18/10/23

Seymour Hersh - Che dirà Biden a Bibi?

Il Presidente Biden si reca in Israele mentre Gaza City viene rasa al suolo. In questo articolo il famoso giornalista americano condivide con i suoi lettori la visione dei soliti ben informati della CIA sulla terribile e complicata situazione mediorientale: il governo israeliano appare determinato alla distruzione totale del nemico e a tal fine disposto a ignorare completamente la sorte degli innocenti che si trovano nel mezzo, ma le preoccupazioni  degli occidentali sulle reazioni degli arabi sarebbero infondate, perché Hamas avrebbe fallito nel suo disegno.  Intanto Biden incassa la sparizione del disastro ucraino dalla scena. 

(Che la CIA ci veda giusto o no, a noi non resta che continuare a monitorare la pericolosissima polveriera per quanto ci è possibile con 'partecipato distacco'. La partigianeria appare molto fuori luogo in uno scenario in cui tutti i protagonisti sembrano mossi da forze oscure non certo amiche dell'umanità). 


di Seymour Hersh, 18 ott 2023

 

Ora che il Presidente Joe Biden ha improvvisamente deciso di volare di nuovo in Israele - presumibilmente su richiesta di Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano sotto assedio - Casa Bianca e Central Intelligence Agency sono di nuovo in disaccordo sulla situazione in campo, come già durante la guerra persa dall'Ucraina contro la Russia,

Biden ha mostrato, come ha detto lui stesso, che avrebbe “coperto” Israele spostando due gruppi d’attacco di portaerei  americane nella regione, insieme a migliaia di truppe statunitensi. Sarebbe stato meglio se avesse fatto quello che l’America ha  fatto spesso: annunciare che la sua amministrazione avrebbe subito iniziato a trasportare via aerea acqua e cibo per le centinaia di migliaia di cittadini di Gaza a cui era stato ordinato da Israele di lasciare il sud, per inviarli al confine con l’Egitto che, come Netanyahu e colleghi dovevano ben sapere, non sarebbe stato aperto.

Il viaggio di Biden arriva in un momento di indignazione internazionale dopo che il più importante ospedale di Gaza City è stato distrutto, con centinaia di morti, da una bomba israeliana o da un missile vagante lanciato dalla Jihad islamica. Il Presidente ha detto che il suo intento è principalmente di trasmettere un messaggio di moderazione. Fosse veramente così, il Presidente sarebbe completamente all’oscuro delle intenzioni israeliane.

In un'intervista di domenica alla trasmissione ‘60 Minutes’, a Biden è stato chiesto se fosse giunto il momento di un cessate il fuoco a Gaza. Biden ha ignorato la domanda e ha detto che gli israeliani “devono attaccare Hamas. Hamas è un branco di codardi... Mettono i loro quartieri generali dove ci sono i civili, gli edifici e cose simili. . . ma gli israeliani faranno tutto ciò che è in loro potere per evitare l’uccisione di civili innocenti”. Ha detto che stava discutendo la possibilità di una zona sicura – un corridoio umanitario – per i residenti di Gaza City che sono fuggiti dopo essere stati avvertiti che Israele era intenzionata a distruggere completamente la città. Alla domanda se Hamas “deve essere del tutto eliminato ”, Biden ha risposto di sì e ha aggiunto anche che “è necessario stabilire un percorso verso uno Stato palestinese”.

Uno Stato palestinese non è nell’agenda di Israele.

Ci sono analisti dell’Intelligence a Washington che stimano che Netanyahu, che sta emergendo come l’uomo forte nel nuovo governo di unità nazionale di Israele, non abbia alcuna intenzione di lasciare sopravvivere nessun membro di Hamas. Ritengono che non siano interessati ai problemi dei residenti di Gaza City che sono fuggiti a sud verso l’Egitto e ora si ritrovano a scontrarsi con la realtà che l’Egitto, colpito dalla crisi economica, non ha alcun interesse ad aprire i suoi confini a un milione o più di rifugiati bisognosi di cibo, alloggio e cure mediche.

L’atteggiamento di Netanyahu, secondo la valutazione degli analisti dell’Intelligence, mi è stato detto che è determinato a  “eliminare Hamas”. Un funzionario ben informato mi ha detto che “la città di Gaza sta per essere trasformata in una Hiroshima, senza l’uso di armi nucleari”. Ad un certo punto, ha detto, le bombe di fabbricazione americana presenti nell’arsenale israeliano, comprese quelle note come “bunker busters”, potrebbero essere utilizzate contro i sistemi di tunnel sotterranei dove Hamas ha fabbricato le armi e ha pianificato i terribili attacchi nel sud di Israele del 7 ottobre scorso. Il quotidiano bombardamento israeliano di Gaza City ha portato molti in Medio Oriente ed in Europa a concludere che sia stata proprio una bomba israeliana a colpire l'ospedale di Gaza City.

Secondo i piani israeliani, non ci sarebbe bisogno di una massiccia invasione di terra, ma secondo il funzionario le truppe israeliane sarebbero necessarie per dare la caccia a quei membri clandestini di Hamas che scelgono di arrendersi. L’ordine, ha detto il funzionario, sarebbe di “sparare a vista”. La resa non sarebbe un’opzione. Il funzionario mi ha detto che i soldati di Hamas che emergessero dai tunnel alla disperata ricerca di cibo sarebbero visti dagli israeliani come topi affamati a cui consegnare cibo avvelenato. Il destino dei quasi duecento ostaggi, la maggior parte dei quali israeliani, ma tra i quali come è noto ci sono anche alcuni americani, non è stato menzionato.

Dal punto di vista dell’Intelligence americana, il raid di Hamas è fallito sotto ogni aspetto. “Hamas era convinto”, mi ha detto il funzionario, “che il successo del loro raid, pianificato per due anni, avrebbe portato il mondo arabo a sostenere la loro causa. Pensavano che Hezbollah” – il potente partito libanese controllato dallo sceicco Hassan Nasrallah a Beirut – “e l’OLP [Organizzazione per la Liberazione della Palestina] in Cisgiordania li avrebbero sostenuti”.

La valutazione americana è che la leadership di Hamas ha iniziato a pianificare l’attacco due anni fa e “Ora”, ha detto il funzionario, “era arrivato il momento giusto”. Ha spiegato che la leadership di Hamas era "assolutamente spaventata" dal fatto che i colloqui in corso tra Israele e Arabia Saudita avrebbero portato a un ulteriore isolamento dei gruppi che si opponevano a Israele.

Il più importante sostenitore del raid di Hamas mi è stato detto essere il governo iraniano, la cui leadership a Teheran è stata direttamente coinvolta, in termini di denaro e materiali, negli attacchi del 7 ottobre. “Gli iraniani”, ha detto causticamente il funzionario, “vogliono attaccare Israele con ogni palestinese che riescono a trovare”. Ma “l’Iran non si rendeva conto di quanti omicidi di civili ci sarebbero stati. Hamas era come pazzo di sangue”.

Lo studioso arabo Juan Cole, professore di storia all'Università del Michigan, ha recentemente pubblicato un saggio sul Telegraph che descrive in dettaglio quattro modi in cui il raid di Hamas ha violato la legge islamica. Hamas ha ucciso innocenti, compresi donne e bambini; ha distrutto una città; non ha dato il giusto avvertimento; e ha preso i civili come ostaggi. Cole ha citato il profeta Maometto: “Non uccidere vecchi deboli, bambini o donne”.

Reazioni simili ci sono state da parte di Hezbollah e di Damasco. Nonostante i timori occidentali, mi è stato detto, non c’è stato alcun segno che la rivolta di Hamas sia stata fonte di ispirazione per i nemici di Israele. “Nel Grande Gioco”, ha detto il funzionario, “questa è una partita a scacchi in cui Hamas è solo una pedina”.

Il piano di Netanyahu, mi ha detto il funzionario, prevede che l'esercito israeliano uccida tutti i membri di Hamas che riesce a trovare, distrugga il sistema dei tunnel – magari usando le bombe di fabbricazione americana che possono penetrare decine di metri sotto terra prima di esplodere – e poi barrichi quello che una volta era Gaza City al confine meridionale. Ai soldati israeliani sarebbe stato assegnato il compito di andare quartiere per quartiere nella città distrutta alla ricerca degli sbandati. Sarebbero state prese precauzioni per garantire che nessun superstite di Hamas riesca a fuggire nel Mar Mediterraneo.

Nei giorni scorsi, l’amministrazione Biden ha schierato nella regione due gruppi di portaerei americani, con squadroni di aerei da combattimento F-15, F-16 e A-10, oltre 10.000 membri del personale della Marina e 2.000 Marines, in una dimostrazione di sostegno a Israele. . “Tutti i servizi americani stanno approfittando dell’occasione”, mi ha detto il funzionario, “ma Israele sta dicendo: ‘Tornatevene indietro’. Non vogliamo la vostra roba.’” Ha continuato: “Oggi non ci sono piloti migliori di quelli delle forze aeree israeliane. Bibi ha la situazione sotto controllo e nessun israeliano si preoccuperà della sorte dei cittadini di Gaza”.

Quindi, ha chiesto il funzionario, “Perché Biden bussa alla porta? Il presidente dirà forse a Bibi: “Non puoi farlo”? Lasciamo i rifugiati di Gaza al confine con l’Egitto”.

Il funzionario non ha dato risposta alla sua domanda retorica. Ma ne ha posto un’altra: una delle ragioni del viaggio improvviso del Presidente “non potrebbe essere proprio quella di tenere la guerra in Ucraina lontana dalle prime pagine dei giornali?"


14/05/23

Scott Ritter - Per la Russia l'Ucraina è un cancro, deve vincere al più presto.

 Scott Ritter  -ex ispettore ONU noto per aver pubblicamente dichiarato che le armi di distruzione di massa in Iraq non esistevano - ha recentemente fatto un viaggio in Russia per rendersi conto di prima mano della situazione e in questa intervista condivide le sue osservazioni.  In primo luogo sulla grande vitalità dell'economia russa, nonostante le sanzioni,  e quindi sulla forza dello Spirito Nazionale russo, cosa di cui gli americani non hanno idea e che dovrebbero comprendere e rispettare. Secondo Ritter la Russia dovrebbe risolvere al più presto la situazione, che è per lei un cancro che minaccia di distruggerla. Ma il pericolo più grande è che l'America crolli,  trascinando il mondo con sé.


17/03/23

SARS-CoV-2, il figlio subdolo di ‘Chimerica’?


Di seguito la traduzione di un lungo articolo  di Roberto Iannuzziveramente unico per accuratezza e dovizia di documentazione, sulla questione, largamente ignorata dalla grande stampa, delle probabili responsabilità degli Stati Uniti nella ipotesi di fuga da laboratorio del SARS-CoV-2.  L'articolo è preceduto da una sintetica presentazione da parte dell'autore.  


