Continua l'analisi sul disastro Grecia, e su come la gallina dalle uova d'oro rischia di fare una frittata con le sue preziose uova.
di Marshall Auerback e Rob Parentahu -
Se
questa analisi della radice del problema (che la Grecia non ha spese
superiori, ma anzi inferiori alla media UE, e il problema sta nelle
eccessive disuguaglianze nella distribuzione del reddito e
nell'evasione fiscale soprattutto dei redditi alti) è corretta,
allora la politica standard di austerità del FMI è improbabile che
possa fare molto per aiutare. E, come stanno chiaramente dimostrando
le rivolte sempre più intense per le strade, il paziente potrebbe
non accettare di buon grado la medicina. Nonostante i tentativi di
trasformare il paese in una colonia economica della UE, la Grecia è
ancora, dopo tutto, una democrazia, e se si vuole giudicare dalla
crescente inquietudine del paese, non è affatto chiaro se la Grecia
(o qualsiasi altro membro della zona euro) è davvero disposta a
tagliare le spese ed aumentare le imposte nella misura che soddisfi
gli “Austerians fiscali” che dominano oggi la politica economica
nella zona euro, senza allo stesso tempo creare uno stato fallito
ingovernabile proprio nel bel mezzo dell'eurozona. Come ha osservato
JM Keynes una vita fa in una nota ancora largamente ignorata del
capitolo 23 della sua Teoria Generale:
“L'esperienza,
almeno fin dall'età di Solone, e probabilmente se avessimo le
statistiche anche da molti secoli prima, indica che la conoscenza
della natura umana ci porterebbe ad aspettarci una tendenza costante
dei salari a crescere per lunghi periodi di tempo, che può essere
ridotta solo con la decadenza e la dissoluzione della società
economica.”
Naturalmente,
cosa poteva sapere Keynes che i modelli dinamici stocastici di
equilibrio generale matematicamente "eleganti", ben
calibrati, dei contemporanei Premi Nobel di oggi non possono dirci?
Anche la "Troika" - la Commissione europea (CE), il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Centrale Europea (BCE) – ha ammesso che il suo approccio “Austerian” potrebbe presentare qualche problema: in un rapporto trapelato dal vertice dell'Unione Europea attualmente in corso, documento che probabilmente fa parte delle deliberazioni sulle proposte di ristrutturazione del debito Greco per il 26 ottobre, non solo c'è una ammissione abbastanza aperta e palese che il risanamento di bilancio espansivo (expansionary fiscal consolidation - EFC) ha dimostrato di essere una contraddizione in termini, almeno in Grecia, ma c'è anche un serio problema di incompatibilità, almeno nell'orizzonte a medio termine, con gli sforzi di svalutazione interna (internal devaluation - ID) - cioè, tentare una deflazione nominale del reddito interno privato al fine di migliorare le prospettive delle esportazioni in un regime di cambio fisso.
Quasi
arrivano a riconoscere che le loro richieste e le azioni che hanno
imposto ai politici Greci stanno mettendo in moto una implosione
dell'economia greca (senza contare la rottura di qualsiasi parvenza
di un contratto sociale, e lo strappo del tessuto sociale - questa
è, dopo tutto, la "riforma" neoliberista , progettata per
eliminare ogni traccia ultima della socialdemocrazia e del lavoro
organizzato nella zona euro).
Ammettere
che l'EFC non funziona, e che perseguire ID non farà altro che
aggravare ulteriormente le cose, inclusa la capacità della Grecia di
raggiungere gli obiettivi di bilancio, è un passo abbastanza grande
con cui la Troika riconosce la realtà della situazione. Questo
non è un qualcosa che gli economisti di fede neoliberista dentro
l'organizzazione della Troika sono inclini a fare spesso.
Allora perché continuare? Beh, diciamo la verità: questo in questa fase ha molto meno a che fare con la Grecia (anche se la narrazione tradizionale prevalente continua a perpetuare l'immagine di un paese pigro, improduttivo, pieno di intemperanti e scrocconi), che col punire gli altri paesi potenzialmente devianti e recalcitranti dal lato fiscale.
