03/04/13

“SONO COMMENTI DEL GENERE CHE SPIEGANO PERCHÈ LA GENTE ODIA GLI ECONOMISTI”




Ricevo da Istwine la traduzione di questo arguto pezzo di Ramanan, che mette efficacemente il dito sulla vera piaga - il libero scambio incontrollato e la crescita guidata dalle esportazioni...


Molti economisti eterodossi sono in sintonia con Paul Krugman perché pare che sostenga l’espansione di bilancio.

Ah!

In primo luogo, siamo in questo casino a causa di persone come Paul Krugman che hanno promosso il libero scambio – che è stato distruttivo per l’economia mondiale nel suo complesso e ha impedito ai paesi debitori di implementare politiche fiscali espansive per reflazionare le proprie economie. Le nazioni creditrici non stimoleranno le loro economie attraverso espansioni di bilancio così facilmente – appena il minimo necessario per evitare l’aumento di tensioni sociali – perché non vogliono diventare debitori lungo il percorso. Questi paesi esagerano, ma è il libero scambio che crea, per primo, il problema.



Questa crisi ha fatto sì che le nazioni comprendessero l’importanza delle esportazioni per la crescita e perché le nazioni migliorino la loro posizione patrimoniale sull’estero ci dovrà essere crescita nel resto del mondo ed esse saranno disposte ad aspettare la crescita delle esportazioni prima di espandere la loro domanda interna. Questa crea un problema da teoria dei giochi per la crescita globale nel suo complesso.

Ora, Krugman è un uomo intelligente. Ci farà credere che non è affatto un dogmatico. E ora ridicolizza chiunque si opponga all’espansione fiscale. Nonostante in un certo senso sia una cosa giusta, dal momento che il mondo necessita di un’espansione fiscale a livello globale (anche se necessiterebbe almeno di essere coordinata), quest’idea non si avvicina nemmeno alla soluzione semplicista che Krugman propone con i suoi comici grafici IS/LM e le sue teorie sulla trappola della liquidità e le sue idee confusionarie sulla moneta esogena – la quale è solo un modo furbo di difendere le sue precedenti posizioni – anche se comunque si leggono di frequente dei Mea Culpa nel suo blog.

Mi sono imbattuto in questo articolo di William Greider – Perché Paul Krugman sbaglia così tanto, in cui l’autore ricorda ai lettori come la mania del libero scambio sia stata spinta da Paul Krugman e come egli abbia ridicolizzato tutti coloro che dissentivano.

È nel complesso un buon articolo e vale la pena di leggerlo. Mi piace la parte in cui Greider dice che anche se il libero scambio ha creato problemi agli Stati Uniti, (Krugman) vuole uscire dai problemi attraverso la promozione di un commercio ancora più libero!

Mi ha anche riportato alla mente un articolo dogmatico di Paul Krugman in cui sostiene la tesi del libero scambio. L’articolo, intitolato Ricardo’s Difficul Idea, non solo ridicolizza chiunque sostenga tesi contro il libero scambio, ma propone anche delle strategie su come promuoverlo.

Ecco una parte che merita di essere citata:

Durante i dibattiti sul NAFTA ho condiviso il palco con un esperto negoziatore commerciale statunitense molto considerato, un convinto sostenitore del NAFTA [sic]. Ad un certo punto un membro del pubblico mi ha chiesto cosa pensassi degli effetti che il NAFTA avrebbe avuto sul numero dei posti di lavoro negli Stati Uniti; quando io risposi “nessuno”, sulla base degli argomenti standard, il funzionario commerciale esplose con rabbia: “Sono commenti del genere che spiegano perché la gente odia gli economisti!

Mi piace questa citazione di Francis Cripps presa da un articolo pubblicato sul The Guardian del 27 Frebbraio 1979, Economisti con una Missione:


“A volte penso che il pubblico ne saprebbe più di economia se non ci fossero gli economisti”



12 commenti:

  1. Grazie Istwine,

    avevo letto il post e mi era da subito parso arguto e degno di nota: l'hai reso "pubblico" ed è ottima cosa. Buona giornata.

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  2. C'è un punto (che tra l'altro con Flavio abbiamo più volte trattato): in effetti gli USA stanno cercando di reindustrializzare l'economia e, inevitabilmente con ciò, di rilanciare la domanda interna.
    Lo stesso riequilibrio del CAB, passa per una domanda interna più sostenuta (e invero anche per una politica energetica), e non deliberatamente compressa per deflazionare a favore dei profitti finianziari e della riduzione salariale.
    E parlo di riequilibrio, non necessariamente del raggiungimento di un saldo netto della bdp.
    Insomma, est modus in rebus, in una dialettica in cui, pur essendo da biasimare Krugman per le posizione pregresse (che vivevano sulla libertà assoluta dei capitali e che non può quindi ora scindere dalla tendenza alla finanziarizzazione che uccide la stessa IRS e quindi la mitizzata elasticità IS), sarebbe da biasimare l'intero capitalismo occidentale da almeno due secoli.
    Solo che ora predicare la moderazione è questione di sopravvivenza: ma come si fa ad essere competitivi in situazione di equilibrio (tendenzialmente) generale, senza deflazione salariale e senza l'ossessione del crowding-out?

    Recuperando integralmente i cambi flessibili e espungendo la dottrina delle banche centrali indipendenti (anti intervento pubblico).
    Insomma, Krugman almeno cerca di correggere il tiro: ma l'Europa semplicemente non può. E non "vuole".

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    1. Preciso, 48. Krugman va sicuramente inserito nel contesto, con i suoi limiti (e fa molto bene Ramanan a sottolineare le questioni di fondo), ma quando leggo i suoi articoli sul New York Times, da questo angolo di Europa, mi si allarga il cuore...

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  3. intanto il ciclo di Frenkel si muove a nord!

    [...]No nation in the euro zone is as deeply in debt as the Netherlands, where banks have a total of about €650 billion in mortgage loans on their books.[...]

    chi è?

    Ma l'Olanda!

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  5. Io però sottolinerei, con non poche perplessità, questo passaggio dell'articolo di Geitner: "The most compelling evidence of American self-delusion is not in Asia but in Europe. The best evidence that a nation can both manage its industrial system strategically while participating fully and fairly in global trade is Germany. As an exporting nation with large trade surpluses in advanced technological goods, Germany’s actual experience refutes the lessons taught by orthodox trade theory and macroeconomics in the US. It sets high performance standards for labor relations and for social entitlements. Its goals for the nation’s industrial base accept that some production will be dispersed abroad but the companies must make sure the industrial core—good jobs, high wages and technological invention—remain in Germany."

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  6. suggerisco la traduzione di questo http://www.spiegel.de/international/europe/economic-crisis-hits-the-netherlands-a-891919.html#ref=rss

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  7. Ecco: io sono e sarò ben felice di "scavalcare" Krugman "a sinistra", come si diceva una volta, e ben volentieri leggo chi fornisce elmenti utili allo scopo (e.g.: Keen o Vernengo); però Krugman in un simile equivoco sulla Germania si guarda bene dal cadere. Bene intedenti pauca.
    PS Grazie per il lavoro che fai.

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