'La recente approvazione, da parte del Congresso USA, di una legge che obbliga il governo federale a declassificare le informazioni di intelligence relative all’origine del Covid-19, costituisce l’ennesima conferma che la questione relativa alla genesi del SARS-CoV-2, spesso politicizzata e mai realmente investigata, rimane scottante. La recente legge, pur confermando che l’ipotesi della fuga di laboratorio finora demonizzata come “teoria del complotto” rimane plausibile e addirittura probabile, è fuorviante poiché chiede di rendere pubblica l’intelligence relativa al Wuhan Institute of Virology (WIV), in Cina, ma non  le informazioni riguardanti altre istituzioni, incluse quelle americane, che potrebbero aver avuto un ruolo nella vicenda. Il nodo più rilevante e controverso dell’ipotesi della fuga di laboratorio è rappresentato, infatti, dalle ricerche USA condotte presso il WIV e finanziate da fondi pubblici statunitensi, civili e militari, che potrebbero aver innescato la pandemia da COVID-19 a causa di un incidente di laboratorio (volontario o involontario). Si tratta di un punto di rilevanza cruciale che è stato in gran parte taciuto dalla stampa USA di grande diffusione (sebbene siano usciti diversi reportage in proposito), e soprattutto dal governo americano. Di questo aspetto parlai in maniera dettagliata in un articolo uscito nel 2021, che rimane attuale nel suo impianto generale, e che è ora disponibile in italiano grazie alla preziosa traduzione di Voci dall’Estero.'


SARS-CoV-2, il figlio subdolo di ‘Chimerica’?


di Roberto Iannuzzi, 26 luglio 2021

Milioni di persone sono morte. E se la Cina e l'America (e in particolare il suo complesso medico-industriale e il settore della difesa) fossero entrambe responsabili di un’involontaria diffusione della pandemia COVID-19, a causa di una ricerca sconsiderata eseguita in un laboratorio non sicuro?


Probabilmente avete già sentito parlare dell'ipotesi dell'incidente di laboratorio. Secondo quest’idea il SARS-CoV-2, il coronavirus che causa la COVID-19, sarebbe sfuggito a un laboratorio nella città cinese di Wuhan. E probabilmente saprete che molti hanno liquidato questa ipotesi come una "teoria del complotto".

Be’, non lo è. Al contrario, è un'ipotesi plausibile che viene intenzionalmente screditata da scienziati ed esperti appartenenti a quello che alcuni hanno definito il complesso industriale pandemico - o, più in generale, il cosiddetto complesso medico-industriale - americano.

Perché questa campagna diffamatoria? Forse perché importanti esponenti di questo complesso hanno collaborato attivamente con scienziati cinesi, presso il Wuhan Institute of Virology (WIV) e altrove, eseguendo - o più in generale promuovendo - ricerche pericolose che, tramite un incidente indesiderato, potrebbero aver scatenato la pandemia (come cercherò di dimostrare più avanti in questo articolo).

Se l'ipotesi dell'incidente di laboratorio si dimostrasse convincente, tutto il loro lavoro verrebbe probabilmente sottoposto a severi controlli.

 

Virus chimerici 

A Wuhan, i virologi stavano creando virus chimerici (o chimere) almeno dal 2007.

Le chimere sono virus geneticamente modificati contenenti frammenti di acido nucleico di due o più virus diversi.

La ricerca gain-of-function (GOF, o guadagno di funzione) è un genere di ricerca di laboratorio piuttosto rischioso che è stato condotto al WIV insieme a scienziati americani e grazie ai finanziamenti del governo statunitense (per averne un'idea, guardate i ringraziamenti alla fine di questo articolo pubblicato su Nature Medicine nel 2015, che contiene anche un'interessante nota dell'editore aggiunta a marzo 2020). 


La ricerca GOF prevede una sperimentazione che mira ad aumentare la trasmissibilità e la virulenza dei patogeni. . I virus vengono modificati geneticamente, acquisendo nuove proprietà che consentono  loro il salto di specie.

Un fenomeno simile esiste in natura e si chiama spillover.

La teoria dello spillover, cioè di un trasferimento zoonotico naturale del SARS-CoV-2 dai pipistrelli all'uomo, possibilmente tramite un ospite intermedio, è stata avanzata da coloro che rifiutano l'ipotesi dell'incidente di laboratorio.

L'obiettivo dichiarato della ricerca GOF è migliorare la comprensione dei focolai di malattie e sviluppare vaccini e altre contromisure mediche.

Tuttavia, molti scienziati considerano questi esperimenti pericolosi e irresponsabili, poiché comportano la creazione di chimere che in caso di incidente potrebbero sfuggire dai laboratori e potenzialmente scatenare pandemie tra gli esseri umani,.

La ricerca GOF è un sottoinsieme della "ricerca duale", ovvero la ricerca

che genera conoscenze, informazioni, tecnologie e/o prodotti che potrebbero essere utilizzati per scopi sia benevoli che dannosi.

Questi ultimi includono armi biologiche e bioterrorismo.

A dire il vero, non è affatto certo che il SARS-CoV-2 sia stato sviluppato intenzionalmente come arma biologica, sebbene laboratori ad alto contenimento come quello di Wuhan siano spesso impegnati in questo tipo di lavoro.

In ogni modo, secondo diversi esperti (esaminerò le loro opinioni in modo più dettagliato in seguito) è assolutamente possibile che il SARS-CoV-2 fosse un virus chimerico (o anche un agente patogeno naturale) uscito da un laboratorio di Wuhan. 

Ma com'è possibile che i costrutti chimerici siano stati progettati insieme da virologi cinesi e americani a Wuhan?

 

Un matrimonio improbabile

Ironia della sorte, una collaborazione così bizzarra è stata solo una delle conseguenze di un matrimonio altrettanto improbabile tra l'unica superpotenza mondiale e il suo futuro rivale, un matrimonio che nel 2007 gli accademici Niall Ferguson e Moritz Schularick hanno chiamato ‘Chimerica’.




Con questo concetto - che, proprio come i virus chimerici, si riferisce alla leggendaria chimera, una creatura ibrida composta da parti di diversi animali – essi intendevano rappresentare simbolicamente un nuovo ordine economico mondiale che combinasse la crescita trainata dalle esportazioni della Cina con il sovraconsumo degli Stati Uniti.

Nel 2008 Ferguson ha descritto ‘Chimerica’ come una relazione simbiotica che

riguarda circa il 13% dell’intera superficie terrestre, un quarto della popolazione e circa un terzo del prodotto interno lordo mondiale, e circa la metà della crescita economica globale degli ultimi sei anni.


Laboratori ad alto contenimento che proliferano in tutto il mondo

Tuttavia, questo è solo un lato della medaglia. C'è un secondo lato, più oscuro, che riguarda la proliferazione di laboratori biologici ad alto contenimento negli Stati Uniti e, più recentemente, in Cina (e in tutto il mondo).

Dopo aver promosso la Convenzione sulle armi biologiche (Biological Weapons Convention, BWC), una pietra miliare tra i trattati sul controllo degli armamenti entrata in vigore nel 1975, Washington iniziò a tirarsi indietro. Nel 2001 l'amministrazione Bush infine respinse l'adozione di un nuovo protocollo rafforzato che era in corso di negoziazione sin dal 1995.

È interessante notare che la decisione di ritirarsi dai negoziati sul protocollo  avvenne prima degli attacchi terroristici dell'11 settembre e dei successivi attacchi all'antrace. Gli avversari di Washington probabilmente interpretarono questa azione unilaterale come il preludio di un programma di ricerca segreto statunitense sulle armi biologiche.

Infatti, nei mesi che seguirono l'11 settembre, l'amministrazione Bush intensificò radicalmente la ricerca sulla biodifesa. Tuttavia, Sam Husseini, direttore delle comunicazioni dell'Institute for Public Accuracy, osservò giustamente che

la biodifesa implica una guerra biologica tacita, la coltura di agenti patogeni resi più pericolosi con lo scopo dichiarato di trovare un modo per combatterli.

Nel 2005, più di 750 scienziati americani scrissero una lettera aperta al loro principale ente finanziatore, il National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti, lamentando il fatto che la decisione di dare priorità ad una ricerca di grande rilevanza per la difesa biologica, ma di scarsa importanza per la salute pubblica, aveva messo in crisi gli studi microbiologici.

“National Institutes of Health Building 1 construction”, 1939, by History at NIH is marked with CC PDM 1.0


Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), replicò che la ricerca sulla biodifesa avrebbe dovuto anche aiutare a proteggere dalle minacce di nuove malattie naturali emergenti. Il NIAID controlla gran parte della spesa per la ricerca sulla biodifesa del NIH.

Due anni più tardi, Keith Rhodes, allora capo tecnologo presso il Government Accountability Office (GAO) degli Stati Uniti, testimoniò che "negli Stati Uniti si sta verificando un'importante proliferazione di laboratori BSL-3 e BSL-4 ad alto contenimento". I laboratori sono classificati in base a quattro livelli di biosicurezza (BSL), e BSL-4 è il più alto livello di contenimento.

La testimonianza di Rhodes sottolineava che:

I laboratori BSL-3 e BSL-4 spesso detengono gli agenti delle malattie infettive più pericolose (ad esempio Ebola, vaiolo, influenza aviaria e sindrome respiratoria acuta grave [SARS]), compresi quelle per le quali potrebbero non essere disponibili vaccini o trattamenti efficaci.

Come conseguenza di questa crescita di laboratori americana, c'è stata una marcata proliferazione di laboratori biologici in tutto il mondo, un fenomeno che ha aumentato la possibilità di incidenti, furti o utilizzo doloso di agenti patogeni.

Secondo Richard Ebright, il principale organizzatore della lettera aperta del 2005 ed eminente biologo molecolare della Rutgers University:

l'espansione più evidente si è verificata negli ultimi quattro anni in Cina, come reazione in stile corsa agli armamenti all'espansione della biodifesa negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone.

Il laboratorio BSL-4 presso il WIV (che ospita anche strutture BSL-3 e BSL-2) fa parte di una rete di dozzine di laboratori in tutta la Cina.

È stato costruito con expertise francese e prendendo a modello il laboratorio Jean Mérieux-Inserm BSL-4 di Lione, mentre il personale è stato formato da personale americano del Galveston National Laboratory dell'Università del Texas.

La città di Wuhan ospita anche altri laboratori BSL-2 e BSL-3.

 

Stretta collaborazione e diffidenza reciproca

Quando, spinta da numerose polemiche e incidenti di laboratorio, nel 2014 l'amministrazione Obama bandì i progetti di ricerca GOF, furono ammesse delle eccezioni per dieci di questi progetti.

Tra questi, c'era una ricerca da implementare presso il WIV i cui finanziamenti provenivano dal NIAID guidato da Fauci, che era stato negli ultimi tempi capo consigliere medico del presidente, sia sotto Trump che sotto Biden.

Il progetto era gestito dalla EcoHealth Alliance, un'organizzazione non governativa con sede negli Stati Uniti presieduta da Peter Daszak, zoologo britannico esperto di ecologia delle malattie.

