Da Business Insider un'analisi sugli effetti della recessione sul mercato del lavoro USA, su segnalazione del Grande Bluff
Il
45 per cento dei disoccupati sono senza lavoro da più di sei mesi.
Tra
coloro che sono disoccupati da più di 12 mesi, solo 1 su 10 ritorna
al lavoro.
La disoccupazione per i laureati è del 4,2 per cento. Per quelli senza titolo, è del 9,8 per cento.
La
disoccupazione di lunga durata sta diventando la caratteristica della
Grande Recessione. Da settembre, il tempo medio di disoccupazione
ammonta a 40,5 settimane.
Dei 14 milioni di disoccupati, circa il 45 per cento è rimasto senza lavoro per più di sei mesi, e oltre il 70 per cento non lavora da un anno o più.
Dei 14 milioni di disoccupati, circa il 45 per cento è rimasto senza lavoro per più di sei mesi, e oltre il 70 per cento non lavora da un anno o più.
Nessun
altro ciclo economico dal 1930 può essere ricondotto all'esperienza
attuale. Dopo un discorso a Cleveland il 28 settembre, il Presidente
della Federal Reserve Ben Bernanke, in una dichiarazione
all'Associated Press, ha definito la disoccupazione di lungo termine
una "crisi nazionale".
I costi economici della disoccupazione di lunga durata sono molto più alti di un periodo di alta disoccupazione che poi rientra rapidamente, come la recessione 1981-82, quando la disoccupazione ha raggiunto il 10,8 per cento.
I costi economici della disoccupazione di lunga durata sono molto più alti di un periodo di alta disoccupazione che poi rientra rapidamente, come la recessione 1981-82, quando la disoccupazione ha raggiunto il 10,8 per cento.
Nel
breve periodo, l'effetto sulle spese dei consumatori è più
sostenuto. La qualità del credito rimane scarsa, rendendo le banche
meno disposte a prestare, soprattutto ora in con le pesanti
insolvenze sui mutui. I bilanci pubblici rimangono sotto pressione
molto più a lungo.
Nel
lungo periodo, ne soffre la produttività, e può minare la capacità
di crescita dell'economia, abbassando gli standards di vita e
rendendo l'economia più incline all'inflazione.
Ogni report mensile sul
lavoro chiarisce che l'attuale recessione è diversa dal tipico
modello altalenante dei cicli economici precedenti.
Il Dipartimento del Lavoro venerdì ha riferito che gli occupati a settembre sono aumentati di 103.000 unità, ma si è recuperato solo il 24 per cento dei posti di lavoro persi dall'inizio della recessione, quasi quattro anni fa.
Il
tasso di disoccupazione lo scorso mese è rimasto al 9,1 per cento, e
fatta eccezione per una caduta in febbraio e marzo, è rimasto al di
sopra del 9 per cento da quando è iniziata la ripresa più di due
anni fa.
Due anni dopo il picco della recessione 1981-82, il tasso di disoccupazione era sceso di quasi 4 punti percentuali.
La questione
fondamentale per i politici è la particolarità di questo mercato
del lavoro. Alcuni analisti
sostengono che la disoccupazione persistentemente elevata di oggi
riflette la debolezza della domanda di beni e servizi, e una
strategia di stimolo alla spesa potrà riportare le persone al
lavoro. Tuttavia, molti economisti iniziano a temere
che gli Stati Uniti non potranno mai tornare ai tempi del 5 per cento
o meno di disoccupazione. Questo
perché i disoccupati di lungo termine stanno perdendo la loro
capacità e le loro connessioni col mondo del lavoro, e sono oramai
usciti dalla forza lavoro. La politica più efficace in quel caso
sarebbe quella della riqualificazione e formazione per i disoccupati,
orientata verso i settori in crescita, soprattutto in un momento in
cui la sempre maggiore competizione globale sta trasformando
l'industria Statunitense.
Più
a lungo restano le persone senza lavoro, meno probabilità hanno di
rientrare. Secondo uno studio del Dipartimento del Lavoro, solo circa
1 su 10 disoccupati da più di 12 mesi è tornato al lavoro, mentre
circa il 90 per cento o sono rimasti disoccupati o sono usciti dalla
forza lavoro. Da quando è iniziata la recessione, il tasso di
partecipazione alla forza lavoro, definito come la percentuale della
popolazione oltre i 16 anni che lavora o cerca lavoro, ha avuto il
maggior calo nella storia del dopoguerra, a livelli mai visti sin dai
primi anni '80.
