Mentre i media ci informano assiduamente sui colpi di scena del teatrino politico nazionale, le trattative proseguono: istituzioni sovranazionali e grande business stanno negoziando l'accordo transatlantico per il commercio e l'investimento (TTIP) tra Unione Europea ed USA, che dovrebbe essere concluso per la fine del 2014. Corporate Europe Observatory pubblica un dettagliato report sulle conseguenze economiche, sociali e ambientali di questo nuovo patto. Con ogni probabilità s'innescherà un'altra corsa al ribasso sulle condizioni del lavoro e gli standard ambientali. A riprova di un semplice fatto: quando si lascia decidere al potere, il potere decide per se stesso.
Abbiamo tradotto la prima parte del report.
Introduzione
Abbiamo tradotto la prima parte del report.
Introduzione
Il commercio transatlantico & l’utopia delle multinazionali
"Il gruppo più impaziente è il settore imprenditoriale. Siamo franchi su questo. Lo sapete, ovvio che intendo che la cosa è guidata politicamente, è guidata strategicamente. La questione di fondo è che il business vuole che questo avvenga, il business da entrambi i lati dell'Atlantico"
Andras Simonyi, della Johns Hopkins University 2
Il 13
febbraio 2013 il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e i leader dell’Unione
Europea si sono impegnati ad avviare negoziati per un accordo transatlantico
per il commercio e l’investimento (TTIP), noto anche come TAFTA (Accordo
transatlantico per il libero commercio). Un primo round di negoziati si è
tenuto a porte chiuse nel luglio 2013 ed entrambe le parti mirano a concludere
le trattative entro la fine del 2014. Come con altri accordi commerciali, il
TTIP viene venduto per i presunti benefici che dovrebbe portare alla gente, ad
esempio prezzi più bassi grazie ad una maggiore competizione tra le aziende dei
due lati dell’Atlantico e la creazione di nuovi posti di lavoro. In realtà, però, il patto transatlantico pone numerose e gravi minacce per la gente, l’ambiente
e l’economia; esso mira a concentrare ancora più potere economico e politico
nelle mani di una ristretta élite atlantica.
Qualcosa di
più che rimuovere i dazi
Si va ben
oltre il classico approccio che consiste nella sola rimozione dei dazi e nell’apertura
dei mercati agli investitori esteri; i negoziati commerciali si stanno
concentrando sulla rimozione delle regolamentazioni sociali e ambientali che
proteggono i consumatori, i lavoratori e l’ambiente, e che attualmente sono d’intralcio
ai profitti delle grandi imprese (vedi la tabella sotto).
Come spiega la Commissione Europea:
Come spiega la Commissione Europea:
“la più
grossa barriera al commercio non è il dazio pagato alle frontiere, ma sono le
cosiddette ‘barriere non tariffarie’, quali, per fare un esempio, i differenti
standard di sicurezza o sull'ambiente per le automobili. […] L’obiettivo di questo
patto commerciale è quello di ridurre i costi inutili ed i ritardi per le
compagnie…” 3
A tale
scopo, l’UE e gli USA mirano ad “armonizzare” e “riconoscere reciprocamente” i
loro rispettivi approcci normativi al fine di creare la più grande zona di
libero commercio del mondo. In pratica, però, “l’armonizzazione normativa” e il
“reciproco riconoscimento” degli standard dev'essere inteso come un eufemismo,
che in realtà significa una grave indietreggiamento delle norme sociali e ambientali in
favore dell’interesse delle grandi imprese di poter muovere liberamente
capitali, merci e lavoro in giro per il globo. Per esempio, le aziende statunitensi
vorrebbero vedere l’Europa abbassare i suoi standard sul lavoro (si veda il
capitolo 1) e farla finita col suo “principio di precauzione” – il cardine delle
politiche di tutela dei consumatori e dell'ambiente su cui è basato il Regolamento REACH sulle sostanze chimiche e le sue severe norme sulla sicurezza alimentare e
sulle etichette degli alimenti (si vedano i capitoli 2 e
3).
Le aziende
europee, invece, puntano contro le più severe norme degli USA sui medicinali, i
dispositivi medici e i test (si veda il capitolo 5), così come contro il loro
più stretto regime di regolamentazione finanziaria (si veda il capitolo 6).
