03/10/13

Wynne Godley, l'economista che ha costruito un modello della crisi

Ricevo da Istwine un interessante articolo del New York Times  su Wynne Godley, l'economista che ha visto arrivare la crisi



Traduzione di Istwine
 
BOSTON – Con la crisi finanziaria del 2008 e la Grande Recessione ancora un ricordo pesante e doloroso, molti economisti si stanno domandando se sia necessario una sorta di radicale mutamento nel pensiero simile a quello che ci fu durante e dopo la Depressione degli anni '30. “Siamo entrati in un brave new world” ha detto ad una conferenza nel 2011 Olivier Blanchard, capo economista del Fondo Monetario Internazionale. “La crisi economica ha messo in discussione molte delle nostre convinzioni. Dobbiamo accettare la sfida intellettuale.”


Se la professione economica decidesse di cogliere la sfida e rivedere i modelli mainstream che hanno notoriamente fallito nel prevedere la crisi, potrebbe rivolgere la propria attenzione a uno dei pochi economisti che la vide arrivare, Wynne Godley del Levy Economics Institute. Mr. Godley, sfortunatamente, è morto nel 2010 all’età di 83 anni, probabilmente troppo presto per potersi godere il merito che molti ritengono gli si debba riconoscere. 

Ma la sua influenza ha cominciato a diffondersi. Martin Wolf, l’eminente editorialista del Financial Times, e Jan Hatzius, capoeconomista di Global Investment Research della Goldman Sachs, hanno attinto dal suo approccio. Diversi gruppi di economisti nel Nord America e in Europa – taluni supportati dall’Institute for New Economic Thinking, istituito dal finanziere e filantropo George Soros dopo la crisi – stanno lavorando sui suoi modelli.

In uno studio del 2011, Dirk J. Bezemer della Groeningen University in Olanda, trovò una dozzina di esperti che avvertirono pubblicamente della situazione grave in cui versava l’economia, spiegando come essa fosse trainata dal debito e specificando un preciso limite temporale [prima del tracollo, ndt].

Era tutt’altro che la prima volta per Mr. Godley. Nel Gennaio 2000, il Council of Economic Advisers del Presidente Bill Clinton salutò un’espansione ancora “giovane e vigorosa”. A Marzo, Mr. Godley e L. Randall Wray della University of Missouri-Kansas City lo derisero, dichiarando: “Riccioli d’Oro è condannato”. In pochi giorni l’indice azionario Nasdaq raggiunse il picco, annunciando la fine della bolla dot.com.

Ma perché un modello è importante? Perché rivela esplicitamente il pensiero di un economista, sostiene Dr. Bezemer. Altri economisti possono usarlo. Ma non possono clonarne così facilmente le intuizioni.

Mr. Godley era relativamente sconosciuto negli Stati Uniti. Era invece ben noto nella sua nativa Gran Bretagna – il Times di Londra lo definì “il più perspicace macroeconomic forecaster della sua generazione” – anche se spesso era considerato un eretico. 

I modelli mainstream ritengono che, come gli individui massimizzano il loro interesse egoistico, i mercati fanno muovere l'economia verso l'equilibrio. Espansioni e contrazioni provengono da forze esterne, come la spesa pubblica irregolare o il dinamismo tecnologico o la stagnazione. Le banche sono al massimo un riflesso di questo.

I modelli di Godley, invece, considerano le banche al centro, nella condizione di poter promuovere la crescita ma anche di creare problemi. Le famiglie e le imprese prendono a prestito per costruire la propria casa o per investire nella produzione. Ma le loro aspettative possono non andare nel verso giusto, e dunque possono finire oberati di debiti e costretti a tagliare. I mercati stessi guidano le espansioni e le contrazioni.

Perché Mr. Godley, che aveva solamente una formazione economica di livello standard, insiste nello sviluppo di un modello che formalizzi la sua valutazione? I suoi straordinari sforzi per superare un'infanzia travagliata possono essere parte della spiegazione. Tiago Mata dell'Università di Cambridge ha definito la sua vita "una ricerca della sua vera voce" a dispetto di un "fastidioso timore di poter venir meno alle [sue] responsabilità."

