Su Next New Deal si parla dello studio di Panizza "Too Much Finance?" : Gli
economisti utilizzano sempre più le statistiche per sfatare la
vecchia convinzione che la crescita economica vada di pari passo con
un grande settore finanziario.
Paesi con
ampi settori finanziari (i dati sono per l'anno 2006)
|
Per molto tempo è stato semplicemente dato per scontato che un settore finanziario ampio fosse benefico per la crescita economica. Questa ipotesi ha sostenuto il lungo periodo di deregolamentazione finanziaria che ha avuto inizio negli anni '70. Sempre più spesso, gli economisti utilizzano tecniche statistiche per contestare questo punto di vista. Nell'articolo qui di seguito, Ugo Panizza, l'economista internazionale che lavora per l'UNCTAD, riassume l'analisi da lui svolta per dimostrare che un settore finanziario ampio è associato ad una crescita economica più lenta. Alla fine di questo post sono riportati i links ai papers di Panizza e dei suoi colleghi. - Jeff Madrick, Direttore di Rediscovering Government Initiative
9
luglio, 2012
Ugo
Panizza
Il sistema finanziario si comporta come il sistema nervoso centrale delle moderne economie di mercato. Senza un sistema bancario e dei pagamenti funzionante, sarebbe impossibile gestire la complessa rete di rapporti economici che sono necessari per una moderna economia decentralizzata. La finanza facilita lo scambio di beni e servizi, consente di diversificare e gestire i rischi, e migliora l'allocazione del capitale attraverso la produzione di informazioni sulle opportunità di investimento.
Tuttavia,
c'è anche un lato oscuro della finanza. Hyman Minsky e Charles
Kindleberger hanno sottolineato il rapporto tra finanza e volatilità
macroeconomica, e scritto molto sull'instabilità finanziaria e le
manie finanziarie. James Tobin suggerì che un settore finanziario di
grandi dimensioni può portare ad una cattiva allocazione delle
risorse e che "stiamo sprecando sempre di più le nostre
risorse, inclusa la crema dei nostri giovani, in attività
finanziarie lontane dalla produzione di beni e servizi, in attività
che generano alte ricompense private sproporzionate rispetto alla
loro produttività sociale ".
Un ampio
settore finanziario potrebbe anche fare presa sul processo politico e
spingere per politiche che possano portare benefici al settore, ma
non alla società in generale. Questo processo di conquista della
politica è in parte guidato dai contributi alle campagne elettorali,
ma anche dalla capacità del settore di promuovere una visione del
mondo in cui ciò che è bene per la finanza è anche un bene per il
paese. In un articolo
autorevole sul potere della lobby del settore finanziario
Statunitense, l'ex capo economista del FMI Simon Johnson ha suggerito
che:
L'industra bancaria e assicurativa è diventata uno dei principali finanziatori delle campagne politiche, ma, al culmine della sua influenza, non deve comprare favori così come, ad esempio, possono doverlo fare le compagnie del tabacco o i contractors militari. Al contrario, ha beneficiato del fatto che gli insider di Washington già erano convinti che le grandi istituzioni finanziarie e la libera circolazione dei capitali nei mercati fossero cruciali per la posizione dell'America nel mondo.
L'obiettivo
della regolamentazione finanziaria è trovare l'equilibrio ottimale
tra i rischi e le opportunità di una finanza crescente. Dopo il
crollo di Lehman Brothers, molti osservatori e politici hanno
concluso che il processo di deregulation finanziaria iniziato negli
anni '80 è andato troppo lontano. E' infatti sorprendente che, dopo
50 anni di relativa stabilità, la deregolamentazione sia stata
accompagnata da un'ondata di crisi bancarie, del mercato azionario, e
finanziarie. Le richieste di una regolamentazione finanziaria più
rigorosa sono state poi seguite dal Dodd-Frank Wall Street Reform
Act, dal Consumer Protection Act e da standard di capitale più
severi nel quadro normativo internazionale di Basilea III per le
banche.
Non
sorprendentemente, l'industria finanziaria non è stata contenta di
questo inasprimento, a dire il vero piuttosto mite, nella regolamentazione
finanziaria. L'Institute of International Finance ha sostenuto che
una tale più rigida regolamentazione del capitale avrà un effetto
negativo sui profitti delle banche e porterà ad una contrazione dei
prestiti, con conseguenze negative sulla futura crescita del PIL.
Lungo le stesse linee, l'ex presidente della Federal Reserve, Alan
Greenspan, ha scritto un editoriale
sul Financial Times dal titolo “Regolatori, bisogna rischiare di
più, ed intervenire di meno", affermando che la
regolamentazione più rigorosa porterà all'accumulo di "risorse
inattive che non saranno altrimenti impiegate nella produzione di
beni e servizi e invece saranno dedicate a difendersi da
50 o 100 anni di crisi, determinando un'eccesso di
protezioni a scapito dei nostri standard di vita ".
L'editoriale
di Greenspan è stato seguito da un dibattito sulla questione se le
riserve di capitale siano davvero risorse inattive o, come postulato
dal teorema di Modigliani-Miller, non abbiano alcun effetto sulle
valutazioni delle imprese. A quel che mi risulta, non vi è stata
alcuna discussione sul presupposto implicito di Greenspan che i
settori finanziari di grandi dimensioni sono sempre positivi per la
crescita economica e che una riduzione del totale degli impieghi
possa avere un effetto negativo sui futuri livelli di benessere.
In un
nuovo Working
Paper intitolato "Too Much Finance?" e pubblicato dal
Fondo Monetario Internazionale, Jean Louis Arcand, Enrico Berkes, e
io usiamo varie tecniche econometriche per verificare se è vero che
limitare la dimensione del settore finanziario abbia un impatto
negativo sulla crescita economica. Riportiamo un risultato standard:
a livelli intermedi di profondità finanziaria, vi è una relazione
positiva tra le dimensioni del sistema finanziario e la crescita
economica. Tuttavia, abbiamo anche dimostrato che, ad alti livelli di
profondità finanziaria, un settore finanziario più grande è
associato a una minore crescita. I nostri risultati mostrano che ci
può essere "troppa finanza". Mentre Greenspan ha
affermato che meno credito può peggiorare il nostro futuro tenore di
vita, i nostri risultati indicano che, nei paesi con settori
finanziari molto grandi, le politiche di regolamentazione che
riducono le dimensioni del settore finanziario possono avere un
effetto positivo sulla crescita economica.
Riferimenti:
Arcand, J.L., Berkes, E., and Panizza U. (2012) “Too Much
Finance” IMF Working Paper WP/12/161
http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2012/wp12161.pdf
Greenspan, A. (2011) "Regulators must risk more, and
intervene less," Financial
Times, July 26, 2011.
Johnson, S. (2009), "The quiet coup," The
Atlantic (May 2009).
Kindleberger, C. P. (1978), Manias, Panics, and Crashes: A
History of Financial Crises, Basic Books, New York.
Minsky, H. P., (1974), "The modeling of financial
instability: An introduction," in Modelling and Simulation,
Vol. 5, Proceedings of the Fifth Annual Pittsburgh Conference,
Instruments Society of America, pp. 267—72.
Tobin, J. (1984), "On the efficiency of the financial
system," Lloyds Bank Review 153, 1—15.
The Euro: manage it or leave it! - Ugo Panizza. By ecodellarete.net
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