16/04/17

George Monbiot - Neoliberalismo, l'ideologia alla radice di tutti i nostri problemi

Un grande articolo di George Monbiot sul Guardian rintraccia le origini e lo sviluppo di quella teoria neoliberale che dagli anni '80 ha pervaso le nostre società, ma i cui presupposti sono stati preparati con sorprendente cura e determinazione già da molti decenni prima.  Monbiot  sottolinea in particolare lo strano carattere "anonimo" di questa ideologia: pur profondamente penetrata nella coscienza collettiva, non ha nemmeno un nome ben definito, e così coperta da un vago anonimato risuona quasi come un sistema naturale, rendendo ancora più difficile identificarla e contrapporvisi.  In questo sta il fallimento storico della sinistra, che nel momento peggiore della crisi del sistema neoliberale  si ritrova senza aver elaborato alcuna proposta alternativa. 

Con questa riflessione, da parte di tutta la redazione un augurio di Buona Pasqua di serenità 

 

di George Monbiot, 15 aprile 2016

Traduzione di @chemicalture

Immaginate se il popolo dell'Unione Sovietica non avesse mai sentito parlare del comunismo. L'ideologia che domina le nostre vite, per la maggior parte di noi non ha un nome. Menzionatela nelle vostre conversazioni e avrete in risposta una scrollata di spalle. Anche se i vostri ascoltatori hanno già sentito questo termine, faranno fatica a definirlo. Neoliberalismo: sapete di cosa si tratta?

Il suo anonimato è sia un sintomo che la causa del suo potere. Essa ha svolto un ruolo importante in una notevole varietà di crisi: la crisi finanziaria del 2007-8, la delocalizzazione di ricchezza e potere, di cui i Panama Papers ci offrono solo un assaggio, il lento collasso della sanità pubblica e dell'istruzione, l'aumento dei bambini poveri, l'epidemia della solitudine, la distruzione degli ecosistemi, l'ascesa di Donald Trump. Ma noi rispondiamo a queste crisi come se fossero dei casi isolati, apparentemente inconsapevoli del fatto che tutte sono state catalizzate o aggravate dalla stessa filosofia di base; una filosofia che ha - o ha avuto - un nome. Quale potere più grande dell'agire nel completo anonimato?

Il neoliberalismo è diventato così pervasivo che ormai raramente lo consideriamo come una ideologia. Sembriamo accettare la tesi che questa utopica fede millenaria rappresenti una forza neutrale; una sorta di legge biologica, come la teoria dell'evoluzione di Darwin. Ma la filosofia è nata come un tentativo consapevole di trasformare la vita umana e spostare il luogo del potere.

Il neoliberalismo vede la competizione come la caratteristica che definisce le relazioni umane. Ridefinisce i cittadini in quanto consumatori, le cui scelte democratiche sono meglio esercitate con l'acquisto e la vendita, un processo che premia il merito e punisce l'inefficienza. Essa sostiene che “il mercato” offre dei vantaggi che non potrebbero mai essere offerti dalla pianificazione dell'economia.

I tentativi di limitare la concorrenza sono trattati come ostili alla libertà. Pressione fiscale e regolamentazione dovrebbero essere ridotte al minimo, i servizi pubblici dovrebbero essere privatizzati. L'organizzazione del lavoro e la contrattazione collettiva da parte dei sindacati sono considerate come distorsioni del mercato, che impediscono lo stabilirsi di una naturale gerarchia di vincitori e vinti. La disuguaglianza è ridefinita come virtuosa: un premio per i migliori e un generatore di ricchezza che viene redistribuita verso il basso per arricchire tutti. Gli sforzi per creare una società più equa sono sia controproducenti che moralmente condannabili. Il mercato fa sì che ognuno ottenga ciò che merita.

Noi interiorizziamo e diffondiamo questo credo. I ricchi si autoconvincono di aver acquisito la loro ricchezza attraverso il merito, ignorando i vantaggi - come l'istruzione, l'eredità e la classe sociale d'appartenenza - che possono averli aiutati ad assicurarsela. I poveri cominciano a incolpare se stessi per i propri fallimenti, anche quando possono fare poco per cambiare la situazione.

Per non parlare della disoccupazione strutturale: se non si ha un lavoro è perché non lo si è cercato abbastanza. E nemmeno dei costi impossibili degli alloggi: se la vostra carta di credito è in rosso, siete stati irresponsabili e imprevidenti. Non importa che i vostri figli non abbiano più un cortile a scuola dove poter giocare: se ingrassano, è colpa vostra. In un mondo governato dalla competizione, chi rimane indietro viene definito e si percepisce come perdente.

Tra i risultati, come documentato da Paul Verhaeghe nel suo libro "What About Me?", vi sono epidemie di autolesionismo, disturbi alimentari, depressione, solitudine, ansia da prestazione e fobia sociale. Forse non è sorprendente che la Gran Bretagna, dove l'ideologia neoliberale è stata applicata più rigorosamente, sia la capitale europea della solitudine. Ormai siamo tutti neoliberali.

***

Il termine neoliberalismo è stato coniato durante una riunione a Parigi nel 1938. Tra i delegati vi erano due uomini che giunsero a definire l'ideologia, Ludwig von Mises e Friedrich Hayek. Entrambi esuli provenienti dall'Austria, vedevano nella socialdemocrazia, esemplificata dal New Deal di Franklin Roosevelt e dal graduale sviluppo del welfare britannico, la manifestazione di un collettivismo di stampo simile al nazismo e al comunismo.

Nel suo libro "La via della schiavitù", pubblicato nel 1944, Hayek sosteneva che la pianificazione del governo, schiacciando l'individualismo, avrebbe portato inesorabilmente al controllo totalitario. Come il libro di Mises "Burocrazia", "La via della schiavitù" ebbe una grande diffusione. Riuscì ad attirare l'attenzione di persone molto ricche, che vedevano in questa filosofia la possibilità di liberarsi dalla regolamentazione e dalle tasse. Quando, nel 1947, Hayek fondò la prima organizzazione che avrebbe diffuso la dottrina del neoliberalismo – la Mont Pelerin Society - fu sostenuto finanziariamente da ricchi milionari e dalle loro fondazioni.

Con il loro aiuto, cominciò a creare quello che Daniel Stedman Jones descrive in "Padroni dell'Universo" come “una sorta di internazionale del liberalismo”: una rete transatlantica di accademici, uomini d'affari, giornalisti e attivisti. Ricchi banchieri appartenenti al movimento finanziarono una serie di think thank per affinare e promuovere l'ideologia. Tra di loro c'erano l' American Enterprise Institute , la Heritage Foundation, il Cato Institute, l'Institute of Economic Affairs, il Centre of Policies Studies e l'Adam Smith Institute. Essi finanziarono inoltre posizioni accademiche e dipartimenti, in particolare presso le università di Chicago e della Virginia.