Daszak è stato coautore di almeno 25 studi che coinvolgevano autori e/o finanziamenti collegati a organizzazioni del Partito Comunista Cinese.

Uno studio del 2015 di cui Daszak è stato coautore sottolinea che scienziati cinesi e statunitensi avevano collaborato a un numero crescente di pubblicazioni nell'ultimo decennio e che, da un punto di vista accademico, i due paesi erano sempre più collegati.

Negli ultimi anni, però, c'è stata anche una certa reciproca diffidenza tra le due superpotenze nel campo della biosicurezza e della biodifesa.

Almeno sin dal 2007, scienziati e analisti cinesi hanno espresso il loro "fondato" sospetto che le attività statunitensi di biodifesa violassero la BWC.

Secondo Pan Zhenqiang, allora vicepresidente della Foundation for International Studies and Academic Exchanges:

Oltre a sponsorizzare la ricerca sui rilevatori di agenti biologici e nuovi vaccini e altri trattamenti medici per agenti di guerra biologica, l'amministrazione Bush ha finanziato la costruzione di oltre una dozzina di nuove strutture di biocontenimento di alto livello. Una di queste strutture, in costruzione sul terreno di Ft. Detrick, che ospita l'US Army Medical Research Institute for Infectious Diseases, sarà un enorme laboratorio ‘diverso da qualsiasi altro mai esistito da quando le armi biologiche sono state bandite, 34 anni fa’


Defense Secretary Dr. Mark T. Esper tours Fort Detrick, March 17, 2020, DOD photo by Army Staff Sergeant Nicole Mejia is marked with CC BY 2.0


Dopo lo scoppio della pandemia COVID-19, Pechino ha puntato ancora una volta il dito contro Fort Detrick, avvertendo che Cina e Russia potrebbero avviare un'indagine internazionale su tutti i laboratori BSL-3 e BSL-4 del mondo, compresi i laboratori biologici americani.

Ciò è avvenuto dopo che Mosca, nel 2018, aveva chiesto a Washington delle risposte sul “perché agenti tossici e armi biologiche vengono stoccati presso il Richard Lugar Public Health Research Center”, un laboratorio situato vicino alla capitale georgiana Tbilisi.

Secondo un'indagine della giornalista bulgara Dilyana Gaytandzhieva, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti aveva finanziato diversi progetti di ricerca in questa struttura, compresi studi su pipistrelli e coronavirus dell'Asia occidentale.

Anche gli Stati Uniti hanno lanciato le loro accuse contro la Cina. Nel 2019, un rapporto ufficiale specificava che:

gli Stati Uniti hanno problemi relativi alla compliance della ricerca e sviluppo di tossine da parte delle istituzioni mediche militari cinesi a causa delle potenziali applicazioni a uso duale e del loro potenziale come minaccia biologica.

Il rapporto aggiungeva che gli Stati Uniti non disponevano di informazioni sufficienti per determinare se la Cina avesse eliminato il suo passato programma di guerra biologica, come richiesto dall'articolo II della BWC.

 

Gli incidenti di laboratorio si verificano di frequente

Ma la proliferazione di laboratori di biodifesa in tutto il mondo è davvero così pericolosa e può avere qualche relazione con lo scoppio della pandemia COVID-19?

Durante una conferenza stampa lo scorso febbraio Peter Embarek, scienziato danese che guida il team internazionale di esperti dell'OMS incaricato di indagare sull'origine della pandemia, ha affermato che "se si guarda alla storia degli incidenti di laboratorio, si tratta di eventi estremamente rari".

Bene, questo è semplicemente falso.

Nei laboratori ad alto contenimento si verificano eventi che causano potenziali esposizioni ad agenti patogeni.

Negli Stati Uniti e altrove sono stati segnalati centinaia di incidenti all'interno di laboratori che conducono esperimenti su agenti patogeni come Ebola, antrace, influenza aviaria e coronavirus della SARS.

Nell'agosto 2019, all’istituto di Fort Detrick, nel Maryland, è stata revocata la licenza per gestire agenti patogeni mortali, per motivi di sicurezza. L’istituto ha poi ripreso la ricerca sulle malattie infettive nel marzo 2020.

All'inizio del 2019, Lynn Klotz, ricercatore scientifico senior presso il Center for Arms Control and Non-Proliferation, ha scritto che le infezioni contratte in laboratorio e che poi portano alla fuoriuscita di malattie al di fuori del laboratorio stesso, spesso non vengono rilevate e nemmeno segnalate.

Ha aggiunto che:

l'errore umano è la causa principale delle potenziali esposizioni degli operatori di laboratorio agli agenti patogeni.

Ancor più preoccupante, Klotz ha ritenuto che il rilascio di un virus altamente patogeno, trasmissibile per via aerea, sia "nel tempo, un fatto abbastanza probabile".

Ma c'è qualche segno concreto che un incidente di laboratorio al WIV possa aver dato inizio alla pandemia COVID-19?

E che dire della teoria di un'epidemia di coronavirus zoonotico naturale che inizia a Wuhan?

 

Perché la teoria di uno spillover zoonotico non è assolutamente dimostrata

L'ipotesi di spillover è circolata ampiamente nei media mainstream ed è stata considerata la più probabile fino a tempi recenti. Ma, nonostante tutto il clamore dei media, finora le prove di un'origine zoonotica naturale sono state deboli.

Tutti gli antenati conosciuti del SARS-CoV-2 si trovano nei pipistrelli della specie ‘ferro di cavallo’.

Poiché la maggior parte dei coronavirus dei pipistrelli non può infettare le cellule umane, gli scienziati ritengono che il virus possa essere arrivato all'uomo attraverso un ospite intermedio, forse un pangolino o qualche altro animale.

Le prime scoperte secondo cui tra i primi casi di COVID molti (ma non tutti!) si erano verificati nel mercato ittico di Huanan a Wuhan, hanno alimentato questo scenario.

Tuttavia, i dati a sostegno di questa teoria fino ad ora sono mancanti, nonostante tutti gli sforzi scientifici compiuti in questa direzione.

A dire il vero, c'è un grosso problema con la teoria di uno spillover naturale del coronavirus.

La provincia di Hubei e la sua capitale Wuhan, dove è iniziata la pandemia COVID-19, sono luoghi improbabili per eventi del genere. Situati nella Cina centrale, non ospitano grandi comunità di pipistrelli rispetto alle province meridionali come lo Yunnan e il Guangdong.

Shi Zhengli, capo della ricerca sul coronavirus presso il WIV, nel luglio 2020 ha dichiarato a Science Magazine:

Abbiamo monitorato il virus dei pipistrelli nella provincia di Hubei per molti anni, ma non abbiamo riscontrato a Wuhan, o anche nella più ampia provincia di Hubei, pipistrelli che siano portatori di coronavirus strettamente correlati al  SARS-CoV-2.

Wuhan non ha nemmeno una tradizione di commercio e consumo di animali selvatici. Ancora una volta, tradizioni di questo genere sono molto più forti nel sud della Cina.

In realtà, è emerso che il SARS-CoV-2 assomiglia molto (con una somiglianza del 96,2% nella sequenza) al RaTG13, un virus di pipistrello che era stato raccolto nella provincia dello Yunnan.

Se il coronavirus responsabile della pandemia COVID-19 appartiene a una famiglia di virus che si trova di solito nei pipistrelli ferro di cavallo  nel sud della Cina, sorge spontanea una domanda.

Come mai il SARS-CoV-2 ha finito per provocare un focolaio a Wuhan, a mille miglia di distanza, senza lasciare alcuna traccia del suo viaggio?


“Novel Coronavirus SARS-CoV-2” by NIAID is licensed under CC BY 2.0


Come ha spiegato Rowan Jacobsen in questo superbo articolo, se il virus si fosse trasmesso da un ospite all'altro, mutando lungo il suo percorso, Wuhan sarebbe stata solo un ramo di un cosiddetto albero filogenetico (cioè evolutivo). 

Un albero del genere non può essere totalmente scomparso. Eppure, non ne è stata trovata alcuna traccia.

Nessuno ha individuato un antenato diretto del virus, nonostante gli sforzi degli scienziati cinesi per testare decine di migliaia di campioni di bestiame e animali selvatici in tutto il paese.

 

Che dire del mercato di Huanan?

Nessun campione animale prelevato dal mercato è risultato positivo al SARS-CoV-2. È stato anche stabilito che molti dei primi pazienti confermati non erano collegabili al mercato. A proposito, al mercato non venivano commerciati pangolini (o pipistrelli).

Nel maggio 2020, George Gao, direttore del Chinese Centre for Disease Control and Prevention, ha respinto l'ipotesi che il mercato fosse la fonte della pandemia. "Il mercato è più una vittima", ha detto. “Il nuovo coronavirus esisteva da molto prima”.

Un’ulteriore analisi di sequenze precedentemente cancellate conferma che le sequenze del mercato non sono rappresentative dei virus che circolavano a Wuhan tra la fine del 2019 e l'inizio del 2020.

 

E che dire della teoria del pangolino?

Tra marzo e aprile 2020, quattro articoli scientifici hanno identificato un parente stretto del SARS-CoV-2 nei pangolini.

Tuttavia, la biologa molecolare Alina Chan e la sua collaboratrice Shing Hei Zhan hanno dimostrato che questi studi presentano diversi problemi.

Nello specifico, hanno tutti analizzato lo stesso set di dati di un singolo lotto di pangolini di contrabbando confiscati nel 2019 nel Guangdong.

Un altro studio su oltre 300 pangolini sequestrati in Malesia dal 2009 al 2019 non ha riscontrato alcun coronavirus rilevante in questi animali, dimostrando così che sono ospiti accidentali piuttosto che serbatoi di coronavirus.


“Uncurling Pangolin” by Wildlife Alliance is licensed under CC BY-SA 2.0

 

Parlando all'Associated Press, Linfa Wang, uno tra i massimi esperti mondiali di malattie zoonotiche, ha concluso che "la ricerca del coronavirus nei pangolini non sembrava essere 'concepita scientificamente'".

E Ralph Baric, uno dei principali epidemiologi dell'Università della Carolina del Nord, ha affermato:

i virus del pangolino sono identici all'88-98% al SARS-CoV-2. In confronto, i ceppi di coronavirus SARS dello zibetto e del procione erano identici al 99,8% al SARS-CoV [il virus responsabile della prima epidemia di SARS] del 2003. In altre parole, stiamo parlando di un limitato numero di mutazioni tra ceppi di zibetto, ceppi di procione e ceppi umani nel 2003. I pangolini hanno oltre 3000 cambiamenti nucleotidici, è impossibile che siano la specie serbatoio. Non c’è assolutamente nessuna possibilità.

Infine, la controversa teoria secondo cui SARS-CoV-2 potrebbe essere stato trasmesso attraverso alimenti congelati, semplicemente non torna.

Quindi, possiamo respingere la teoria di uno spillover zoonotico?

Ancora no, ovviamente. Ma, allo stato attuale, questa teoria è totalmente non dimostrata.