Una volta Mr. Godley descrisse i suoi primi anni di vita come trattenuti e frenati da un “io artificiale” che gli impediva di riconoscere le sue reazioni spontanee alle persone e agli eventi. I suoi genitori si erano separati in maniera aspra e violenta. Sua madre era spesso via per avventure artistiche e quando era a casa passava molte ore a letto cullando quello che lei chiamava “il mio dolore”.

Cresciuto da delle bambinaie e da “una feroce zia nubile che quando piangevo mi picchiava con violenza”, Mr. Godley fu mandato all’eta di 7 anni in una scuola di preparazione che lui chiamava la “camera degli orrori”.

Nonostante tutto, Mr. Godley, grazie al suo straordinario talento, riuscì comunque a raggiungere il successo. Si laureò a Oxford nel 1947 col massimo dei voti  in filosofia, politica ed economia, studiò al Conservatorio di Parigi, e divenne primo oboista nell’ Orchestra della BBC gallese.

Ma “l’incubo di deludere tutti”, ricordava, lo portò a trovarsi un lavoro da economista alla Metal Box Company. Trasferitosi al Tesoro britannico nel 1956, giunse a diventare  capo delle previsioni a breve termine. Fu nominato direttore del Dipartimento di Economia Applicata a Cambridge, nel 1970.

Nei primi anni ottanta, il governo Tory inglese, alleatosi con gli economisti sempre più convenzionali di Cambridge, cominciò ad “affilare i suoi coltelli per pugnalare Wynne”, secondo Kumaraswamy Velupillai, un amico stretto che adesso insegna alla New School di New York. Riuscirono a far fuori il gruppo di politica economica da lui diretto e, alla fine, il Dipartimento di Economia Applicata.

Ma dopo aver avvertito dell’imminente crollo della sterlina inglese nel 1992, che prese di sopresa i forecaster ufficiali, Mr. Godley fu nominato in un gruppo di “sei saggi” come consiglieri del Tesoro. 
 
Nel 1995 si spostò al Levy Institute fuori New York, unendosi a Hyman Minsky, la cui “ipotesi di instabilità finanziaria” ha guadagnato consensi durante la crisi del 2008.

Marc Lavoie dell’Università di Ottawa ha collaborato con Mr. Godley alla stesura di “Monetary Economics: An Integrated Approach to Credit, Money, Income, Production and Wealth” nel 2006, che si è rivelato essere il più completo resoconto pubblicato del suo approccio di modellazione.

Nei modelli economici mainstream, si ipotizza che gli individui, tra le altre cose, ottimizzino il trade-off tra i consumi di oggi e i risparmi per il futuro. Per fare questo, devono vivere in un mondo incredibilmente prevedibile.

Mr. Godley non considerava concepibile un’ottimizzazione di questo tipo. Teorizzava che semplicemente esistessero troppi fattori sconosciuti.

Invece, Mr. Godley ha costruito il suo modello economico sulla base dell’idea che i settori – famiglie, imprese, banche e governo – seguano in larga parte delle regole generali.

Per esempio, le imprese per ottenere il profitto aggiungono un mark up standard sui loro costi del lavoro e degli altri input. Provano a mantenere scorte adeguate in modo tale da poter soddisfare la domanda senza accumulare stock in eccesso. Se le vendite calano e le scorte aumentano, correggono la produzione tagliando e licenziando i lavoratori.

Nei modelli mainstream, l’economia si situa in equilibrio dove la domanda eguaglia l’offerta. Per Mr. Godley, come per altri economisti keynesiani, l’economia è guidata dalla domanda ed è meno stabile di come assunto da molti economisti convenzionali.

Invece di un’economia guidata verso l’equilibrio dalla domanda e dall’offerta, ci possono essere degli aggiustamenti bruschi.  I “flussi” di prestiti aumentano, mentre i debiti si accumulano.

Se il rullo dei tamburi suggerisce alle famiglie, alle imprese, o al governo, che si stanno indebitando, che il debito o altre cose sono andate fuori controllo, essi potrebbero tagliare. O le banche potrebbero chiudere i rubinetti. L’economia ad alta quota crolla.