Angela
Merkel ha chiaramente l'Italia nel mirino. Lei, e la Troika stanno
usando i Greci come capro espiatorio - al fine di assicurarsi che se
la Grecia deve "tagliare " il suo debito e ristrutturare,
gli altri paesi periferici - in particolare l'Italia - non si
facciano venire la tentazione di seguire lo stesso percorso di
ristrutturazione forzata del debito, ma piuttosto raddoppino gli
sforzi per raggiungere gli arbitrari obiettivi di bilancio entro una
scadenza fissata altrettanto arbitrariamente (e come è che ha
funzionato per la Grecia?), e imparino a "vivere con i propri
mezzi", come i Tedeschi sempre insegnano al mondo. Questa è la
strategia per evitare quello che è eufemisticamente chiamato
"effetto contagio". In realtà, può anche chiamarsi
“principio della colpa collettiva” - distruggere i mezzi di
sussistenza di tredici milioni di persone per ragioni di fede
politica o ideologica, il che è francamente disgustoso e
inaccettabile. Data la loro storia, i responsabili politici Tedeschi
dovrebbero capire questo fenomeno. In realtà per molti aspetti,
tutto questo assomiglia fin troppo stranamente al pasticcio
aggrovigliato e contorto lasciato dalle riparazione della prima
guerra mondiale richieste alla Germania - ma questa volta, la
Germania è una delle nazioni creditrici che impongono la loro
volontà sui debitori falliti.
Se
il mix prevalente di politiche di austerità fiscale continua, ci
saranno ricadute per le nazioni che esportano verso la Grecia. A dire
il vero, la Grecia è un piccolo mercato in Eurolandia, ma i suoi
problemi fiscali non sono affatto unici. Se anche le economie più
grandi come la Spagna e l'Italia adottano misure di austerità,
l'intero continente può trovarsi davanti al collasso delle entrate
pubbliche – anche la Germania, dove la decelerazione economica è
diventata decisamente più evidente nei mesi scorsi.
Infine,
se l'austerità riesce ad abbassare i salari e i prezzi in un paese,
può portare alla deflazione competitiva, aggravando il problema
nella misura in cui ogni paese cerca di ottenere un vantaggio al fine
di promuovere la crescita attraverso le esportazioni.
Ciò
che è più notevole per noi è che il più grande esportatore netto,
la Germania, non sembra riconoscere che la sua insistenza sulla
austerità fiscale per tutti i suoi vicini farà una frittata delle
sue uova d'oro. Se la Germania vuole un avanzo perpetuo nel conto
corrente al fine di perseguire il suo mercantilismo di tipo asiatico,
una strategia di crescita trainata dalle esportazioni, allora qualche
altra nazione, o gruppo di nazioni deve essere pronto a un deficit di
conto corrente ad infinitum. Il che significa che la nazione in
avanzo nelle partite correnti deve avere flussi di capitali in
uscita all'infinito in modo che le nazioni in disavanzo delle
partite correnti possano spendere più di quanto guadagnano in beni e
servizi commerciabili. Ciò significa che il default è inevitabile,
a meno che non vi sia una politica o un meccanismo dei prezzi che
incoraggi l'attuale nazione in avanzo delle partite correnti a
reinvestire le riserve guadagnate col commercio estero nel settore
produttivo, in beni strumentali generatori di reddito, dei paesi in
deficit commerciale. Questa è economia internazionale molto
elementare, ma in qualche modo sfugge completamente a Berlino.
Il
Cancelliere Tedesco e il suo Ministro delle Finanze amano dire che
nessuna vera unione economica è possibile se una delle parti
dell'unione (Grecia) lavora meno ore e fa più vacanze di un altro
(Germania). Ciò che dovrebbero dire è che una vera unione economica
non è possibile se i plutocrati che governano TUTTE le nazioni in
modo coerente eludono la loro giusta quota di partecipazione alle
spese del proprio stato, aspettandosi che l'unione paghi il conto, o
costringa il restante 90% a pagare. E non c'è vera unione
economica (o qualsiasi speranza di una futura unione politica) se le
eccedenze delle partite correnti non vengono correttamente riciclate
in maniera sostenibile verso le nazioni in deficit commerciale.
Sarebbe assurdo, come se il Texas perennemente insistesse in un
surplus commerciale verso gli altri 49 stati Americani.