Attraverso il TTIP, la UE e gli USA sperano anche di concedere alle aziende
nuovo potere politico con cui contrapporsi ad una vasta gamma di
regolamentazioni, sia interne sia estere, e questo porterà inevitabilmente
ad una erosione delle politiche di protezione dell’interesse pubblico (si veda
il capitolo 7). I negoziati potrebbero anche minacciare le libertà di Internet
attraverso l’accordo sui nuovi Diritti sulla Proprietà Intellettuale, che sono simili a quelli proposti dall’ACTA – l’accordo commerciale
anti-contraffazione che era stato respinto con successo dal Parlamento Europeo
a seguito di una massiccia opposizione pubblica (si veda il capitolo 4) –
questo avrebbe importanti conseguenze anche per agricoltori, consumatori e pazienti.
Al tempo stesso, il patto UE-USA deve essere visto come parte di una più ampia
strategia dell’UE e degli USA per preservare il ruolo della leadership
atlantica negli affari globali, in un tempo in cui la loro egemonia economica è
minacciata dall’ascesa di molte economie emergenti – come Brasile, Russia,
India, Cina e Sud Africa (si veda il capitolo 8 di questo report).
Un programma
transatlantico per le grandi aziende
Per più di
due decenni, le grandi aziende europee e statunitensi hanno fatto pressioni per
una zona di libero scambio transatlantico attraverso organizzazioni come il
Trans-Atlantic Business Dialogue (TABD), ora ridenominato Trans-Atlantic Business Council (TBC).5 In vista dei negoziati per il TTIP, molte
associazioni industriali hanno adottato prese di posizione comuni che indicano
una più stretta collaborazione transatlantica. Questa è una strategia esplicita
per parlare ai negoziatori dell’UE e degli USA con una sola voce ed un insieme ben
definito di interessi comuni.6 In una nota interna che è trapelata, la
Commissione Europea ha già dichiarato che intende agire nell’interesse dell’industria,
concentrandosi particolarmente sui “settori che hanno espresso prese di
posizione comuni (automobilistico, chimico, farmaceutico, della salute ed
informatico)” – perché “possiamo contare sulla pressione congiunta dell’industria”7. Finora, la Commissione ha tenuto più di 100 riunioni riservate con i
rappresentati delle lobby industriali, a porte chiuse, lasciando la società
civile largamente all'oscuro dei fatti. 8
Opporsi all’utopia
delle multinazionali
Da entrambi
i lati dell’Atlantico, le associazioni dei consumatori, gli ambientalisti, gli
attivisti della rete, i sindacati e gli agricoltori si stanno già preparando
per opporsi a questo programma delle multinazionali.
Non solo
essi hanno sollevato preoccupazioni riguardo gli accordi commerciali tra UE ed
USA, ma hanno anche sottolineato la necessità di un serio dibattito pubblico su
come riformare il commercio internazionale e le sue regole più in generale – a
cui speriamo che il presente report possa dare un contributo (si veda il
capitolo 8).
Ispirandoci
al titolo del romanzo distopico di Aldus Huxley, “The Brave New World”, questo report ambisce ad impostare una prima vasta analisi dei
rischi ambientali e socioeconomici a cui potremmo trovarci di fronte se i
negoziati commerciali attualmente in corso dovessero riuscire a realizzare quell’"utopia
delle multinazionali" che è il cuore del TTIP. Speriamo che le evidenze fornite
qui possano incitare gli attivisti, così come i cittadini e i loro
rappresentanti politici, a mobilitarsi contro il TTIP, con l’obiettivo di
fermare un progetto dell’élite che con ogni probabilità peggiorerebbe le
condizioni di vita di milioni di persone già gravemente colpite dalla crisi
finanziaria e dalle paralizzanti conseguenze dell’austerità
europea.
Capitolo 1
Divisi, indifesi
e col divieto di sciopero
La riforma dei
diritti del lavoro e delle politiche sociali nell’interesse delle aziende
multinazionali
Si è versato
parecchio inchiostro sui media mainstream per elogiare il ruolo che un
accordo di libero scambio tra UE ed USA potrebbe avere nel portare le due
economie fuori dalla crisi in cui sono tuttora intrappolate. Nel suo Discorso
alla Nazione del 13 febbraio 2013, il presidente Barack Obama ha annunciato che
“avvieremo trattative per un vasto accordo transatlantico per il commercio e l’investimento (Transatlantic Trade and Investment Partnership; TTIP) con
l’Unione Europea – perché il commercio libero ed equo tra i due lati dell’Atlantico favorisce milioni di posti di lavoro ben remunerati in America” – un’affermazione a cui ha fatto eco il commissario UE per il commercio, Karel De Gucht:
“… per
l’Europa, l’effetto sul
reddito dell'accordo che stiamo cercando di raggiungere dovrebbe essere tra lo 0,5% e l’1% del PIL, il che significa centinaia
di migliaia di posti di lavoro… Questo accordo porta ai nostri produttori nuovi clienti,
minori costi dei componenti e una maggiore competizione
per rendere tutte le nostre imprese più efficienti.”9
Tuttavia, se
si guardano le cifre più da vicino, queste suggeriscono che le stime di ricchezza
e creazione di posti di lavoro sono state con ogni probabilità grossolanamente esagerate. Di
conseguenza le promesse che il TTIP crei posti di lavoro e porti al miglioramento del
welfare molto probabilmente non si realizzeranno mai, mentre nel processo di smantellamento
delle “barriere" al commercio transatlantico, i diritti del lavoro e le
garanzie sociali potrebbero invece finire seriamente erosi.
