato obbligazionario.

Ma Draghi non è un mago. L'euro non è stato salvato per la sua promessa di fare "whatever it takes". È stato salvato perché la Merkel ha tardivamente riconosciuto che la situazione stava sfuggendo di mano e che lasciare che la BCE acquistasse obbligazioni era politicamente meno pericoloso che chiedere denaro al Bundestag. Una volta presa questa decisione, la crisi del debito è svanita, evitando quattro anni di miseria.

Tuttavia, Draghi alla fine ha fallito. Il danno deflazionistico era troppo profondo. Il QE è arrivato troppo tardi per evitare la “giapponizzazione”. Le sue politiche hanno lasciato il "circolo vizioso" tra banche e debito sovrano in uno stato ancora peggiore.

Quello che è riuscito a fare è stato di trascinare la Germania ancora più a fondo nel Patto Faustiano. L'effetto collaterale del QE è stato un enorme squilibrio nel sistema di pagamenti Target2 della BCE. Le banche centrali meridionali hanno accumulato passività per 1.000 miliardi di euro verso la BCE e implicitamente verso la Bundesbank. Si potrebbe sostenere che la Germania ora c’è così tanto dentro che non potrà mai staccare la spina.

Presumendo che Draghi sia in grado di formare un governo, deve affrontare un compito odioso. Da marzo la pandemia ha innalzato il rapporto debito / PIL dell'Italia di 33 punti, al 160% del PIL, e il virus non è ancora stato sconfitto. I guai europei col vaccino hanno allontanato la ripresa di altri tre mesi. L'Italia potrebbe perdere la prima metà della stagione turistica di quest'anno, oltre a quella dell'anno scorso. Più a lungo va avanti questa situazione, maggiore sarà la successiva cascata di insolvenze delle imprese.

Il Recovery Fund da 750 miliardi di euro è stato propagandato dai leader italiani in maniera davvero eccessiva. 'L'idea che presto nel paese si riverseranno miliardi è pura propaganda. Il Recovery Fund non cambierà nulla', ha detto Claudio Borghi, presidente della commissione bilancio della Lega.

Il trasferimento fiscale netto verso l’Italia ammonta allo 0,7% del PIL annuo spalmato su tre anni. Si tratta di una modesta spinta all'equilibrio macroeconomico.

'Non lo vediamo come un accordo storico che preannuncia una rifondazione dell'UE o dell'area dell'euro', ha detto Arnaud Marès di Citigroup, ex braccio destro di Draghi alla BCE. 'Piuttosto che un punto di svolta, lo vediamo come un altro esempio dello stesso gioco che ha prevalso negli ultimi dieci anni sotto Angela Merkel. Ogni volta che la coesione dell'Europa deve affrontare un pericolo chiaro e attuale, i governi europei si accordano per dare una minima dimostrazione di unità allo scopo di contenere il rischio di una rottura'.

Quello che può fare Draghi è dare credibilità ai piani di spesa dell'Italia. La sua presenza rende più facile per il blocco tedesco accettare in seguito un Recovery Fund più ampio. Può attivare il meccanismo di salvataggio dell'UE per prestiti precauzionali (MES), creando un ulteriore cuscinetto di sicurezza per il giorno in cui la BCE dovrà smettere di acquistare il debito italiano.

Ma tutto questo non fa che guadagnare tempo. Gli strumenti tecnici non possono salvare l'Italia dal cattivo equilibrio, conseguenza di un quarto di secolo col cambio sbagliato.

Il governo di Draghi probabilmente cadrà entro pochi mesi. Se sopravvive, ci saranno elezioni entro due anni e probabilmente vincerà la destra euroscettica. Se dovesse resistere più a lungo, la montagna del debito proietterà la sua ombra gigantesca.

L'uomo che ha passato la sua vita pubblica cercando di portare l'Italia nell'euro e di mantenercela, potrebbe, per uno scherzo del destino, diventare l'uomo che deve supervisionare l'uscita purificatrice. Sarebbe perfettamente adatto al lavoro.