Mr. Godley e i suoi colleghi espressero questa preoccupazione già a metà degli anni 2000. Nell’aprile del 2007, inserirono le previsioni di spesa pubblica e  sana crescita fatte dal Congressional Budget Office, all’interno del modello. Affinché venissero confermate le previsioni, il modello sentenziò che sarebbe stato necessario che l’indebitamento delle famiglie raggiungesse il 14% del PIL nel 2010.

Gli autori dichiararono questa situazione “largamente implausibile”. Molto più probabilmente, l’indebitamento si sarebbe stabilizzato, portando la crescita “quasi a zero”. In numerosi studi previdero l’arrivo della recessione, ma sottostimarono in maniera significativa la sua profondità.

Malgrado tutte le previsioni di Mr. Godley, anche gli economisti scettici sul pensiero economico tradizionale non considerano necessariamente i modelli di Godley-Lavoie come capaci di fornire tutte le risposte. Charles Goodhart della London School of Economics li ha definiti in una recensione “un coraggioso fallimento”. Plaude al loro realismo, specialmente per il modo in cui permettono ai settori di fare errori e di correggerli, anziché assumere che gli individui riescano a prevedere il futuro. Ma nonostante questo, scrive, sono ancora “insufficienti” nei periodi di crisi.

Gennaro Zezza dell’Università di Cassino in Italia, che ha collaborato con Mr. Godley su un modello per l’economia statunitense, ammette che lui e i suoi colleghi devono ancora sviluppare dei modi migliori di descrivere come una crisi finanziaria si diffonde. Ma, sostiene, l’approccio di Godley e Lavoie è già utile a identificare i processi insostenibili che precedono la crisi.

Se nel 2007 tutti fossero rimasti ottimisti, il processo sarebbe potuto continuare per un altro anno, o due o tre”, ha detto. “Ma alla fine sarebbe esploso. E in una maniera ancora più violenta, perché il debito si sarebbe accumulato ancora di più.”

Dr. Lavoie dice che uno dei modelli a cui lui ha collaborato fornisce uno spunto iniziale per cogliere il corso di una crisi. Tiene conto delle imprese che non rimborsano i prestiti, erodendo i profitti delle banche e costringendole ad aumentare i tassi d’interesse: “Quanto meno, stavamo guardando nella giusta direzione.”

Ed è proprio questa la direzione che hanno intrapreso gli economisti che stanno lavorando sui modelli di Godley, incorporando “agenti” – differenti tipi di famiglie, imprese e banche, non diversamente dalle creature di un videogioco – che rispondano in modo flessibile alle circostanze economiche. Stephen Kinsell dell’Università di Limerick, il premio Nobel Joseph Stiglitz e Mauro Gallegati del Politecnico delle Marche in Italia stanno tutti collaborando in questa direzione.
 
Nel frattempo, gli allievi di Mr.Godley sostengono che il suo record di previsioni spicca ancora su tutti. Nel 2007 Mr.Godley e Dr. Lavoie hanno pubblicato un modello previsionale delle finanze della zona Euro, prefigurando tre risultati: l’aumento dei tassi d’interesse nel Sud Europa, ingenti prestiti da parte della Banca Centrale Europea nella regione o pesanti tagli al bilancio. In effetti, la zona euro si è mossa verso degli esiti di questo tipo.

Dunque, cosa prevedono i modelli di Godley adesso? Un’analisi recente del Levy Institute esprime preoccupazione non tanto per i gravi squilibri finanziari, almeno negli Stati Uniti, ma per la debolezza della domanda globale. “La principale difficoltà”, scrivono, “è stata di convincere i leader economici sulla natura del principale problema: l’insufficienza della domanda aggregata”. Sino ad ora, non stanno avendo molto successo.