Le pretese esagerate
sulla creazione di lavoro e ricchezza
Sulla base
dei risultati prodotti dai “think tank” finanziati dalle multinazionali, la
Commissione Europea ha affermato che il TTIP potrebbe creare due milioni di
posti di lavoro ed incentivare il commercio tra UE ed USA per oltre 120 miliardi
di dollari nel corso di cinque anni.10 Con il finanziamento di alcune delle più
grandi società finanziarie globali, che hanno tutto da guadagnare dal
TTIP – incluse Deutsche Bank, BNP Paribas, Citigroup, Santander, Barclays, JP
Morgan – il Centro per la Ricerca sulle Politiche Economiche, con sede a Londra,
ha affermato che un patto transatlantico per il commercio porterebbe guadagni
all’economia dell’UE per 119 miliardi di euro l’anno, il che si tradurrebbe in
una media di 545 euro all’anno di reddito in più a disposizione per ogni famiglia
di quattro persone.11
Tuttavia, il
prof. Clive George, un economista senior dell’Università di Manchester che fino
a poco tempo fa conduceva parecchie delle valutazioni d’impatto dei negoziati
commerciali per conto della Commissione Europea, ha avvertito che tali affermazioni
devono essere prese con cautela, perché “i modelli economici su cui tali
stime si basano … sono stati descritti da alcuni dei loro stessi principali ideatori come ‘altamente speculativi’”.12 Il prof. George fa notare che molte
delle affermazioni entusiastiche sui benefici economici del
TTIP si basano su un aumento atteso della crescita economica dello 0,5%, che persino la
stessa Commissione Europea definisce “ottimistico”. Lo
scenario più probabile stima invece una aumento
del PIL di poco più dello 0,1% (cioè una aumento della crescita economica di
poco più dello 0,01% ogni anno per dieci anni), il che, come dice il prof.
George, “è insignificante, e [la Commissione Europea] lo sa.”13
Con simili toni l’Unità di Valutazione d’Impatto facente capo
al Parlamento Europeo ha criticato la metodologia dello studio della
Commissione per la sua mancanza di “un'informazione sufficientemente di qualità”,
che sarebbe necessaria al lettore per capire come i risultati sono stati ottenuti, per
“la mancanza di un’adeguata valutazione dei rischi e degli svantaggi” e per
“non aver controllato la credibilità dei modelli, che si basano su un gran numero di ipotesi idilliache”.14
Come aveva detto il giornalista Jens Berger, “i ‘crimini’ commessi
sotto l’etichetta della ‘econometria’ hanno tanto a che vedere con la scienza
quanto una previsione meteorologica ha a che vedere con le frattaglie di pollo al cloro. Modelli matematici sempre più complicati sostituiscono la
semplice logica e rimpiazzano i risultati scientifici, ma non sono né
logici né scientifici. Con l’istituto ‘giusto’ a disposizione, i risultati
desiderati possono sempre essere prodotti attraverso questi modelli.”15
Piuttosto, argomenta il prof. George, se uno vuole prevedere i
possibili impatti dei nuovi accordi per il commercio, farebbe meglio
a guardare all’esperienza avuta con i passati accordi.16 E tuttavia, se dovessimo
prendere il Trattato per il libero commercio del Nord America (NAFTA) come
indicazione di ciò che porterà il TTIP , non possiamo aspettarci né ricchezza né
creazione di lavoro (vedi il Box 1 sottostante).
Box 1
Il NAFTA (Trattato per il Libero Commercio del Nord America) costò
quasi un milione di posti di lavoro negli Stati Uniti.