Questo è ciò che ha recentemente affermato un gruppo di 26 scienziati in una lettera che chiede un'indagine obiettiva sulle origini del COVID-19.

D'altra parte, l'ipotesi dell'incidente di laboratorio potrebbe risolvere almeno alcuni dei misteri sull'origine della pandemia? Ebbene sì, potrebbe.

 

Perché l'ipotesi dell'incidente di laboratorio è plausibile

È risaputo che il WIV è un hub mondiale della ricerca sul coronavirus. In particolare, ha raccolto un gran numero di coronavirus di pipistrello sin dal primo focolaio SARS del 2002-2003.

Tuttavia, come hanno sottolineato il virologo Jonathan Latham e il biologo molecolare Allison Wilson, Shi Zhengli e il suo team al WIV hanno concentrato i loro sforzi nella comprensione dello spillover zoonotico sugli esseri umani di una sola specie: i coronavirus correlati alla SARS.

Ciò è abbastanza comprensibile poiché l'epidemia SARS originale ha colpito pesantemente la Cina.

Va notato, tuttavia, che diverse specie di alfa e beta-coronavirus compongono l'albero filogenetico dei virus che possono infettare l'uomo.

Come hanno osservato Latham e Wilson,

precedenti spillover sull'uomo si sono verificati in punti diversi e apparentemente casuali dell'albero del coronavirus e hanno coinvolto sia alfa che beta-coronavirus.

Pertanto, in caso di spillover naturale, ci si aspetterebbe che un nuovo coronavirus scaturisca da qualsiasi ramo di questo albero, poiché la possibilità di uno spillover proveniente da ciascuna specie è evidentemente la stessa.

Tuttavia, il SARS-CoV-2 proveniva dalla famiglia dei beta-coronavirus "correlati alla SARS", ovvero dalla stessa specie della SARS originale (da cui il suo nome).

L'emergere di un secondo virus pandemico dalla stessa specie di coronavirus è alquanto sorprendente.

Un'altra curiosa coincidenza è che SARS-CoV-2 appartiene alla specie su cui si sono concentrate la maggior parte delle ricerche del WIV. 

I ricercatori del WIV si sono recati nelle grotte e nelle miniere abbandonate nello Yunnan (dove ora si ritiene che vivano gli antenati del SARS-CoV-2) per trovare i pipistrelli ‘ferro di cavallo’, dato che sono ospiti naturali dei coronavirus simili alla SARS.

Ebright ha definito questi viaggi di campionamento "pura follia", poiché i ricercatori, che sono stati esposti a diversi agenti patogeni, potevano poi portarli involontariamente nei laboratori, vicino a città affollate.

L'emergere di un secondo virus pandemico dalla famiglia dei beta-coronavirus correlati alla SARS e il fatto che la maggior parte delle ricerche del WIV si siano concentrate proprio su questa famiglia sono entrambe coincidenze a sostegno della teoria di un incidente di laboratorio.

Ma c'è di più.

A febbraio 2020, Shi Zhengli e il suo team hanno pubblicato un articolo scientifico su Nature, in cui riportavano la sequenza del genoma di un virus di pipistrello strettamente correlato al SARS-CoV-2.

Questo ceppo virale – chiamato dagli autori RaTG13 e che era stato precedentemente raccolto da un pipistrello endemico nella provincia dello Yunnan – è risultato essere identico al 96,2% al SARS-CoV-2.

Si tratta, fino ad oggi, del genoma virale conosciuto di gran lunga più vicino al SARS-CoV-2. Tuttavia, lo studio sottintendeva che nessuna ricerca precedente fosse stata condotta su RaTG13 e forniva pochissime informazioni sull'esatto sito di campionamento e sui metodi di sequenziamento.

 

Un'indagine DRASTICA

Tuttavia, grazie al lavoro inestimabile di un gruppo di investigatori e scienziati della rete conosciuto col nome di DRASTIC, si è scoperto che i ricercatori WIV avevano iniziato a esaminare e sequenziare il RaTG13 già nel 2017, e non dopo lo scoppio della pandemia COVID-19.

Il genoma virale conosciuto più vicino al SARS-CoV-2 era stato studiato al WIV prima dello scoppio della pandemia.

Shi Zhengli alla fine ha confermato tali scoperte in un addendum che ha pubblicato su Nature nel novembre 2020.

La storia, però, non finisce qui.

È emerso anche che il RaTG13 era praticamente indistinguibile da una sequenza virale parziale già pubblicata chiamata BtCoV/4991. I ricercatori del WIV avevano raccolto il BtCoV/4991 nel 2013 da una miniera abbandonata nella contea di Mojiang, nello Yunnan.

Sorprendentemente, un'epidemia di polmonite simile alla SARS originatasi nella stessa miniera aveva precedentemente ucciso tre minatori su sei che avevano contratto la malattia.

Secondo Latham e Wilson, ciò è avvenuto nell'aprile 2012, appena due mesi e mezzo prima del primo viaggio di campionamento del WIV, e probabilmente è stato ciò che ha spinto i ricercatori WIV a campionare proprio lì.

Una tesi di master cinese del 2013 scoperta da un membro di DRASTIC, un utente anonimo di Twitter chiamato @TheSeeker268, descriveva in dettaglio la malattia simile alla polmonite dei minatori.

La tesi concludeva che un coronavirus simile alla SARS originato dai pipistrelli cinesi ‘ferro di cavallo’ era la probabile causa della malattia.

Inoltre, l'analisi retrospettiva dei sintomi della polmonite mostra sorprendenti somiglianze con la COVID-19.

Tali risultati hanno fatto sorgere molte domande.

Perché Shi Zhengli ha detto a Scientific American nel marzo 2020 che la causa della malattia dei minatori era un fungo?

Perché l'articolo scientifico di Nature del febbraio 2020 non ha menzionato né il precedente lavoro dei ricercatori WIV su BtCov/4991 né la sua origine in miniera?

Perché tali errori e una tale mancanza di trasparenza da parte del WIV?

Wuhan Institute of Virology, by Ureem2805CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons


E poi l’enigma più grande: è possibile che l'antenato stesso del SARS-CoV-2 provenga dalla miniera di Mojiang?

È plausibile che i ricercatori del WIV lo abbiano raccolto e portato nel loro laboratorio, a mille miglia di distanza?

È concepibile che, da lì, sia fuoriuscito accidentalmente, forse dopo essere stato geneticamente modificato o in altro modo costretto ad adattarsi per infettare le cellule umane attraverso mutazioni nella sua proteina spike?

Per l’esattezza, SARS-CoV-2 potrebbe anche non essere una versione manipolata di RaTG13.

Un'identità complessiva della sequenza del genoma al 96,2% corrisponde a circa 1200 nucleotidi diversi, cioè a decenni di evoluzione biologica in assenza di epidemie o ricombinazione.

Anche considerando una qualche forma di manipolazione di laboratorio, questo potrebbe essere un vuoto troppo grande da colmare, secondo alcuni scienziati (ma altri la pensano diversamente).



Tuttavia, dei coronavirus più strettamente correlati al SARS-CoV-2 erano probabilmente presenti nella miniera di Mojiang.

Gli autori dell'addendum del novembre 2020 hanno ammesso che il loro gruppo ha visitato la miniera dal 2012 al 2015, una o due volte l'anno.

I ricercatori hanno raccolto un totale di 1322 campioni. Da questi, hanno rilevato 293 diversi coronavirus, di cui nove erano beta-coronavirus correlati alla SARS.

Alla fine hanno ammesso che il RaTG13 era tra questi nove, ma hanno aspettato altri sei mesi prima di rivelare i genomi dei restanti otto virus.

Eppure li avevano già sequenziati, proprio come il RaTG13, qualche anno prima.

Questi otto virus rimanenti si discostano di più dal SARS-CoV-2 (identità del 77% a livello del genoma). Tuttavia, non conosciamo ancora tutti i coronavirus che erano oggetto di ricerca presso il WIV.

Altre tesi di ricerca portate alla luce da @TheSeeker268 dal WIV sembrano confermare che la miniera di Mojiang sia stata a lungo un punto focale delle ricerche del WIV, una sorta di cassa del tesoro dei virus.

È quindi del tutto possibile che altri coronavirus della miniera siano rimasti inediti.

Dal gennaio 2020, i ricercatori del WIV si sono dimostrati spesso riluttanti a condividere la loro conoscenza delle sequenze strettamente correlate al SARS-CoV-2.

Inoltre, nel settembre 2019 il database principale dell'Istituto è andato offline. Contenente registrazioni di migliaia di campioni e delle loro sequenze genetiche, comprese diverse sequenze inedite di coronavirus di pipistrello, questo è probabilmente uno dei principali database in Cina e nel mondo.

Alla fine, ognuno dei 16 database dei virus gestiti dal WIV, che potrebbero fornire indizi essenziali sulle origini di SARS-CoV-2, è stato messo offline.

Nel febbraio 2020, il Consiglio di Stato cinese ha ordinato che tutte le ricerche relative al SARS-CoV-2 dovessero avere l'approvazione del governo prima della pubblicazione, imponendo di fatto un bavaglio agli scienziati cinesi.

Nel frattempo, le autorità cinesi hanno bloccato la strada per la miniera di Mojiang. I giornalisti che cercavano di raggiungere la miniera sono stati ostacolati o arrestati.

 

Potenziamento di agenti patogeni con potenziale pandemico

Come accennato in precedenza, i ricercatori del WIV hanno condotto esperimenti rischiosi su virus chimerici almeno dal 2007.

A dire il vero, i coronavirus chimerici non sono una novità, poiché ricercatori di tutto il mondo li hanno generati almeno dal 1999, molto prima dell'avvento delle moderne tecniche di ingegneria genetica.

Poi, il 2002 ha segnato una pietra miliare nella ricerca GOF (descritta anche come potenziamento di agenti patogeni con potenziale pandemico), poiché l'epidemiologo americano Ralph Baric ha creato un clone sintetico di un virus murino naturale.

Alla fine del 2011, il virologo olandese Ron Fouchier ha annunciato che il suo laboratorio aveva generato "uno dei virus più pericolosi che si possano creare", un ceppo di H5N1 (influenza aviaria) che poteva trasmettersi tra i mammiferi attraverso l’aria.

Il NIH aveva finanziato la sua ricerca e i consulenti del governo degli Stati Uniti inizialmente avevano esortato a mantenerne segreti i dettagli per impedire che il lavoro potesse essere replicato da terroristi e paesi ostili.

Tuttavia, lo studio finì per essere pubblicato su Science Magazine alcuni mesi dopo.

A distanza di tre anni, Shi Zhengli e Ralph Baric hanno avviato una collaborazione per creare un altro virus chimerico.

Hanno inserito la proteina spike del coronavirus di pipistrello SHC014 nella struttura di un coronavirus SARS. Il nuovo virus era in grado di replicarsi in modo efficiente nelle cellule primarie delle vie aeree umane.

 Nel loro studio, gli autori hanno messo in guardia contro i rischi di progettare agenti patogeni più pericolosi:

è importante considerare il valore dei dati generati da questi studi e se questi tipi di studi sui virus chimerici giustifichino ulteriori indagini, considerati i rischi inerenti.