Man mano che si è evoluto, il neoliberalismo è diventato più stridente. La visione di Hayek sui governi che dovrebbero regolamentare la concorrenza per impedire la formazione di monopoli ha ceduto il posto - tra i seguaci americani come Milton Friedman – alla convinzione che il potere di monopolio potrebbe essere visto come una ricompensa per l'efficienza.

Durante questa transizione però è accaduto qualcosa: il movimento ha perso il suo nome. Nel 1951, Friedman era felice di descrivere se stesso come un neoliberale. Ma subito dopo, il termine ha cominciato a scomparire. Ancora più strano, anche se l'ideologia era diventata più netta e il movimento più coerente, il nome perduto non è stato sostituito da alcuna alternativa comunemente accettata.

In un primo momento, nonostante il suo lauto finanziamento, il neoliberalismo rimase ai margini. Il consenso del dopoguerra era quasi universale: le indicazioni economiche di John Maynard Keynes erano ampiamente applicate, la piena occupazione e la riduzione della povertà erano obiettivi condivisi negli Stati Uniti e in gran parte dell'Europa occidentale, le aliquote d'imposta sui redditi alti erano elevate e i governi perseguivano i loro obiettivi sociali senza ostacoli, creando nuovi servizi pubblici e reti di sicurezza sociale.

Ma negli anni Settanta, quando le politiche keynesiane cominciarono a crollare e le crisi economiche colpivano su entrambe le sponde dell'Atlantico, le idee neoliberali cominciarono a entrare nel mainstream. Come osservò Friedman, “quando venne il momento che si doveva cambiare ... c'era un'alternativa già pronta lì per essere colta”. Con l'aiuto di giornalisti compiacenti e consiglieri politici, elementi del neoliberalismo, in particolare le sue indicazioni circa la politica monetaria, furono adottati dall'amministrazione di Jimmy Carter negli Stati Uniti e dal governo di Jim Callaghan in Gran Bretagna.

Dopo che Margaret Thatcher e Ronald Reagan presero il potere, il resto del pacchetto fu presto applicato: massicci tagli alle tasse per i ricchi, smantellamento dei sindacati, deregolamentazione, privatizzazioni, esternalizzazioni e concorrenza nei servizi pubblici. Attraverso il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, il trattato di Maastricht e l'Organizzazione mondiale del commercio, le politiche neoliberali sono state imposte  - spesso senza il consenso democratico - in gran parte del mondo. La cosa più notevole è stata l'adozione del neoliberalismo tra i partiti che un tempo appartenevano alla sinistra: i Laburisti e i Democratici, per esempio. Come osserva Stedman Jones, “è difficile pensare ad un'altra utopia che sia stata così pienamente realizzata".

***

Può sembrare paradossale che una dottrina che promette possibilità di scelta e libertà sia stata promossa con lo slogan “there is no alternative" (non c'è alternativa, ndt). Ma, come osservò Hayek durante una visita nel Cile di Pinochet - una delle prime nazioni in cui il programma venne ampiamente applicato - “la mia preferenza personale pende verso una dittatura liberale piuttosto che verso un governo democratico privo del liberalismo”. La libertà che il neoliberalismo offre, che suona così seducente se espressa in termini generali, si rivela essere libertà per il luccio, non per i pesciolini.

Libertà dai sindacati e dalla contrattazione collettiva significa libertà di reprimere i salari. Libertà dalla regolamentazione significa libertà di avvelenare i fiumi, mettere in pericolo i lavoratori, applicare tassi di interesse iniqui e inventare strumenti finanziari esotici. Libertà dalle tasse significa libertà dalla redistribuzione della ricchezza che solleva le persone dalla povertà.



Naomi Klein ha scritto un libro in cui ha parlato di come i neoliberalisti abbiano fatto uso della crisi per imporre politiche impopolari, mentre le persone erano distratte. Fotografia: Anya Chibis per il Guardian

 

Come documentato da Naomi Klein in "The Shock Doctrine" ( uscito in italiano col titolo "Shock Economy. L'ascesa del capitalismo dei disastri", NdR), teorici neoliberali hanno sostenuto l'uso della crisi per imporre politiche impopolari, approfittando della distrazione creata dalla situazione di crisi: cosi è successo in occasione del colpo di stato di Pinochet, della guerra in Iraq e dell'uragano Katrina, quest'ultimo descritto da Friedman come “un'opportunità per riformare radicalmente il sistema educativo” di New Orleans.

Dove le politiche neoliberiste non possono essere imposte a livello nazionale, sono imposte a livello internazionale, attraverso trattati commerciali che incorporano la cosiddetta “risoluzione delle controversie tra investitori e Stato”: tribunali off-shore in cui le gandi società possono fare pressioni per la rimozione delle protezioni sociali e ambientali. Quando i parlamenti hanno votato a favore della limitazione della vendita di sigarette, o per proteggere le riserve idriche nei confronti delle compagnie minerarie, congelare le bollette energetiche o evitare l'eccessivo aumento dei prezzi da parte delle case farmaceutiche, le società hanno fatto causa, spesso con successo. La democrazia è ridotta a un teatro.

Un altro paradosso del neoliberalismo è che la competizione universale si basa sulla altrettanto universale comparazione e selezione. Il risultato è che i lavoratori, i disoccupati e i servizi pubblici di ogni genere sono soggetti ad un pernicioso e soffocante regime di valutazione e monitoraggio, ideato per identificare i vincitori e punire i perdenti. La dottrina proposta da Von Mises. che ci avrebbe liberato dall'incubo burocratico della pianificazione centrale, al contrario, ha realizzato proprio questo.

Il neoliberalismo non è stato concepito come un meccanismo autoreferenziale, ma lo è rapidamente diventato. La crescita economica è stata nettamente più lenta nell'era neoliberista (dal 1980 in Gran Bretagna e negli Stati Uniti) di quanto non fosse nei decenni precedenti; ma non per i più ricchi. La disuguaglianza nella distribuzione del reddito e della ricchezza, dopo 60 anni di declino, in questo periodo è di nuovo aumentata rapidamente a causa della distruzione dei sindacati, le riduzioni fiscali, l'aumento delle rendite, le privatizzazioni e la deregolamentazione.

La privatizzazione o mercatizzazione dei servizi pubblici, quali l'energia, l'acqua, i trasporti, la sanità, l'istruzione, le strade e le carceri, ha permesso alle grandi aziende di imporre delle tariffe sui beni essenziali e pretendere il pagamento per l'accesso, sia dai cittadini che dai governi. Rendita è un altro termine per significare reddito senza lavoro. Quando si paga un prezzo gonfiato per un biglietto del treno, solo una parte della tariffa compensa gli operatori per i soldi che spendono per il carburante, i salari, il materiale rotabile e altre spese. Il resto riflette il fatto che vi hanno messo con le spalle al muro.