Quando il NAFTA entrò in vigore nel 1993, il presidente USA
Clinton promise la creazione di milioni di nuovi posti di lavoro come
conseguenza dell’aumentato commercio con Canada e Messico. La Camera di
Commercio USA vanta che il NAFTA ha infatti aumentato il flusso commerciale
all’interno della regione di tre volte e mezza (per un valore di 1200 miliardi
di dollari) ma riconosce che in effetti la promessa di creazione di posti di
lavoro non si è affatto materializzata.17 Secondo un’analisi dell’Istituto per le Politiche Economiche, il
numero di posti di lavoro creati dall’aumento delle esportazioni in relazione
al numero di posti di lavoro persi per l’aumento delle importazioni dovuto al
NAFTA risulta in una perdita netta di quasi un milione di posti di lavoro
(879.280 per la precisione) – e non nella creazione di 20 milioni di posti di
lavoro come originariamente promesso.18
E tutto ciò senza parlare della pressione al ribasso sui
salari dei lavoratori USA che il NAFTA ha generato, la quale ha contribuito alla
loro stagnazione relativa che dura dalla metà degli anni ’70. Secondo il Centro
per la Ricerca sulla Globalizzazione, il NAFTA ha permesso alle corporazioni
USA di spostare i loro fondi d’investimento più facilmente attraverso la
frontiera messicana, così da installare nuovi impianti di produzione in Messico
(convenienti per via dei più bassi livelli salariali del Messico e di standard
lavorativi ed ambientali più bassi), e di chiudere i relativi impianti di
produzione negli USA.19 Tutto ciò ha creato enormi profitti per l’élite economica,
ma ha portato ad un deterioramento delle condizioni dei lavoratori da entrambi
i lati della frontiera. Di conseguenza i lavoratori USA sono stati costretti a
scegliere tra riduzione del salario o licenziamento, mentre i lavoratori
messicani hanno perso i loro mestieri tradizionali e sono stati costretti a
lavorare in condizioni di quasi schiavitù negli impianti costruiti dalle
aziende statunitensi in Messico.20 Secondo Jeff Faux, presidente dell’Istituto
per le Politiche Economiche a Washington, “l’esperienza del NAFTA suggerisce
che qualsiasi ampio accordo di libero scambio … che non dia tanta priorità allo
sviluppo sociale e delle condizioni dei lavoratori quanta ne dà alla protezione
degli investitori e della finanza, non è sostenibile.”21
I disoccupati lasciati privi di tutele
A dispetto delle sue ottimistiche metodologie di creazione di
modelli, la Valutazione d’impatto fatta dalla Commissione Europea per il TTIP
riconosce che, come risultato dell’aumento del commercio con gli USA, “ci si
aspetta un iniziale shock nei settori coinvolti, che porterà ad una
ristrutturazione degli stessi settori interessati …”. Per esempio, settori come
“la produzione di carne, fertilizzanti, bioetanolo e zucchero” sentiranno il
fiato sul collo del “vantaggio competitivo dell’industria USA rispetto alla sua
controparte Europea, e ci saranno dei conseguenti impatti negativi
sull’industria della UE”.22
Secondo lo studio, anche la produzione di macchinari elettrici,
mezzi di trasporto ed il settore metallurgico vedrebbero un declino, così come
“altri settori fondamentali”, inclusi “la produzione di legname e carta, i
servizi alle imprese, e i settori della comunicazione e dei servizi alla persona”.23 La
Valutazione d’impatto conclude che “ci potrebbero essere consistenti e
prolungati costi d’aggiustamento. È chiaro che anche se il fattore lavoro viene
lasciato fluire verso i settori in crescita, ci saranno settori che perderanno
posti di lavoro ed il reimpiego dei lavoratori nei settori in espansione non è
automatico, in particolare a causa di possibili discordanze in termini di
capacità dei lavoratori stessi e della necessità di riconversione
professionale.”24 Per mitigare tali impatti, specifiche misure
preventive dovrebbero diventare parte integrale del TTIP. Tuttavia, né nella valutazione
d’impatto, né nel suo mandato di negoziazione la Commissione Europea si
preoccupa della necessità di introdurre tali misure preventive come parte del
negoziato. Al contrario, la Commissione presuppone che i singoli governi
abbiano essi stessi risorse sufficienti per mitigare i danni causati
dall’accordo.25 C’è il rischio che intere regioni dell’UE finiscano per portare
tutto il peso dei costi d’aggiustamento di questo progetto transatlantico, ed
il risultato di tutto ciò potrebbe essere solo un allargamento del divario
tra i membri ricchi e poveri d’Europa – cioè, tra il centro economico e
politico d’Europa e la sua periferia.26 L’adesione all’Unione Europea (e
l’adozione dell’Euro) ha già portato ad una parziale deindustrializzazione dei
paesi mediterranei.27 Poiché gli interessi dell’esportazione USA si
rivolgerebbero, attraverso il TTIP, principalmente verso quei settori dove i paesi
periferici dell’Europa hanno degli interessi da difendere – come l’agricoltura –
l’apertura dell’UE a forze di mercato transatlantiche può probabilmente
esacerbare la differenza tra membri ricchi e poveri dell’UE in un periodo in
cui le politiche macroeconomiche dovrebbero invece concentrarsi a difendere i
cittadini europei anziché esporli alla competizione estera.
