Il coro unanime dei politici, amplificato dai media, predica la necessità che in Italia si vada a fondo finalmente senza più esitazioni sulle necessarie riforme strutturali, per far ripartire la crescita. Ma in un editoriale sul Financial Times (di cui riportiamo ampi stralci), Martin Wolf mette in discussione che le tanto decantate riforme possano veramente essere efficaci per far ripartire l'economia. L'esperienza tedesca infatti dimostra che le riforme Hartz non hanno spinto affatto la domanda interna e che la crescita in Germania è venuta dalla domanda estera. Il modello che ha funzionato in Germania non è certamente ripronibile per tutta l'eurozona.
di Martin Wolf, 21 Ottobre 2014
"Una
politica che può funzionare per la Germania da sola non può
funzionare per una economia tre volte più grande
Le
politiche della zona euro possono portare a
una robusta ripresa? La mia risposta è:
no. E dal momento che nel 2013 la zona euro generava
il 17 per cento della produzione mondiale (a prezzi di mercato), la
risposta è significativa a livello globale.
E' la Germania che imposta la strategia economica della zona euro. Essa si compone di tre elementi: riforme strutturali; disciplina fiscale; e politica monetaria accomodante. Fino ad ora, questo insieme di politiche non è riuscito a generare una domanda adeguata: nel secondo trimestre del 2014, la domanda reale nella zona euro è stata del 5 per cento inferiore a quella del primo trimestre del 2008.
Sia la Francia che l'Italia sono incoraggiate ad accelerare le "riforme strutturali" come un modo per far ripartire la crescita nelle rispettive economie e quindi, data la loro importanza, anche nella zona euro (il grassetto è nostro, ndVdE). Questi due paesi producono il 38 per cento del prodotto interno lordo della zona euro, contro il 28 per cento per la sola Germania. In entrambe le economie, i programmi consigliati comportano una liberalizzazione del mercato del lavoro. Entrambi sono incoraggiati a seguire le "riforme Hartz" della Germania, introdotte tra il 2003 e il 2005, alle quali viene spesso attribuita la recente performance relativamente buona del mercato del lavoro del paese.
Eppure una cosa che quelle
riforme non hanno fatto
è stato di creare
una domanda
aggregata dinamica. Tra il secondo trimestre del 2004 e il secondo
trimestre del 2014, la domanda reale interna della Germania è
cresciuta
dell'11,2 per cento, un tasso annuo composto dell'1
per cento. Avrebbe potuto andare
peggio. Ma questa
non è certo la prestazione
di una "locomotiva".
L'esame
dei saldi finanziari settoriali della Germania - la differenza tra
entrate e spese del settore pubblico,
del settore
privato e dell'estero
- lo conferma. La risposta del settore privato tedesco alle
riforme dei primi anni 2000 è stata
quella di
aumentare in maniera massiccia il surplus
finanziario: vale
a dire, di spendere molto meno dei
redditi a disposizione.
Dal momento che anche il deficit di bilancio si è ridotto, è
cresciuto il deflusso dei
capitali. Questo è sorprendente e significativo. In breve, la
risposta del settore privato alle riforme del mercato del lavoro e
alla stretta
fiscale è stata
quella di
diventare sempre più frugali
e così accumulare grandi quantità (spesso di scarsa qualità) di
attività estere.
Per
quel che riguarda l'incremento della
domanda interna privata, le riforme
hanno ottenuto ben
poco. Al contrario, la Germania è divenuta
fortemente dipendente dalla domanda estera. Allo stesso modo, la
stretta fiscale non ha fatto aumentare
la spesa privata. Aspettarsi che delle
analoghe riforme del mercato del lavoro possano
promuovere la domanda in Francia e in Italia rischia di rivelarsi
davvero troppo ottimista."