In Messico, a Carlos Slim è stato concesso il controllo di quasi tutti i servizi di telefonia, così che è divenuto ben presto  l'uomo più ricco del mondo. Fotografia: Henry Romero / Reuters


Coloro che possiedono e gestiscono i servizi privatizzati o semi-privatizzati del Regno Unito fanno immense fortune investendo poco e ricaricando molto. In Russia e in India, oligarchi hanno acquisito beni precedentemente dello Stato grazie a delle svendite. In Messico, a Carlos Slim è stato concesso il controllo di quasi tutti i servizi di rete fissa e telefonia mobile, così che è divenuto ben presto l'uomo più ricco del mondo.

La finanziarizzazione dell'economia, come osserva Andrew Sayer in "Why We Can't Afford the Rich , ha avuto un impatto simile. “Come le rendite”, sostiene, “gli interessi sono ... redditi non da lavoro, che maturano senza alcuno sforzo”. Come i poveri diventano più poveri e i ricchi diventano più ricchi, i ricchi acquisiscono sempre più il controllo su un'altra risorsa cruciale: la moneta. La spesa per interessi, in modo schiacciante, rappresenta un trasferimento di denaro dai poveri ai ricchi. Man mano che i prezzi degli immobili e la fine dei finanziamenti pubblici caricano le persone di debiti (si pensi al passaggio dalle borse di studio ai prestiti agli studenti), le banche e i loro dirigenti sbancano.

Sayer sostiene che gli ultimi quattro decenni sono stati caratterizzati da un trasferimento di ricchezza non solo dai poveri ai ricchi, ma anche tra le fila dei ricchi: da quelli che fanno soldi con la produzione di nuovi beni o servizi a coloro che fanno soldi controllando i beni esistenti e traendone delle rendite, interessi o plusvalenze. Il reddito da lavoro è stato soppiantato dalla rendita senza lavoro.

Le politiche neoliberiste sono ovunque afflitte dai fallimenti del mercato. Non solo le banche sono troppo grandi per fallire ("too big to fail"), ma lo sono anche le società ora incaricate di fornire servizi pubblici. Come Tony Judt ha sottolineato nel suo libro "Ill Fares The Land", Hayek ha dimenticato che i servizi pubblici vitali per un paese non possono fallire, il che significa che la concorrenza non può fare il suo corso. Gli investitori prendono i profitti, lo Stato si assume il rischio.

Maggiore è il fallimento, più estrema diventa l'ideologia. I governi usano le crisi neoliberiste come pretesto e occasione per tagliare le tasse, privatizzare i restanti servizi pubblici, creare strappi nella rete di sicurezza sociale, deregolamentare le imprese e disciplinare i cittadini. Lo Stato autolesionista ora affonda i denti in ogni organo del settore pubblico.

Forse l'impatto più pericoloso del neoliberalismo non è la crisi economica che ha causato, ma la crisi politica. Come il peso dello Stato è ridotto, così è ridotta la nostra capacità di cambiare il corso delle nostre vite attraverso il voto. Invece, la teoria neoliberale afferma che le persone possono esercitare una scelta attraverso la spesa. Ma alcuni hanno più da spendere rispetto ad altri: nella democrazia del consumatore o dell'azionista, il diritto di voto non è equamente distribuito. Il risultato è una riduzione dei diritti dei meno abbienti e della classe media. Mentre i partiti di destra e della ex sinistra adottano politiche neoliberali simili, la riduzione del potere statale si traduce in una revoca dei diritti. Un gran numero di persone sono state escluse dalla politica.


Slogan, simboli e sensazioni ... Donald Trump. Fotografia: Aaron Josefczyk / Reuters


Chris Hedges osserva che “i movimenti fascisti costruiscono il loro fondamento non sulla base degli attivisti, ma di coloro che sono politicamente inattivi, i 'perdenti', che percepiscono, spesso in modo corretto, di non avere alcuna voce in capitolo nel mondo politico”. Quando il dibattito politico non parla più a tutti, allora le persone diventano sensibili a slogan, simboli e sensazioni. Per gli ammiratori di Trump, ad esempio, i fatti e gli argomenti appaiono irrilevanti.

Judt ha spiegato che quando la fitta rete di interazioni tra il popolo e lo Stato viene ridotto a nulla se non all'autorità e all'obbedienza, l'unica forza che ci lega è il potere dello stato. Il totalitarismo che Hayek temeva ha più probabilità di emergere quando i governi, dopo aver perso l'autorità morale che nasce dalla erogazione dei servizi pubblici, si riducono a “blandire, minacciare e, infine, costringere la gente a obbedire”.

***

Come il comunismo, il neoliberalismo è il Dio che ha fallito. Ma la dottrina zombie vacilla e uno dei motivi è il suo anonimato. O meglio, un insieme di anonimati.

La dottrina invisibile della mano invisibile è promossa da sostenitori invisibili. Lentamente, molto lentamente, abbiamo iniziato a scoprire i nomi di alcuni di loro. Vediamo che l'Institute of Economic Affairs, che ha sostenuto con forza sui media la campagna contro l'ulteriore regolamentazione del settore del tabacco, è stato segretamente finanziato dalla British American Tobacco sin dal 1963. Scopriamo che Charles e David Koch, due degli uomini più ricchi del mondo, fondarono l'istituto che ha messo in piedi il movimento Tea Party. Scopriamo che Charles Koch, nell'istituire uno dei suoi think tank, osservò che “al fine di evitare critiche indesiderate, non si dovrebbe fare molta pubblicità sul modo come l'organizzazione è controllata e diretta”.

Le parole usate dal neoliberismo spesso nascondono più di quanto chiariscano. “Il mercato” suona come un sistema naturale che potrebbe essere paragonato alla gravità o alla pressione atmosferica. Ma è gravido di relazioni di potere. Ciò che “il mercato vuole” tende a significare ciò che le aziende ed i loro capi vogliono.“Investimento”, come nota Sayer, significa due cose molto diverse. Uno è il finanziamento di attività produttive e socialmente utili, l'altro è l'acquisto di beni esistenti per ottenere una rendita, interessi, dividendi e plusvalenze. Utilizzare la stessa parola per le diverse attività “mimetizza le fonti della ricchezza”, il che ci porta a confondere l'estrazione di ricchezza con la creazione di ricchezza.

Un secolo fa, i nuovi ricchi venivano denigrati da coloro che avevano ereditato il loro denaro. Gli imprenditori ricercavano l'accettazione sociale facendosi passare per rentiers. Oggi, il rapporto è stato invertito: i rentiers e gli ereditieri si definiscono imprenditori. Sostengono di essersi guadagnati le loro rendite, che in realtà non derivano dal lavoro.