Una corsa verso il basso: standard di lavoro – più obblighi e
meno diritti per i lavoratori
Gli stessi diritti del lavoro potrebbero essere minati dall’armonizzazione
di leggi e regolamentazioni tra le due superpotenze transatlantiche. Gli USA
hanno categoricamente rifiutato di ratificare alcuni fondamentali standard e
convenzioni sul lavoro dell’Organizzazione Internazionale del
Lavoro (OIL), tra cui le convenzioni sulla libertà di associazione e la libertà
sindacale. Nel frattempo, il recente attacco della Commissione Europea ai
salari dei lavoratori nel contesto dell’euro-crisi ha iniziato a spostare l’UE
verso un approccio agli standard di lavoro “più aperto e flessibile”.28 Alla luce
di queste tendenze, il TTIP potrebbe servire allo scopo di riformare sempre di
più la legislazione del lavoro Europea mettendola in linea con gli standard
USA, compresa la sua famigerata legislazione anti-sindacale che,
ingannevolmente chiamata “diritto al lavoro”, ha sistematicamente ristretto
la libertà di associazione dei dipendenti – con conseguenze deleterie sui
diritti dei lavoratori.29 Secondo la Federazione del Lavoro e il Congresso delle
Organizzazioni Industriali (AFL-CIO), quella legislazione ha generato una corsa
verso il basso in termini di salari e di standard di salute e sicurezza, in
quanto gli Stati competono gli uni contro gli altri per paura delle fughe di
capitali.30 Quando la Commissione Europea sostiene che l’UE deve rivedere la sua
legislazione sul lavoro al fine di “ridurre i rischi di una diminuzione degli
investimenti USA in Europa e di una loro conseguente deviazione verso altre
parti del mondo”, c’è motivo di temere che gli Stati membri dell’UE finiranno
presto per trovarsi gli uni contro gli altri in una simile competizione.31 Dopotutto, le
legislazioni Europee sul lavoro sono nella lista delle “barriere
non-tariffarie” che vengono attualmente identificate come un intralcio per il
flusso commerciale transatlantico.32
Perciò, non solo verranno persi posti di lavoro perché interi
settori dovranno ristrutturarsi in conseguenza dell’abbassamento dei dazi tra
UE ed USA, ma anche – riformando gli standard del lavoro – il TTIP potrebbe
rimettere in discussione i diritti dei lavoratori europei di auto-organizzarsi
di fronte alla crescente disoccupazione in un’Europa colpita dall’austerità.
[Il report prosegue con una serie di ulteriori capitoli. Chi è interessato trova l'originale in lingua inglese a questo link, ndt.]
Note
2. Transcript from a high level meeting organised by The Brookings Institution on ‘A European Union-United States Free Trade Agreement’, in Washington, D.C. Wednesday, February 27, 2013.
3. European Commission. European Union and United States to launch negotiations for a Transatlantic Trade and Investment
Partnership. Press Release. 13 February 2013. http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-95_en.htm.
4. FTI Consulting. EU-US free trade agreement: is it in the air?Briefing. 16 July 2012. http://www.fticonsulting.com/global2/criticalthinking/articles/eu-us-free-trade-agreement.aspx
5. See, for example, http://archive.corporateeurope.org/tabd/
3. European Commission. European Union and United States to launch negotiations for a Transatlantic Trade and Investment
Partnership. Press Release. 13 February 2013. http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-95_en.htm.
4. FTI Consulting. EU-US free trade agreement: is it in the air?Briefing. 16 July 2012. http://www.fticonsulting.com/global2/criticalthinking/articles/eu-us-free-trade-agreement.aspx
5. See, for example, http://archive.corporateeurope.org/tabd/
6. See the join position papers submitted as part of the European Commission’s public consultation: http://trade.ec.europa.eu/consultations/documents/consul_146.pdf
7. European Commission. Note For The Attention Of The Trade Policy Committee. Brussels, April 2013 TRADE/E.1/ D (2013).
8. Corporate Europe Observatory. European Commission preparing for EU-US trade talks: 119 meetings with industry lobbyists.
4 September 2013, http://corporateeurope.org/trade/2013/09/european-commission-preparing-eu-us-trade-talks-119-meetingsindustry-lobbyists.
