La libertà di circolazione, come tutte le “conquiste” della Ue, è un bene solo per chi se la può permettere. Molti, illusi dalla prospettiva di cambiare vita, emigrano per trovare qualche lavoro precario e sottopagato, e magari poi finire per strada, senza più i mezzi e i contatti per tornare indietro. Questo articolo di Politico raccoglie le denunce delle associazioni per l’assistenza sociale, che hanno visto in una manciata di anni un incremento vertiginoso dei senzatetto, soprattutto di provenienza Ue. E proprio la Ue viene additata come corresponsabile di questa situazione.
di Hanne Cokelaere, 19 febbraio 2020
Secondo i suoi paladini, la libertà di movimento sarebbe uno dei maggiori successi della Ue. Tuttavia, sta lasciando per strada molti dei suoi cittadini più indigenti.
Oggi c'è un numero record di cittadini che vivono e lavorano in un altro paese UE, ma anche il numero di quelli che si spostano altrove per poi finire a vivere per strada è in crescita. Operatori sociali e parlamentari sostengono che è il momento che Bruxelles faccia qualcosa.
I lavoratori Ue possono muoversi liberamente all’interno del blocco dei paesi, ma non tutti trovano una vita facile e confortevole una volta arrivati alla loro destinazione. Le procedure per l’ottenimento di un alloggio favoriscono le persone che possono dimostrare di non essere un peso per i sistemi assistenziali locali, e questo significa che le persone più povere, spesso quelle in posizioni precarie e con impieghi sottopagati, rischiano di cadere nel baratro.
Il problema della gente che dorme per strada è difficile da ignorare nella capitale belga, dove numerosi senzatetto vivono per le strade e nelle stazioni della metropolitana attorno al “quartiere Ue” della città – sede della Commissione Europea, del Consiglio, del Parlamento e di altre istituzioni. Qui i senzatetto chiedono l’elemosina ai funzionari e diplomatici meglio pagati della Ue.
“Non sono venuto dalla Romania [in Belgio] solo per ricevere assistenza sociale”, ha detto Nicolae, 59 anni, parlandoci in un affollato caffè del centro, davanti a un tè alla menta. “Voglio lavorare.”
Sei anni fa Nicolae ha perso il suo monolocale in Molenbeek, un variegato quartiere del centro di Bruxelles, perché non poteva più permettersi di pagare l’affitto. Oggi passa le notti in un rifugio per senzatetto, e le sue giornate nell’area attorno alla stazione Midi di Bruxelles – stazione di destinazione degli Eurostar e di altri treni che attraversano l’Europa. Qui beneficia delle mense per i poveri e degli hotspot Wi-Fi gratuiti.
L’aumento dei senzatetto è ben visibile nel blocco dei paesi UE. Secondo un report del 2019 della FEANTSA, organizzazione che lavora per i senzatetto in Ue, almeno 700.000 persone vivono per strada o negli appositi dormitori. Si tratta di un aumento del 70 per cento rispetto a un decennio fa. In Finlandia, paese che ha messo a punto una strategia di lungo termine per offrire casa ai senzatetto, il numero è diminuito.
Dormire per strada
Non ci sono statistiche ufficiali dei senzatetto in Belgio, ma le organizzazioni che si occupano del problema hanno segnalato un aumento del numero di cittadini provenienti da altri paesi UE che hanno bisogno di aiuto.
I dati di Samusocial, organizzazione per gli alloggi di emergenza a Bruxelles, indicano che il 15,3 per cento delle persone che ha cercato un rifugio presso di loro nel 2018 erano cittadini Ue non provenienti dal Belgio. I belgi rappresentano il 16,4 per cento del totale. Il restante 61,6 percento è rappresentato da persone provenienti da altri paesi al di fuori del blocco Ue (le cui origini non sono documentate). Tra gli europei, il 33 per cento viene dai paesi dell’Est.
L’organizzazione sociale Diogènes di Bruxelles afferma che il 42 per cento delle persone che chiede aiuto erano belgi, il 43 per cento erano altri cittadini Ue, e il 15 per cento provenienti da paesi terzi. I polacchi da soli rappresentano il 15 per cento delle persone che si sono rivolte all’associazione nel 2019.
Altre grandi città europee riportano tendenze simili. Barcellona ha registrato un rapido aumento di uomini senzatetto di provenienza Ue, con una proporzione sul totale che è balzata da un terzo nel 2014 (rispetto a spagnoli ed extra-Ue) al 44 per cento nel 2018. Anche tra le donne, il numero di senzatetto di provenienza Ue (non-spagnola) ha superato il numero delle spagnole e delle donne non-Ue.
E se il 49 per cento di quelli che dormivano per strada a Londra tra il 2018 e il 2019 erano britannici, il 31 per cento proveniva dall’Europa dell’Est, e un altro 7 per cento dal resto del blocco dei paesi, secondo la Greater London Authority.
“Moralmente, la UE ha parte della responsabilità”, ha dichiarato Freek Spinnewijn, direttore della FEANTSA, sottolineando il collegamento tra la libertà di circolazione e i senzatetto. “È un male che chiudano gli occhi di fronte alle conseguenze negative della libertà di circolazione”.
“Questo problema è grave già da 10 anni, ma è stato fatto ben poco per contrastarlo”, ha aggiunto.
L’estensione dell’assistenza sociale a persone provenienti da altri paesi Ue è un argomento scivoloso, perché i parlamentari temono le possibili ripercussioni sul sistema dei servizi sociali.