A questo punto Martin Wolf ricorda che le riforme possono essere comunque utili a contenere il tasso di disoccupazione, che infatti in Germania risulta particolarmente basso, ma dal nostro punto di vista è sempre bene non dimenticare che la domanda tedesca è stata trainata dalle esportazioni e così anche di conseguenza l'occupazione, mentre non risulta che la flessibilità del lavoro possa portare di per sé ad un aumento dell'occupazione, anzi l'evidenza economica mostra che lo scopo inconfessato di queste riforme del lavoro è proprio l'opposto.
Ma cosa accadrebbe se tutti i paesi dell'eurozona seguissero il modello tedesco? Continua Wolf:
"Cosa potrebbe significare questo per la zona euro nel
suo complesso? Una possibilità teorica è che la zona euro dovrebbe
cercare di generare un surplus di partite
correnti che sia
altrettanto grande
rispetto al PIL quanto quello della
Germania. Vorrebbe dire
un surplus non di $ 300 miliardi, come nel 2013, ma di $ 900
miliardi.
Una cosa
del genere non potrebbe mai essere
sostenibile: il
resto del mondo non lo
assorbirebbe e
l'apprezzamento dell'euro rischierebbe di essere distruttivo. Il
giusto complemento alle riforme strutturali è una
domanda aggiuntiva all'interno della zona euro...[] le scelte
sono tra una
politica monetaria non convenzionale o una
politica fiscale espansiva. La Germania è estremamente contraria
a entrambe.
Eppure, in parte a causa del suo status di paese rifugio, la Germania è anche in grado di prendere in prestito a tassi di interesse straordinariamente favorevoli. Il Bund a 30 anni ora rende l' 1,8 per cento. Se si ipotizza che la Banca centrale europea possa raggiungere il suo obiettivo di inflazione, questo significherebbe un tasso di interesse reale a lungo termine pari a zero. Tali costi trascurabili dell'indebitamento devono trasformare il modo di considerare i costi del deficit di bilancio. La Germania dovrebbe sia rifinanziare il proprio debito a questi tassi che indebitarsi per finanziare ulteriori investimenti pubblici. Concentrarsi sui deficit e debiti, senza considerare il tasso di interesse, non ha senso. Allo stesso modo, l'attenzione sul fatto che il deficit francese infrange le regole è assurdo. Anche le obbligazioni francesi a 10 anni rendono l' 1,1 per cento. I mercati stanno urlando: prendete in prestito.
[...]
La Germania ha ragione sul fatto che gli stati dell'euro devono fare delle riforme a lungo termine. Ma la Germania sbaglia nel credere che questo potrebbe, da solo, generare una forte crescita. La sua stessa esperienza con le riforme lo dimostra in maniera decisiva: non lo farà.
Né ha
senso affidarsi a sempre maggiori surplus
verso l'estero. Una politica che può funzionare solo per la Germania
soltanto (ed
è una affermazione
discutibile) non può funzionare
per un'economia grande più di tre volte la Germania.
La zona euro ha bisogno di raggiungere un compromesso tra riforme e domanda aggiuntiva. Nel farlo, si deve riconoscere che la stagnazione persistente è una grande minaccia alla stabilità. La zona euro dovrebbe rischiare un'espansione. Questa ora è la via più sicura.
(Traduzione di Carmenthesister)
Detto in maniera ancora più chiara: le merde teutoniche vanno d'accordo con le merde nostrane, tutti d'accordo per metterlo nel culo ai lavoratori. Così lo capite? Però abbiamo un'arma, la "disempatia" (vedi http://www.keinpfusch.net/).
RispondiElimina8 settembre 1943
RispondiEliminama nella direzione del Pd + Ncd il collegamento alla rete non arriva, giusto? :) visto che continuano con le "riforme"....
Non c'e' soluzione! La civilta' capitalista come tutte le precedenti scomparira'. Se vogliamo e' anche molto peggio delle altre in quanto espressione di un assurdo matematico. Espansione attraverso il debito. Siamo alla pura follia. Ma tutto finira' e anche in malo modo. Molto, molto malo modo perche' il mondo e' fortemente interdipendente. Non si salvera' nessuno. Ma forse se i tedeschi riescono a esportare su Marte si riuscira' a campare mille anni..........in piu'.
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