Nonostante ciò, Shi Zhengli ha continuato a progettare coronavirus in grado di attaccare le cellule umane.

Come accennato in precedenza, il NIAID guidato da Fauci, che fa parte del NIH, ha finanziato questo lavoro attraverso sovvenzioni che sono state assegnate alla EcoHealth Alliance presieduta da Daszak come appaltatore principale.

Nell'abstract di una di queste sovvenzioni, si legge:

Caratterizzazione in vitro e in vivo del rischio di spillover del SARSr-CoV, combinata con analisi spaziali e filogenetiche per identificare le regioni e i virus di interesse per la salute pubblica. Useremo i dati sulla sequenza della proteina S[pike], la tecnologia di clone infettivo, esperimenti di infezione in vitro e in vivo e l'analisi del legame del recettore per verificare l'ipotesi che le soglie di divergenza % nelle sequenze della proteina S predicano il potenziale di spillover.

In linguaggio non tecnico - spiega il giornalista scientifico Nicholas Wade - ciò significa inserire geni spike nella struttura di alcuni genomi virali ("tecnologia di clone infettivo") per creare una serie di virus chimerici e quindi testarne la capacità di attaccare le cellule umane.

Cosa abbastanza preoccupante, gran parte di questo lavoro è stato svolto in scarse condizioni di sicurezza in laboratori BSL-2.

La stessa Shi Zhengli ha confermato in un'intervista del luglio 2020 a Science Magazine che la ricerca sul coronavirus presso il WIV era stata condotta in laboratori BSL-2 o BSL-3.

 

Le caratteristiche sorprendenti del SARS-CoV-2

Se il SARS-CoV-2 è stato progettato in laboratorio, la sua creazione ha probabilmente seguito un percorso simile.

Diverse caratteristiche del virus responsabile della pandemia COVID-19 possono essere spiegate come il risultato di una manipolazione di laboratorio.

I ricercatori guidati da Alina Chan hanno scoperto che, fin dalla sua prima apparizione alla fine del 2019, il SARS-CoV-2 era già ben adattato alla trasmissione umana.

In confronto, l'epidemia di SARS del 2003 ha sviluppato diversi nuovi adattamenti per la trasmissione nelle cellule umane soltanto nella fase avanzata di quell'epidemia.


Schematic structure of SARS-CoV-2, Igor de Andrade Santos, Victória Riquena Grosche, Fernando Rodrigues Goulart Bergamini, Robinson Sabino-Silva, and Ana Carolina Gomes JardimCC BY 4.0, via Wikimedia Commons


Un altro studio, del professor Nikolai Petrovsky e altri ricercatori australiani, ha scoperto che il SARS-CoV-2 si lega ai recettori ACE2 delle cellule umane più strettamente  che a quelli di qualsiasi altra specie animale testata, inclusi pipistrelli e pangolini.

Secondo lo studio, questa scoperta è sorprendente

poiché generalmente all’inizio un virus zoonotico mostra la più alta affinità per la sua specie ospite originale, e un'affinità iniziale inferiore per i recettori di nuove specie ospiti, fino a quando non si adatta.

I sostenitori dell’ipotesi dell’incidente di laboratorio - spiega Wade - sostengono che il SARS-CoV-2

era adattato alle cellule umane fin dall'inizio, perché era stato coltivato in topi umanizzati o in colture di laboratorio di cellule umane, proprio come descritto nella proposta di finanziamento di Daszak.

Una caratteristica unica del SARS-CoV-2 è la presenza di un sito di scissione della furina nel mezzo della sua proteina spike, una cosa che nessun altro coronavirus correlato alla SARS possiede.

Come sottolineato dall'imprenditore biotecnologico Yuri Deigin, i coronavirus che presentano questa caratteristica condividono solo il 40% del loro genoma con il SARS-CoV-2. Ciò significa che non sono nemmeno lontani parenti di quest'ultimo.

La furina è un enzima umano che alcuni virus hanno imparato a sfruttare, poiché consente loro di entrare più facilmente in alcuni tipi di cellule.

Probabilmente, è grazie a questo peculiare sito della furina che il SARS-CoV-2 è riuscito a compiere il salto di specie dal suo ospite iniziale all'uomo.

Sebbene sia teoricamente possibile, è difficile spiegare come questa caratteristica possa essere emersa naturalmente - per mutazione o per ricombinazione - nella sua proteina spike. Potrebbe invece essere il risultato di una manipolazione ‘gain of function.

Negli ultimi anni, per studiare il potenziale rischio dei coronavirus di pipistrello per l'uomo, i ricercatori hanno ingegnerizzato diversi coronavirus chimerici. 

Questi sono costituiti da scheletri di coronavirus di pipistrello, solitamente incapaci di infettare le cellule umane, le cui proteine ​​spike sono state sostituite con quelle di virus compatibili con i recettori umani ACE2.

I virologi hanno anche studiato per decenni i siti della furina nei coronavirus e sono riusciti a introdurre dei siti artificiali in alcuni virus, rendendoli più infettivi.

Quindi, per riassumere, il SARS-CoV-2 era pre-adattato per la trasmissione umana e un sito di scissione della furina, unico e mai visto in altri coronavirus correlati alla SARS, ne ha potenziato la virulenza.

Tali caratteristiche, che la teoria dello spillover zoonotico non riesce a spiegare, potrebbero invece essere la conseguenza di una manipolazione di laboratorio. 

Quindi, perché gli scienziati e i media mainstream fino a poco tempo fa hanno scartato l'ipotesi dell'incidente di laboratorio e l'hanno persino etichettata come una "teoria del complotto"?

 

Bugie e conflitti di interesse soffocano il dibattito scientifico negli Stati Uniti

Quando la pandemia è scoppiata, all'inizio del 2020, nei pressi di un laboratorio dotato di un'impressionante raccolta di coronavirus, questo fatto ha alimentato le voci su un possibile coinvolgimento del laboratorio.

Tuttavia, due influenti articoli pubblicati su due delle riviste mediche più prestigiose al mondo hanno contribuito in modo decisivo a soffocare il dibattito.

Una dichiarazione di 27 eminenti scienziati della sanità pubblica, pubblicata su The Lancet il 19 febbraio 2020, ha condannato "le teorie del complotto secondo le quali il COVID-19 non ha un'origine naturale".

La dichiarazione aggiungeva che:

scienziati di diversi paesi […] concludono a grande maggioranza che questo coronavirus ha avuto origine nella fauna selvatica, così come molti altri agenti patogeni emergenti.

Tuttavia, la dichiarazione non includeva riferimenti scientifici atti a confutare la teoria sull’origine da laboratorio del virus.

Un mese dopo, in una lettera pubblicata su Nature Medicine con il titolo The Proximal Origin of SARS-CoV-2, cinque noti scienziati hanno affermato che

le nostre analisi mostrano chiaramente che il SARS-CoV-2 non è un costrutto di laboratorio o un virus manipolato intenzionalmente.

Nella sostanza, la lettera rimaneva a livello di ipotesi.

Tuttavia, questo articolo e il precedente hanno plasmato per molto tempo la percezione pubblica della cosiddetta ipotesi di fuga da laboratorio.

“Novel Coronavirus SARS-CoV-2” by NIAID is licensed under CC BY 2.0


Le e-mail ottenute da US Right to Know (USRTK) grazie a una richiesta di accesso tramite il Freedom of Information Act (FOIA), tuttavia, hanno dimostrato che la dichiarazione di Lancet era stata orchestrata nientemeno che da Peter Daszak, probabilmente per mettere a tacere le voci di un incidente di laboratorio.

Daszak voleva che la dichiarazione "non fosse identificabile come proveniente da una particolare organizzazione o persona [sic]", ma piuttosto come "semplicemente una lettera di eminenti scienziati". 

Ciò nonostante, USRTK ha rivelato che non solo Daszak, ma anche molti altri co-firmatari della dichiarazione, erano affiliati a EcoHealth Alliance, sebbene dichiarassero "nessun conflitto di interessi".

Le e-mail mostrano come Daszak e altri due scienziati direttamente legati al gruppo, sin dall’inizio abbiano pensato che fosse meglio non firmare la dichiarazione per nascondere il loro coinvolgimento.

È emerso anche che gli esperti di coronavirus Ralph Baric e Linfa Wang, entrambi collaboratori di lunga data del WIV, sono stati consultati e poi si sono accordati per non firmarla.

"Quindi lo pubblicheremo in un modo che non possa essere ricollegato alla nostra collaborazione, in modo che rappresenti al massimo grado una voce indipendente", ha scritto Daszak.


Sforzi per contrastare l’ipotesi dell’incidente di laboratorio 

Tre firmatari della dichiarazione di Lancet erano figure di spicco del Wellcome Trust, un ente di beneficenza globale per la ricerca sanitaria, con sede nel Regno Unito, che ha co-fondato il ‘Progetto genoma umano’ (iniziato nel 1990 sotto la guida del genetista americano e attuale direttore del NIH, Francis Collins) e della CEPI,  Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (una partnership globale lanciata nel 2017 per accelerare lo sviluppo di vaccini contro le malattie infettive emergenti).

Tra i tre firmatari, Sir Jeremy Farrar, direttore del Wellcome Trust, aveva anche organizzato, insieme ad Anthony Fauci, una teleconferenza il 1 febbraio 2020.

La teleconferenza ha avuto luogo dopo che alcuni massimi funzionari sanitari statunitensi, tra cui Fauci, si erano attivati, a fine gennaio 2020, per contrastare alcuni articoli pubblicati su un potenziale incidente di laboratorio al WIV. 

Da una serie di e-mail (pesantemente censurate) ottenute attraverso un'altra richiesta FOIA, è emerso che dei cinque scienziati co-autori della lettera di Nature Medicine "Proximal Origin" precedentemente menzionata, in cui si affermava che il SARS-CoV-2 non era un virus manipolato intenzionalmente, quattro avevano preso parte alla teleconferenza Fauci-Farrar.

Tuttavia, in una e-mail di risposta inviata a Fauci la sera prima della teleconferenza, Kristian Andersen, primo autore della lettera e professore presso il Dipartimento di Immunologia e Microbiologia dello Scripps Research, scriveva di aver trovato nel SARS-CoV-2 delle caratteristiche insolite che "(potenzialmente) sembrano ingegnerizzate".

Lui e altri colleghi, prosegue l'e-mail, " tutti trovano il genoma incoerente con le previsioni della teoria evolutiva".

Secondo il recente libro di Farrar intitolato Spike: The Virus vs. The People, recensito in questo articolo da Ian Birrell, alcune caratteristiche del nuovo virus, come il suo dominio di legame al recettore e il sito della furina, avevano destato in Andersen un certo allarme, poiché sembravano progettate per adattare un coronavirus animale all'uomo.

Nel suo libro, Farrar afferma che Andersen era "dal 60 al 70%" convinto che il virus fosse sfuggito da un laboratorio.