9. De Gucht, K. A European Perspective on Transatlantic Free Trade. SPEECH/13/178, delivered at the European Conference at Harvard Kennedy School. 2 March 2013. http://europa.eu/rapid/pressrelease_SPEECH-13-178_en.htm#PR_metaPressRelease_bottom
10. European Commission. Independent study outlines benefits of EUUS trade agreement. Memo/13/211. 12 March 2013. http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-211_en.htm
11. Centre for Economic Policy Research (2013). Reducing Transatlantic Barriers to Trade and Investment - An Economic Assessment. Final Project Report. London. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/march/tradoc_150737.pdf
12. George, C. and Kirkpatrick, C. (2006) Methodological issues in the impact assessment of trade policy: experience from the European Commission’s Sustainability Impact Assessment (SIA) programme. Impact Assessment and Project Appraisal. 24 (4). pp. 325-334.
13. George, C. What’s really driving the EU-US trade deal? 8th July 2013. http://www.opendemocracy.net/ourkingdom/clive-george/whats-really-driving-eu-us-trade-deal
7. European Commission. Note For The Attention Of The Trade Policy Committee. Brussels, April 2013 TRADE/E.1/ D (2013).
8. Corporate Europe Observatory. European Commission preparing for EU-US trade talks: 119 meetings with industry lobbyists.
4 September 2013, http://corporateeurope.org/trade/2013/09/european-commission-preparing-eu-us-trade-talks-119-meetingsindustry-lobbyists.
9. De Gucht, K. A European Perspective on Transatlantic Free Trade. SPEECH/13/178, delivered at the European Conference at Harvard Kennedy School. 2 March 2013. http://europa.eu/rapid/pressrelease_SPEECH-13-178_en.htm#PR_metaPressRelease_bottom
10. European Commission. Independent study outlines benefits of EUUS trade agreement. Memo/13/211. 12 March 2013. http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-13-211_en.htm
11. Centre for Economic Policy Research (2013). Reducing Transatlantic Barriers to Trade and Investment - An Economic Assessment. Final Project Report. London. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/march/tradoc_150737.pdf
12. George, C. and Kirkpatrick, C. (2006) Methodological issues in the impact assessment of trade policy: experience from the European Commission’s Sustainability Impact Assessment (SIA) programme. Impact Assessment and Project Appraisal. 24 (4). pp. 325-334.
13. George, C. What’s really driving the EU-US trade deal? 8th July 2013. http://www.opendemocracy.net/ourkingdom/clive-george/whats-really-driving-eu-us-trade-deal
14. European Parliament Impact Assessment Unit (2013). Initial appraisal of a European commission Impact Assessment. European Commission proposal to authorise the opening of negotiations on a Transatlantic Trade and Investment Partnership between the European Union and United States of America. http://www.europarl.europa.eu/delegations/en/studiesdownload.html?languageDocument=EN&file=92710
15. Berger, J. Freihandelsstudie – Scharlatanerie im pseudowissenschaftlichen Gewand, 18 June 2013 (Translated from German). http://www.nachdenkseiten.de/?p=17671
15. Berger, J. Freihandelsstudie – Scharlatanerie im pseudowissenschaftlichen Gewand, 18 June 2013 (Translated from German). http://www.nachdenkseiten.de/?p=17671
16. George, C. and Kirkpatrick, C. (2006). Op Cit.
17. The US Chamber of Commerce (2013). NAFTA Triumphant – Assessing Two Decades of Gains in Trade, Growth and Jobs. p. 9. http://www.uschamber.com/sites/default/files/reports/1112_INTL_NAFTA_20Years.pdf
18. Economic Policy Institute (EPI) (2003). NAFTA – Related Job Losses Have Piled Up Since 1993. http://www.epi.org/economic_snapshots/entry/webfeatures_snapshots_archive_12102003/
19. Centre for Research on Globalization (2010) The North American Free Trade Agreement (NAFTA) Resulted in Increasing Unemployment in the US. Montreal. Canada. http://www.globalresearch.ca/the-north-american-free-trade-agreement-naftaresulted-in-increasing-unemployment-in-the-u-s/20444
20. Ibid.
21. Faux J. (2011) NAFTA at Seven: Its Impact on Workers in All Three Nations. Washington D.C. http://www.policyalternatives.ca/sites/default/files/uploads/publications/National_Office_Pubs/nafta_at_7.pdf
22. European Commission (2013) Impact Assessment Report on the future of EU-US trade relations. pp 37-38. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/march/tradoc_150759.pdf
23. Ibid.
24. Ibid. p. 53.
25. Ibid. p. 47.
26. EuroMemo Group (2013). The deepening crisis in the European Union: The need for a fundamental change. http://www2.euromemorandum.eu/uploads/euromemorandum_2013.pdf
27. Ibid.
28. For an overview of the attacks on social rights in the context of the European review of economic and fiscal policy, see for example: http://euobserver.com/news/32462 and http://euobserver.com/opinion/120319.
