27/08/14

FT: L'Europa sotto l'incubo della deflazione da debito

Dal Financial Times un commento sul "sentiment" dei mercati europei, che si stanno infine risvegliando alla realtà di una ripresa economica inesistente, sulla quale anche un quantitative easing di Draghi potrebbe fare ben poco.


di Jonathan Davis
  
L'Europa, dannazione!", come avrebbe detto Sir Alex Ferguson, l'ex manager del Manchester United, se avesse deciso di scambiare il febbrile mondo del calcio con l'altrettanto frenetico mondo del mercati finanziari, entrambi mossi dal denaro. Gli ultimi deludenti dati sulla crescita e sugli utili hanno sottolineato quanto sia ancora fragile l'economia europea. Essa ha, inevitabilmente, costretto a un ripensamento tutti quegli investitori che stavano entusiasticamente puntando al rialzo sull'azionario e al ribasso sulle obbligazioni, sin dalla crisi esistenziale dell'euro nel 2012.

  
Non è solo la crisi latente in Ucraina che ha causato il nervosismo. Secondo Bank of America Merrill Lynch, le aspettative sugli utili in Europa per il 2014 sono scese dal 12 per cento di inizio anno a poco più del 6 per cento di ora. E possono ancora scendere. L'ottimismo sugli utili di inizio anno è senza tempo, come le stagioni, ma non si può negare il deterioramento delle prospettive economiche implicito negli ultimi miserevoli dati. Le sanzioni dell'Ucraina sono un fattore, ma non la causa principale di questa tendenza.
               
In un contesto di bassa volatilità del mercato, l'ampiezza della battuta d'arresto del mercato in Europa è impressionante. Anche il Dax è sceso di oltre il 7 per cento, dai massimi ai minimi. Con la Germania che nel secondo trimestre registra una contrazione del prodotto interno lordo, il rendimento dei Bund tedeschi a 10 anni è sceso per la prima volta sotto l'1 per cento.

   
In questo contesto, le aspettative del mercato sul fatto che la Banca Centrale Europea verrà in soccorso (e dovrebbe farlo) con un programma di quantitative easing, sembrano un autocompiacimento abbastanza prematuro. Una qualche forma di QE da parte della BCE arriverà a tempo debito, ma sarà sufficiente per tirare l'Europa fuori dall'incubo della deflazione da debito che sembra essere assolutamente prevedibile? Ci sono buone ragioni per nutrire dei dubbi.
 
La più ovvia è che la libertà di manovra della BCE è molto più limitata di quella delle altre banche centrali. Anche in tempi buoni, ci vogliono mesi per costruire un consenso tra gli Stati membri più importanti, e la questione del QE rimane altamente controversa, sia per quanto riguarda la saggezza di questa scelta, sia per quel che riguarda la sua legalità. Dando per scontato che gli acquisti di titoli di Stato sul mercato primario sono esclusi, rimane una questione aperta se ci siano sufficienti asset che la BCE possa legalmente acquistare per ottenere il necessario impatto sul mercato.
  
In secondo luogo, è evidente che la BCE deve, e vuole, togliere di mezzo gli stress test delle banche europee prima di andare molto incon le misure di politica monetaria annunciate il mese scorso. Per essere credibile, la pubblicazione dei risultati nel mese di ottobre deve essere seguita da un periodo di supervisione del mercato e da dimostrabili miglioramenti nei bilanci. Un programma di QE potrebbe creare conflitti di interesse con la sua funzione di vigilanza bancaria. Questo rende praticamente certo che, in assenza di una nuova crisi dei mercati, la BCE inevitabilmente si troverà "in ritardo" nell'attuazione di un programma di QE.
    
Ancora pimportante è che gli eventuali passi della BCE in questa direzione inevitabilmente spingeranno di fatto l'Europa verso una maggiore integrazione economica e di bilancio, in un momento in cui le dinamiche politiche stanno chiaramente spingendo nella direzione opposta. I leader politici non hanno nessun desiderio (e nemmeno il mandato) di modificare la Costituzione tedesca o in alternativa negoziare una modifica dei trattati per rimuovere gli ostacoli ad un grande e decisivo intervento da parte della BCE.
  
Infine, c'è il problema che un programma di acquisto di asset non potrebbe fare molto di più che
guadagnare un po' di tempo. Qualsiasi cosa la storia dei programmi di QE abbia dimostrato, è evidente che essi non fanno nulla, di per sé, per generare crescita economica. Solo le riforme strutturali e delle idonee misure di bilancio possono farlo e, su questo punto, i progressi in eurozona rimangono dolorosamente lenti.
  
E' vero che la performance del mercato europeo sin dal 2012 ha seguito un modello guidato dal mercato. Il rally che ha salutato l'intervento a metà del 2012 del “whatever it takes” del presidente della Bce Mario Draghi è stato seguito un anno dopo da un prevedibile aumento dei flussi di capitali verso l'azionario europeo e le obbligazioni dei periferici, guidati dalla auto-convinzione diffusa che la crisi fosse stata risolta. Ora il mercato è in fase di stallo, in quanto gli investitori si risvegliano alla realtà che quella ripresa dei fondamentali economici e societari, data per scontata, in realtà non riesce a materializzarsi.
   
Dietro queste giravolte del mercato è in agguato un problema ben più grave. Angela Merkel, il cancelliere tedesco, due anni fa ha detto, al culmine della crisi, che "se l'euro fallisce, fallisce anche l'Europa". Ha orchestrato la politica del fare il minimo necessario per mantenere in vita la moneta unica (e per estensione il sogno europeo di un'integrazione politica ed economica), nonostante tutti gli ostacoli politici. George Soros, il miliardario di hedge fund, ha una visione profondamente diversa. Il pericolo ora, egli sostiene, è che "disfarsi dell'euro" può essere necessario per salvare la stessa UE.

Mentre i titoli azionari europei sono scesi del 4 per cento dal loro picco più alto nell'ultimo movimento del mercato, l'indice MSCI della zona euro è sceso del 10 per cento nello stesso periodo. Anche se ipervenduto nel breve termine, il recente cambiamento del sentiment dei mercati finanziari europei è un richiamo al fatto che la ripresa economica dell'Europa resta intimamente legata al destino della sua moneta unica. Quell'ambizioso progetto è ben lungi dall'essere risolto, proprio come la maggior parte di noi già sospettava due anni fa.

2 commenti:

  1. Certo...certo....:

    "solo le riforme strutturali" (e sappiamo bene a cosa alludono queste canaglie del FT) "possono"..........

    Come no.... Come non fidarsi di questo branco di scribacchini/lacchè di una classe dirigente ultra-fallimentare?

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  2. Se fallisce l'euro, dice Soros, va in malora anche la Ue (cioe', si ritorna a 30 anni fa, con Soros evidentemente dispiaciuto per la eventuale perdita di clienti per le sue speculazioni)...ma speriamo !

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