Su Market Watch, Darrell Delamaide prende in esame la nuova Commissione Europea che sta per entrare in carica: composta in gran parte da uomini mediocri e di secondo piano, vincolata dall’istituzione di vice presidenti tutti di orbita tedesca, e priva di quel senso di urgenza che sarebbe il minimo nel bel mezzo di un vortice di deflazione e di una crisi politica esistenziale.
Jean-Claude, stai facendo un lavoro eccezionale!
WASHINGTON (MarketWatch) — Jean-Claude Juncker sta tentando di far passare il suo tentativo di ristrutturare l’ingombrante Commissione Europea come una “razionalizzazione”, ma potrebbe in realtà trascinare Bruxelles ancor più profondamente nelle pastoie burocratiche.
L’aggiunta di una serie di vice presidenti plenipotenziari al di sopra di una schiera di commissari con compiti pratici, sulla carta potrebbe concentrare le energie, ma nella realtà più probabilmente porterà ad ulteriori opacità burocratiche, battaglie sotterranee e confusione nell’attribuzione delle responsabilità.
Ma questo non è il vero problema.
La nuova commissione annunciata questa settimana da Juncker, in quanto presidente designato dell’organo esecutivo e legislativo dell’Unione Europea, dimostra ancora una volta che il Cancelliere tedesco Angela Merkel è stabilmente al comando.
La mezza dozzina di vicepresidenti che dirigeranno le politiche dei commissari, precedentemente autonomi, provengono per lo più da piccoli paesi del nord Europa, stabilmente all'interno dell’orbita politica ed economica tedesca.
La loro mancanza di forza politica – non solo provengono da piccoli paesi, ma non hanno nemmeno una estesa rete burocratica a sostenerli – assicura che le decisioni saranno prese dai leader nazionali, proprio come vuole la Merkel.
Hanno tutti notato che nonostante il nuovo commissario francese, Pierre Moscovici, abbia ottenuto uno degli incarichi più ambiti come commissario agli affari economici, egli è stato di fatto messo ai margini, sotto tutela non di uno, ma di due vice presidenti.
L’ex primo ministro della Lettonia, Valdis Dombrovskis, un fautore della linea dura che sostiene le politiche di austerità dettate dalla Merkel, è il vicepresidente in carica per l’euro e in linea teorica avrà l’ultima parola sulle politiche atte a sostenere la moneta unica.
Il vicepresidente per il lavoro, la crescita, gli investimenti e la competitività, Jyrki Katainen, ex primo ministro finlandese, sarebbe la persona che dovrebbe guidare l’UE verso uno stimolo economico, se non fosse per il fatto che in passato è stato ancor più veemente della stessa Merkel nell’insistere sull’austerità nei paesi del sud Europa.
Infatti, tutto il gruppo dei vicepresidenti – gli altri vengono da Slovenia, Bulgaria, Estonia e Olanda – sembrano un cuscinetto burocratico di piccoli paesi finalizzato a impedire ai commissari dei grandi paesi di determinare le politiche da seguire. (La Lettonia, l'Estonia e la Slovenia, tra parentisi, hanno meno abitanti della Scozia, mentre la Finlandia ha circa le stesse dimensioni).
Juncker aveva promesso di dare la responsabilità degli affari economici a un politico di sinistra, e la Francia ci teneva a trovare un buon lavoro a Bruxelles per l’ex ministro delle finanze del Presidente François Hollande, un ministro che si è distinto per aver fallito sia nel riportare la Francia in linea coi parametri dell’euro riguardo a debito e deficit pubblico, sia nello stimolare la crescita della seconda economia più importante d’Europa.
Anche altre designazioni sono sembrate progettate per tenere buoni i leader dei grandi paesi anziché dare una nuova spinta all’UE.
Il Primo Ministro italiano Matteo Renzi ha fatto pressione con successo perché il suo ministro degli esteri, Federica Mogherini, venisse scelta come cosiddetta alta rappresentate agli affari esteri – e anche di conseguenza vice presidente della commissione.
Tuttavia, la sua relativa inesperienza - è stata in carica come ministro in Italia per soli 6 mesi ed in precedenza ha avuto ben poche esperienze in politica estera – garantisce che avrà ancor meno influenza del suo predecessore dal profilo già abbastanza basso, Catherine Ashton.
Il Regno Unito voleva fortemente il posto del regolatore finanziario, in modo da proteggere la City di Londra da altre onerose normative, e l’ha ottenuto designando un oscuro membro del partito conservatore, Jonathan Hill.
In breve, la commissione è stata attentamente progettata per essere mediocre. Nel migliore dei casi continuerà a tirare avanti sotto la guida della Merkel e degli altri leader nazionali che tireranno le fila.
Se le cose dovessero andar male, Bruxelles rimarrebbe impantanata nella sua stessa burocrazia, distante da quello che i cittadini europei vogliono, e alimentando l’euro-scetticismo in aumento nei paesi che sono stati vittime dell’euro.
Il Parlamento Europeo può votare per la commissione prima che essa entri in carica a novembre, ma può solo accettarla o rigettarla per intero. Juncker, un abile tattico UE, si è assicurato di lasciare al Parlamento, sulla carta, ben poche possibili obiezioni.
In particolare, nell’annunciare la nuova commissione, Juncker ha spiegato di essere riuscito ad aumentare a 9 (su 28!) il numero delle commissarie donne, dalle 3 nominate inizialmente dai governi UE.
Le “10 priorità” che Juncker ha dato alla sua commissione – incluso stimolare la creazione di posti di lavoro e impegnarsi per una unione valutaria più giusta – toccano i tasti giusti, ma sono smentite dagli stessi attori e dalla struttura che lui ha scelto per metterle in atto.
L’intera presentazione non ha mostrato alcun senso di urgenza, dimostrando di ignorare – col suo atteggiamento da ordinaria amministrazione – che l’UE ha di fronte un vortice economico deflazionistico e una crisi politica esistenziale.
Siamo tentati di parafrasare l’ex presidente George Bush: “Jean-Claude, stai facendo un lavoro eccezionale!”.
(Il riferimento è alle parole dell’ex presidente Bush a Michael Brown, responsabile della gestione dell’uragano Katrina, prima che emergesse la totale inadeguatezza nella gestione della catastrofe, NdVdE).
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