Questo anonimato e questa confusione si mischiano all'opacità senza nome e senza luogo del capitalismo moderno: il modello di franchising assicura che i lavoratori non sappiano per chi lavorano esattamente; società registrate off-shore dietro ad una rete di segretezza così complessa che neanche la polizia può risalire ai proprietari reali; regimi fiscali che infinocchiano i governi; prodotti finanziari che nessuno comprende.

L'anonimato del neoliberalismo è ferocemente difeso. Coloro che sono influenzati da Hayek, Mises e Friedman tendono a rifiutare il termine, poiché esso – e non a torto - è oggi utilizzato solo in senso dispregiativo. Ma non ci offrono un'alternativa. Alcuni si definiscono liberali classici o libertari, ma queste descrizioni sono stranamente defilate e fuorvianti, in quanto suggeriscono che nei libri "La via della schiavitù" e "Burocrazia", o nel classico di Friedman "Capitalismo e Libertà", non vi sia in realtà niente di nuovo.

***

Per tutte queste ragioni,  nel progetto neoliberale c'è qualcosa di ammirevole, almeno nelle sue fasi iniziali.  Si è trattato  di una peculiare, innovativa  filosofia promossa da una rete di pensatori e attivisti coerenti e con un chiaro piano d'azione. Portato avanti con pazienza e tenacia. "La via della schiavitù" è diventata la strada per il potere.

Il trionfo del neoliberalismo riflette anche il fallimento della sinistra. Quando nel 1929 l'economia del laissez-faire  portò alla catastrofe, Keynes ideò una teoria economica globale per sostituirla. Quando negli anni '70 la gestione keynesiana della domanda andò fuori strada, c'era un'alternativa pronta. Ma quando nel 2008 il neoliberalismo è crollato, non c'era... niente. Ecco perché la marcia degli zombie. La sinistra e il centro non hanno prodotto alcun nuovo inquadramento generale del pensiero economico per 80 anni.

Ogni invocazione di Lord Keynes è un'ammissione di fallimento. Proporre soluzioni keynesiane alle crisi del 21° secolo significa ignorare tre problemi evidenti. E' difficile mobilitare le persone intorno a vecchie idee; le falle messe in luce negli anni '70 non sono scomparse; e, sopratutto, non tengono in considerazione la nostra più grave emergenza: la crisi ambientale. Il Keynesismo agisce stimolando la domanda dei consumatori per promuovere la crescita economica. La domanda dei consumatori e la crescita economica sono i motori della distruzione ambientale.

Quel che la storia del keynesismo e del neoliberalismo ci dimostra è che nessuno dei due si è dimostrato adeguato a  controbilanciare le criticità del sistema.Bisogna proporre un'alternativa coerente. Per i Laburisti, i Democratici e più in generale la sinistra, il compito centrale dovrebbe essere quello di sviluppare un programma economico che sia come l'Apollo (il programma spaziale, Ndt), un tentativo maturo di progettare un nuovo sistema progettato su misura per le esigenze del 21 ° secolo.

 

37 commenti:

  1. Stefano Longagnani16 apr 2017, 15:56:00

    La frase "Sostengono di aver guadagnato le loro rendite senza lavoro.", che è la traduzione letterale di "They claim to have earned their unearned income." suona parecchio ambigua, anzi, in italiano sembra significare il contrario. Forse sarebbe meglio sostituirla con la parafrasi "Sostengono che le loro rendite ottenute senza lavoro siano state guadagnare lavorando."
    Grazie della traduzione di questo articolo. Una vera chicca! Buona Pasqua a tutti voi.

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  2. Ancor con questa storia del neolibersmo.
    Come farsi ipnotizzare da una parola.
    Dove diavolo sta il neoliberismo?
    Vedete uno statoleggero?
    No, è invadentissimo, è fortissimo, non è imparziale perché è colonizzato dai poteri forti, si occupa della curvatura delle banane e della circonferenza delle mele e NON SI OCCUPA DELLA LIMITAZIONE DEI MONOMPOLI.
    Von Hayek in persona avrebbe considerato questo sistema come assolutamente NON LIBERISTA.

    Cos'è la mano invisibile?
    Quella cosa che funziona quando i prezzi si fromano LIBERAMENTE.
    Quindi per Von Hayek e gli altri la funzione dello stato deve essere minima ma imparziale e soprattutto DEVE CONSISTERE PRINCIPALEMENTE NELL'IMPEDIRE LA FORMAZIONE DI MONOPOLI dato che questi creano delle distorsioni nel "naturale" sistema di formazione dei prezzi.

    Voi vedete qualche stato che si occupa di reprimere i monopoli?
    O piuttosto vedete TUTTI GLI STATI che sono interamente colonizzati dai monopoli'

    Questa sciocchezza di ripetere a pappagallo che il colpevole è il neolibersijmo ha delle conseguenze gravissime dal punto di vista politico

    1) spaventa la classe media imprenditoriale che vive delle sue capacità di libera impresa

    2) non denuncia davanti alla popolazione quello che è il vero crimine ossia l'abuso di posizione dominante ma SOPRATTUTTO LA POSIZIONE DOMINANTE IN SE' STESSA

    3) priva lì'ooposizione al sistema della sua arma più efficace e cioè la possibilità di dire: "Noi vogliamo la vera libera impresa che si fonda sulla PMI e non sui grandi agglomerati quindi NOI VOGLIAMO IL VERO LIBERISMO mentre il vostro pseudo liberismo è solo una menzogna per distruggere le piccole medie imprese, la piccola proprietà e il lavoro"

    Ossia si fondano i presupposti per una alleanza fra lavoro-PMI-piccola proprietà partendo da un presupposto (la tutela delle PMI) che richiede a monte la riconquista delle sovranità nazionali.

    Ma ci vuole un po' di cervello per capirlo quindi capisco che sia più facile piagnucolare sui soliti slogan

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  3. Carmenthesister16 apr 2017, 22:48:00

    La frase mi sembrava in realtà abbastanza chiara, dato che è preceduta da tutta una spiegazione sulla differenza tra reddito da lavoro e rendita, intesa come estrazione e non produzione di ricchezza. Tuttavia, se c'è bisogno di maggior chiarezza, va bene, sarà fatto.