“La libertà di circolazione dei lavoratori è una buona cosa per i cittadini europei che stanno cercano opportunità, per l’economia e per la domanda di lavoro nei paesi Ue, ma non deve trasformarsi in libera circolazione del sostegno sociale”, ha detto Gilles Verstraeten, parlamentare di Bruxelles per il partito fiammingo nazionalista N-VA. Questo potrebbe portare a uno “shopping dell’assistenza sociale”, dove i sistemi dei paesi più generosi vengono presi di mira, ha aggiunto.
Ma Spinnewijn ha affermato che la UE dovrebbe assicurarsi che le persone vengano guidate nella ricerca di un nuovo lavoro, o altrimenti garantire che possano fare ritorno a un paese dove hanno accesso all’assistenza sociale in modo sostenibile – in questo ha sottolineato la necessità che alcuni paesi UE mettano in piedi un sistema di servizi di questo tipo. Ciò richiederebbe una collaborazione al livello della UE, ha concluso.
A Bruxelles, quantomeno, si stanno facendo degli sforzi per venire a capo di questo crescente problema. Alain Maron, ministro dei Verdi per la regione di Bruxelles, ha annunciato una nuova strategia per il problema dei senzatetto a dicembre, con un aumento di 14,8 milioni di euro in finanziamenti per rifugi e progetti preventivi e di riassegnazione di una casa a chi l’ha persa, seguendo l’approccio della Finlandia.
Il cambio di paradigma dovrebbe aiutare la città a passare dalle misure di emergenza – come quelle di incrementare i soccorsi durante il periodo invernale – allo sviluppo di strategie più sostenibili nel lungo termine, ha detto Maron alla radio locale. “La gente muore per strada anche d’estate. Vogliamo che gli operatori gestiscano il problema su base annuale.”
La nuova Commissione ha affermato di ascoltare le chiamate all’azione. “Quello della casa è il fulcro di tutti i problemi sociali”, ha detto il commissario per il lavoro, Nicolas Schmit, al Parlamento Europeo durante un dibattito a gennaio, promettendo uno sforzo comune di governi nazionali e regioni per contrastare il problema dei senzatetto.
La trappola di chi si ritrova senzatetto
Un grosso ostacolo per gli immigrati a bassa qualificazione provenienti da altri paesi Ue è quella di orientarsi nella burocrazia del paese in cui sono arrivati.
Nicolae ha lasciato la regione romena della Transilvania nel 2007, anno in cui il suo paese ha aderito alla UE, per cercare lavoro nella “capitale d’Europa”. A quel tempo aveva poco meno di cinquant’anni, e trovò un lavoro come frutticoltore a Londerzeel, piccolo comune a 20 chilometri a nord di Bruxelles. La sua paga era bassa, ma migliore di quella che avrebbe potuto guadagnare in Romania, e includeva l’alloggio, ci racconta. Il suo datore di lavoro però due anni dopo è morto, e lui si è ritrovato di nuovo per strada.
Nel 2011 si è ammalato gravemente. La sua sventura però si è rivelata finanziariamente vantaggiosa, almeno all’inizio. È infatti riuscito a compiere un primo passo nel processo di registrazione in Belgio nel momento in cui il governo federale ha deciso che sarebbe potuto rimanere per ottenere le cure mediche di cui aveva bisogno. E in quanto persona in procinto di acquisire i diritti di soggiorno, ha ricevuto anche un assegno mensile e una somma una tantum per una sistemazione, che ha usato per trasferirsi nel suo appartamento a Molenbeek.
Ma la sua sistemazione sarebbe durata poco. Il governo ha in seguito revocato la decisione di lasciarlo restare nel Paese per motivazioni mediche, e gli ha tolto l’assegno. “Tutto quello che avevo: la TV, il letto, il frigorifero...tutto perso”, racconta.
Ora, nel mezzo di un procedimento di appello avviato nel 2014, nutre ancora la speranza che la decisione del governo venga rivista. “Se mi avessero detto fin dall’inizio che dovevo tornare in Romania, sarebbe stato meglio”, dice Nicolae. Ora non ha più i mezzi per ritornare, ci dice. I suoi genitori sono morti da quando lui è arrivato in Belgio.
Un problema ricorrente è l’inaffidabilità dell’accesso ai servizi sociali per i cittadini UE, dato che i servizi sono spesso riservati ai residenti legali di un dato paese. Questo è esacerbato dall’approccio di neutralità assunto dalla Ue rispetto al modo in cui i diversi governi valutano lo stato di occupazione delle persone nelle loro domande di richiesta di residenza. I paesi propendono spesso per un’interpretazione restrittiva di cosa sia un “vero” lavoro, e i cittadini che si spostano all’estero per occupare posti di lavoro precari e sottopagati sono particolarmente vulnerabili, e rischiano di essere lasciati fuori, secondo la FEANTSA.
Questo significa che i senzatetto che provengono da altri paesi Ue rischiano di trovarsi in un circolo vizioso che rende il loro status pressoché permanente: no residenza senza soldi, ma no soldi senza lavoro, e no lavoro senza residenza.
“Senza un indirizzo non esisti, dunque non hai diritti”, ha spiegato Bran Van de Putte, assitente sociale per Diogènes.
Molti paesi Ue sono ben lontani dal rompere questo circolo vizioso.
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