Il virologo australiano Edward Holmes, un altro partecipante alla teleconferenza che in seguito avrebbe co-firmato la lettera di Nature Medicine, era "sicuro all'80% che questa cosa sia uscita da un laboratorio".

Lo stesso Farrar era combattuto sulle origini della SARS-CoV-2. "In uno spettro da 0 a 100, se la natura è 0 e la fuga da laboratorio è 100, onestamente io sto per 50", affermava in un'e-mail a Fauci.

Eppure, pochi giorni dopo l'incontro, la loro posizione era cambiata radicalmente.

Un mese dopo, il 6 marzo, Andersen scrisse un'altra e-mail (vedi LEOPOLD NIH FOIA Anthony Fauci Emails, p. 2,401) a Fauci, Farrar e al direttore dell'NIH Francis Collins (che aveva partecipato anche lui alla teleconferenza Fauci-Farrar), esprimendo la sua gratitudine per “i loro consigli e la loro leadership" sulla lettera che sarebbe presto apparsa su Nature Medicine e che, traendo la conclusione opposta alla sua e-mail di fine gennaio, affermava che non era possibile che il virus fosse stato ingegnerizzato.

Commentando le e-mail di Andersen, Ebright ha twittato:

Il coordinamento delle comunicazioni tra Fauci e gli autori dell'editoriale "Proximal Origins" è degno di nota. Così come la differenza tra le loro opinioni discusse privatamente nell'e-mail di gennaio 2020 e quelle espresse pubblicamente nell'editoriale di marzo 2020.




 Questo episodio conferma che l'ipotesi dell'incidente di laboratorio era una possibilità reale. Sebbene gli autori degli articoli di Lancet e Nature Medicine in seguito abbiano scartato questa ipotesi, in realtà non erano nella posizione di denunciarla come teoria del complotto.

Andersen, Baric e Daszak erano anche tra gli esperti consultati in una riunione del 3 febbraio 2020 organizzata dalle National Academies of Sciences, Engineering, Medicine (NASEM), che a quanto riferito includeva diversi funzionari della comunità dell’intelligence.

L'incontro era stato organizzato su richiesta dell'Office of Science and Technology Policy (OSTP) della Casa Bianca al fine di "aiutare a determinare le origini del 2019-nCoV [il nome iniziale attribuito al SARS-CoV-2]".

Trevor Bedford, biologo computazionale e uno degli scienziati che hanno contribuito a plasmare la risposta finale del NASEM, ha dichiarato in uno scambio di e-mail:

1. Non menzionerei qui i siti di legame [un riferimento ai siti di legame sulla proteina spike del SARS-CoV-2]. Se inizi a soppesare le prove, c'è molto da considerare per entrambi gli scenari [grassetto mio].

2. Direi "nessuna prova di ingegneria genetica",  punto e basta. 

Inoltre, una prima bozza della risposta del NASEM affermava che "i dati genomici disponibili sono coerenti con l'evoluzione naturale e attualmente non vi sono prove che il virus sia stato ingegnerizzato", ma includeva anche una nota a piè di pagina tra parentesi:

(possibilmente aggiungere una breve spiegazione che ciò non esclude una fuga involontaria da un laboratorio [grassetto mio] che studia l'evoluzione dei coronavirus correlati).

La risposta finale pubblicata il 6 febbraio non menzionava né i siti di legame né la possibilità di un'origine di laboratorio.

Tuttavia, entrambi gli episodi sono un'ulteriore conferma che, sebbene gli scienziati della sanità pubblica abbiano sostenuto l'ipotesi dell'origine naturale, anche lo scenario dell'incidente di laboratorio meritava di essere esaminato.

Ma, secondo un'indagine di Vanity Fair,

i conflitti di interesse, derivanti in parte dalle grandi sovvenzioni governative a sostegno di controverse ricerche di virologia, hanno ostacolato in ogni fase l'indagine statunitense sull'origine del COVID-19. In una riunione del Dipartimento di Stato, i funzionari che cercavano di chiedere trasparenza al governo cinese affermano che i colleghi dissero loro esplicitamente di non indagare la ricerca sul guadagno di funzione del Wuhan Institute of Virology, perché ciò avrebbe attirato un'attenzione sgradita sul finanziamento di tale ricerca da parte del governo degli Stati Uniti.

 

Una ricerca controversa che ha ricevuto finanziamenti sia civili che militari

Quindi, vale la pena esplorare un po' la natura e l'entità di queste sovvenzioni governative.

Per cominciare, ho già menzionato una sovvenzione del NIAID che ha consentito al WIV di creare nuovi coronavirus chimerici correlati alla SARS in grado di infettare le cellule umane.

Tra il 2014 e il 2019, il NIAID ha assegnato diverse sovvenzioni alla EcoHealth Alliance per condurre ricerche per "Comprendere il rischio di insorgenza del coronavirus dei pipistrelli" presso il WIV e altrove in Asia, con una spesa totale di  3,7 milioni di dollari.

Dopo una breve sospensione imposta dall'amministrazione Trump, nell'agosto 2020 il NIH ha addirittura alzato il tetto di spesa a 7,5 milioni di dollari.

Tuttavia, come ha rivelato per la prima volta Sam Husseini, le sovvenzioni governative assegnate all'organizzazione di Daszak non hanno solo una dimensione civile, ma anche militare.

La EcoHealth Alliance riceve molti più finanziamenti dal Pentagono che dal NIH.


“The Pentagon” by mindfrieze is licensed under CC BY-SA 2.0


Un'attenta indagine sui database del governo degli Stati Uniti rivela che tra il 2013 e il 2020 il Pentagono ha donato a EcoHealth Alliance 39 milioni di dollari.

La maggior parte di questo finanziamento, 34,6 milioni di dollari, proveniva dalla Defense Threat Reduction Agency (DTRA), una struttura militare avente la missione di "contrastare e scoraggiare le armi di distruzione di massa e le reti di minacce improvvisate".

Anche il National Biosurveillance Integration Center (NBIC) del Dipartimento per la sicurezza interna ha scelto di affidarsi ai servizi dell'organizzazione di Daszak, concedendole un contratto da 2,2 milioni di dollari "per raccogliere informazioni contestuali relative a eventi biologici".

Ma il principale finanziatore è il Dipartimento di Stato, attraverso l’US Agency for International Development (USAID), che ha donato a EcoHealth Alliance almeno 64,7 milioni di dollari.

I finanziamenti del Pentagono e dell'USAID ammontano quindi a oltre 103 milioni di dollari. Non si sa quanto di quel denaro sia andato alla ricerca presso il WIV. 

EcoHealth Alliance sta conducendo ricerche finanziate dal Pentagono in diversi paesi asiatici e africani, dalla Georgia alla Malesia e dalla Tanzania al Sud Africa.

In Medio Oriente, in particolare, EcoHealth Alliance ha istituito il Western Asia Bat Research Network (WAB-Net) nell'ambito del progetto di ricerca congiunta One Health, lanciato nell'ottobre 2017.

L'obiettivo primario di questo progetto è

descrivere le diversità dei coronavirus (CoV) e verificare le principali ipotesi sul rischio di insorgenza di virus zoonotici trasmessi dai pipistrelli nell'Asia occidentale al fine di ridurre la minaccia di malattie infettive. […] I dati sulla diversità dei patogeni, sulla distribuzione degli ospiti e sugli aspetti ecologici saranno curati, scambiati e utilizzati per modellare il rischio di malattie zoonotiche in questa regione politicamente instabile.

La rete lavora con scienziati in Georgia, Giordania, Turchia e Pakistan ed è finanziata da una sovvenzione di 6,5 milioni di dollari erogata dal Cooperative Biological Engagement Program (CBEP) della DTRA.

Secondo l'amministrazione Obama, l'obiettivo del CBEP era contrastare la "minaccia di attori statali e non statali che acquisiscono materiali biologici e competenze che potrebbero essere utilizzate per sviluppare o impiegare un'arma biologica".

Questo obiettivo doveva essere raggiunto "distruggendo o mettendo in sicurezza gli agenti biologici alla fonte e sviluppando la capacità di rilevare, diagnosticare e segnalare un focolaio di malattia".

 

L'ascesa del complesso industriale pandemico: la caccia ai virus diventa globale

EcoHealth Alliance ha anche collaborato con il progetto decennale PREDICT, parte del programma Emerging Pandemic Threats (EPT) di USAID.

Quest'ultimo si compone di quattro progetti: PREDICT, RESPOND, IDENTIFY, e PREVENT. 

USAID ha lanciato il programma EPT nel 2009

grazie alla consapevolezza che ci troviamo in un'era in cui emergono e periodicamente si ripresentano sempre nuove minacce alla salute globale, le quali richiedono un approccio più strategico e a lungo termine alla sicurezza sanitaria globale.

Il programma aveva numerosi partner, da università e organizzazioni con sede negli Stati Uniti (EcoHealth Alliance, Metabiota, ecc.), a partner globali come FAO e OMS, dal DTRA del Pentagono a laboratori stranieri come il WIV in Cina.

PREDICT mirava a rafforzare la "capacità globale di rilevamento e scoperta di virus zoonotici con potenziale pandemico".

In qualità di partner operativo di PREDICT, EcoHealth Alliance ha lavorato

al fine di sviluppare risorse a livello locale e testare la fauna selvatica ad alto rischio in Bangladesh, Costa d'Avorio, Repubblica del Congo, Cina, Egitto, India, Indonesia, Giordania, Liberia, Malesia e Tailandia.

PREDICT, un progetto in sé enorme, è stato anche considerato come il prototipo di qualcosa di ancora più ambizioso: il Global Virome Project (GVP).

Il GVP era inteso come una partnership internazionale per sviluppare un atlante globale della maggior parte dei virus zoonotici potenzialmente presenti in natura, a un costo compreso tra 1,2 miliardi di dollari iniziali fino a 3,4 miliardi di dollari in dieci anni.

È stato supportato da USAID, EcoHealth Alliance, HealthMap, ProMED e Metabiota, tra gli altri.

Due iniziative private gestite da Google.org, la fondazione no-profit di Google, sono state i precursori di PREDICT e GVP.

Lanciate nel 2008, erano rispettivamente il programma Predict and Prevent e la Global Viral Forecasting Initiative. Quest'ultima sarebbe presto diventata l’organizzazione profit Metabiota che, insieme a EcoHealth Alliance, ha continuato a ricevere finanziamenti da Google.

L’impegno originario del GVP era sorto insieme ad altre iniziative.

Si trattava della R&D Blueprint sponsorizzata dall'OMS per favorire il rapido avviamento delle attività di ricerca e sviluppo (R&D) durante le epidemie, e della già citata Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI) promossa dal World Economic Forum, dalla Bill and Melinda Gates Foundation e dal Wellcome Trust per finanziare la creazione di vaccini. 

La R&D Blueprint dell'OMS assemblò un gruppo di consulenza scientifica presieduto dal direttore del Wellcome Trust Jeremy Farrar al fine di redigere un "elenco delle malattie prioritarie", ovvero le malattie che presentano il maggior rischio per la salute pubblica a causa del loro potenziale epidemico.


