Il Nobel Paul Krugman sul New York Times applica la legge di Dornbush alla crisi dell'euro: una crisi al rallentatore, ma che può manifestarsi all'improvviso. . . e il grado di confusione mentale è ancora alto.
di Paul Krugman, New York Times, 11 ottobre 2014
Chiunque
si occupi di
economia monetaria internazionale ha familiarità con la legge
di Dornbusch:
La crisi ci mette molto più tempo di quanto si pensi ad arrivare, ma poi accade tutto molto più in fretta di quanto ci si aspetterebbe.
Ed è
così anche con
l'ultima crisi dell'euro. Non è
molto tempo fa che gli
austerians, coloro che hanno
dettato le
linee della politica macroeconomica
nell'area dell'euro, si vantavano
proclamando la vittoria basandosi su un modesto aumento della
crescita. Poi l'inflazione è crollata
e l'economia della zona euro ha cominciato a vacillare
– e, cosa forse
più importante, tutti hanno guardato di
nuovo ai fondamentali
e si sono resi
conto che la situazione rimane estremamente
grave.
Ora, la
situazione sembrava molto grave
anche nell'estate
del 2012, e Mario Draghi ha tirato
l'Europa fuori
dal baratro. E forse, e solo
forse, potrà
farlo di nuovo. Ma il compito si presenta molto più difficile.
Nel 2012, il problema erano gli altissimi costi finanziari nella periferia - che noi oggi sappiamo fossero guidati più da problemi di liquidità che da problemi di solvibilità. Cioè, i mercati sostanzialmente temevano che la Spagna o l'Italia avrebbero potuto dichiarare default nel breve termine perché rischiavano di trovarsi letteralmente a corto di denaro – e i timori del mercato minacciavano di trasformarsi in una profezia autoavverante. E tutto quel che ci è voluto per disinnescare quella crisi sono state tre parole: "con ogni mezzo". Una volta che la prospettiva di una carenza di liquidità è stata esclusa, il panico si è rapidamente placato, e da allora sia la Spagna che l'Italia hanno costi di indebitamento storicamente bassi.
Quello che sta succedendo ora, tuttavia, è molto diverso. Si tratta di una crisi al rallentatore, che coinvolge l'area dell'euro nel suo insieme, la quale sta scivolando in una trappola deflazionistica con la BCE già sostanzialmente coi tassi a zero. Draghi può cercare di andare avanti con il quantitative easing, ma non è affatto chiaro se potrebbe funzionare, anche nelle migliori circostanze - e in realtà deve fare i conti con dei severi vincoli politici che lo limitano su quello che può fare.
Ciò che mi colpisce, inoltre, è il grado di confusione intellettuale che c'è tuttora. La Germania sembra ancora determinata a considerare il tutto come causato dalla irresponsabilità fiscale, cosa che non solo esclude uno stimolo fiscale, ma taglia le gambe al QE, poiché per loro prendere in considerazione l'acquisto di debito pubblico è un anatema.
Nel 2012, il problema erano gli altissimi costi finanziari nella periferia - che noi oggi sappiamo fossero guidati più da problemi di liquidità che da problemi di solvibilità. Cioè, i mercati sostanzialmente temevano che la Spagna o l'Italia avrebbero potuto dichiarare default nel breve termine perché rischiavano di trovarsi letteralmente a corto di denaro – e i timori del mercato minacciavano di trasformarsi in una profezia autoavverante. E tutto quel che ci è voluto per disinnescare quella crisi sono state tre parole: "con ogni mezzo". Una volta che la prospettiva di una carenza di liquidità è stata esclusa, il panico si è rapidamente placato, e da allora sia la Spagna che l'Italia hanno costi di indebitamento storicamente bassi.
Quello che sta succedendo ora, tuttavia, è molto diverso. Si tratta di una crisi al rallentatore, che coinvolge l'area dell'euro nel suo insieme, la quale sta scivolando in una trappola deflazionistica con la BCE già sostanzialmente coi tassi a zero. Draghi può cercare di andare avanti con il quantitative easing, ma non è affatto chiaro se potrebbe funzionare, anche nelle migliori circostanze - e in realtà deve fare i conti con dei severi vincoli politici che lo limitano su quello che può fare.