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  4. francesco cimino16 apr 2017, 22:55:00

    Ciò che viene comunemente detto "neoliberismo" non corrisponde a ciò che, nelle teoria accademica, dovrebbe essere il liberismo. L'articolo non lo dice, in effetti. Ma dagli anni 80 90 sono state promosse in Occidente la "libera mobilità internazionale dei capitali" e una
    relativa liberalizzazione di quella delle merci, il rafforzamento dei poteri dei datori di lavoro nei contratti e altre rilevanti misure che, per determinati aspetti, restringono davvero la regolazione o l'intervento pubblici sull'economia. Chi contesta il "neoliberismo", termine di comodo, contesta tali politiche

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  5. Carmenthesister16 apr 2017, 23:26:00

    L'articolo fa riferimento a una transizione da una fase in cui il il monopolio era visto come un ostacolo ad altra fase successiva in cui è stato invece accolto come premio per l'efficienza. Si dice anche che lo stesso incubo dello stato totalitario e burocratico che si voleva scongiurare, in realtà è stato il risultato finale della concezione neoliberale e meritocratica portata all'estremo.
    E' chiaro di che liberismo parliamo: un liberismo che funziona nei confronti delle masse quando serve per smantellare ogni intervento pubblico a tutela del lavoro o di protezione sociale, mentre l'arma dello Stato è stata catturata e brandita con ferocia a difesa degli interessi dei colossi che dominano l'economia globale.
    E forse, dico, i piccoli imprenditori ammaliati dalla sirena del liberismo dovrebbero riflettere sulle forze che si possono scatenare quando si deregolamenta il lavoro e si apre il mercato alla libera circolazione del grande capitale...

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  6. L'ultimo capoverso mi pare veramente ridicolo. Come sarebbe dire che il keynesismo ha fallito, non può indirizzare la domanda e gli investimenti per una sostenibilità ambientale? Certo che si, non si capisce invece perchè l'autore pensi di no. L'articolo va bene per quanto riguarda la storia del neoliberismo, ma l'utlimo capoverso puzza di "soluzione neoliberista"... Scusate, ma questi che dicono che keynes è vecchio, dovrebbero ricordarsi che Hayek ecc. sono ancora più vecchi riproponendo politiche economiche ottocentesche eppure ce l'hanno fatta. Perchè? Semplice, non avevano dalla loro parte la verità, ma i soldi e con quelli hanno fatto passare la verità per bugia e il neoliberismo per una cosa naturale.

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  7. @GÉZITAIN
    Se non ti va bene il monopolio, perchè non vai a protestare alla Goldman Sachs, magari ti danno ascolto e anche i soldi per la tua battaglia.
    Per il resto il tuo mondo sembra quello delle bambole, il mondo funziona sui rapporti di forza e chi ha molti soldi ha molto potere, di conseguenza finanzia chi aiuta a mantenere le sue posizioni di potere.

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  8. Carmen, noi critichiamo lo stesso sistema ossia stiamo salla stessa parte.
    Quello che vorrei cercare di far caoire qui e altrove, pvunque con scarso successo, è che noi NON stiamo in un regime liberista anzi stiamo nel rehime opposto quindi l'uso di questa semplice parola "neoliberismo" inficia sia la nostra critica che le possihilità di costruire una coscienza politica su questa critica.
    Dici due cose:

    Che il loberismo in realtà è rivolto solo alla classe media e ai lavoratori nel suo aspetto "punitivo" mentre in realtà le élite si avvantaggiano del ruolo di uno stato che sono riuscite a possedere interamente (ossia il contrario di quello che voleva Von Hayek, se lo si legge alla lettera)

    Secondo, che i piccoli imprenditori sono ammaliati da una concezione elementare del liberismo che però non corrisponde alla realtà e quindi finisce per ritorcerglisi contro

    Il problema quindi è proprio nell'uso approssimativo di questo termine "neoliberismo" che impedisce alla gente di prendere coscienza della sua situazione in questo sistema che noi stessi definiamo in una maniera che è evidentemente imprecisa e contraddittoria

    I lavoratori quindi chiedono più stato ma lo stato c'è già e anche troppo per cui i piccoli imprenditori chiedono meno stato non comprendendo che lo stato che serve a loro deve essere libero e imparziale cosa che oggi non è.

    Stiamo rendendo la nostra critica inutilizzabile politicamente a causa di una parola.

    Dobbiamonal contrario chiedere aitentico liberismo in uno stato libero da condizionamenti e questo significa più PMI, repressione dei monopoli, ruolo economico dello stato oltre una certa dimensione economica e importanza strategica del tipo di attività il che permetterebbe di veicolare una proposta che

    Difenda le PMI

    Difenda il lavoro

    Renda comprensibile l'ondispensabilità della sovranità nazionale in campo economico, sociale e monetario

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  9. A differenza del liberismo classico che si è trasformato in neoliberismo, il keynesismo da un lato è stato assimilato dal neoliberismo producendo il neokeynesismo e dall'altro si è evoluto nel postkeynesismo.
    E' da quest'ultimo che bisogna ripartire, ma purtroppo continua ad essere oscurato sia a livello accademico che nelle politiche economiche concrete... Con i risultati che vediamo oggi.

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  10. Carmenthesister17 apr 2017, 02:28:00

    Certo che le battute finali di quest'articolo paiono superficiali e difficili da accogliere, nel momento in cui mettere sullo stesso piano il pensiero di Keynes con quello liberista mostra, credo, una mancata comprensione della profondità e del valore della lezione Keynesiana.
    Forse un senso che si può condividere è che per superare la crisi attuale ci vorrebbe un salto di consapevolezza e quindi di miglioramento e di sviluppo dell'essere umano tale che si configurerebbe comunque un sistema economico e sociale del tutto nuovo, sperando davvero che ciò sia possibile e ce la si faccia...
    Su questi temi, suggerisco di ascoltare questo video - davvero utile ed efficace nella sua chiara visione - segnalato su twitter nei commenti al post. Commenti che, a ragione, su questa parte finale non sono favorevoli.

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  11. Ecco il disturbato che dice che io sono "come le bambine".
    Roba da braccialetto elettronico.
    Ma ci si rende conto del livello?

    Basta. Mi sono scocciato degli imbecilli.
    Andate a quel paese voi, i vostri slogan da quattro soldi e i vostri tentativi inconcludenti di creare un fronte politico antieuro e anticapitalista, la vostra assoluta incapacità di risvegliare le coscienze e gli ideali dei cittadini al di là dei banali richiami alla tutela del proprio interesse.
    Sono 10 anni dalla fine della crisi che ci provano sia a destra che a sinistra senza riuscire a cavare un ragno dal buco.
    Un dubbio che ci sia necessariamente qualcosa da rivedere gli dovrebbe venire.
    No, al contrario.
    Alla prima critica perdono la testa e diventano addirittura aggressivi.
    Perché gli hai toccato lo slogan, quello sul "neoliberismo", e senza la paroletta magica non ci sanno stare...

    Leggetevelo Von Hayek, The road to serfdom, e forse capirete che con quel vocabolo usato in maniera imprecisa e ambigua state commettendo un errore NON DI CRITICA ma politico colossale.

    PS: La vera anima nera dell'ideologia liberista non si trova in The road to serfdom - che viene criticato in maniera stupida come per decenni è stato criticato a capocchia Adam Smith - ma in The constitution of liberty, sempre di Von Hayek.