“Wellcome Trust building” by HowardLake is licensed under CC BY-SA 2.0


Dopo l'incontro "2018 R&D Blueprint" a Ginevra, l'OMS ha ampliato l’elenco per includere la Malattia X, intesa come tutti i patogeni sconosciuti ancora di là da venire.

Richard Hatchett — CEO di CEPI, ex direttore ad interim della US Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA) dove supervisionava programmi per sviluppare contromisure mediche contro minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari, nonché membro del team del piano pandemico nell'amministrazione di George W. Bush - ha scritto:

potrebbe sembrare fantascienza, ma la Malattia X è una cosa a cui dobbiamo prepararci.

 

L'inizio della fine dell'era pandemica?

Per quanto riguarda il GVP, l’idea è stata lanciata nell'agosto 2016 presso il Centro Conferenze della Fondazione Rockefeller a Bellagio, in Italia.

In quel contesto, il GVP è stato descritto come

un impegno internazionale volto a identificare e caratterizzare, entro un decennio, il 99% di tutti i virus zoonotici con potenziale epidemico/pandemico, al fine di prevedere, prevenire e rispondere meglio alle minacce future di pandemia virale e proteggerci tutti dalle loro peggiori conseguenze.

In breve, come recita il suo ambizioso slogan, il GVP è stato progettato per essere "l'inizio della fine dell'Era Pandemica".

Il GVP Bellagio Forum ha riunito decisori politici, organizzazioni internazionali, università, fondazioni ed esponenti del settore privato.

Tra i partecipanti c'erano Peter Daszak, Dennis Carroll, allora Direttore del Pandemic Influenza and Other Emerging Threats Unit di USAID, Jonna Mazet, Professore di Epidemiologia ed Ecologia delle Malattie presso l'Università della California Davis (UC Davis) e Direttore Emerito del Progetto USAID PREDICT, Edward Rubin, direttore scientifico di Metabiota, e George Gao del Chinese Center for Disease Control and Prevention.

Daszak, Carroll, Mazet e Rubin sono attualmente membri del consiglio di amministrazione di GVP.

Per inciso, Carroll e Mazet figurano anche tra i cofirmatari della già citata dichiarazione di Lancet orchestrata da Daszak, che condannava l'ipotesi dell'incidente di laboratorio come teoria del complotto.

Il GVP ha avuto ufficialmente inizio nel 2018 in Cina e Thailandia. Ne faceva parte la China National Global Virome Initiative, con Pechino che mirava a essere leader alla pari con gli Stati Uniti nel campo della virologia e della biotecnologia.

Diversi esperti di malattie infettive, tuttavia, pensano che la caccia globale ai virus non sia il modo migliore per prevenire le pandemie. Considerano il GVP troppo esteso e costoso.

Alcuni di loro hanno sostenuto che, dal momento che solo una percentuale molto piccola degli 1,6 milioni di virus animali al mondo può effettivamente fare il salto di specie e rappresentare una minaccia per gli esseri umani, catalogare centinaia di migliaia di virus è uno stupido spreco di risorse.

Anche Edward Holmes e Kristian Andersen, tra gli scienziati coautori della già citata lettera “Proximal Origin” pubblicata su Nature Medicine, avevano in precedenza espresso scetticismo sul GVP.

In un commento su Nature del 2018 intitolato ‘Pandemia: spendere per la vigilanza, non per la previsione’, scrivevano che estese indagini genomiche sui virus animali avrebbero quasi certamente fatto avanzare la comprensione umana sulla diversità e l'evoluzione dei virus. Tuttavia, sarebbero state "di scarso valore pratico per comprendere e ridurre l’insorgere delle malattie".

 

Una ricerca sui vaccini al WIV finita male?

Quindi, per riassumere, EcoHealth Alliance ha ricevuto finanziamenti sia pubblici che privati (tra gli altri da Google e dalla Fondazione Rockefeller, che promuove la sua propria Disease Surveillance Networks Initiative).

Il finanziamento pubblico proveniva da appalti sia civili che militari attribuiti dal governo degli Stati Uniti. Parte di questo finanziamento è andato a controverse ricerche condotte presso il WIV in Cina, inclusi pericolosi esperimenti di guadagno di funzione.

Tali attività al WIV potrebbero aver innescato la pandemia COVID-19 a causa di un incidente di laboratorio, come hanno mostrato molti articoli e documenti scientifici (vedi anche sotto).

Diverse volte, lo stesso Daszak ha parlato liberamente delle sue collaborazioni in Cina e delle loro attività.

In un'intervista col virologo Vincent Racaniello sul monitoraggio dei pipistrelli eseguito nel sud della Cina, ha dichiarato:

E sapete cosa abbiamo trovato ora, dopo sei o sette anni? Oltre cento nuovi coronavirus correlati alla SARS, molto vicini alla SARS.

Poi ha aggiunto:

in laboratorio alcuni virus entrano nelle cellule umane, alcuni possono causare la malattia SARS nei modelli di topi umanizzati e non sono trattabili con la terapia monoclonale, né esiste un vaccino. Quindi questi sono un pericolo chiaro e reale.

Quando Racaniello ha chiesto se vi era una possibile soluzione a questa minaccia, Daszak ha risposto così:

i coronavirus […] puoi manipolarli in laboratorio abbastanza facilmente. La proteina Spike determina molto di ciò che accade con il coronavirus nel rischio zoonotico. Quindi si può ottenere la sequenza e costruire la proteina, e noi lavoriamo molto a questo obiettivo con Ralph Baric all'UNC [University of North Carolina]. Inserirla nello scheletro di un altro virus e lavorarci in laboratorio. […] Ora, la progressione logica per i vaccini è che, se si sta sviluppando un vaccino per la SARS, si userà la SARS pandemica, ma possiamo inserire alcune di queste altre cose e otterremo un vaccino migliore.

Qui Daszak si riferisce evidentemente alla possibilità di prendere la proteina spike da un coronavirus che può infettare l'uomo per farne la base per un vaccino genetico.

È proprio così che sono stati prodotti i primi vaccini contro il SARS-CoV-2.

Lo stesso Ralph Baric ha recentemente sviluppato ulteriori ricerche sui vaccini "universali" a mRNA con una spike chimerica.

Come sottolineato da @TheSeeker268 di DRASTIC, anche l'Accademia cinese delle scienze (CAS) ha avviato progetti per sviluppare nuovi vaccini basati sulla ricerca sul coronavirus dei pipistrelli di Shi Zhengli.

E i membri di DRASTIC Rossana Segreto e Yuri Deigin hanno ipotizzato che la pandemia di COVID-19 potrebbe essere stata la conseguenza di una ricerca sui vaccini finita male.

Quindi, è possibile che uno sforzo ufficialmente diretto a prevenire una pandemia attraverso una ricerca ‘guadagno di funzione’ - e verosimilmente sui vaccini - abbia finito per provocarla?

Senza dubbio, le prove circostanziali finora emerse dovrebbero giustificare un'indagine che consideri seriamente tale ipotesi.

Ma, allora, com'è possibile che Peter Daszak, una persona con un enorme conflitto di interessi per suoi legami con il WIV, sia diventato membro di due importanti commissioni incaricate di indagare sulle origini del SARS-CoV-2?

 

Ostruzionismo, offuscamento e opacità non provengono solo dalla Cina

The Lancet ha nominato Peter Daszak a presiedere la sua équipe incaricata di indagare sulle origini del virus.

Complessivamente, metà dei membri della cosiddetta Task Force on Origins di Lancet erano anche cofirmatari della già citata dichiarazione del febbraio 2020 che condannava l'ipotesi dell'incidente di laboratorio come teoria del complotto.

Tutta la stampa ha citato Daszak che affermava che il virus non poteva provenire da un laboratorio.

Incredibilmente, Daszak era anche il rappresentante degli Stati Uniti nella commissione incaricata dall'OMS di indagare sulle origini del COVID-19 insieme alla Cina.

Come hanno sottolineato 26 scienziati di tutto il mondo in una lettera aperta in cui chiedono un'indagine completa sulle origini del virus, il mandato per l'inchiesta dell'OMS è stato precedentemente negoziato con Pechino e non è nemmeno stata ammessa la possibilità di un'origine di laboratorio del SARS-CoV -2.

Il processo di selezione degli esperti internazionali del team non ha verificato in modo credibile i conflitti di interesse.

Inoltre, i rapporti della commissione mista dovevano basarsi sul consenso tra i 17 membri cinesi e i 17 membri internazionali del team. Parti fondamentali dell'inchiesta sono state delegate a scienziati cinesi.

Non sorprende che, in una conferenza stampa ufficiale a Wuhan nel febbraio 2021, il team congiunto OMS-Cina abbia respinto la teoria secondo cui il virus è fuggito da un laboratorio, considerandola "estremamente improbabile". 


“World Health Organization” by US Mission Geneva is licensed under CC BY-ND 2.0


A conferma del fatto che anche al di fuori della Cina non c'era interesse a promuovere un'indagine seria, anche la comunità dell'intelligence statunitense (IC) aveva inizialmente convenuto "con l'ampio consenso scientifico" sul fatto che il SARS-CoV-2 "non fosse stato creato dall'uomo o geneticamente modificato". La dichiarazione dell'aprile 2020 dell'Ufficio del direttore della National Intelligence fa solo un breve cenno alla possibilità di un incidente di laboratorio.

Solo poco più di un anno dopo l'IC ha leggermente cambiato posizione, sottolineando che c'erano due scenari probabili: o il virus era emerso naturalmente dal contatto dell’uomo con animali infetti o si era trattato di un incidente di laboratorio.

La nuova dichiarazione, tuttavia, concludeva che "la maggior parte dei membri all'interno dell'IC non crede che ci siano informazioni sufficienti per valutare che uno scenario sia più probabile dell'altro".

Ciò ha coinciso con l'ordine del presidente Biden, del 26 maggio, di concedere alle agenzie di intelligence statunitensi 90 giorni per riferire i risultati dell’indagine sulle origini della pandemia di coronavirus.

Tuttavia, questo annuncio non deve trarre in inganno nessuno sul fatto che si volesse veramente avviare una seria indagine. Potrebbe anche essere un segno di uno scontro sempre più politicizzato sulla crisi pandemica all'interno della Beltway, nel contesto di un peggioramento della rivalità tra Cina e Stati Uniti.

Prima del mandato di Biden, le affermazioni pubbliche di Trump sull’origine da laboratorio del virus, non supportate da prove conclusive, avevano favorito i media mainstream (MSM), a lui ostili, nella loro volontà di deridere ogni ipotesi di incidente di laboratorio come "teoria del complotto". Non è chiaro se le cose cambieranno in modo significativo sotto il suo successore.

Lo stesso Biden ha poi aggiunto un ammonimento, promettendo di pubblicare i risultati dell'inchiesta "a meno che non ci sia qualcosa di cui non sono a conoscenza".

