Sull'AntiDiplomatico una lunga e interessante intervista di Alessandro Bianchi a Luciano Barra Caracciolo, in cui il Presidente di sezione del Consiglio di Stato ricostruisce in un complesso quadro la strategia che
a partire dagli anni '70 ha portato ad invertire la direzione della
storia, dallo stato democratico e sociale del dopoguerra indietro verso
un capitalismo ordo-liberista ante '29.
Qui riportiamo la parte dell'intervista in cui si discutono tecnicamente gli aspetti giuridici e costituzionali di un'uscita dall'euro.
di Alessandro Bianchi
- Nel suo libro arriva ad
affermare come la convivenza tra i Trattati europei e la Costituzione
italiana sia impossibile. Come e chi potrebbe sanare questa frattura?
Basterebbe riproporre il significato vero della Costituzione come originariamente concepita. Non
a caso io nel mio libro riporto brani tratti dalle sedute della
“Costituente”, i relativi dibattiti, cioè la fonte diretta e
l'interpretazione autentica di quelle che erano le intenzioni dei
Costituenti. Il problema, se ragioniamo sul dover essere, cioè sulla
restaurazione di un minimo di legalità costituzionale, è un altro: ma i partiti lo vogliono fare? Si pongono questi problemi?
Se inizieranno a farlo, il corretto intendimento della Costituzione è
di per sé uno strumento potentissimo. Nel libro propongo due cose: in
primo luogo dimostro come la Corte costituzionale attraverso la
lezione della Costituente potrebbe dichiarare costituzionalmente
illegittimo il vincolo dei trattati, cioè la stessa ratifica.
In secondo luogo, propongo una road map che non ha nulla di eversivo, ma
è una ricalibratura dei pubblici poteri, cioè delle istituzioni
democratiche sulle prescrizioni della Costituzione. Sia la liberazione
dal vincolo esterno che la ricorrezione dei suoi effetti sulle istituzioni democratiche passa
per lo strumento della legalità suprema, la Costituzione, e nulla è più
illegale di quello che genera uno stato di sospensione sine die di
questa, vale a dire i trattati europei. Basterebbe ripristinare la
legalità costituzionale ed automaticamente avremo la via d'uscita
progressiva da questo stato di cose.
- Si discute molto sulla questione giuridica del recesso dall'Unione Monetaria. Come potrebbe farlo tecnicamente l'Italia?
In una prima fase avevo ipotizzato che si potesse ritornare ad un'idea sobria dei trattati, qualificandoli come fonti pattizie e quindi applicando la Convenzione di Vienna.
Questa, nei suoi principi generali, è considerata una raccolta
ricognitiva di diritto consuetudinario ed in alcune sue parti
espressione di ius cogens - vale a dire superiore per rango a qualunque
altra norma pattizia o generale - e tra quest'ultimi principi
internazionali inderogabili (da un qualsiasi trattato) rientra
sicuramente il principio dell'impossibilità del vincolo predatorio
negoziale, vale a dire del vincolo irreversibile e senza limiti di
tempo alla partecipazione ad un trattato, a prescindere dal manifestarsi
di suoi effetti manifestamente contrari alla convenienza di una parte e
favorevoli soltanto all’altra (rebus sic stantibus). Su questo sfondo
avevo inizialmente ipotizzato una prima via d'uscita possibile.
Ma, sempre con una visione attenta allo jus gentium, si può tranquillamente interpretare le stesse clausole dei trattati: in particolare mi concentro sugli articoli 139 e 140 del TFUE, formulando la teoria del contrarius actus.
Dato che la procedura di ammissione all’euro configura l’ammissione
medesima come atto ampliativo, la disciplina contenuta in tali norme
richiede la manifestazione di consenso dello Stato considerato in ogni
fase procedurale. Questo consenso, quindi, è un elemento costitutivo
indispensabile dell’ammissione e potrà essere ritirato in qualsiasi
momento in applicazione del principio della insopprimibile libertà del
consenso nel diritto internazionale. Per comprendere meglio, basta fare
l'esempio degli atti ampliativi del diritto pubblico interno come una licenza a vendere alcolici, che non prefigura un obbligo alla vendita e può essere sempre restituita.
Questo è un principio generale pacifico, risalente al diritto
internazionale generale, nonché ai principi di buona fede e correttezza
nell’esecuzione dei trattati, interpretati secondo i principi giuridici
generali delle nazioni civili. Non esiste quindi un vincolo
irreversibile e non è configurato come tale dalle norme se lette in
buona fede, intesa come vincolo normativo di jus cogens. E, di
conseguenza, la strategia che suggerisco è quella di un recesso secco,
senza alcun tipo di giustificazione. Le norme che implicano un beneficio, nello stesso modo prevedono la possibilità di restituzione del “titolo” di quel beneficio.