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  12. @GÉZITAIN
    Mi chiedo alcune cose: se lei ha letto veramente l'articolo, il ruolo di Hayek l'aveva chiarito anche Gallino e non solo lui; se ha letto bene e soprattutto capito cosa ho scritto nella mia risposta alla sua critica.

    Qui la questione è molto semplice ed è la lezione che la storia ha più volte (anzi sempre) chiarito. Chi ha si soldi ha il potere di influenzare in maniera decisiva l'indirizzo economico da seguire. Ha messo le mani sui media mainstream, università (vedi il sempre più centrale ruolo dell'imprese nella scuola), partiti politici, soprattutto quelli di sinistra ecc.

    Quindi per forza non c'è una risposta da dare, c'è scritto anche nell'articolo che i partiti di sinistra si sono asserviti all'ideologia dominante dimenticando il suo ruolo e i suoi rappresentati. E quindi non c'è un alternativa politica perchè chi avrebbe dovuto promuoverla sta dall'altra parte.

    Mi chiedo, a parte le sue invettive su chi condanna il neoliberismo, se lei abbia capito di cosa si sta parlando qui. E questo è già un limite molto grosso.

    In ultimo mi chiedo anche se lei sa come funzionano le questioni di potere. Che poi alla fine, sull'andazzo generale di ieri e di oggi e probabilmente anche di domani, sono centrali per cambiare le cose.

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  13. @CARMENTHESISTER

    Generalmente non mi piace insistere molto su certi commentatori, ma mi pare che il signor GÉZITAIN sia l'esempio classico di chi non ha capito come funzioni la macroeconomia e il ruolo della moneta. La risposta al suo commento risponde al classico - stato + mercato, come se la totale deregulation del lavoro che abbiamo non sia l'esempio pratico di come funziona la concorrenza.

    Posizioni del genere mi paiono il tentativo di riposizionamento per far risorgere dalle ceneri il neoliberismo sotto altra forma (non a caso guarda un po' nega l'esistenza del neoliberismo, anche Fusaro mi pare abbia detto qualcosa su questo tipo di negazioni).

    C'è poi da chiedersi se il libero mercato sia veramente la risposta giusta a noi esseri umani che tendenzialmente abbiamo bisogno di stabilità per poter, diciamo così, vivere dignitosamente.

    A proposito uno dei massimi amministratori di Google ha detto che bisogna deregolamentare ancora di più il lavora e che è una priorità per l'economia italiana, poi mi diranno cosa c'è ancora da deregolamentare. Per il resto l'intervista che ha rilasciato è la fiera dei luoghi comuni.

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  14. Riccardo, tu non hai letto Von Hayek, molto semplice.
    Però fai il professorino con i tuoi due slogan imparati a memoria.
    Il brutto di Von Hayek non è tanto The road to serfdom quanto The Constitution of liberty perché lì si rivela l'ideologia classista di fondo.
    Ossia, alle origini il liberismo nasce come ribellione al potere delle aristocrazie quindi come anelito di libertà.
    Il problema è che come dice lo stesso Von hayek e prima di lui Smith (e tutti quanti) è necessario uno stato che impedisca il formarsi di monopoli, cartelli e altre posizioni dominanti (incluse quelle dovute al prestigio sociale appunto dell'aristocrazia).
    E questo non viene fatto quindi il liberismo diventa qualcos'altro facendosi deviare da quella idologia non ugualitaria all'estremo che trovi teorizzata nel libro che ho citato.

    Oggi il sistema consiste in una alleanza fra capitalismo finanziario e monopoli i quali hanno come unico scopo precisamente quello di controllare rigidamente il mercato cioè il contrario del liberismo originario.
    Poi ai subalterni vengono a dire che ci vuole più "liberismo" ma è un inganno dello stesso tipo di chi parla di meritocrazia.

    La sola opposizione politica praticabile è un fronte delle PMI unite al lavoro contro quella alleanza fra finanza e monopoli.
    Apparentemente sembra impossibile ma bisogna tener conto che sia le PMI che i piccoli proprietari che i lavoratori sono tutti sotto attacco da parte di quella "alleanza" quindi sarebbe intelligente unirsi di fronte al nemico comune.

    Per questo occorre una nuova visione delle cose che con questa insistenza sull'ambiguo termine "neoliberismo" diventa totalmente impossibile.

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  15. Conosco le persone come te, se ne trovano a mazzi alle riunioni politiche di partito e di sindacato.
    NOn hai idea di cosa parli.
    Rifletti un attimo: il liberismo vuole uno stato leggero e poche tasse..
    Tu vedi uno stato leggero?
    Controlla tutto, mette tasse su tutto e fosse per aumentare il welfare invece lo diminuisce (diminuire il welfare non significa liberismo, qui ci arrivi?).
    Il liberismo vuole che i prezzi si formino liberamente secondo il kercato. Siamo nel sistema opposto dove i monopoli arrivano addirittura a invadere la politica per controllare prezzi, offerta, domanda sia dei prodotti che del lavoro.

    Gallino infatti parla di finanzacapitalismo che è un altra cosa.

    Comunque so per esperienza che è come parlare a un muro.
    Tieniti le tue convinzioni.
    I risultati politici si vedono però evidentemente sono più importanti gli slogan..

    Esempi di slogan dei sinistrati: Keynes è un economista borghese. Adesso tutta la sinistra è diventata keynesiana.
    L'internazionalismo è sacro e guai a chi dice il contrario che se lo mangiavano vivo. Oggi tutti a parlare di sovranità, patria etc etc
    Prima guai a chi faceva presente che i presunti diritti civili sono uno specchietto per le allodole. Oggi tutti hanno capito che sono solo un pretesto.
    Mai con la destra! E oggi tutti a sinistra sotto sotto sperano che vinca la Le Pen.

    Saluti.

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  16. Vorrei invitare gentilmente il blog a tradurre se vuole questo articolo di Zero Hedge in cui il professor Steve Keen dice precisamente che il problema è il fatto che ad avere mano libera (neolibersimo) in realtà sono solo i big player che così drogano e alterano il mercato mentre i piccoli si trovano con le mani legate.
    Il professore giustamente dice che ci deve essere più stato però si riferisce non alla questione del liberismo in sè ma appunto al mancato controllo delle banche, dei grandi investitori e evidentemente anche dei monopoli che alterano il naturale meccanismo di formazione dei prezzi.

    Oggi NON siamo in un sistema realmente liberista perché solo alcuni sono "liberi" mentre la maggior parte dei "piccoli" è alla mercé delle manovre degli strong player.

    Sarebbe molto più produttivo politicamente dire che questo sistema governato dalle banche, dai grandi investitori e dai monopoli è "falso liberismo" mentre quello vero si fonda sulla piccola impresa. Lo stato controlla che il sistema funzioni in maniera produttiva per l'intera società preoccupandosi dell'aspetto strategico ma favorendo la libera iniziativa.
    E' l'unicaproposta che possaprtare dalla nostra parte le piccole imprese senza le quali nessuna proposta politica troverà il modo di imporsi.