Inoltre, gli errori passati dell'intelligence statunitense, dalle armi di distruzione di massa irachene al cosiddetto Russiagate, non sono affatto incoraggianti.

Sembra evidente che molti ostacoli, offuscamenti e opacità provengano non solo dalla Cina, ma anche da settori civili e militari del governo degli Stati Uniti, nonché da parte della comunità scientifica internazionale e del cosiddetto complesso medico-industriale, che continuano a ostacolare una vera indagine sull'origine del COVID-19.

 

La teoria dell'incidente di laboratorio prende piede

Tuttavia, l'ipotesi di un incidente di laboratorio ha lentamente, ma costantemente guadagnato terreno sui media.

Mentre il primo articolo scientifico peer-reviewed (sottoposto a revisione paritaria) (Sirotkin e Sirotkin) che considerava la ricerca GOF come possibile spiegazione risale all'agosto 2020, il primo articolo "rivoluzionario" pubblicato sui media mainstream è stato The Lab-Leak Hypothesis di Nicholson Baker, del 4 gennaio 2021.

Un’altra svolta decisiva è stato il pezzo precedentemente citato di Nicholas Wade del maggio 2021. Preceduto e seguito da molti altri articoli di giornalisti ed esperti, come Rowan Jacobsen e Filippa Lentzos.

Quindi, il 22 giugno è arrivata la incoraggiante notizia della ricusazione di Peter Daszak dalla Task Force on Origins della Lancet Commission.  Una nota pubblicata sul suo sito web dichiarava:

La Commissione esorta tutti gli scienziati coinvolti nella ricerca USA-Cina a spiegare in modo completo e trasparente la natura del loro lavoro. Nel frattempo, la Commissione contatterà esperti globali in biosicurezza e in altri campi per aiutare a valutare le ipotesi rilevanti sulle origini del SARS-CoV-2.

La Task Force on Origins della Commissione potrebbe quindi essere sciolta e ricostituita.

Un articolo pubblicato in coincidenza da Jeffrey Sachs, presidente della Commissione, mostra un incoraggiante cambio di rotta.

Afferma:

La questione delle origini non riguarda un governo o un altro, tanto meno è una questione geopolitica o un modo per incolpare la Cina e scagionare gli Stati Uniti. Se c'è stata davvero una fuga di laboratorio del SARS-CoV-2, questa potrebbe essersi verificata in un progetto finanziato dal governo degli Stati Uniti, che utilizzava metodi sviluppati e sostenuti da scienziati statunitensi e come parte di un programma guidato e finanziato dagli Stati Uniti per raccogliere e analizzare virus potenzialmente pericolosi, anche in Cina.

L'articolo aggiunge anche che, mentre gli eventi zoonotici naturali sono inevitabili, e richiedono quindi sistemi di sorveglianza e allarme globali molto migliori, "esiste anche il rischio di futuri focolai di malattie pandemiche legati alla ricerca".

Perciò,

i governi devono migliorare la trasparenza, la supervisione e la biosicurezza di tutti i progetti che cercano attivamente agenti patogeni pericolosi in natura e li portano nei laboratori, riconoscendo i molteplici rischi che vi sono collegati. Allo stesso modo, gli strumenti della manipolazione genomica sono avanzati così rapidamente che la possibilità di creare nuovi patogeni mortali in laboratorio e rilasciarli accidentalmente o addirittura deliberatamente è una preoccupazione molto seria. Il mondo attualmente manca di trasparenza e di adeguate tutele nazionali e internazionali su un’attività così pericolosa, e i rischi sono aggravati dai programmi segreti di ricerca sulle armi biologiche sponsorizzati da diversi governi.

Sebbene l'articolo di Sachs tocchi tutti i punti principali, diventa imperativo trasformare le parole in passi concreti.

Senza dubbio, gli scienziati cinesi (e americani) hanno molto da rivelare sul loro lavoro, comprese le verbalizzazioni degli esperimenti di laboratorio, i virus chimerici prodotti e le potenziali infezioni tra gli operatori.

Tuttavia, sebbene un approccio collaborativo da parte di Pechino sia importante, non è affatto essenziale.

“Molti filoni di indagine sono reperibili negli Stati Uniti e sarebbero accessibili a un'inchiesta del Congresso con poteri di comparizione. Presso la EcoHealth. Presso le agenzie finanziatrici (USAID, DTRA, DARPA, DHS, e NIH). Presso gli editori (Springer — Nature and Lancet). Non è necessaria alcuna cooperazione da parte della Cina”, ha twittato Ebright.



Ma avviare una indagine seria è più facile a dirsi che a farsi.

Come ha notato, tra gli altri,  Jonathan Lathaman, anche uno sguardo superficiale alle partnership aziendali, accademiche e istituzionali di EcoHealth Alliance, o agli enormi finanziamenti governativi di progetti come PREDICT e GVP, ci dà un'idea degli interessi in gioco.

 

Prevenzione pandemica e preparazione alle pandemie: prevenire una pandemia o favorirla?

Quello che Latham e altri hanno definito il complesso industriale pandemico, un sottoinsieme del cosiddetto complesso medico-industriale, è un insieme interconnesso di società e altre istituzioni pubbliche e private che si alimentano e si sostengono a vicenda con beni e servizi, con ramificazioni in enti di beneficenza, ONG, università e nel settore della difesa.

Molte di queste istituzioni prosperano grazie alla prevenzione e alla preparazione alle pandemie.

Molte di esse attingono a denaro pubblico, ma la loro filosofia è radicata nel profitto privato. Hanno un approccio alla fornitura dei servizi sanitari basato sul mercato, in contrasto con l'assistenza sanitaria intesa come servizio pubblico.

All'indomani dell'epidemia COVID-19, il complesso medico-industriale sta già intensificando gli sforzi per creare un sistema globale di allerta precoce per le pandemie, compreso il rinnovato impegno a identificare le minacce patogene prima che si manifestino.


“National Institute of Health Aerial” by formulanone is licensed under CC BY-SA 2.0


Tra le parti interessate rappresentate nelle discussioni per la creazione di un tale sistema figurano CEPI, Bill & Melinda Gates Foundation, GVP, Merck, Metabiota, NIH, USAID, Wellcome Trust e molti altri attori pubblici e privati.

Tuttavia, l'intero approccio potrebbe essere scosso alle fondamenta se l'ipotesi dell'incidente di laboratorio si dimostrasse corretta.

L'inquietante possibilità che la pandemia non sia stata il risultato di uno spillover zoonotico, ma piuttosto di un virus sperimentale sfuggito da un laboratorio, suggerirebbe che il ricorso a presunti "strumenti predittivi" come la ricerca GOF per prevenire una pandemia, potrebbe invece averla effettivamente innescata.

In tal caso, una "prevenzione della pandemia" condotta intensificando le ricerche sui virus e sui patogeni all’interno di laboratori scarsamente regolamentati e spesso non sicuri, dislocati in tutto il mondo, potrebbe portare al disastro.

 

Aspetti militari della pandemia COVID-19

Tuttavia, questa non è l'unica questione inquietante.

A prima vista, la Cina e gli Stati Uniti hanno condotto ricerche virologiche a Wuhan e altrove in modo cooperativo e coordinato. Tuttavia, sia gli USA che la Cina considerano questa ricerca come un'attività sensibile per la loro sicurezza nazionale. Da entrambe le parti, molti hanno affermato che la questione potrebbe presentare un aspetto militare.

Washington e Pechino sono partner con economie altamente interconnesse e strette relazioni scientifiche e accademiche, eppure sono chiaramente rivali.

Alla luce di ciò, è possibile che il finanziamento statunitense della ricerca presso il WIV avesse lo scopo di aprire una finestra sulla ricerca cinese nella biodifesa?

Lo scoppio della pandemia ha già innescato contraccolpi dal punto di vista militare, portando a richieste per aumentare i finanziamenti al programma di difesa chimica e biologica del Pentagono (CBDP), nonché per il programma di riduzione della minaccia biologica del DTRA.

Secondo questo documento dell'USNI, la pandemia COVID-19 ha rivelato le cruciali debolezze americane nel settore umano della guerra, dimostrando che "le minacce biologiche non sono quasi affatto influenzate dalle difese cinetiche, informatiche ed elettromagnetiche, per quanto sofisticate". La diffusione del COVID-19 nelle navi militari statunitensi ne è un esempio calzante.

Lo scoppio della pandemia si è verificato in coincidenza con i recenti sviluppi della biologia sintetica, che potrebbero portare alla creazione di armi biologiche di prossima generazione.

Secondo il documento USNI appena citato, le future armi biologiche sintetiche (SBW) ottenute attraverso la tecnologia CRISPR potrebbero “prendere di mira popolazioni o individui, attraverso mezzi socialmente trasmessi piuttosto che mezzi cinetici”.

La Cina, una superpotenza biotecnologica emergente, è stata accusata dal Pentagono di "sviluppare capacità scientifiche il cui possibile utilizzo militare il PLA [Esercito popolare cinese di liberazione] considera apertamente".

Da parte loro, i funzionari cinesi stanno sollevando interrogativi sui programmi di biodifesa statunitensi.

La sfiducia reciproca, reale o presunta, può quindi diventare un pretesto per sviluppare armi biologiche sintetiche (SBW) al fine di anticipare l'avversario, scatenando così una corsa agli armamenti.

 

Una minaccia globale

C'è anche una questione più ampia. Come accennato all'inizio di questo articolo, i laboratori ad alto contenimento stanno proliferando in tutto il mondo.

Almeno 59 laboratori BSL-4 sono previsti, in costruzione o già operativi, in 23 paesi in tutto il mondo. Tre quarti di questi laboratori sono pericolosamente situati nelle aree urbane.

Incidenti di laboratorio che hanno portato a infezioni umane si sono già verificati in passato. Nel 1977, l’influenza pandemica H1N1 è uscita da un laboratorio uccidendo più di 700.000 persone.

In molti paesi, compresi gli Stati Uniti e diversi paesi europei, gli incidenti di laboratorio di regola non vengono resi pubblici e sono coperti da vari livelli di segretezza.

Inoltre, la ricerca biomedica è intrinsecamente a uso duale: mentre può fornire benefici, può anche essere utilizzata per causare danni. Solo una frazione dei paesi con laboratori BSL-4 dispone di politiche nazionali che regolano la ricerca a uso duale.

La posta in gioco è alta.

La proliferazione dei laboratori, l'assenza di adeguati sistemi di regolamentazione della biosicurezza e la crescente concorrenza internazionale nel campo della biodifesa potrebbero scatenare nel prossimo futuro potenziali patogeni pandemici molto più devastanti del SARS-CoV-2.

È essenziale non solo scoprire le vere origini dell'attuale pandemia, ma anche definire rigorose regole di biosicurezza a livello internazionale e stabilire adeguate salvaguardie nazionali e internazionali e regole di trasparenza sulla ricerca a uso duale, possibilmente attraverso un rafforzamento della Convenzione sulle armi biologiche.

La razionalità e l'interesse comune dovrebbero prevalere.