Degli
studi dimostrano che l'estensione dei sussidi di disoccupazione, in
alcuni stati a 99 settimane, ha allungato la durata media della
disoccupazione di circa 2-6 settimane. Tuttavia, gli analisti della
Federal Reserve Bank di Richmond in un recente documento di ricerca
osservano che dal momento dell'estensione, la durata media è
aumentata di 18 settimane, suggerendo che è in gioco molto di più
del disincentivo alla ricerca di lavoro rappresentato dal programma
di sussidi. "Dopo un lungo periodo di disoccupazione, i
lavoratori coinvolti possono diventare effettivamente inabili al
lavoro", esi sostengono.
I
lavoratori più deprivati in genere sono i giovani, i meno
istruiti, nei settori più colpiti dalla recessione, in particolare
le costruzioni, dove la disoccupazione è oltre il 13 per cento. Il
tasso di disoccupazione per gli adolescenti, da 16 a 19 anni, è
quasi il 25 per cento. Per quelli di età compresa tra 20 e 24, è
quasi il 15 per cento. Per quelli di 25 anni e oltre, l'istruzione è
la linea di demarcazione. Quelli senza una laurea sono quasi al 10
per cento di disoccupazione, mentre il tasso dei laureati è del 4,2
per cento.
Questi
tassi elevati di disoccupazione evidenziano un problema chiave. "La
disoccupazione di lunga durata deriva dal fatto che vi è una mancata
corrispondenza tra le competenze richieste dai datori di lavoro e le
competenze offerte dai lavoratori", dicono gli economisti di
Wells Fargo Securities in un recente studio. Essi rilevano che molti
datori di lavoro, soprattutto nei settori tecnici in rapida crescita,
vanno disperatamente cercando lavoratori, dato che i lavoratori
dell'edilizia non possono facilmente passare al lavoro nella
tecnologia dei computer o sviluppo di software o al settore i
sanitario, perché i giovani mancano di esperienza, ed i meno
istruiti sono lasciati indietro.
Il
modello di investimento delle imprese, per esempio, mostra una forte
domanda di beni ad alta tecnologia e di servizi - e di lavoratori che
li producano - malgrado una ripresa dell'economia altrimenti opaca.
Le spese per attività ad alta tecnologia e software hanno
mantenuto il passo durante la recessione, e ora sono del 10 per cento
al di sopra del loro livello pre-recessione. La spesa per tutti gli
altri investimenti a bassa tecnologia rimane del 14 per cento sotto
il livello pre-recessione.
I politici alla Federal
Reserve sono divisi su come affrontare la disoccupazione di lunga
durata. Alcuni credono che il crescente deficit di competenze
professionali abbia già colpito il potenziale di crescita
dell'economia nel lungo periodo. Alcuni economisti del settore
privato sono d'accordo. Dicono che una "piena occupazione"
reale ora può attestarsi a un tasso di disoccupazione del 7 per
cento o più, non il 5 per cento o giù di lì generalmente accettato
prima della recessione, e che cercare di spingere la disoccupazione
al di sotto di tale livello porterebbe solo a una pressione al rialzo
dell'inflazione. Questo è uno dei motivi per cui alcuni politici si
oppongono alla recente mossa della Fed verso un maggiore stimolo
monetario.
Il Presidente della Fed
Bernanke ad agosto ha affermato che delle politiche di breve periodo
volte a minimizzare la durata della disoccupazione contribuiranno ad
evitare la perdita delle competenze e dell'attaccamento al lavoro,
riducendo così gli effetti di lungo periodo sull'economia della
disoccupazione di lunga durata. La proposta
sul lavoro del Presidente Obama comprende dei piani simili ai
programmi statali della Georgia e del New Hampshire che incentivano
le imprese a formare i lavoratori che ricevono i sussidi di
disoccupazione, oltre a dei crediti d'imposta per le aziende che
assumono disoccupati a lungo termine in cerca di lavoro.