29. Greenhouse, S. ‘States seek laws to curb power of unions’. The New York Times. 3 January, 2011.
30. See AFL-CIO’s page: http://www.aflcio.org/Legislation-and-Politics/State-Legislative-Battles/Ongoing-State-Legislative-Attacks/Right-to-Work-for-Less; and Deakin, S. and Reed, H. (2000). ‘The contested meaning of labour market flexibility’. Social Law and Policy. Oxford.
31. European Commission (2013). Impact Assessment of TTIP. p. 52. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/march/tradoc_150759.pdf
32. Ecorys (2012). ANNEXES – Non-tariff measures in EU-US trade and investment – An economic analysis. Final Report. The Netherlands. p. 45. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2009/december/tradoc_145614.pdf
17. The US Chamber of Commerce (2013). NAFTA Triumphant – Assessing Two Decades of Gains in Trade, Growth and Jobs. p. 9. http://www.uschamber.com/sites/default/files/reports/1112_INTL_NAFTA_20Years.pdf
18. Economic Policy Institute (EPI) (2003). NAFTA – Related Job Losses Have Piled Up Since 1993. http://www.epi.org/economic_snapshots/entry/webfeatures_snapshots_archive_12102003/
19. Centre for Research on Globalization (2010) The North American Free Trade Agreement (NAFTA) Resulted in Increasing Unemployment in the US. Montreal. Canada. http://www.globalresearch.ca/the-north-american-free-trade-agreement-naftaresulted-in-increasing-unemployment-in-the-u-s/20444
20. Ibid.
21. Faux J. (2011) NAFTA at Seven: Its Impact on Workers in All Three Nations. Washington D.C. http://www.policyalternatives.ca/sites/default/files/uploads/publications/National_Office_Pubs/nafta_at_7.pdf
22. European Commission (2013) Impact Assessment Report on the future of EU-US trade relations. pp 37-38. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/march/tradoc_150759.pdf
23. Ibid.
24. Ibid. p. 53.
25. Ibid. p. 47.
26. EuroMemo Group (2013). The deepening crisis in the European Union: The need for a fundamental change. http://www2.euromemorandum.eu/uploads/euromemorandum_2013.pdf
27. Ibid.
28. For an overview of the attacks on social rights in the context of the European review of economic and fiscal policy, see for example: http://euobserver.com/news/32462 and http://euobserver.com/opinion/120319.
29. Greenhouse, S. ‘States seek laws to curb power of unions’. The New York Times. 3 January, 2011.
30. See AFL-CIO’s page: http://www.aflcio.org/Legislation-and-Politics/State-Legislative-Battles/Ongoing-State-Legislative-Attacks/Right-to-Work-for-Less; and Deakin, S. and Reed, H. (2000). ‘The contested meaning of labour market flexibility’. Social Law and Policy. Oxford.
31. European Commission (2013). Impact Assessment of TTIP. p. 52. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/march/tradoc_150759.pdf
32. Ecorys (2012). ANNEXES – Non-tariff measures in EU-US trade and investment – An economic analysis. Final Report. The Netherlands. p. 45. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2009/december/tradoc_145614.pdf
" C’è il rischio che intere regioni dell’UE finiscano per portare tutto il peso dei costi d’aggiustamento di questo progetto transatlantico, ed il risultato di tutto ciò potrebbe essere solo un allargamento del divario tra i membri ricchi e poveri d’Europa – cioè, tra il centro economico e politico d’Europa e la sua periferia"
RispondiEliminainsomma, la Germania ha fatto in modo di presentarsi preparata al nuovo scenario, scaricando sugli altri Paesi europei il peggioramento che questi accordi comporteranno e ponendosi nelle condizioni di lager führer per conto degli americani.
E con questo, i sognatori dell'euro come offensiva agli amerikani son serviti.
e come al solito le notizie devono essere reperite in rete, in particolare su Voci dall'estero" e sui link che ben conosciamo. Sui media nazionali il nulla, logaritmo di 0 uguale infinito come si diceva alle superiori....ma altri argomenti hanno il proscenio in egual misura, i famosi mezzi di "distrazione di massa"....e poi ops, i nostri politici aprono gli occhi, li strabuzzano e si domandano "ma il Fn di Marie Le Pen sembra essere in testa ai sondaggi!??!!" e la risposta che si danno è "ah, ma lei ha condotto una battaglia populista sull'uscita dall'euro" e tranquillamente riprendono il solito tran tran parlamentare :)
RispondiEliminabeh,la tattica é quella del "non parlatene, e se dovete parlarne fatelo solo per metterla in cattiva luce" ..vedi "destra estremista", o "neo-fascista addirittura.