Ciò che mi colpisce, inoltre, è il grado di confusione intellettuale che c'è tuttora. La Germania sembra ancora determinata a considerare il tutto come causato dalla irresponsabilità fiscale, cosa che non solo esclude uno stimolo fiscale, ma taglia le gambe al QE, poiché per loro prendere in considerazione l'acquisto di debito pubblico è un anatema.
Ed è
notevole, anche, come la logica della trappola della liquidità
rimane vaga anche
dopo sei anni - sei anni! - al
limite inferiore dei tassi.
Non è l'esempio
peggiore, ma oggi ho letto Reza
Moghadam:
"I salari e gli altri costi del lavoro sono semplicemente troppo alti, anche per gli standard dei paesi ricchi, per non parlare dei mercati emergenti concorrenti."
Augh! Se
ci si preoccupa
della
competitività esterna, il deprezzamento
dell'euro è ciò che ci
vuole, non i tagli
salariali. E il taglio dei salari in una
trappola della liquidità approfondisce
quasi sicuramente il crollo. Come si
può non capirlo?
L'Europa ha sorpreso molte persone, me compreso, con la sua capacità di recupero. E io credo che la BCE dell'era Draghi sia diventata un importante punto di forza. Ma io (e altre persone con cui parlo) sto facendo veramente fatica a capire come andrà a finire - o meglio, come potrà finire in maniera non catastrofica. È possibile che la storia di Marine Le Pen che farà uscire la Francia sia dall'euro che dall'Unione europea non sia plausibile; ma qual è l'altro scenario?
non capiscono che tagliare i salari e' un modo per accentuare la crisi perche sono limitati a una visione finanziaria della realta fondata su inflazione e tassi bassi a tutela del capitale ma non del mercato.....
RispondiElimina...tutto quel che ci è voluto per disinnescare quella crisi sono state tre parole: "con ogni mezzo".
RispondiEliminaSenza dimenticare i criminale ritardo con cui queste parole furono pronunciate, con l'evidente scopo di mantenere sulla graticola i paesi periferici e convincere i cittadini che le misure imposte erano inevitabili.
Un fulgido esempio di shock economy, asseverato da tutti i politici - Napolitano in primis. Ancora oggi si sente spudoratamente dire che all'epoca "l'Italia era sull'orlo del baratro" per giustificare certi tardivi cambi di fronte (vedi Fassina).
Tagliano i salari xke come ha detto monti a suo tempo,
RispondiEliminanon si voleva far defluire un enorme quantita di denaro dall'Italia.
esempio:
se le persone, giustamente comprano il prodotto piu conveniente, ma fatto all'estero;
il lavoratore italiano non ne giova perche comprando un prodotto di importazione piu conveniente si è dato lavoro all'operaio di un altro paese e nell'economia italiana una certa massa monetaria viene a mancare perche trasferitasi in un altro paese.
in parole povere è colpa dei consumatori che comprano prodotti di importazione piu convenienti che impoveriscono l'italia di denari e di lavoratori xD ç_ç .
I consumatori, correttamente, comprano i prodotti "più convenienti" e sappiamo che sono tendenzialmente di importazione, Chiediamoci perchè? Le imprese italiane hanno tentato di aumentare la produttività, riducendo costi ed aumentando la capacità produttiva. Ma una componente enorme dei costi è l'assurda pressione fiscale italiana (è ad es. oltre il doppio di quella USA che ora è essa stessa in crescita: al 24%) che incorpora inefficienza della pubblica amministrazione, corruzione endemica ed egoismo della classe politica italiana ad ogni livello. La globalizzazione come il mercato, mette in evidenza questi mali e poi ne decreta le relative conseguenze catastrofiche che stiamo vivendo.
Eliminacapacita' di recupero dell'Europa? Ah Krugman! Ma che dici.....stiamo andando a fondo....guarda ai dati tedeschi.......
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