07/04/11

Giocare d'azzardo col pianeta

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di Joseph E. Stiglitz
6 Aprile 2011 
DUBAI - Le conseguenze del terremoto giapponese - in particolare la crisi in corso presso la centrale nucleare di Fukushima - risuonano in maniera cupa per chi osserva il crash finanziario americano che ha portato alla Grande Recessione. Entrambi gli eventi ci danno delle dure lezioni per quel che riguarda i rischi, e su come in realtà i mercati e le società non sono affatto in grado di gestirli.
Naturalmente, in un certo senso, non c'è paragone tra la tragedia del terremoto - che ha fatto più di 25.000 vittime fra morti e dispersi - e la crisi finanziaria, a cui non può essere attribuita una tale acuta sofferenza fisica. Ma quando si arriva a parlare della fusione nucleare a Fukushima, c'è un tema comune ai due eventi.
Gli esperti della industria nucleare e anche della finanza, ci avevano assicurato che le nuove tecnologie avevano del tutto eliminato il rischio di una catastrofe. Gli eventi hanno dimostrato che si sbagliavano: non solo i rischi esistono, ma le loro conseguenze sono state così enormi che hanno senza dubbio cancellato tutti i presunti benefici dei sistemi che i leaders del settore avevano sostenuto.
Prima della Grande Recessione, i guru del'economia americana - dal governatore della Federal Reserve ai titani della finanza - si vantavano di aver imparato a padroneggiare i rischi. Strumenti finanziari "innovativi", come i derivati ​​e i credit default swaps, hanno permesso la propagazione del rischio a tutta l'economia. Ora sappiamo che gli esperti non solo hanno illuso il resto della società, ma anche se stessi.
Questi maghi della finanza, si è scoperto, non avevano capito la complessità del rischio, e tanto meno i pericoli delle "distribuzioni fat-tail" - un termine statistico che sta a indicare eventi rari con enormi conseguenze, chiamati anche “cigni neri”. Eventi che si supponeva dovessero accadere una volta in un secolo - o anche una volta nella vita dell'universo – sembra invece che accadano ogni dieci anni. Peggio ancora, non solo la frequenza di questi eventi è stata enormemente sottovalutata, ma anche gli astronomici danni che hanno provocato - come i disastri che continuano a perseguitare l'industria nucleare.
La ricerca in economia e psicologia ci aiuta a capire perché riusciamo così male nella gestione di questi rischi. Abbiamo poche basi empiriche per giudicare gli eventi rari, per cui è difficile arrivare a una buona stima. In tali circostanze, può entrare in gioco qualcosa come il pio desiderio: ci sono pochi incentivi a prevedere approfonditamente ogni possibilità. Al contrario, quando sono gli altri a sostenere i costi degli errori, gli incentivi favoriscono l'auto-illusione. Un sistema che socializza le perdite e privatizza gli utili è destinato ad amministrare male il rischio.
In effetti, l'intero settore finanziario era pieno di problemi di mediazioni e di esternalità. Le agenzie di rating avevano incentivi a dare buoni voti agli strumenti finanziari ad alto rischio prodotti dalle banche di investimento che le pagavano. Gli emittenti dei mutui ipotecari non hanno sopportato le conseguenze della loro irresponsabilità, e persino coloro che hanno effettuato dei prestiti predatori o creato e messo in commercio titoli progettati per perdere, lo hanno fatto in modo da proteggersi da procedimenti civili e penali.
Questo ci porta alla domanda successiva: ci sono altri "cigni neri" in attesa? Purtroppo, alcuni dei rischi veramente grandi che dobbiamo affrontare oggi possono essere considerati più eventi probabili che non eventi rari. La buona notizia è che questi rischi possano essere controllati a costo basso o nullo. La cattiva notizia è che per farlo bisogna affrontare unaopposizione politica forte - perché ci sono persone che approfittano dello status quo.

Due dei grandi rischi li abbiamo visti in questi ultimi anni, ma è stato fatto ben poco per riportarli sotto controllo. Anzi, il modo in cui l'ultima crisi è stata gestita può addirittura aumentare il rischio di un futuro tracollo finanziario.