    L'articolo è qui

    http://www.zerohedge.com/news/2017-04-17/steve-keen-can-we-avoid-another-financial-crisis-spolier-alert-no

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  17. l'articolo è uno splendido esempio di neoliberismo di sinistra: Blair, Renzi, Hollande, e via elencando, non saprebbero esprimersi meglio.

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  18. Signora abbia pazienza, come fa a chiamarlo liberismo?
    Sta dicendo che non c'è nessun liberismo perchè i big players (così li chiama) fanno e disfanno le regole. Liberismo è esattamente il contrario.
    E' pazzesco ma la gente non se ne accorge salvo Brancaccio che però con molta prudenza quando tocca l'argomento glissa opportunamente perchè sa a cosa va incontro.

    Quello che voglio dire è che non conta parlare di liberismo, non liberismo, keynesismo o comunismo. Conta portare avanti una proposta politica veicolabile ossia qualcosa che sensibilizzi i lavoratori "e" le piccole e medie imprese.
    Ma ci arriverete come siete rrivati a capire anche il resto per esempio il nazionalismo, il protesionismo, l'inganno dei diritti civili etc etc

    Guardi che ho partecipato a importanti lotte sindacali a livello nazionale e so quanto la gente faccia fatica a liberarsi dagli schemini di comodo.
    Fatto sta che stiamo a zero come proposta politica e gli unici partiti anti euro sono la Lega e il M5S.
    Si chieda perché.

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  19. per favore o per pietà correggete quel NEOLIBERALISMO con il termine corretto di NEOLIBERISMO! sono due realtà abissalmente diverse e ripetuto così tante volte nel pezzo diventa fuorviante!

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  20. E qui mi permetto di intervenire citando la nostra costituzione:

    Art. 41:
    L'iniziativa economica privata è libera.
    Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
    La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

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  21. Bell'articolo. Anche se gli ultimi due paragrafi mi han fatto cadere le braccia.

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  22. Gentile lettrice, la corretta traduzione di neoliberalism è neoliberalismo, non neoliberismo, termine che in inglese non esiste (esiste free trade, liberismo, intendendo per esso la teoria economica del libero mercato, "laissez-faire"); d'altronde, il termine liberismo come qualcosa di separato dal liberalismo non esiste in nessun'altra lingua al mondo. L' "eccezionalità" italiana purtroppo è opera della divulgazione del filosofo Benedetto Croce, che la introdusse in polemica con l'economista liberale (e liberista) Luigi Einaudi, futuro secondo presidente della Repubblica, nel tentativo di preservare quella che il filosofo percepiva come la nobiltà dell'ideale morale ed etico liberale in contrapposizione all'utilitarismo della teoria del libero mercato. Da Adam Smith in poi, purtroppo per Croce, a nessun pensatore anglosassone è mai venuto in mente di considerare giustificata la distinzione fra le applicazioni “politiche” e quelle “economiche” dell'ideologia liberale. Aveva ragione Einaudi, e verrebbe da dire "chi meglio di lui?", propugnatore del libero mercato nel dibattito economico italiano, sia sotto il fascismo che nel regime repubblicano, che comprendeva appieno che non esiste un ideale liberale "buono" contrapposto ad una teoria economica liberista "cattiva".

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  23. francesco cimino18 apr 2017, 16:56:00

    però dobbiamo pur distinguere tra un concetto politico e uno economico: da un lato il ricorso ai parlamenti, alla "separazione dei poteri", al pluralismo politico e così via, dall'altro la promozione di un mercato il più possibile "libero". Le due cose possono presentarsi insieme ma anche separatamente: i fisocratici francesi, promotori del "laissez faire, politicamente non erano sostenitori dell'assolutismo regio? Come si esprime nelle altre lingue tale differenza?

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  24. francesco cimino18 apr 2017, 17:03:00

    Concretamente, a quali "monopoli" od "oligopoli" si riferisce: quelli creati, che so, dalle norme sui brevetti? Oppure generati dalla pura e semplice dimensione delle imprese? Si tratta di capire se e come si potrebbe attuare la politica che auspica e quali effetti avrebbe.
    Comunque, anche solo una lotta all'elusione fiscale praticata dalle grandi imprese potrebbe unire molti lavoratori dipendenti e i piccoli imprenditori.

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  25. Grande Monbiot ! Ha colto alcuni aspetti importanti,descrive con attenzione ragioni e modi di affermazione del neoliberismo. E’ un’analisi importante su cui credo si può lavorare molto. Credo però si possa valutare meglio come alcuni concetti si sono potuti affermare non solo per la meticolosa preparazione e il grande coinvolgimento suscitato ma anche per la scelta di molti termini in modo improprio per facilitare la loro diffusione. Tutti i termini che come radice hanno la libertà per dare l’idea della valorizzazione dell’individuo e della sua autonomia di scelta . Il mercato come luogo di libero confronto e per sua natura in grado di portare all’equilibrio più efficiente paragonato ai sistemi pianificatori come metodi di costrizione, di sosprusi e inefficienze. La concorrenza, indicata come libera, come strumento quasi naturale per premiare i più bravi quindi il merito come criterio di premio. Questi termini usati in modo improprio erano contraddetti dalle scelte reali e la cosa poteva essere colta anche 40 anni fa, perché non emerse a sufficienza? Credo si debba valutare come un risultato dell’organizzazione dell’enorme armata, che anche l’articolo cita, dei mezzi imponenti messi a disposizione e della conseguente capacità di occupare spazi di formazione e informazione esistenti. Al di la della vera e propria corruzione questa imponente macchina riuscì a conquistare anche una solida egemonia culturale e politica. Che l’uscita dalla crisi non sia possibile con un semplice ritorno al passato è condivisibile ma che la domanda dei consumatori e la crescita siano i motori della distruzione ambientale è dubbio, anche la crescita può essere orientata verso consumi consapevoli e questo è tanto più vero quanto più l’economia risponde a interessi dei cittadini e degli Stati e meno al semplice profitto .

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  26. Leggendo i diversi commenti , in particolare gli scambi tra Gézitain e Carmen , con cui personalmente concordo, vorrei aggiungere alcune considerazioni. In un sistema economico con presenza di molti monopoli di fatto od oligopoli l'unico vero controllo è quello che può derivare dalla presenza di operatori con caratteristiche diverse. Alcuni settori richiedono l'intervento dello stato, altri possono vedere operatori che attraverso forme cooperative o consortili riescano a raggiungere dimensioni accettabili. Il divieto di posizione monopolistica , necessario , non è da solo sufficiente. Ancor più delicato è il settore finanziario dove vengono mascherate come forze indipendenti organizzazioni condizionate dal grande potere finanziario internazionale.