Eliminail progetto criminale mi pare di aver capito che è quello di replicare quanto già fatto con l'euro tra i paesi del nord e quelli del sud...ne piu ne meno
RispondiEliminacomplimenti
E' audace sperare in una traduzione completa, vero?
RispondiEliminaFammi pensare...mumble, mumble..
EliminaDi fronte a un tale progetto grandioso mi sento una nullità, e i miei sforzi per capire e cambiare le cose nulli. Dobbiamo unire tutte le forze consapevoli, e sarà già ardua, o votiamoci al solipsismo.
RispondiEliminaEh, già...e pensare che siamo la maggioranza...
EliminaSinceramente negli ultimi tempi mi chiedevo spesso: ma l'america,citando a mente Mike Whitney, che mette"il suo grosso e grasso naso ovunque',cosa ne pensa dell euro? E di questo tipo di impostazione europea? Ebbene pare svelato il mistero, finalmente. Nelle organizzazioni gobalizzatrici più importanti e influenti dell'occidente l'America è quella che ha piu potere,SEMPRE. Queste strutture,come FMI (dove per le decisioni l'85% delle " parti in causa",le nazioni, deve essere d'accordo,e l'America detiene il 18 %,la più grande fra i vari paesi"azionisti" ! È l'unica ad avere il potere da sola di decidere se far passare o meno un provvedimento) ,il wto ,quelle citate in questo articolo ecc. prendono decisioni per tutto il blocco occidentale del mondo,a livello di leggi, finanza e in generale lstruttura del blocco stesso. Attraverso di esse sono riusciti ad aprire una breccia e si preparano letteralmente a colonizzarci economicamente(con ripercussioni politiche e sociali).Prima ci hanno spinti dentro un una UE che gli ha preparato il terreno per l'invasione con le sue leggi e meccanismi ultraliberisti e anche per il fatto che è molto più facile condizionare dei paesi se ti basta "convincere" un manipolo di persone elette da nessun popolo piuttosto che paese per paese e relativi politici,con la chiara complicità della Germania(non mi riferisco ai cittadini comuni che su blog tedeschi commentano spesso a sfavore di Merkel,Schauble ,euro ecc,constato coi miei occhi) che spera di guadagnarci ,anche se mi auguro rimarranno delusi amaramente. Inoltre, con l'euro così "pesante" il dollaro sarà molto piu competitivo. E qui ci agganciamo con il "dopo". Succederà che,le riforme strutturali citate nell'articolo e i vari trattati fra UE e USA faranno in modo che i costi per far circolare le merci saranno cosi bassi,non livellati dai "dazi doganali", che le merci USA su molti settori saranno molto più vantaggiose. E nella recessione ancora piu pesante in cui scivoleremo guarderemo sempre più alla convenienza di un prodotto,piuttosto che alla qualità. Immaginate i miliardi che ci faranno,ma anche il potere politico che guadagneranno su di noi grazie a questa nostra futura condizione di dipendenza da loro. Ci guadagneranno in pochi in America e pure i loro cittadini ci rimetteranno in parte,ma il loro governo ha gli strumenti per mettere ai ripari la situazione,almeno a un livello ritenuto accettabile dalla popolazione. Qui in Europa quegli strumenti non ce li abbiamo proprio. Scusate il papiro, qua potrei continuare ancora a lungo ma questa è la mia idea.
RispondiEliminaGuarda che ti sbagli. La cittadinanza tedesca è in gran parte euroscettica, i blog e anche gli articoli di molti giornali online sono pieni di invettive contro Merkel-Schäuble-Schulz e l'UE, e questo anche perché, con l'avvento dell'Euro, il grosso dei tedeschi si è impoverito, mentre i ricchi (che sono sempre di meno) diventano ancora più ricchi. Lo sapete o non lo sapete che in Germania quasi tutti gli occupati (soprattutto i giovani) hanno solo contratti di lavoro CoCoCo, chiamiamoli così, e che parte del loro stipendio va nelle tasche di quei furboni delle agenzie interinali, e che i lavoratori (ormai quasi tutti est-europei) non hanno veri e propri diritti, non hanno vere e proprie tutele, e sono facilmente "interscambiabili"? E sapete che cos'è Hartz IV, ovvero quei 350 euro al mese con i quali lo Stato cerca di tenere buona tutta quella gente (soprattutto tedeschi) che è stata esclusa dal mercato del lavoro e non trova uno straccio d'impiego e ha perso anche la voglia di campare? Ciao!
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