Tutti i politici concordano sul fatto che la disoccupazione di lunga durata può avere conseguenze di lungo periodo per l'economia, il problema è che ancora non hanno capito che cosa fare al riguardo.
O si trova un'altra Arabia Saudita con miliardi di barili di light sweet crude oil oppure gli U.S.A. non hanno un modello economico su cui ripartire. Senza massiccio spreco via trasporto di persone e merci su gomma, non esiste industria e non esiste commercio in America. Logico che senza almeno un +5% annuo di produzione di greggio mondiale non si vada da nessuna parte e con addirittura una diminuzione di gittata produttivia praticamente nessuno di coloro che perde il lavoro lo ritroverà.
RispondiEliminaIl futuro o è rurale o non è. Ma certo non sarà rurale per 7 o 8 miliardi di umani...
Ciao Medo,
RispondiEliminail tuo commento è molto interessante, in pratica ci stai tracciando uno scenario ancora più angosciante dell'articolo stesso.
Supponiamo che tu abbia ragione al 100%, per quanto tempo secondo te si può andare avanti con una disoccupazione così alta in America?? ancora per 3 o 4 anni?
Sono ormai tre anni che la gente sta pagando molto salato tale crisi, e forse il fatto che ci sia Obama alla casa bianca ha contribuito a contenere molto, molto bene il malcontento generale, perchè le elite che stanno al vertice evidentemte anche questo sapevano e prevedevano, finanziando massicciamente l'elezione del primo Presidente di colore e democratico.
Il precedente articolo qui postato:
"Follow the Money: Dietro la Crisi del Debito in Europa si Nasconde un Altro Gigantesco Bailout di Wall Street",
mette in chiaro senza ipocrisie, i veri motivi dell'accnimento terapeutico sulla Grecia, e Obama mette già le mani avanti dicendo che è colpa delle indecisioni europee se c'è poca crescita e crisi economica anche in America.
Lui è come Tremonti a parole se la prende con le onnipotenti Oligarchie finanziarie, ma nei fatti fa esattamente quanto esse vogliono e pretendono.
Dò per scontato che non può fare diversamente, deve solo obbedire come un cagnolino fedele, perchè altrimenti, se la scorda la massiccia campagna di finanziamenti, necessaria per la sua seconda elezione.
E soprattutto, se il petrolio, è così necessario alla crescita economica, e nessuno nel mainstream, ci dice che esiste un problema di picco, ma allora per quanti anni ancora, ci faranno rimanere nella nebbia più fitta, senza spiegarci che la crisi esiste non solo per i motivi legata all'alta Finanza e ai debiti pubblici, ma anche per il problema delle risorse energetiche sempre meno accessibili???
Quanto tempo ancora dovrà passare prima che si decidano di parlarci anche del picco petrolitico??
Mesi, anni, lustri, decenni???
Ti saluto cordialmente Medo, e grazie mille del tuo interessante intervento!!
Nicola.
X Medo
RispondiEliminaTra poco l'energia non sarà assolutamente più un problema! Ne in termini di scarsità, nè ambientali, nè di costi eccessivi! Gli sviluppi delle LERN sono estremamente promettenti. Per chi non ne sa nulla dico solo di cercare su internet qualcosa relativo all'e-cat di Andrea Rossi. Sono già stati eseguiti vari esperimenti alla presenza di esperti e a fine mese entrerà in funzione l'impianto da 1 MW! Se questa tecnologia funziona come pare sarà una rivoluzione! LucaS
X Carmen
RispondiEliminaSono contento che hai finalmente postato un articolo sulla disoccupazione perchè ho studiato questo tema e ho un punto di vista particolare in merito! Secondo me in USA il tasso di disoccupazione non solo è destinato a rimanere elevato in modo strutturale ma anche a crescere a livelli che oggi consideriamo inaccettabili. Questa tendenza secondo me è strutturale, dovrebbe cioè confermarsi anche in caso di ripresa economica e anche in caso di manipolazioni da parte della FED o del governo! Questi fattori possono avere un impatto di breve anche significativo ma nel lungo si torna al trend di alto/altissimo tasso di disoccupazione! Perchè? Perchè la tecnologia ha già resto e soprattutto renderà obsoleti