- Questo recesso influenzerebbe in qualche modo la partecipazione dell'Italia all'Unione Europea?
Basandosi sugli art. 139 e 140, è perfettamente logico e naturale che
lo stato che decida di rinunciare al beneficio della partecipazione
nell'euro rimanga nella stessa condizione degli altri paesi “con deroga”, come ad esempio il Regno Unito o la Svezia. Permangono
cioè all'interno dell'Unione europea per tutte le norme specifiche che
non riguardano la partecipazione ed adesione all'unione monetaria. Lo
Stato “uscente” recupererebbe una condizione prevista dai Trattati, già
tipizzata dai Trattati e che soprattutto non è transitoria: questo
perchè non c'è un obbligo correlato ad un termine legale per l’adesione
all'Unione monetaria, né l'Unione europea vede come suo elemento
costitutivo della sua soggettività politica la partecipazione
generalizzata all'unione monetaria. E questo è dimostrato dalla lettura
degli art. 3 par. 3 del Tue in cui si descrive lo schema programmatico
socio-economico dell'Ue, insieme al par.4, da cui emerge con chiarezza
che l'Ue è un soggetto già nella sua pienezza nel momento in cui programma di istituire l’unione monetaria. Dalla
loro corretta interpretazione si comprende come il programma
economico-monetario non sia costitutivo della sua soggettività di
diritto internazionale.
- Che cosa accadrebbe però a tutti quei trattati intergovernativi
come il Mes ed il Fiscal Compact? Resterebbero comunque in vigore?
Per tutti quei trattati si tratta di un problema di diritto positivo abbastanza agevole da risolvere:
l'operatività di queste fonti europee (alquanto atipiche e controverse)
riguarda solo gli Stati in atto partecipanti all'Unione monetaria.
Dunque, l'adesione a questi vari trattati resterebbe, ma produrrebbe effetti realmente vincolanti solo in quanto persistesse lo status di aderente all'Unione Monetaria.
Se non c'è più questo status, il paese resta parte di questo trattato,
ma esso non rileverà in termini di obblighi “perfetti” e di sanzioni
attualmente applicabili. Un paese “con deroga” non è obbligato in modo
effettivo. Ci sono, del resto, delle clausole specifiche a dimostrarlo:
l'art.14 del Fiscal Compact, ad esempio, prescrive come l’insieme delle
norme essenziali si applicano ai paesi membri “con deroga” dal momento
in cui iniziano effettivamente a far parte dell'Unione Monetaria.
Sul piano politico, però, queste alchimie finanziarie costruite per salvare l'euro si dissolverebbero nel momento in cui un paese importante come l’Italia dovesse decidere di uscire dall'euro, innescandone la dissoluzione.
Luciano Barra Caracciolo è Presidente di sezione del Consiglio di Stato, Rappresentante italiano
presso la rete UE degli organi di autogoverno del potere giudiziario,c uratore del blog Orizzonte 48 ed autore di Euro e (o?) democrazia costituzionale. La convivenza impossibile tra costituzione e trattati europei
Dopo questa chiara esposizione di Barra Caracciolo sono ancora più curioso di iniziare il suo libro appena acquistato.
RispondiEliminaE' ormai evidente che per la stragrande maggioranza dei cittadini (operai, pensionati, ceto medio) e dei piccoli e medi imprenditori non conviene più rimanere nell'€, resta solo una piccolo gruppo di imprenditori che hanno delocalizzato e quelli legati alla finanza....
Appena scoppia nuovamente la bolla della borsa e salta il bubbone delle banche credo saremo al capolinea.
Arriviamo alle Europee, e poi vediamo..., ma la vedo dura arrivare al panettone con l'€.
Quando leggi queste considerazioni sei divisa fra due sensazioni opposte: ti appassione quello che ti scorre sotto gli occhi e capisci che un altro mondo è possibile e nello stesso momento capisci quante politici disonesti ed impostori circolano senza impedimenti nel nostro Paese liberi di raccontare le più folli panzane senza che nessuno riesca a smascherarli. Oggi per caso ascoltavo ambiente Italia su Rai3 e Realacci ha scoperto l'acqua calda "quanti posti di lavoro si potrebbero creare - si parlava dell'alluvione di Modena, del treno deragliato a Genova, - per la riqualificazione e messa in sicurezza del territorio" faccia, scusate come il c..o,ma guarda guarda la famosa "spesa pubblica" allora serve a qualcosa, fa finta l'ecologista da strapazzo di non sapere che dobbiamo partecipare al Mes, al fiscal compact e che il nostro debito pubblico è aumentato per sanare i debiti privati. Dove li troviamo di grazia i soldi se non abbiamo più la nostra sovranità? Dillo a Olli Rehn che vuoi sistemare il territorio, vedrai che ti risponde Ukko il dio del cielo e del tuono! Commedianti infedeli.
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