La
Grecia non è un caso speciale, ma piuttosto un caso esemplare di
cosa esattamente succede quando si impone il risanamento delle
finanze pubbliche a paesi con alto debito privato in rapporto al PIL,
tassi di risparmio privato che lasciano a desiderare, e grandi,
ostinati deficit di conto corrente. Ciò che serve è un modo per
ridistribuire la domanda verso i paesi in deficit commerciale, ad
esempio, con una spesa per investimenti diretti nei paesi in deficit
commerciale da parte delle nazioni in surplus. La Germania l'ha fatto
con la Germania orientale. Tale meccanismo potrebbe essere istituito
molto rapidamente sotto l'egida della Banca Europea per gli
Investimenti. Incentivi efficaci per "riciclare" in questo
modo i surplus delle partite correnti, con investimenti diretti
esteri, flussi di azioni, aiuti esteri, o l'acquisto di beni di
importazione, potrebbero essere facilmente realizzati. Se si potesse
fare, sarebbe un modo per la Grecia e gli altri di diventare
sufficientemente competitivi da garantirsi il futuro attraverso
maggiori esportazioni.
Non
abbracciare questo tipo di opzione di crescita coordinata e
reciprocamente vantaggiosa, alla fine non lascia ai Greci altra
alternativa se non quella del default, e i politici della zona euro
si troveranno tra le mani una confusione ancora più grande e
costosa.
Un
default greco può risultare essere un "momento Sansone"
per la zona dell'euro. Come Sansone nei suoi ultimi giorni, accecato
e picchiato dai Filistei, la Grecia è indebolita, cieca e bloccata.
Il default può rappresentare forse quello slancio con cui si
raccolgono le ultime forze per "abbandonare il tempio" (in
questo caso la zona euro) attraverso il default, e così facendo,
tirar giù tutti gli altri.
La creazione del mito a spese dei Greci non serve gli interessi di nessuno, in quanto ci sarà ovunque una cascata di default, e un crollo del reddito in stile sovietico, difficilmente una prospettiva allettante per l'economia globale. Non è un finale interessante, ma questo è il tipo di risultato a cui la politica egoista, immorale e crudele della Troika potrebbe portare tra non molto. I Greci, e la stragrande maggioranza dei cittadini Europei, possono sicuramente fare meglio di così. Il percorso politico attuale è letteralmente in fallimento e in bancarotta, e questo “gioco del pollo”1 non può andare avanti ancora per molto.
1Il
gioco del pollo (Chicken game), (ma sarebbe meglio
dire gioco del coniglio perché in inglese per tacciare di
pavidità qualcuno gli si dà del pollo), è una configurazione
della teoria
dei giochi a somma non nulla. L'informazione è completa e vi
partecipano due giocatori che agiscono contemporaneamente.
L'esemplificazione classica è basata sulla sfida del film Gioventù
bruciata in cui due ragazzi fanno una corsa automobilistica
lanciando simultaneamente le auto verso un dirupo. Se entrambi
sterzano prima di arrivarvi, faranno una magra figura con i pari; se
uno sterza e l'altro continua per un tratto di strada maggiore, il
primo farà la figura del coniglio, mentre il secondo guadagnerà il
rispetto dei pari. Se entrambi continuano sulla strada, moriranno.
Prima parte: Il Mito della Dissolutezza Greca
Carmen, per dirla in parole semplici, se ho capito l'insieme degli argomenti esposti è che la situazione non potrà andare avanti; la situazione economica e fiscale si sta rapidamente deteriorando; le "economie forti" non investono i surplus economico nei paesi in difficoltà ma pretendono che queste comunque rimborsino e si facciano carico dei deficit rimborsandoli.
RispondiEliminaInteressante ma, la moneta questi "giornalisti" sanno che cosa vuol dire? Sanno che la Grecia e le nazioni PIIGS, si trovano tutte nella medesima situazione e la causa è il debito contratto non più in mano loro ma da organismi esterni...
Sanno che la sovranità monetaria è stata fatta a pezzi e che le banche stanno cercando di recuperare il salvabile a danni del popolo????!!!!!!!!!!!!!!!!!
Saluti.
Orazio
Ciao Orazio.
RispondiEliminaIn un regime di cambi fissi o il paese/paesi più forti riciclano i loro surplus importando anche loro qualcosa dai deficitari, in modo da rendere la situazione sostenibile, o investono prestando sì il denaro, ma in investimenti produttivi che vanno ad aumentare il potenziale dei poveri! Qui i soldi sono finiti solo in bolle edilizie, o in credito allo stato, questo è il mercato, direbbe qualcuno. Ma il mercato andrebbe anche regolato...alemno finché la natura umana non si evolve al punto di non aver più bisogno di regole...
Sì, lo sanno, Orazio, lo sanno bene. Il Levy Institute è un grande centro di studi monetari.