5 commenti:

  1. Capendo questo:

    "gli individui massimizzano il loro interesse egoistico, i mercati fanno muovere l'economia verso l'equilibrio"
    ;
    Si è già capito 3/4 della nostra crisi, per non dire tutta.... (i provvidenziali "tecnici" come il buon Istwene ci servono a vagliare le soluzioni/alternative)

    Questo è esattamente il principio di ogni "teoria" dei vari Monti, Giavazzi, ecc.
    E' del tutto evidente che questo può essere considerato un assioma solo da dei folli sociopatici, c'è poco da fare. Basta guardare i loro sguardi vuoti per rendersene conto. No, non sono in malafede i Giavazzi e i Monti. Ci credono veramente! D' altronde solo una persona affeta da gravi disturbi della personalità (credo si tratti di sadismo o roba del genere) può dire, SENZA NEMMENO PREOCCUPARSI DI NASCONDERE IL SUO VERO PENSIERO che il più colossale disastro economico e sociale del nostro tempo; la Grecia, rappresenta -nemmeno un successo- ma addirittura "IL più grande successo"

    Consiglio caldissimamente la visione di questo bel documentario (e di guardarlo per intero; è diviso in 4 parti)

    http://www.youtube.com/watch?v=8Z_O9BExVmE


    Certamente espone in maniera molto semplicistica i fatti, li collega -forse- arbitrariamente e in forma "romanzata"; ma, credo, sia veramente estremamente interessante.
    Ancor più interessante, forse, è che a produrlo sia stata la BBC.

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  2. Nei mesi estivi diversi blog i cui gestori si dichiarano anticapitalisti (taluni anche marxisti), hanno proposto la discussione sull'economia come scienza. Dicendo chiaramente che non ritenevano l'economia una scienza in grado di fare previsioni. La ritenevano una scienza sociale. C'è chi ha rinforzato il concetto rinfacciando alla (presunta) scienza dell'economia di non avere mai pronosticato con precisione l'avverarsi di una crisi.
    Tralasciando, qui, ogni discussione approposito del "con precisione", ringrazio Istwine e Voci per questo contributo. Che personalmente, ignorante come sono, ... ignoravo.

    "Nel frattempo, gli allievi di Mr.Godley sostengono che il suo record di previsioni spicca ancora su tutti. Nel 2007 Mr.Godley e Dr. Lavoie hanno pubblicato un modello previsionale delle finanze della zona Euro, prefigurando tre risultati: l’aumento dei tassi d’interesse nel Sud Europa, ingenti prestiti da parte della Banca Centrale Europea nella regione o pesanti tagli al bilancio. In
    effetti, la zona euro si è mossa verso degli esiti di questo tipo."

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    1. Ti ringrazio Neri. Il discorso non è sbagliato, l'economia è scienza sociale, ma alcuni non avendo nessuna competenza in termini di storia del pensiero economico pensano che l'economia sia solo quella dominante dell'agente razionale ecc. Non è così, con tutti i suoi limiti, e con tutte le sue falle, alcuni modelli sono in grado di cogliere quel che sta succedendo, magari non perfettamente (non sono sfere di cristallo), ma le tendenze sì. E i modelli di Godley ne sono un esempio.

      Io non credo nell'infallibilità della scienza economica, a prescindere dalla scuola economica, ma neanche che sia inefficace o inutile. Certo, per chi va avanti a "il capitalismo è in crisi" e frasi del genere non è che gli si possa dire granché.

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    2. A mio avviso sono piu' i problemi di misurabilita' di certe osservabili economiche che vanno da una chiara unita' di misura assoluta di riferimento e da una chiara statistica (caso conclamato l'inflazione euro nel 2000 in Italia). Questa parte deficitaria preclude molte volte un'analisi quantitativa efficace dato che non c'e' una gran certezza nei dati. Cmq, l'economia rimane un importante campo di speculazione intellettuale e scienza filosofica della complessita', se non altro uno strumento per comprendere le ingegnerie sociali che stiamo vivendo ed i loro assunti o "principi primi" (vedi "gli individui massimizzano il loro interesse egoistico, i mercati fanno muovere l'economia verso l'equilibrio").

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  3. Se serve, io e mia moglie siamo disponibili a tradurre dal francese e l'inglese

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