moltissimi lavori! La fortissima competizione di mercato renderà questo processo estremamente rapido! Questo fenomeno è stato finora "coperto" dalle delocalizzazioni ma è già in corso! e a niente serviranno le solite ricette Keynesiane/comuniste di fare più spesa pubblica, stampare moneta... perchè comunque non genererebbero una significativa domanda addizionale di lavoro! Potrei fare moltissimi esempi, ma mi limito ad alcuni: foxxcon intende sostituire oltre 1 milione di operai cinesi con robot entro pochi anni, McDonald's sta testando sistemi automatici per i suoi fast food, Google ha appena investato sistemi che consentono ai veicoli di guidarsi da soli, Abu Dhabi ha appena realizzato una metro interamente automatizzata, molti magazzini americani sono interamente automatizzati, molti supermarcati stanno testando dei sistemi che consentono di fare a meno del cassiere...... e tutto questo senza contare delle tecnologie già esistenti che solo in parte vengono sfruttate (basta pensare all'e-learning che renderebbe obsoleti migliaia di insegnanti.. ma ce ne sono una valanga di esempi che potrei fare.. Se tutte queste tecnologie verranno sfruttate e lo saranno siccome non ci sono più soldi e le aziende volenti o dolenti efficienteranno al massimo... l'impatto sulla disoccupazione sarà devastante! E non saranno toccati solo lavoratori a basso know how ma anche molti impiegati! basta pensare ai progressi di software e database.... Il tasso di disoccupazione resterà molto alto per sempre con effetti sociali devastanti! Chi pensa che i progressi tecnologici al contrario aumenteranno l'occupazione è un illuso: renderanno meno costose le cose ma se tu perdi il tuo lavoro perchè è diventato obsoleto non hai più i soldi per comprare le cose diventate nel frattempo meno care... La sola innovazione in campo energetico di cui parlavo prima (e-cat) potrebbe distruggere milioni di posti di lavoro.... LucaS
Potrei anche prendere una cantonata ma, se come penso, tutto quanto ci porterà o ad una dittatura peggiore di quella attuale o, di contro ci sarà una presa di comprensione generale, che porterà a far si che vi sia per tutti un fondo di "cittadinanza".
RispondiEliminaLuca ha certamente toccato un punto essenziale ma, se il popolo non consuma in senso lato o non gli si da la possibilità di farlo, all'ora dubito che tali automazioni andranno avanti.
O per lo meno non di certo a questa portata.
Saluti.
Orazio
LucaS: finalmente d'accordo!!! Rifkin ha scritto queste cose diversi anni fa nel suo libro La Fine del Lavoro - la tendenza è quella. Lui dice che il lavoro - che finora è stato alla base del patto sociale per la distribuzione della ricchezza, non potrà più esserlo. O si arriva al genocidio tramite guerre di miliardi di esseri umani, o bisognerà cambiare le regole del patto sociale. Per lui il terzo settore, il no profit, potrebbe essere alla base di questo cambiamento. Spero che ci abbia visto giusto...
RispondiEliminastavolta sono d'accordo anche io con LucaS!
RispondiEliminaLuca ha toccato un tasto davvero dolente!!!!
RispondiEliminaSe accadrà come lui prefigura, sarà l'ennesima prova, che l'economia globale delle onnipotenti Oligarchie, non è a servizio dei cittadini e dei popoli, ma è l'esatto contrario, come ho provato tante volte a sostenere in questo blog.
Anzi i cittadini devono essere schiavi del globalismo, come accade oggi con gli operai in Cina, India, e tutti gli altri Paesi con crescita tumultuosa, ma senza diritti fondamentali dell'uomo. E quando questi schiavi incominciano a diventare un pò troppi da gestire con ordine e disciplina, ci penseranno delle crisi indotte ad annientare le loro giuste rivendicazioni, se necessario anche con genocidi bellici, come ipotizzato da Carmen.
Che Dio ci salvi!!!
Cordiali saluti, Nicola.
Per Nicola, al posto di genocidi bellici, opterei per genocidi "umanitari";))))) ((((((( Libia docet...
RispondiEliminaSaluti.
Orazio
Orazio, ben detto! In questo mondo orwelliano anche il genocidio è un favore all'umanità!
RispondiElimina