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  27. @GÉZITAIN
    Guarda caso in tutto quello che mi rinfaccia (mai fatto parte di alcun partito, e se proprio devo dire mai votato a sinistra) manca la cosa principale, la sovranità monetaria.
    Per il resto, investimenti, indirizzo dell'economia ecc. non pervenuti a quanto vedo.
    Poi sarei io quello con il paraocchi.

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  28. @GÉZITAIN
    Verrebbe da chiedersi allora perchè von Hayek si sia fatto finanziare così bene dall'alta società... Per spirito altruistico? Ma per favore. Lei ha dimostrato la questione pratica per cui non è possibile far funzionare un mercato in libera concorrenza (ammesso che sia auspicabile). Sembra che lei dimentichi il potere del denaro.

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  29. Allora non leggi.
    Ecco il problema.


    Mi cito dal post sopra:

    "Renda comprensibile l’ondispensabilità della sovranità nazionale in campo economico, sociale e monetario"

    Li vogliamo leggere i post prima di chiacchierare a vanvera Riccardo?
    Sì?

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  30. Scsuci Francesco, invece di fare delle domande così minuziose perché non vediamo i punti in comune?
    Lo dice lei stesso che è importante una lotta all'evasione fiscale delle grandi imprese proprio perchè unirebbe lavoro e piccola impresa, unione che è indispensabile per una proposta politica costruttiva di opposizione al sistema.
    L'importante in un sistema liberista serio è che non si formino posizioni dominanti in grado di alterare il "naturale" (fra virgolette) meccanisko di formazione dei prezze ma anche di limitarne l'influenza sulla politica, la possibilità di evasione fiscale difficilmente controllabile etc etc
    Il punto è che non si fa nulla di tutto questo quindi insistere che il problema è il "neoliberismo" è controproducente.
    Inoltre con quel termine si intendono cose diverse ossia in origine ci si riferiva alla teoria elaborata nella conferenza detta “Colloque Walter Lippman” dove al contrario degli sviluppi successivi si riteneva importante mettere un freno al laissez faire assoluto che, lo riconoscevano gli stessi promotori della conferenza, finiva per minacciare la coesione sociale.

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  31. Il mondo funziona e deve funzionare secondo il diritto e non la forza, altrimenti saremo già tutti estinti. Cosa che sarà presto se non rincorriamo a più sagge tradizioni di capire che nessuno è superiore all'altro e siamo solo ospiti, perché per TUTTI arriva il tempo di rimettere in scatola i giochi e tornare al silenzio della terra.

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  32. Riccardo non indistere.
    Tu NON HAI LETTO VON HAYEK.
    È ovvio che tu non possa capire di cosa io stia parlando.

    In questa discussione di Von Hayek devi considerare solo un aspetto e cioè il fatto che lui ritiene essenziale che lo stato impedisca la formazione di monopoli.
    Perché, caro riccardo che non leggi i i libri, se ci pensi (voce del verbo: pensare) se davvero lo stato impedisse i monopoli ossia la formazione di posizioni eccessivamente e PERMANENTEMENTE dominanti l'aspetto classista al limite del razzista della filosofia di VH non sarebbe più sostenibile.
    Il liberismo SE REGOLATO DALLO STATO ossia se GUIDATO per essere socialmente utile è una forza positiva per una buona evoluzione della società verso l'uguaglianza (dinamica e non statica).

    POI IN FUTURO ARRIVERÀ IL COLLETTIVISIMO ma oggi siamo ancora nella fase in cui si deve realizzare il liberismo buono ossia quello "sorvegliato" dallo stato

    PS: non capisci perché mi dici che Von Hayek vuole lo stato leggero...STO CERCANDO DI FARTI CAPIRE CHE VON HAYEK SI STA CONTRADDICENDO lssia se segui alla lettera quello che dice lui vai verso un sistema sempre più collettivo IN MANIERA AUTOMATICA.
    Il liberismo è la strada maestra per il collettivismo, basta impedire con la massima fermezza la formazione di posizioni dominanti.

    Non lo capite che questo ci dà un'arma politica formidabile e che dal punto di vista della ideologia e della filosofia disarma completamente le élite?

    No eh, Riccardo?

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  33. Marco Felicetti19 apr 2017, 11:40:00

    Senta, signor gézitain, io comprendo la sua critica. Ma quello che succederebbe se ci fosse il liberismo su cui si accanisce tanto, è che saremmo comunque a questo punto. Chi ha più potere e più soldi è comunque più "libero". Lo stato per impedire questa disuguaglianza di libertà di azione dovrebbe essere molto più presente, dovrebbe essere socialista. Quindi, da quello che capisco, la differenza sta non tanto nella quantità dello spazio occupato dallo stato ma dalla qualità. Cioè non tanto quante cose fa lo stato, ma quali cose fa.

    Per dare a tutti le stesse possibilità di competere in parità lo stato deve fare quello che chiederebbe qualsiasi socialista: scuole efficienti, sanità efficiente, case e redditi per tutti.
    Bisognerebbe abolire l'ereditarietà dei beni (altrimenti qualcuno comincerebbe ad un livello superiore ad un altro) e così via

    Quindi da un certo punto di vista, non c'è differenza: per premiare il merito occorre che nessuno abbia un vantaggio. Come si fa? Questo è il comunismo...

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  34. francesco cimino19 apr 2017, 14:50:00

    Va bene, ci penserò. se è come dice, è opportuno trovare un altro termine polemico...che consenta, per quanto mi riguarda almeno, di contestare la riduzione del levoro a precariato e la "libera mobilità internazioanale dei capitali", tra le maggiori fonti degli attuali disastri.

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  35. :)

    Ragazzi, ma leggete o fate finta?

    Primo io non mi accanisco, siete voi e altri milioni di persone che vi accanite su questo falso concetto di neolibersimo del quale non avete capito granché (nulla).
    Secondo: HO DETTO CHE LO STATO "DEVE" ESSERE PRESENTE.

    Marco fai un piccolo esperimento, così per provare. leggi meglio quello che ho scritto.

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  36. Ecco...

    Mi dici che diavolo c'entra quello che dici col discorso che si sta facendo qui?

    Voi credete che "liberismo" sia la stessa cosa di laissez faire.

    Non è così e se aveste letto mezzo libro in vita vostra lo capireste.

    Mi raccomando mi saluti il silenzio della terra.

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  37. Francesco sui punti che elenchi sono d'accordo.
    Ripeto: il liberismo va controllato e indirizzato al bene comune.
    Quello che c'è adesso non è liberismo perché comandano solo pochissimi e gli altri stanno con le mani legate.

    La soluzione in questa fase storica è favorire la piccola impresa contrastando le grandi concentrazioni di capitale.

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