Le banche troppo-grandi-per-fallire, e i mercati a cui partecipano, ora sanno che se passano dei guai possono aspettarsi di essere salvate. Come risultato di questo "moral hazard", queste banche possono prendere prestiti a condizioni favorevoli, con un vantaggio competitivo basato non su prestazioni superiori, ma sulla forza politica. Mentre alcuni degli eccessi nell'assunzione del rischio sono stati messi a freno, i prestiti predatori e il trading non regolamentato sugli oscuri derivati over-the-counter vanno avanti. La struttura degli incentivi che favorisce l'assunzione di rischi in eccesso rimane praticamente invariata.
E ancora, mentre la Germania ha chiuso i suoi vecchi reattori nucleari, negli Stati Uniti e altrove, anche impianti basati sullo stesso difettoso progetto di Fukushima continuano a funzionare. La stessa esistenza dell'industria nucleare dipende dai sussidi pubblici nascosti – i costi sostenuti dalla società in caso di disastro nucleare, così come i costi dello smaltimento delle scorie ancora non risolto. E tutto questo a causa di un capitalismo senza freni!
Per il pianeta, c'è un altro rischio, che, come gli altri due, è quasi una certezza: il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici. Se ci fossero altri pianeti dove trasferirsi a basso costo nel caso dell'esito quasi certo previsto dagli scienziati, si potrebbe sostenere che vale la pena di sostenere questo rischio. Ma non ci sono, quindi non è così.
I costi della riduzione delle emissioni impallidiscono in confronto ai possibili rischi che il mondo deve affrontare. E questo è vero anche se si esclude l'opzione nucleare (i cui costi sono stati sempre sottovalutati). Per essere sicuri, il carbone e le compagnie petrolifere soffrirebbero, e i grandi paesi inquinanti - come gli Stati Uniti – dovrebbero ovviamente pagare un prezzo più elevato rispetto a quelli con uno stile di vita meno eccessivo.
Alla fine, quelli che giocano d'azzardo a Las Vegas perdono più di quanto guadagnano. Come società, stiamo giocando d'azzardo - con le nostre grandi banche, con i nostri impianti di energia nucleare, con il nostro pianeta. Come a Las Vegas, i pochi fortunati - i banchieri che mettono a rischio la nostra economia e i proprietari delle società energetiche che mettono a rischio il nostro pianeta – possono andarsene con un bel malloppo. Ma, in media, e quasi certamente, noi come società, come tutti i giocatori, perderemo.

E questa, purtroppo, è la lezione del disastro giapponese che continuiamo ad ignorare, a nostro rischio e pericolo.

2 commenti:

  1. Noi non ignoriamo nulla: e' che siamo messi nella condizione di non contare nulla.
    Eleggiamo politici che non controlliamo, usiamo una moneta che non controlliamo, siamo imbambolati da media che non controlliamo, ecc. ecc. (andare avanti mi sembra inutile, l'elenco sarebbe troppo lungo fra istruzione, sanità, territorio).
    Come giustamente letto nell'articolo, fin quando alla privatizzazione degli utili farà da contraltare la socializzazione delle perdite, ed aggiungo io senza scalpore per la massa ed in nome di un presunto progresso che illusoriamente ci sfama ma che in realtà ci distrugge, nulla cambierà.
    Chi ha gridato allo scandalo quando ci dicevano che dovevamo aiutare le banche, cioè che dovevamo garantirci in nostro c/c versando altri fondi?
    Nessuno!
    Chi si stupisce oggi che il CEO di GS (che ha contribuito alla crisi e se la ride) s'e raddoppiato lo stipendio?
    Nessuno!
    Chi si stupisce ed indigna (ma non basta più) quando dopo Fukushima ci dicevano che dovevamo dotare l'Italia di centrali e subito dopo per interessi di poltrona che se ne riparlerà quando pochi si ricorderanno questo disastro?
    Nessuno!
    Noi non ignoriamo nulla ma siamo messi nella condizione di non contare nulla perché divisi, sazi e smemorati.
    Grazie Carmen per queste traduzioni sempre pungenti, speriamo che serva a qualcosa.

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  2. @ Carlo,
    condivido appieno la tua considerazione del resto è una spietata fotografia di quello che siamo.
    Non posso aggiungere niente di + e niente di meno.
    Una delle tue frasi che mi rispecchia maggiormente è l'assoluta mancanza di memoria del genere umano e, come dice il detto: chi non conosce il proprio passato è obbligato a ripeterlo.
    Saluti.
    Orazio

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